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La disciplina delle impugnazioni nel processo penale a seguito della riforma Cartabia.


Indice:



1. Premessa: i principi informatori della riforma in tema di impugnazioni.

L'obiettivo di rimediare all’eccessiva durata del processo penale ha costituito la molla propulsiva per un deciso intervento sul sistema delle impugnazioni, tradottosi nell'introduzione dell'art. 344-bis cod. proc. pen. con la legge 27 settembre 2021, n. 134, immediatamente applicabile ai processi d’impugnazione relativi a fatti commessi a far data dal primo gennaio 2020329.

Si tratta del meccanismo dell’improcedibilità dell’azione penale – la nuova disposizione è stata collocata nel Titolo II (Condizioni di procedibilità) del Libro V del codice di rito - istituto che ha radicalmente modificato il processo penale d'impugnazione e ha indotto una parte della dottrina 330 a descrivere tale figura come una sorta di “evaporazione del processo a reato non estinto” per effetto della quale, nonostante la perdurante vitalità del reato, tutto il compendio processuale che lo contraddistingue (in sintesi, le prove e le statuizioni civili e penali) finisce per dissolversi.

Dopo che il legislatore della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (art. 1, lett. e), f) aveva modificato l’art. 159, comma secondo, cod. pen., introducendo il principio per cui i termini di prescrizione del reato restano sospesi dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e fino alla data della definitività della medesima, era ineludibile porre mano al sistema delle impugnazioni.

In tanto, la sospensione della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado può ritenersi compatibile con il sistema - in primis, rispetto all'obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 Cost.) -, in quanto il processo d’impugnazione sia celebrato in tempi brevi e certi. L’entrata in vigore dell'art. 159, comma secondo, cod. pen. era stata fissata al primo gennaio 2020 anche per consentire il restyling delle relative norme processuali che, se fossero rimaste invariate, avrebbero prodotto il potenziale, paradossale effetto di sopire gli stimoli alla trattazione dei giudizi d'impugnazione, considerato che, dopo la sentenza di primo grado, non sarebbe maturata la prescrizione del reato331.

In coerenza rispetto alla fissazione del primo gennaio 2020, data a partire dalla quale avrebbe operato il nuovo art. 159, comma secondo, cod. pen., è stato stabilito che l’improcedibilità si applicasse ai reati commessi a partire dal primo gennaio 2020, e, nell'immediato, allo scopo di mettere a punto l’operatività di tale meccanismo, sono stati predisposti termini diversi e più lunghi di quelli che dovranno essere rispettati quando la riforma entrerà a regime, per la celebrazione dei processi d’impugnazione, ove appello o ricorso siano stati interposti entro il 31 dicembre 2024.

È presumibile che sarà determinante, per il successo della riforma, che i giudici dell’impugnazione contino su assetti organizzativi efficienti, utili ad evitare la vanificazione del percorso processuale di primo grado, per cui, in tale prospettiva, assumono importanza le modifiche apportate alle disposizioni di attuazione al codice di rito (v., in particolare, art. 165-ter disp. att. cod. proc. pen.), introduttive dell’onere di monitoraggio dei termini di cui all’art. 344-bis cod. proc. pen. in capo ai dirigenti degli uffici giudiziari interessati.332

Sembra delinearsi un quadro, soprattutto per le corti d’appello più gravate di impugnazioni333, di non agevole gestione, in quanto appare necessaria una rigorosa calendarizzazione dei processi da trattare; non è difficile immaginarne le difficoltà, soprattutto se non si interverrà con adeguate misure di rafforzamento degli organici sia dei magistrati, sia del personale amministrativo, la cui cronica carenza costituisce una delle più gravi criticità per il regolare funzionamento del processo penale.

Ciò premesso sul tema generale dell’improcedibilità, occorre evidenziare che l’intervento riformatore introduce le più rilevanti novità soprattutto con riguardo al giudizio d’appello, unanimemente ritenuto il collo di bottiglia del processo penale. Il progressivo aumento delle pendenze in appello trova causa in plurime ragioni, tra cui l’incremento del numero di sentenze emesse in primo grado avverso cui, ove si tratti di condanna, di regola è interposta impugnazione.

