top of page
Cerca

La giustizia riparativa: dalle fonti internazionali ed europee alla normativa nazionale



Sommario:

1. La giustizia riparativa nella giustizia penale

2. Le fonti internazionali ed europee

3. L’esercizio della delega in materia di giustizia riparativa

4. Sguardo d’insieme sulla fonte nazionale: principi e obiettivi

4.1. Contenuti, strumenti e modalità


1. La giustizia riparativa nella giustizia penale

Con il d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150, per la prima volta, è introdotta nella legislazione penale una disciplina organica della giustizia riparativa ed è previsto, attraverso l’interpolazione delle norme del codice penale, del codice di rito e di alcuni atti di normazione primaria, che essa si inserisca nel procedimento penale. Il legislatore delegato – come si avrà modo di analizzare diffusamente in seguito – nel dare attuazione ai principi e ai criteri fissati all’art. 1, comma 18, della legge delega n. 134 del 2021, ha fornito una definizione “nazionale” di giustizia riparativa, ne ha individuato gli obiettivi, ha chiarito quali connotazioni abbia, in cosa consista, come vi si acceda, come si svolga e quali esiti debba avere; ha altresì regolamentato le strutture e gli strumenti per la sua attuazione nell’ambito di quella che costituisce la disciplina organica della giustizia riparativa; ha quindi disciplinato l’inserimento della giustizia riparativa nel procedimento penale, attraverso la tecnica di interpolazione alla normativa vigente, con l’inserimento di una nuova disposizione (l’art. 129-bis cod. proc. pen, in uno all’art. 45-ter disp. att. cod. proc. pen.), destinata ad essere la norma di portata generale cui riferirsi nell’applicazione di essa.

Ebbene, l’analisi complessiva delle disposizioni, in mancanza di una norma ad hoc che inquadri o classifichi la giustizia riparativa nell’ambito della giustizia penale, consente di definirla solo per esclusione: essa non è un rito speciale, ma, al più, un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa; non è una causa di estinzione del reato, se non limitatamente all’ipotesi della remissione tacita di querela ai sensi del (nuovo) art. 152 cod. pen.; non è una causa di non punibilità o di non procedibilità e non è un’alternativa al processo e alla pena, né è un’alternativa alla giustizia penale, non sostituendosi ad essa; non è una circostanza attenuante, ma è un elemento che consente il riconoscimento, in sede di trattamento sanzionatorio, della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen.

Volendo allora trovare una definizione che individui, in positivo, la natura della giustizia riparativa nell’ambito del procedimento penale, si potrebbe affermare che è un sistema multiforme, nuovo nel panorama della giustizia penale; è un sistema di giustizia che si affianca a quella contenziosa e che procede in parallelo ad essa (salvo divenirne complementare e convergere nell’ipotesi della remissione tacita e della eventuale sospensione del procedimento nel caso di reati perseguibili a querela ai sensi dell’art. 129-bis, comma 4, cod. proc. pen.); è un sistema che ha connotazioni e regole proprie, che può incidere sul trattamento sanzionatorio (e sull’estinzione dei reati procedibili a querela rimettibile) e che soddisfa bisogni, aspettative e obiettivi che, solo in alcuni aspetti, collimano con quelli cui mirano il processo penale e, più in generale, la giustizia penale547.


2. Le fonti internazionali ed europee

La giustizia riparativa ha radici antichissime, che si fanno risalire ai casi in cui la risoluzione dei conflitti che sorgevano nei gruppi sociali era appannaggio di una persona autorevole, alla quale i singoli membri si affidavano non solo per la composizione pacifica, ma anche per il conseguimento della pace sociale548. Nasce da queste antiche realtà e diviene nel tempo «un modello di giustizia che coinvolge nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto delittuoso, oltre al reo, anche la vittima e la comunità, al fine di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione fra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo»549.

Risoluzione dunque del conflitto attraverso percorsi che mirano a ricomporre la frattura tra la persona indicata come autore dell’offesa e la vittima con il loro coinvolgimento attivo e volontario, nonché con la promozione del recupero e della risocializzazione della prima e delle aspettative di sicurezza e del benessere della seconda550.

