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Il concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p.

Il concorso di persone : quando si realizza, la differenza con la connivenza e l'elemento psicologico.

L'archiviazione del procedimento penale.

Indice:

 

1. Che cos'è?

Il concorso di persone si realizza quando il medesimo reato viene commesso da più persone.

Per poter affermare la responsabilità di un soggetto a titolo di concorso (e quindi di partecipazione) in un reato è sufficiente che quest'ultimo abbia apportato un contributo, materiale o psicologico, fornito con coscienza e volontà, idoneo alla realizzazione anche di una sola delle fasi di ideazione, organizzazione o esecuzione dell'azione criminosa posta in essere da altri soggetti.

In altri termini, se il delitto viene commesso da più persone, ne risponderanno tutti coloro che hanno preso parte all'azione, non solo coloro che hanno apportato un contributo “necessario” ma anche coloro che si sono limitati ad agevolare o facilitare il conseguimento dell’obiettivo finale.

Concorrere nel reato non significa partecipare solo alla fase esecutiva del reato, ed invero, può ritenersi concorrente anche colui che abbia partecipato alla fase della decisione, agli atti preparatori o abbia fornito i mezzi necessari per la commissione del reato.

Ed ancora, ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato non è richiesto che tutti i partecipi abbiano “concertato” il reato di comune accordo, risultando sufficiente anche una intesa spontanea, un accordo improvviso, intervenuto nel corso dell’esecuzione del reato.

Il cd. aiuto “in corso d’opera”, infatti, non rientra nella fattispecie del favoreggiamento ma nel campo del concorso di persone del reato.


2. La differenza tra concorrente e connivente.

La differenza tra concorrente (correo) e connivente risiede nel grado di partecipazione psichica del soggetto agente.

Nel caso del concorrente nel reato, l’imputato ha “provocato” o “rafforzato” l’intento criminoso (si parla in questo caso di istigazione) o ha semplicemente “agevolato”, facilitato la commissione del reato.

Concetto completamente diverso è quello della connivenza che si riferisce ad una mera adesione morale del soggetto rispetto all’intento criminoso, priva di una qualsiasi volontà di cooperare alla realizzazione dell’evento lesivo.

In altri termini, nel concorso di persone vi è una “collaborazione promessa, accettata ed effettivamente prestata” da parte del soggetto che chiaramente manca nel caso del connivente.

Pensiamo al caso di un negoziante di orologi che si accordi con un rapinatore per smerciare la refurtiva.

In questo caso, come è evidente, il negoziante risponderà, a titolo di concorrente, in particolare di istigatore, nel reato di rapina commesso dall’altro soggetto.


3. Il cd. “contributo causale”.

Affinché il concorso di persone nel reato sussista, è necessario che l’apporto fornito dal soggetto agente sia “apprezzabile” alla commissione del fatto.

Ciò significa che il contributo offerto dal partecipe deve avere rafforzato o quantomeno agevolato la commissione del reato, in termini rilevanti.

Pensiamo ad un soggetto che abbia sporadicamente innaffiato le piantine di cannabis coltivate dall’imputato.

Il contributo fornito dal presunto partecipe, in questo caso, non può certo definirsi “apprezzabile”!

Pensiamo ancora, sempre in tema di stupefacenti, ad un soggetto che frequenti, per ragioni di amicizia e senza contribuire in alcun modo alla vendita, l’abitazione di uno spacciatore di sostanze stupefacenti.

In questo caso, la mera circostanza che il soggetto sia a conoscenza delle attività illecite commesse dal suo amico, di certo non può configurare una ipotesi di concorso di persone nel reato penalmente rilevante.