Hanno probabilmente giocato un ruolo non secondario le modifiche introdotte con la legge 16 dicembre 1999, n. 479 – che ha sostituito il Titolo I del Libro VIII del codice di procedura penale, relativo al processo davanti al tribunale in composizione monocratica di primo grado, incidendo altresì, per quanto rileva in questa sede, sul rito abbreviato – che hanno dato accelerazione ai tempi di celebrazione del processo di primo grado.

L'avere trascurato, a lungo, di implementare le piante organiche delle corti d’appello ha favorito l'accumulazione di un pesante arretrato, posto che l'output del primo grado spesso si traduce nell'input per il giudice del superiore grado334.

A fronte di tali criticità, il legislatore della riforma335 si prefigge di ridurre i tempi dell’appello mediante una serie di leve.

Tra le innovazioni più significative, accanto all’istituto dell’improcedibilità, è stata resa più pregnante la valutazione circa l’ammissibilità dell’impugnazione, è stata estesa l’inappellabilità di alcune tipologie di sentenza, sono state innovate la disciplina della procura al difensore, l’istituto dell'assenza (che, in appello, assume connotati peculiari), è stato ampliato lo spazio applicativo del “concordato” in appello ed è stato normalizzato il rito cartolare non partecipato, introdotto durante il periodo pandemico. Se la riforma non è intervenuta sull'art. 597, comma 3, cod. proc. pen., ovvero sul divieto di reformatio in peius, è stata invece introdotta la previsione (art. 676, comma 1, cod. proc. pen.) secondo la quale il giudice dell'esecuzione disporrà la riduzione pari ad un sesto della pena irrogata, laddove non siano state interposte impugnazioni (né dell'imputato, né del suo difensore) avverso la sentenza emessa all'esito di rito abbreviato.

Con riferimento alla fase di legittimità, è stata snellita la procedura per la declaratoria di inammissibilità davanti alla Corte di cassazione, è stato posto a regime il rito cartolare non partecipato, è stata prevista la decisione immediata della Corte sulle questioni di competenza per territorio (v. supra), ed è stato introdotto un rimedio straordinario per dare esecuzione alle sentenze di condanna dell'Italia da parte della Corte EDU.


2. Il trasferimento al giudice civile per l'improcedibilità dell'azione penale

Il fil rouge delle modifiche introdotte agli artt. 573, 578, 578-bis e del nuovo art. 578-ter cod. proc. pen. è la devoluzione al giudice civile del giudizio d'impugnazione, ove lo stesso afferisca a questioni civili.

Con la nuova previsione di cui all'art. 578, comma 1-bis, cod. proc. pen. - modifica d’immediata portata precettiva, per effetto della legge 27 settembre 2021, n. 134, in coerenza con l’art. 344-bis cod. proc. pen. - è stata disciplinata la sorte della domanda civile, laddove l'azione penale non sia procedibile per effetto del superamento dei termini previsti all'art. 344-bis cod. proc. pen.

Il giudice del controllo - Corte d’appello e Corte di cassazione - accertata l’ammissibilità dell’impugnazione336, trasmette gli atti al giudice civile competente per valore in grado d’appello davanti al quale il processo viene rinviato in prosecuzione, con automatica progressione in sede civile, analogamente a quanto previsto all'art. 622 cod. proc. pen. per il caso di annullamento con rinvio della sentenza che abbia ad oggetto solamente le statuizioni civili sul risarcimento del danno337.

Nel rispetto del principio di economia processuale, a fronte dell'accidente – l'improcedibilità dell'azione – capace di travolgere ogni statuizione di condanna, penale e civile, assunta in primo grado, è preservata la conservazione delle prove acquisite nel processo penale, con l'avvertenza che, nel corso del giudizio civile susseguente, è inibita ogni valutazione sulla responsabilità penale, essendo il giudice civile tenuto ad accertare l'illecito aquiliano originato dal reato338, mediante l'applicazione delle regole processuali e probatorie di tale processo.

