
Sommario:
1. L’esigenza di una disciplina sulla giustizia riparativa
2. La giustizia riparativa e i suoi corollari
4. Le parole “chiave”: l’art. 42
5. I principi: l’art. 43. - 5.1. Gli artt. 44 e 45
7. Le garanzie: gli artt. 47, 48 e 49
8. La natura riservata del percorso di giustizia riparativa
8.1 L’inutilizzabilità e il segreto
9. Lo svolgimento del programma di giustizia riparativa
10.1. La riparazione simbolica
10.2. La riparazione materiale
12. I mediatori: artt. 59 e 60
12.1. Le norme transitorie
13 I Centri di giustizia riparativa e il coinvolgimento degli enti
14. Il trattamento dei dati personali
1. L’esigenza di una disciplina sulla giustizia riparativa
Accogliendo le sollecitazioni provenienti dalle più autorevoli fonti europee e internazionali580 che da tempo hanno stabilito principi di riferimento comuni e indicazioni concrete per consentire agli ordinamenti nazionali di elaborare paradigmi di giustizia riparativa idonei a consentire alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se entrambi vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale, il legislatore ha dato attuazione alla legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, ponendo una disciplina organica, così da allineare l’ordinamento domestico a ordinamenti giuridici che hanno già da tempo optato in tal senso581.
In merito agli impegni del PNRR assunti per il settore giustizia, nel dare seguito alla novità del capitolo della giustizia riparativa, la scelta italiana582 è stata non solo quella di prevedere un percorso parallelo volto alla ricomposizione del conflitto, inteso non come giustizia alternativa a quella tradizionale (e, dunque, come rinuncia alla pretesa sanzionatoria), né come giustizia sussidiaria alla quella tradizionale (attesa la volontarietà del ricorso ai programmi, che esclude che il sistema penale possa essere soppiantato dal nuovo modello di giustizia), ma anche quella di garantire che il sistema punitivo tradizionale continui a rappresentare il presupposto dei programmi di giustizia riparativa, in modo da assicurare che le esigenze di prevenzione generale e di prevenzione speciale rimangano intatte.
In breve583, la giustizia riparativa recepita dal nostro sistema, naturalmente più orientata alle vittime, si offre come un percorso nel quale si perseguono finalità ancora più avanzate rispetto ai principi costituzionali fissati nell’art. 27: l’idea rieducativa alla base del nostro testo costituzionale presuppone che all’origine del fatto vi sia stata una caduta, una perdita nell’educazione del responsabile, là dove la giustizia riparativa non tende a stigmatizzare la persona quanto, piuttosto, il fatto, scommettendo, a differenza del diritto penale classico, sulle persone e sulle loro capacità positive, al punto da diventare una giustizia formativa ed educativa.
Il legislatore delegato ha ritenuto che la giustizia riparativa potesse promuovere indirettamente, attraverso l’incontro nei programmi riparativi e attraverso la riparazione materiale o simbolica, quella adesione tra i soggetti coinvolti che è, in definitiva, il reale scopo della minaccia di pena, sicché riparazione e rieducazione finiscono con il saldarsi.
Sempre nell’ottica della complementarietà vanno letti i timidi tentativi584 del decreto di collegare all’esito riparativo raggiunto alcuni effetti sulla risposta sanzionatoria, rinvenibili negli interventi sulle circostanze del reato ex art. 62 cod. pen., sulla determinazione della pena ex art. 133 cod. pen., sulla remissione di querela ex art. 152 cod. pen., nonché sulla sospensione condizionale della pena ex art. 163 cod. pen.
Nel dare attuazione alla legge delega, il legislatore delegato ha introdotto disposizioni puntuali che, per un verso, aprono canali di accesso ai percorsi di giustizia riparativa nell’ambito di istituti già esistenti, incoraggiando l’invio dei casi ai centri di giustizia riparativa, appositamente creati in tutti i distretti di corte d’appello, e agevolando la gestione a livello processuale degli esiti dei percorsi riparativi e, per altro verso, consentono di chiarire cosa “non è” giustizia riparativa.
Non sono forme di giustizia riparativa, i lavori di pubblica utilità e le attività di volontariato sociale, che rappresentano più un peso inflitto al condannato per attenuarne il senso di libertà che un fattivo impegno volto a promuoverne individualmente il senso di responsabilità e che, dunque, si iscrivono in un’ottica retributiva o di coercizione, così come non sono forme di giustizia riparativa il risarcimento del danno, la messa alla prova in fase processuale e l’affidamento in prova al servizio sociale in executivis.
Invero, tali istituti niente hanno a che spartire con la giustizia riparativa: la condotta ripara l’offesa intesa come bene giuridico tutelato dalla norma, per la quale può bastare anche il risarcimento del danno e/o l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, là dove, diversamente, nel contesto della giustizia riparativa l’offesa da riparare è un’entità complessa e più ampia rispetto al danno poiché include una “componente tendenzialmente soggettiva”