Quanto alle condotte concorsuali c.d. "estemporanee", si è poi affermato (cfr. Cass. sez. I n. 4805 dell'11-3/22-5-1997, rv. 207582) che anche la semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato può essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all'azione e maggior senso di sicurezza; inoltre (cfr. Cass. sez. I n. 1365 del 2-10-1997/5-2-1998, rv. 209689), il concorso di persone nel reato ben può esplicarsi anche attraverso un'intesa spontanea intervenuta nel corso dell'azione criminosa, o tradursi in un supporto causalmente efficiente (sotto il profilo materiale o morale) di carattere estemporaneo, senza che occorra un previo accordo di intenti diretto alla causazione dell'evento.

In casi del genere, per integrare la responsabilità a titolo di concorso di persone nel reato, se non basta una generica nozione dell'eventuale commissione di un crimine, è sufficiente la certezza che un determinato evento delittuoso sarà posto in essere dai concorrenti, senza che occorra una conoscenza piena dei particolari esecutivi (cfr. Cass. sez. I n. 4503 del 13-1/16-4-1998, rv. 210412). Tali considerazioni ricevevano l'autorevole suggello di Cass. sez. unite n. 31 del 22-11-2000/3-52001, rv. 218525, secondo la quale, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all'altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all'opera di un altro che rimane ignaro.


4. L’elemento psicologico.

L'elemento soggettivo che caratterizza il concorso di persone nel reato è rappresentato dalla consapevole rappresentazione e volontà della persona del partecipe di cooperare con altri soggetti alla comune realizzazione della condotta delittuosa.

In forza di ciò, ad esempio, risulterà non punibile la mera connivenza passiva realizzata da colui che trasporti con la propria autovettura in un luogo appartato la vittima ed i suoi assassini e, dopo aver assistito passivamente ad una serie di azioni violente, abbandoni la vittima medesima quando era ancora in vita ed in condizione di essere aiutata.


5. Il concorso nel reato di cui all’art. 73 comma 1 e comma 5.

Occorre chiedersi se un fatto naturalistico possa essere qualificato per uno dei complici ai sensi dell'art. 73 comma 1 dpr n. 309/90 e per l'altro ai sensi del comma 5.

La possibilità di una diversa qualificazione è stata messa in discussione da Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Rv. 276676, secondo cui, in tema di concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico non può essere qualificato ai sensi dell'art. 73, comma 1 o 4, del d.P.R. n. 309 del 1990, nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell'ambito dell'art. 73, comma 5, nei confronti di altri, stante l'unicità del reato nel quale si concorre, che non può, quindi, atteggiarsi in modo diverso rispetto ai singoli concorrenti.

Per giungere a questa conclusione, si interpreta l'art. 110 cod. pen. come riferito ad una unicità di reato, che non ammette la differenziazione del titolo di responsabilità dei concorrenti. A ciò si aggiunge che le disposizioni successive del codice pongono una serie di regole dirette ad assicurare, anche laddove vi siano elementi di differenziazione tra i vari concorrenti, la parificazione e non la diversificazione del titolo di responsabilità, salvo l'eventuale adeguamento del trattamento sanzionatorio alle specifiche posizioni in base o all'attenuante generale di cui all'art. 114 cod. pen. o a previsioni specifiche. In particolare, ai sensi dell'art. 116 cod. pen., qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione; tuttavia, se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave; ai sensi dell'art. 117 cod. pen., se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi anche gli altri rispondono dello stesso reato; nondimeno, se questo è più grave il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistano le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena.

Si afferma, in altri termini, che, dalla regola generale di cui all'art. 110 cod. pen. si desume la tendenziale necessità della parificazione della responsabilità dei concorrenti, attesa l'unicità del reato in cui concorrono, mentre i successivi artt. 116 e 117 cod. pen. pongono regole speciali che mirano a rendere omogeneo il titolo di responsabilità tra i concorrenti anche laddove sussistano elementi di differenziazione delle specifiche posizioni: non residuano, dunque, in linea di principio, possibilità per l'attribuzione ai concorrenti di reati diversi, salvo ulteriori specifiche previsioni di segno opposto, che, tuttavia, mancano con riferimento al d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, il quale caratterizza la minore gravità del fatto in modo oggettivo e globale.