Grazie a tale misura, volta a conservare, nel giudizio civile, il compendio istruttorio costituito nel corso del giudizio penale, viene garantita la possibilità di utilizzazione delle dichiarazioni rese nel corso del processo penale dalla persona offesa, nonostante il divieto sancito all'art. 246 cod. proc. civ., di assumere come testimoni le persone che hanno un interesse che potrebbe legittimare la partecipazione alla causa.

Va da sé, per contro, che dovranno seguirsi le norme processuali civili ove si renda necessario assumere prove durante la nuova fase processuale, proseguendo il giudizio agli effetti civili senza pregiudizio per la parte civile o per l'imputato, né dal punto di vista cognitivo, né da quello probatorio.339

Non è stata modificata la norma che prevede l’obbligo del giudice penale di pronunciarsi sulle questioni civili, ai sensi dell'art. 578, comma 1, cod. proc. pen., quando, per effetto dell'amnistia o della prescrizione del reato, il reato si estingua durante la fase d'appello.

La mancata estensione dello spostamento di competenza al giudice civile per le ipotesi di prescrizione del reato e l’amnistia non appare priva di razionalità, riflettendo sul fatto che, una volta a regime il sistema dell’improcedibilità, i reati commessi dopo il primo gennaio 2020 non saranno suscettibili di prescriversi nella fase d’appello e, pertanto, sarà soprattutto applicabile il comma 1-bis della disposizione, laddove ne ricorrano i presupposti.

Va infine precisato che, a fronte dell'impugnazione anche ai fini civili (quindi, di una impugnazione proposta sia ai fini penali che ai fini civili, pure laddove in primo grado non sia stata disposta condanna alle restituzioni e/o al risarcimento del danno), la trattazione del processo continuerà a seguire le forme del rito penale, secondo il paradigma dell'accessorietà dell'azione civile rispetto all'azione penale espresso dall'art. 538 cod. proc. pen. posto che, nella nuova formulazione dell'art. 573, comma 1, cod. proc. pen., è stato eliminato l'aggettivo “soli”.


3. Il trasferimento al giudice civile in assenza di impugnazione ai fini penali

Per contro, e diversamente dall’attuale regime, quando l’impugnazione sia proposta ai fini esclusivamente civili, essa sarà demandata al giudice civile, secondo le regole che ne presidiano il giudizio: le ricadute in termini di deflazione del rito penale340 non sembrano decisive, considerata l’incidenza numericamente ridotta delle impugnazioni proposte esclusivamente a fini civili ma la modifica si connette alla logica secondo cui, laddove si discuta soltanto di responsabilità aquiliana derivante da reato, la controversia troverà la propria naturale sede processuale davanti al giudice civile 341.

Ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’art. 573 cod. proc. pen. si stabilisce quindi che il giudice d’appello e la Corte di cassazione, accertata l'insussistenza di doglianze penali e verificata l'ammissibilità dell'impugnazione, provvedano a trasferire il processo rispettivamente davanti al giudice civile competente e davanti alla sezione civile della Corte.

La ragione della scelta sembra potersi rinvenire nel fatto che, a fronte della definitività dei capi della decisione relativi all'accertamento penale, la sede naturale per la prosecuzione del giudizio debba essere quella civile. Le descritte innovazioni normative appaiono consonanti rispetto al principio di autonomia e separazione del processo penale dal processo civile (di cui sono espressione gli artt. 75 e 652 cod. proc. pen.) e sciolgono il nodo relativo all'applicazione dello statuto della prova civile nel processo penale342, in quanto va da sé che l'impugnazione verrà trattata e decisa secondo le regole di tale rito.

Nella giurisprudenza di legittimità343 pare aver progressivamente preso piede l'orientamento che, nel valorizzare il differente regime probatorio dei due giudizi, afferma che il giudice penale, nel decidere sulle questioni civili, dovrebbe ricorrere al criterio del “più probabile che non”, non potendosi invece rifare al paradigma del “al di là di ogni ragionevole dubbio”344.

