La massima
Integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che, consapevolmente, ricevuti assegni la cui provvista è provento di delitto, li giri a terzi (In motivazione la Corte ha precisato che è irrilevante la tracciabilità dell'operazione atteso che la ricezione delle somme portate nell'assegno ed il successivo trasferimento a terzi costituiscono condotte idonee a ostacolare l'individuazione del provento delittuoso - Cassazione penale , sez. II , 21/09/2016 , n. 46319).
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La sentenza integrale
Cassazione penale , sez. II , 21/09/2016 , n. 46319
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Palermo del 17/1/12, concedeva a C.M. l'attenuante di cui all'art. 648 bis c.p., comma 3 e per l'effetto riduceva la pena alla stessa inflitta confermando nel resto l'appellata sentenza.
1.2 Affermava la Corte che a carico dell'imputata sussistevano adeguati elementi di prova per ritenere la stessa responsabile della condotta delittuosa di riciclaggio poichè la medesima aveva ricevuto, dal marito, degli assegni la cui provvista era provento del delitto di cui all'art. 334 c.p. e li aveva poi girati a terzi.
1.3 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputata, tramite il proprio difensore di fiducia, lamentando:
- violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. c) ed e) in relazione alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi il delitto di riciclaggio posto che l'azione della C. si era limitata ad apporre una firma di girata al momento della consegna dei titoli provenienti dalla Italian Feed a terzi, così compiendo un'operazione pienamente tracciabile e priva del carattere oggettivo richiesto dall'art. 648 bis c.p.; inoltre l'imputata era ignara della provenienza illecita dei titoli posto che la stessa era anche del tutto estranea alla gestione di quella società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
2.1 Ed infatti, quanto al primo motivo, con il quale si contesta l'affermazione di responsabilità in relazione alla ritenuta ipotesi di riciclaggio va ricordato come, per costante insegnamento di questa Corte, il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Rv 256837). Inoltre, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595). Orbene, nel caso in esame, nessuno dei suddetti vizi denunciabili in caso di "doppia conforme" appare essere integrato e rilevato; i giudici di primo e secondo grado, con giudizio conforme, hanno ritenuto ricavare la colpevolezza della C. dalla condotta dalla stessa posta in essere quando riceveva gli assegni e successivamente li girava in pagamento a terzi. La ricorrente, quindi, ha ricevuto il denaro di provenienza illecita portato negli assegni e lo ha trasferito ad altri con la girata appostavi compiendo una tipica operazione di riciclaggio perchè in tal modo ostacolava il reperimento di quelle somme frutto del delitto presupposto. E proprio tale operazione viene riferita e descritta dal Tribunale a pagina 16 della sentenza di prime cure e dalla Corte di appello a pagina 5 della sentenza gravata da ricorso evidenziandone la natura mirata a permettere a terzi di impossessarsi di denaro frutto del delitto di sottrazione di cose sequestrate. Nè rileva la tracciabilità dell'operazione denunciata con il ricorso quale dimostrazione della liceità della condotta poichè l'operazione di ricezione delle somme provento del delitto di cui all'art. 334 c.p. e successivo trasferimento a terzi è comunque risultata proprio idonea ad ostacolare l'individuazione del provento delittuoso; al proposito questa Corte ha affermato che integra il delitto di riciclaggio la condotta di colui che, pur completamente estraneo alla compagine societaria, consenta che sul proprio conto corrente venga fatto defluire il danaro frutto dello svuotamento delle casse di una società ad opera dell'amministratore, e ciò indipendentemente dalla tracciabilità dell'operazione (Sez. 6, n. 26746 del 06/04/2011, Rv. 250427) non essendo tale elemento evidentemente sufficiente ad escludere la punibilità a seguito dell'operazione di trasferimento compiuta.
2.2 Quanto all'elemento soggettivo entrambi i giudici hanno riferito circostanze specifiche per ritenere la C. perfettamente consapevole dell'origine del denaro sicchè, al proposito, il ricorso si manifesta evidentemente reiterativo; la consapevolezza dell'origine non lecita di quelle ingenti somme è stata desunta dai giudici di merito sulla base di dati di fatto correttamente e logicamente valutati. A fronte di tali specifiche deduzioni il ricorrente propone motivi di ricorso in violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, perchè attraverso la formulazione di censure attinenti al merito della decisione impugnata sotto il profilo del vizio di motivazione tentano in realtà di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito in questa sede di legittimità.
In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 1.500,00 Euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016