La tesi appena esposta ha formato oggetto di critica nella sentenza n. 2157 del 2019, secondo cui è ammissibile la configurabilità di diversi titoli di responsabilità in relazione a diversi concorrenti, perché dalla combinazione delle norme di parte speciale con quelle sul concorso di persone nel reato discendono tante fattispecie plurisoggettive differenziate quanti sono i concorrenti; fattispecie che hanno in comune il medesimo nucleo di accadimento materiale, ma possono distinguersi tra loro per l'atteggiamento psichico di ciascun compartecipe e per alcuni aspetti esteriori, inerenti soltanto alla condotta dell'uno o dell'altro compartecipe; di conseguenza, sarebbe ammissibile anche l'affermazione di responsabilità a diverso titolo per due o più dei diversi concorrenti.

Del resto - come ricorda la stessa pronuncia - anche la giurisprudenza di legittimità riconosce la configurabilità di responsabilità, a diverso titolo, tra più concorrenti in relazione allo stesso fatto storico, laddove afferma che il soggetto non concorrente nel reato presupposto, il quale contribuisca alla realizzazione, da parte dell'autore di quest'ultimo, di condotte di autoriciclaggio, risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio (Sez. 2, n. 17245 del 17/01/2018, Rv. 272652). E tale ricostruzione trova conferma nel tenore dell'art. 117 cod. pen. - disposizione diretta ad omogeneizzare, nel senso di un potenziale aggravamento, la posizione dei concorrenti nel reato - che non fissa una generale equiparazione fra le posizioni dei concorrenti in caso di mutamento del titolo del reato per taluno di loro, ma limita l'equiparazione al caso in cui il mutamento del reato sia determinato dalle condizioni o dalle qualità personali del colpevole, o dai rapporti fra il colpevole e l'offeso. Al di fuori di tali casi, dunque, deve ritenersi che l'equiparazione in questione non operi e che i concorrenti nello stesso fatto possano risponderne a diverso titolo.

Analoga funzione aggravatrice è svolta dall'art. 116 cod. pen., che non a caso, in relazione al reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, pur prevedendo per tutti lo stesso trattamento, stabilisce una diminuzione di pena per chi abbia voluto il reato meno grave. Dunque, le due disposizioni appena citate risultano escludere, in linea generale, che l'istituto del concorso di persone nel reato possa dare luogo ad una "mitigazione" della responsabilità penale, e rendono ragionevole, in caso di loro inapplicabilità, correlare il titolo della stessa, per ciascun agente, al fatto al medesimo riferibile oggettivamente e soggettivamente.

Muovendo da queste considerazioni, risulta giuridicamente ammissibile concludere che il medesimo episodio di cessione (o detenzione) di sostanza stupefacente possa essere ascritto ad un imputato a norma del comma 1 e ad un altro imputato a norma del comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, quando, ai fini della qualificazione del fatto, rilevi il contesto complessivo nel quale si colloca la condotta, e di questo contesto sia oggettivamente e soggettivamente partecipe il primo soggetto, ma non anche il secondo. In questo caso, infatti, non opera il criterio di "parificazione" fissato dall'art. 117 c.p., perché la differenziazione tra i reati dipende non dalle condizioni o dalle qualità personali del colpevole, o dai rapporti fra il colpevole e l'offeso, bensì, secondo quanto prevede il d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, dai mezzi, dalle modalità e dalle circostanze dell'azione.

Del resto, la legge non contiene chiari criteri che consentano di stabilire, in caso di concorso di più soggetti nella cessione o detenzione, se in concreto debba prevalere la minore gravità o la maggiore gravità del fatto; con la conseguenza che l'obbligatoria e automatica equiparazione verso l'alto o verso il basso di tutti concorrenti rischierebbe di generare scelte arbitrarie da parte del giudice.

 

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