Sul fronte della tutela degli interessi civili derivanti dal reato, è previsto anche, ai sensi dell’art. 175-bis, disp. att. cod. proc. pen., introdotto dalla riforma, che le corti d’appello e la Corte di cassazione debbano decidere sull'impugnazione nel termine di sessanta giorni dal maturare dell’improcedibilità nel caso in cui vi siano parti civile o beni in sequestro.

È coerente con la finalità di garanzia della domanda risarcitoria per le obbligazioni derivanti da reato, la previsione (comma 1-ter) della persistenza degli effetti del sequestro conservativo disposto in sede penale. All’art. 317 cod. proc. pen. è stata pertanto introdotta la clausola – “Salvo quanto disposto dal comma 1-ter dell’art. 578 cod. proc. pen.” – per cui, nell’ipotesi di improcedibilità dell’azione penale e conseguente trasferimento della decisione al giudice civile, non vengono meno gli effetti del sequestro.


4. La sorte dei beni confiscati in caso di improcedibilità dell'azione

Il regime d'improcedibilità dell'impugnazione si riflette sulla confisca la cui natura punitiva postula la sua applicazione nell'ambito del processo penale, all'esito della sentenza di condanna345.

L'improcedibilità dell'impugnazione per superamento dei termini fissati porta con sé, quale naturale conseguenza, la perdita di efficacia della confisca (salvo che non si tratti di confisca obbligatoria, ai sensi dell’art. 240, comma secondo, cod. pen.) che discende dalla paralisi dell’accertamento penale determinata dall'improcedibilità.

Nel dichiarato proposito di farsi carico della sorte dei beni in sequestro ed impedirne la reintroduzione nel circuito criminale 346, l’art. 578-ter cod. proc. pen. stabilisce la perdurante efficacia, nelle more del termine per l'attivazione del procedimento di prevenzione, della misura ablatoria, istituendo un collegamento tra procedimento penale e procedimento di prevenzione per effetto del quale il bene già confiscato potrà essere oggetto di misura di prevenzione patrimoniale ai sensi del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159347.

Si determinerà, di conseguenza, il trasferimento del procedimento ad impulso di parte in sede di prevenzione, mediante ordinanza con la quale dovrà darsi conto delle ragioni che giustificano la trasmissione degli atti per l'emissione della misura di prevenzione.

Se, in astratto, si pone l'alternativa tra svolgimento di un'istruttoria ad hoc da parte dell'accusa (ai sensi dell'art. 19, d.lsg. 6 settembre 2011, n. 159) e l'adozione della misura sulla base del contenuto del fascicolo processuale della cognizione, sembra fondato ritenere che, di regola, il compendio istruttorio frutto dell'attività processuale di primo grado sarà idoneo a supportarne l'emissione, senza necessità, quindi, di compiere accertamenti ulteriori.


5. La forma dell'impugnazione

All'art. 581 sono stati aggiunti i commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, che introducono previsioni d'inammissibilità specificamente riferite all'appello in una sedes materiae non ottimale, trattandosi di norma generale che afferisce alla forma delle impugnazioni in generale 348.

Come noto, l'art. 581 cod. proc. pen. era stato modificato con la legge 23 giugno 2017, n. 103, avendo presente la giurisprudenza delle Sezioni Unite – Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822-01) – che aveva affermato il seguente principio: “L'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato”.

Nonostante la previsione di legge introdotta per effetto della legge n. 103 del 2017349, è rimasto non infrequente che le ordinanze di inammissibilità pronunciate per genericità dei motivi d'appello dalle corti distrettuali siano fatte oggetto di annullamento350.

Traspare l'intento del legislatore della riforma, laddove, introducendo il comma 1-bis dell'art. 581, esplicitamente riafferma il principio della citata Sezioni Unite Galtelli, prefiggendosi il rafforzamento dei poteri del giudice d'appello nella fase di delibazione dell'impugnazione, mediante l’accertamento del requisito della specificità estrinseca dei motivi d'impugnazione, nel dichiarato obiettivo di “Innalzare il livello qualitativo dell'atto di impugnazione e del relativo giudizio in chiave di efficienza”351.

Si richiede che l'appellante enunci, in forma puntuale ed esplicita, i rilievi critici che muove alla motivazione (in fatto e in diritto), indicandone i punti e i capi ai quali le doglianze si riferiscono352.