In linea con il ruolo sempre più rilevante che si vuole assumano le vittime del reato, valorizzato non solo a livello criminologico, ma anche sul piano internazionale551, con la giustizia riparativa l’attenzione è posta, oltre che sull’autore del reato, sulla persona offesa, affinché non subisca danni ulteriori e possa affrontare ed eventualmente metabolizzare il pregiudizio subito, conseguendo quel ristoro economico e, prim’ancora, morale che il fatto delittuoso ha reso necessario552.

E’ tuttavia dal 1997 che il tema della tutela delle vittime si aggancia più direttamente al problema, avvertito anche a livello internazionale, del sovraffollamento carcerario e dello stato non commendevole in cui versa il sistema di giustizia penale, convergendo verso forme di deflazione processuale553: in quest’ottica, si è ritenuto risolutivo ricorrere a forme di pena non custodiali e, ove possibile, a soluzioni bonarie dei conflitti di minore gravità, attraverso strumenti alternativi alla pena, ispirati ai principi della giustizia riparativa554.

In questa direzione si è mossa la Risoluzione sulla “Cooperazione internazionale tesa alla riduzione del sovraffollamento delle prigioni ed alla promozione di pene alternative”555, in cui l’uso della mediazione, l’accettazione di forme di riparazione civilistiche o gli accordi di reintegrazione economica in favore della vittima con parte del reddito del reo o, ancora, la compensazione con lavori espletati dal reo in favore della vittima sono indicati quali possibili strumenti alternativi alla pena556.

Nascono, quindi, forme di giustizia lato sensu riparativa ritenute soddisfacenti per la vittima ed idonee a prevenire futuri comportamenti illeciti, che rappresentano una possibile alternativa a brevi periodi di pena detentiva o contravvenzioni. In questo contesto si è mosso, nel 1999, anche il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa: al fine di ridurre il sovraffollamento carcerario, viene individuata tra le misure alternative alla detenzione anche la mediazione vittimareo e lo svolgimento di attività di compensazione da parte del secondo in favore della prima557.

Si giunge così alla Raccomandazione n. R (99)19 in materia di mediazione penale558, in cui sono definiti puntualmente i principi generali in tema di mediazione e le regole che devono disciplinare l’attività degli organi della giustizia penale in relazione alla mediazione, agli standards da rispettare per l’attività dei servizi di mediazione, alle indicazioni sulla qualifica dei mediatori e sulla loro formazione, al trattamento dei casi individuali, agli esiti della mediazione, alle attività di ricerca e valutazione che gli Stati membri dovrebbero promuovere sulla materia559.

La mediazione viene quindi considerata uno strumento tipico di giustizia riparativa, con il quale, nelle cause penali, si ricerca – prima o durante lo svolgimento del procedimento – una soluzione negoziata tra la vittima e l’autore del reato con l’ausilio di una persona competente.

La Decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001560 ne definisce gli aspetti e, con essa, ciascuno Stato si impegna a definire servizi specializzati che rispondano ai bisogni della vittima in ogni fase del procedimento, adoperandosi affinchè non abbia a subire pregiudizi ulteriori e inutili pressioni e affinché sia assicurata l’adeguata formazione professionale degli operatori, mediante la previsione di scadenze temporali vincolanti per le necessarie disposizioni attuative, di ordine legislativo, regolamentare e amministrativo.

Nello stesso periodo, con i Principi base sull’uso dei programmi di giustizia riparativa in ambito penale, elaborati dalle Nazioni Unite nel 2002 (United Nations, “Basic Principles on the Use of Restorative Justice Programmes in Criminal Matters”, ECOSOC Res. 12/2002 n. 15/2002), si è affermato che la giustizia riparativa deve essere considerata, nei vari stadi del procedimento o nell’esecuzione delle pene, come una misura dinamica di contrasto alla criminalità, che rispetta la dignità di ciascuno e l’eguaglianza di tutti, che favorisce la comprensione e contribuisce all’armonia sociale, essendo tesa alla “guarigione” delle vittime, dei rei e delle comunità.

Con essa si dà la possibilità alla vittima – che va informata in modo chiaro e preciso, così da essere consapevole di ogni aspetto – di ottenere una riparazione, di sentirsi più sicura e di trovare tranquillità e si sollecita altresì l’autore del reato a prendere coscienza delle cause e degli effetti del proprio comportamento e ad assumersi le proprie responsabilità in maniera cos