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La confisca

Approfondimenti


Indice

1. Definizione

2. L’evoluzione delle confische

3. I modi di essere delle confische: sanzioni, misura di sicurezza e di prevenzione

4. La confisca come misura di sicurezza

5. La confisca come misura di prevenzione

6. La confisca come sanzione: la questione della confisca urbanistica


1. Definizione

Con il termine “confisca” si fa riferimento a un istituto di diritto penale generale.

La confisca consiste di quella misura che, là dove applicata, comporta l’espropriazione ad opera dello Stato delle cose mobili e immobili, perchè a vario titolo attinenti al reato.

L’attuale conformazione dell’istituto ha condotto dottrina e giurisprudenza a riferirsi al fenomeno con l’espressione “le confische”, e non più “la confisca”, proprio per dar adeguato rilievo alla complessità che le è propria.

Numerose, infatti, sono le conformazioni che può assumere la confisca: diverse sono le esigenze che si intende soddisfare, molteplici le finalità del legislatore, altrettante sono le configurazioni che possono assumere le confische.


2. L’evoluzione delle confische

L’istituto della confisca è un fenomeno di antica memoria, già risalente al diritto romano. Le evoluzioni storiche e politiche intercorse, pur lasciandone inalterato il contenuto, ne hanno costantemente mutato il volto, fino ai nostri giorni dove appare sempre più corretto parlare, come detto, di “confische”.

Nell’esperienza giuridica romana il concetto di “confisca” è stato anticipato da misure che hanno poi costituito aspetti del fenomeno per come oggi lo conosciamo.

Nell’età storica più antica e fino all’epoca repubblicana erano diffuse una serie di pratiche. La dedicatio era una forma di pena sacrale e prevedeva per i colpevoli l’offerta di beni propri alle divinità offese. La sacertas comportava l’allontanamento coattivo del cittadino dalla comunità insieme con la perdita della libertà, della cittadinanza oltre che la consecratio dei suoi beni.

La prima forma embrionale di confisca, più vicina per una serie di elementi alla confisca moderna, è la cd publicatio bonorum, risalente al V secolo a.C. Si trattava della pubblicazione dei beni a favore dell’erario, da intendersi come pena laica sia autonoma che accessoria.

Nell’età del Principato la confisca a favore dell’erario ma anche della nuova cassa imperiale iniziò a rappresentare una pena accessoria, conseguente a delitti gravi come la maiestas, l’offesa alla persona del principe e/o della sua famiglia, insieme con la pena di morte, la deportazione, la condanna al lavoro in miniera o ai giochi gladiatoria o la relegatio.

La funzione di pena venne conservata anche nelle epoche successive e cioè sia fino alle persecuzioni di Diocleziano che durante il Cristianesimo.

Nelle prime esperienze, dunque, la confisca si palesa come una pena con funzione di repressione e prevenzione generale, che urta con il carattere personale della pena. Ciò in precisa aderenza al rapporto tra singolo e Stato, come storicamente inteso, mediato finanche dai gruppi gentilizi.

Il momento più significativo nella evoluzione della confisca risale al XVIII secolo. Coll’affermarsi del principio della responsabilità penale, la confisca dei beni andò via via scomparendo nei vari codici per lasciare il posto alla sola confisca delle cose attinenti al reato e mutare così la propria funzione da pena accessoria a misura di prevenzione speciale.

La fisionomia delle confische è comunque ancora tutta in divenire: oltre alla configurazione di tutte quelle forme di confische speciali, un peso consistente a questi fini sta assumendo anche la progressiva obbligatorietà della misura, che la avvicina sempre di più a forme di funzione general-preventiva/dissuasiva.


3. I modi di essere delle confische: sanzioni, misura di sicurezza e di prevenzione

Con “confische”, come detto, si suole riferirsi a una varietà di ipotesi e istituti che tra di loro si distinguono per natura, finalità e disciplina.

Nell’ordinamento penale attuale la confisca può assumere la configurazione di sanzione, di misura di sicurezza o di misura di prevenzione.

La sanzione, o anche pena, è la limitazione dei diritti del soggetto quale conseguenza della violazione di un obbligo che è comminata per impedire tale violazione. Tra le sanzioni giuridiche di tipo punitivo si apprezzano, da un lato, le sanzioni omogenee, e, dall’altro, le sanzioni eterogenee. Le prime partecipano della stessa natura della prestazione o comportamento dovuti; le seconde non partecipano della stessa natura della prestazione o comportamento dovuti.

Connotato essenziale e ineliminabile di ogni tipo di sanzione è l’afflittività.

Il concetto di sanzione, allo stato, vive sia in una dimensione nazionale che sovranazionale, che tra di loro si sovrappongono. Nell’ordinamento interno, la nozione di “reato” e di “sanzione” è squisitamente formale, in ambito sovranazionale è di tipo “sostanziale”. Si fa riferimento, in particolare, all’approccio della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Nel 1976, infatti, i giudici europei, nell’occuparsi di sanzioni disciplinari militari, nella nota pronuncia Engel, hanno elaborato una serie di criteri sostanziali utili a qualificare una misura come sanzione penale (noti in seguito anche come Engel’s criteria). In questo senso rilevano, in primo luogo, la natura del provvedimento e lo scopo afflittivo deterrente; in secondo luogo, anche in mancanza del primo elemento, la severità e cioè la particolare il grado di afflittività della sanzione.

La qualificazione formale che una data sanzione presenti nell’ordinamento nazionale non ha rilievo determinante: essa è vincolante solo in senso estensivo ossia nell’ambito di quella che è stata definita autonomia in senso unico e cioè solo per affermare ed estendere l’applicabilità dell’art. 6 CEDU. Se una sanzione è penale nell’ordinamento interno, ad esempio, non sarà necessario accettare che siano integrati i requisiti sostanziali affermati dai giudici di Strasburgo; al contrario, la classificazione formale ai sensi dell’ordinamento nazionale non è in alcun modo dirimente per negare l’applicabilità delle garanzie convenzionali.

Ne deriva, quindi, che nell’ordinamento interno assumono la qualifica di “sanzione” non solo tutte le misure che sono formalmente qualificate come tali dal legislatore, ma anche quelle che, alla stregua dei criteri Engel, si palesano come tali. Ciò è in linea di principio quanto accaduto con riguardo alla cd. confisca urbanistica.

Le misure di sicurezza e le misure di prevenzione sono altro dalla pena e sono inscindibilmente correlate alla pericolosità del soggetto.

Le prime sono previste e disciplinate al Libro I, “Dei reati in generale”, Titolo VIII “Delle misure amministrative di sicurezza” e si distinguono in misure di sicurezza personali, di cui al Capo I, e misure di sicurezza patrimoniali, di cui al Capo II.

Le misure di sicurezza sono la conseguenza di un giudizio di pericolosità e non di responsabilità del soggetto. Ne deriva che, diversamente dalle pene, le misure di sicurezza sono proporzionate non al fatto accaduto, ma correlate alla prognosi di pericolosità.