Va pertanto posto l'accento sulla considerazione che, in tanto può chiedersi che i motivi siano specifici, in quanto la motivazione della sentenza impugnata sia articolata e puntuale, non essendo concepibile - trattandosi di un giudizio di relazione - la specificità dei motivi che siano volti a censurare una motivazione lacunosa o imprecisa.

La delibazione sulla specificità dei motivi dovrà tenere in conto il principio del favor impugnationis, evitando che la verifica si traduca (ciò che non è ammesso per l'appello) nel valutare la (non) manifesta infondatezza dei motivi. L'appello ha, infatti, natura di impugnazione a critica libera, ad ampio spettro e, a differenza del ricorso per cassazione353, ove l'impugnazione sia ammissibile, il giudizio riguarda il punto della decisione - cioè il tema devoluto - oggetto di doglianza.

Ne discende il potere del giudice investito della questione di effettuare un vaglio più esteso rispetto alle prospettazioni di parte. In conseguenza delle modifiche apportate in tema di elezione/dichiarazione di domicilio e di mandato ad impugnare, sono stati altresì introdotti corrispondenti motivi d'inammissibilità dell'impugnazione, introducendo le relative previsioni all'art. 581 cod. proc. pen. Secondo la nuova previsione, è necessario che l'impugnante provveda a dichiarare o eleggere domicilio per la nuova fase processuale, nella condivisibile finalità di agevolare l'attività di notificazione, spesso causa di differimento dell'udienza354.

Inoltre, sempre in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, nell'intento di saldare la scelta di proporre la doglianza all’effettiva sussistenza della volontà dell’imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza, è previsto il rilascio di uno specifico mandato a impugnare nei confronti del difensore.

Nel caso in cui l'imputato abbia partecipato al processo di primo grado, non vi è dubbio che egli ne abbia conoscenza per cui si richiede soltanto, a pena d'inammissibilità, che unitamente all'atto del difensore, sia depositata la dichiarazione ovvero l'elezione di domicilio per la notifica dell'atto di citazione a giudizio, previsione, come si è detto, volta a rendere più agevoli le notificazioni dell'atto introduttivo.

Laddove l'imputato sia rimasto assente durante il processo di primo grado, è stata invece introdotta una previsione (art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.) ispirata a garantire che l'impugnazione sia espressione del personale interesse al gravame da parte dell'imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatico tuziorismo difensivo.

La nuova disciplina andrà a gravare il difensore di un onere professionale destinato, secondo alcuni355, a modificare radicalmente il rapporto tra professionista e assistito, specie nel caso di difesa d'ufficio.

La previsione si pone tuttavia in coerente linea con l'esigenza di selezionare, in entrata, le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte.


6. Le modalità di presentazione ed i termini dell'impugnazione

Il legislatore della riforma ha apportato modifiche alla disciplina che riguarda le modalità di presentazione dell'impugnazione (art. 582 cod. proc. pen.) e delle successive memorie (art. 585, comma 4, cod. proc. pen.).

Per il difensore, s'impone il deposito dell'atto in forma telematica, mediante una sorta di normalizzazione del regime introdotto nel periodo dell'emergenza SARS-COVID-19, in modo da favorire la celerità della procedura per l'utente ma altresì riducendo i tempi di lavorazione dei file presso le cancellerie. Rispetto alle parti private, è stata conservata la facoltà di depositare l'atto personalmente, ovvero a mezzo di persona incaricata, presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la sentenza, mentre sono state abrogate le previsioni di deposito presso un tribunale diverso e di invio dell'atto a mezzo del servizio postale, così modificando la precedente disciplina soppiantata dalle possibilità offerte dalle sopravvenute innovazioni tecnologiche.

La disciplina intertemporale356 per quanto riguarda l'entrata in vigore della nuova disciplina di cui ai commi 1 e 1-bis, prevede l'emanazione di decreti attuativi previsti dall'art. 87, commi 1, 3, del d.lgs. n. 150 del 2022 ma il principio del tempus regit actum357 comporta che le indicate abrogazioni avranno effetto fin dal momento dell'entrata in vigore della riforma di cui si tratta. Va inoltre osservato che il deposito telematico degli atti, già previsto dal d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 per il periodo di emergenza epidemiologica, resterà in vigore, per effetto delle proroghe che si sono succedute, fino al 31 dicembre 2022.

Si è detto che le nuove disposizioni dell'art. 581, commi 1 e 1-bis cod. proc. pen. necessiteranno dell'emanazione dei decreti attuativi per cui, fino alla loro emanazione, potrà accadere che i difensori (e pure le parti che intendano avvalersi della procedura digitale) non abbiano accesso al deposito telematico, non più possibile sulla base della vecchia procedura emergenziale e non ancora garantito sulla base della nuova previsione: si dovrà ritenere applicabile, in quell'intervallo temporale, soltanto il regime di deposito analogico presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la sentenza, a meno di un intervento legislativo che risolva, nelle more, l'impasse.

Il legislatore della riforma, infine, attento a non frustrare le esigenze difensive nella predisposizione delle impugnazioni di sentenze emesse nei confronti di imputati giudicati in assenza, ha stabilito (art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen.) l'allungamento di quindici giorni dei termini stabiliti dall'art. 585 cod. proc. pen. per la presentazione dell’appello e del ricorso per cassazione.


7. Le modifiche alla disciplina transitoria per i giudizi di impugnazione

Deve essere dato infine, conto delle modifiche, in itinere, relative alla disciplina transitoria applicabile al sistema delle impugnazioni.

Con la legge 30 dicembre 2022 n. 199, di conversione, con modifiche, del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (recante misure urgenti in materia di accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i reati cosiddetti ostativi nonché in materia di obblighi di vaccinazione anti COVID-19 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali), sono state previste modifiche che tese ad assicurare il coordinato avvicendamento dei regimi delle impugnazioni.

L’art. 5-duodecies della legge n. 199 del 2022 ha sostituito integralmente l’art. 94, comma 2, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, dettando una rinnovata disciplina transitoria di coordinamento delle nuove norme in tema di giudizio di impugnazione, improntate al paradigma dell’udienza non partecipata, con le disposizioni dell’emergenza epidemiologica di cui al decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, in vigore fino al 31 dicembre 2022.

All’art. 5-duodecies citato è stabilito che l’art. 94, comma 2, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, viene sostituito dal seguente: “2.Per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo e 9, nonché le disposizioni di cui all’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo”.

Orbene, sulla base della nuova disposizione, è così stabilito che se l’impugnazione è proposta entro il 30 giugno 2023, continuerà ad applicarsi la disciplina di cui all’art. 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e comma 9, nonché le disposizioni di cui all’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137. Si stabilisce inoltre che, nel caso in cui siano state proposte ulteriori impugnazioni (connesse, quindi, alla prima) avverso il medesimo provvedimento, ai fini dell’individuazione del regime applicativo, si dovrà fare esclusivamente riferimento all’impugnazione già proposta.

Di conseguenza, fino al 30 giugno 2023 – sulla base, per l’appunto, della nuova disposizione transitoria – la trattazione dei ricorsi per cassazione e quella dei giudizi d’appello avverrà sulla base delle disposizioni emergenziali, secondo una scelta ispirata al principio del tempus regit actum, riferito al regime giuridico vigente al momento in cui l’atto introduttivo d’impugnazione è stato proposto.

Ne discende che, per gli appelli già interposti alla data del 30 giugno 2023, indipendentemente dal fatto che sia stata o meno fissata entro tale termine la data dell’udienza, ogni fase del procedimento sarà disciplinata dalla normativa emergenziale, attualmente in vigore e, per effetto della nuova disciplina transitoria, tale regime si dilaterà fino al giugno 2023: viene così superata l’impasse circa il termine minimo per la comparizione in appello, che continuerà ad essere di venti giorni, ai sensi dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., vecchia formulazione.

Per effetto della nuova disposizione di cui all’art. 5-duodecies di cui all’art. 5- duodecies della legge di conversione citata, al cessare del periodo di efficacia della disciplina emergenziale, prorogata, per l’appunto, al 30 giugno 2023, e quindi a fare data dal 1° luglio 2023, troveranno applicazione le nuove disposizioni previste dalla riforma, comunque improntate, pur con alcune specificità, al modello dell’udienza non partecipata (art. 598-bis, art. 611 cod. proc. pen.), di cui si dirà ultra.


 

329

Sul nuovo art.344-bis cod. proc. pen. si rimanda alla relazione n.60/2021 di questo Ufficio, ”La legge 27 settembre 2021, n. 134. Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, sub § 7.

330

V. P. FERRUA, Brevi appunti in tema di udienza preliminare, appello e improcedibilità, in DisCrimen, 9 dicembre 2021, pag. 6.

331

V. G. L. GATTA, Una riforma dirompente: stop alla prescrizione del reato nei giudizi di appello e di cassazione” in DPC, 21 gennaio 2019.

332

La norma sembra in realtà recepire le best practices in essere presso alcuni uffici giudiziari che, nel condivisibile proposito di prevenire declaratorie di prescrizione di reati, oggetto di processi pendenti nella fase d'appello, provvedano ad un puntuale monitoraggio dei termini di prescrizione.

333

Si pensi, secondo i dati riportati da G. CANZIO, Il modello “Cartabia”. Organizzazione giudiziaria, prescrizione del reato, improcedibilità, in Sistema pen., 2022, pag. 10, soprattutto alle corti distrettuali di Napoli e Roma.

334

L'arretrato nella trattazione dei giudizi ha comportato la dimensione patologica del fenomeno delle dichiarazioni di estinzione del reato per decorso dei termini di prescrizione che (cfr. G.L. GATTA, op. cit.) ha raggiunto il 25% dei procedimenti trattati in tale grado di giudizio.

335

Non mancano voci in dottrina (v. A. GAITO, Sliding doors: giudizio cartolare o giusto processo anche in Cassazione? in Arch. Pen. n. 3, 2022) secondo cui la riforma Cartabia avrebbe mancato l'occasione di riformare il sistema delle impugnazioni nel rispetto dei principi del contraddittorio e dell'oralità.

336

L'esplicita previsione relativa all’accertamento circa l'ammissibilità dell'impugnazione, prodromico all’improcedibilità, sembra essere frutto del recepimento della giurisprudenza di legittimità in materia (v., Sez.7, ord. n. 43883 del 19/11/2021, Rv. 283043-01; Sez. U., n. 12602 del 17/12/2015 (dep. 2016), Ricci, Rv. 266818-01).

337

Sulla natura del giudizio davanti al giudice civile competente ex art. 622 cod. proc. pen., v. Sez U., n. 28911 del 28/03/2019, Papaleo, Rv. 275953-01 ma anche, più di recente, Sez. U., n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228-01 che ha affermato l'autonomia del giudizio instaurato ai sensi dell'art. 622 cod. proc. pen. davanti al giudice civile, con la conseguente applicazione dello statuto processuale di tale rito.

338

V., in proposito, Corte cost., sentenza n. 176 del 2019 che, pur incidentalmente, tratteggia i poteri del giudice civile nell'accertamento dell'illecito aquiliano derivante da reato. Alcuni autori - P. FERRUA, op. cit., pag. 10 - osservano, in chiave critica, che dalla previsione relativa all’efficacia, davanti al giudice civile, delle prove assunte in sede penale possa trarsi, a contrariis, la conclusione del venir meno dell'efficacia delle disposizioni civili della sentenza impugnata.

339

V. Relazione illustrativa, pag.160.

340

V. Relazione illustrativa, pag. 331.

341

Nella giurisprudenza costituzionale (v. Corte cost., sentenza n. 12 del 2016 e, più di recente, n. 249 del 2020, n. 203 del 2021) si è evidenziato il carattere accessorio dell'azione civile nel processo penale – che si traduce nella tendenziale separazione tra i due giudizi, prevalendo, in quello penale, l'obiettivo di accertare le responsabilità a carattere penale – riconoscendo tuttavia che il ristoro economico possa conseguito dall'offeso attraverso una doppia via, ovvero sia nel processo civile, a ciò deputato, sia in quello penale.

342

In tale senso, cfr. Corte cost., sentenza n. 182 del 2021.

343

Sez. 2 n. 11808 del 14/01/2022, Rv. 283377-01.

344

In tale senso, cfr. anche Sez. U., n. 39614 del 28/04/2022, Di Paola, Rv. 283670-01.

345

Vedi, sul tema, Corte cost., sentenza n. 24 del 2019. Vedi inoltre la già citata relazione n. 60/2021 di questo Ufficio, sub § 21.

346

Vedi in tal senso, Relazione illustrativa, pag. 328.

347

La norma prevede la trasmissione degli atti all’autorità competente (Procura della Repubblica presso la DDA ovvero presso la DNA) per l'adozione della misura di prevenzione reale; essa dovrà attivarsi nel termine di novanta giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di trasmissione degli atti con l'adozione della misura di prevenzione, pena la perdita di efficacia della confisca. In dottrina (v. E. N. LA ROCCA, in La riforma Cartabia, a cura di G. SPANGHER, Pisa, Pacini giuridica, 2022, pag. 562) non si è mancato di osservare l'anomalia della previsione de qua, relativa all'attivazione del procedimento di prevenzione che estende le regole sulla pericolosità, contenute per finalità peculiari nel cd. codice antimafia, giungendo tramite una scorciatoia al risultato ablatorio.

348

V., sul tema delle impugnazioni come risultanti dal nuovo sistema, già la relazione di questo Ufficio n. 68/2022, intitolata “Relazione su novità normativa. Disciplina transitoria e prime questioni di diritto intertemporale del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 come modificato dall’art. 6 del decretolegge 31 ottobre 2022, n. 162”, sub §§ 10 e 19.

349

V. Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Rv. 281978-01, Sez. 2, n. 2241 del 08/01/2019, Rv. 275606- 01. Significativa, in tema di overruling a fronte della Sez. U. 27/10/2016 (dep. 2017), Galtelli, la decisione della Sez. 5, n. 13178 del 2018 (dep. 2019), Rv. 275623-01.

350

G. CANZIO, op. cit.,

351

Così, Relazione illustrativa, pag. 324.

352

Conformemente all'impostazione contenuta nella norma richiamata, v. Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, Rv. 281112-01, secondo cui costituisce onere della parte dedurre le censure, con riferimento ai punti della decisione, indicandone gli elementi a sostegno.

353

In dottrina, cfr. P. TONINI, Manuale breve di diritto processuale penale, Milano, Giuffrè, 2018, pag. 799 e ss. Va ricordato che la riforma Cartabia ha ridimensionato il disegno, tratteggiato dalla Commissione Lattanzi che rivoluzionava l'appello, rendendolo un mezzo d'impugnazione a critica vincolata, accanto alla eliminazione dell'appello del pubblico ministero avverso le sentenze assolutorie.

354

Motivi di perplessità sembra suscitare l’opinione (v. D.N. CASCINI, Le impugnazioni: nuove forme e modalità di presentazione, in La riforma Cartabia, op. cit., pag. 555) secondo la quale la riforma addosserebbe all'imputato le inefficienze del sistema. In realtà, la previsione sembra concretare il principio di lealtà processuale e leale collaborazione tra le parti, considerato che l'appello viene celebrato a richiesta dell'impugnante.

355

F.A. MAISANO, Prime note critiche sull'appello inammissibile nella “riforma Cartabia”, in Giurispr. Pen., 2022, 10.

356

Per le questioni di diritto intertemporale, si rimanda alla Relazione dell'Ufficio del Massimario.

357

Il principio del tempus regit actum, che si connette all'art. 11 prel. (La legge non dispone che per l'avvenire. Essa non ha effetto retroattivo.), prevede l'applicazione della legge processuale al momento del compimento dell'atto medesimo (cfr. Sez. U. n.44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260927-01).


 

FONTE: Articolo tratto da "La riforma Cartabia: Relazione su novità normativa dell'Ufficio del Massimario - 2022"

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