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Le modifiche in materia di iscrizioni della notizia di reato - Il parere del CSM


In questo articolo si riporta la relazione del Consiglio Superiore della Magistratura sul tema "Le modifiche in materia di iscrizioni della notizia di reato" a seguito dell'entrata in vigore della riforma Cartabia.


Indice:

1. Art. 335 c.p.p.

2. Art. 335 bis c.p.p.

3. Art. 335 ter c.p.p.

4. Art. 335 quater c.p.p.


In attuazione dei principi di delega di cui all’art. 1, co. 9 lett. p), q), r), s) della L. 134/2021 è stato modificato l’art. 335 c.p.p. e sono stati introdotti gli artt. 335 bis, 335 ter e 335 quater c.p.p..


1. Art. 335 c.p.p.

In base al novellato art. 335 c.p.p., che dà attuazione al principio di delega di cui all’art. 1, co. 9, lett. p) della L. 134/2021, il P.M iscrive immediatamente nell’apposito registro la notizia di reato che ha acquisito o che gli perviene, quando essa contenga “la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile ad una fattispecie incriminatrice”, indicando, se risultanti, le circostanze di tempo e di luogo del fatto (co. 1). Il P.M. provvede poi “all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico” (co. - 1 bis).

Se non vi abbia provveduto tempestivamente, ai sensi dei commi 1 e 1 bis, il P.M., all’atto di disporre l’iscrizione, “può altresì indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata” (co, 1- ter) .

La scelta del legislatore in ordine alle condizioni che rendono doverosa l’iscrizione della notizia di reato e dell’indagato è in linea con quanto auspicato dal Consiglio superiore nel parere reso con delibera del 29 luglio 2021, nel quale sono state evidenziate le ragioni che impongono di riconoscere al P.M. una discrezionalità valutativa con riferimento a tale adempimento e i rischi di iscrizioni precoci e indiscriminate che sarebbero conseguiti all’introduzione di criteri normativi rigidi.

Le condizioni indicate nel novellato art. 335 c.p.p. si pongono inoltre in continuità con quelle elaborate, in via interpretativa, dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza dell’attuale, generica formulazione dell’art. 335 c.p.p., ed anzi, risultano meglio definiti. L’iscrizione della notizia di reato è, infatti, doverosa quando il fatto denunciato o del quale il P.M. sia venuto a conoscenza presenti, nella sua storicità, connotati di verosimiglianza e, giuridicamente, gli elementi costitutivi di una fattispecie di reato; l’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito si impone, invece, quando gli elementi a carico della stessa abbiano un grado di consistenza tale da attingere la soglia della probabilità di fondatezza dell’accusa.

A completamento di tale disposizione, al comma 1 ter del novellato art. 335 c.p.p., è stato poi attribuito al P.M. il potere di rimediare ‘d’ufficio’ alla tardiva iscrizione (sia della notizia di reato sia dell’indagato), consentendogli di retrodatarla allorché vi provveda.

Tale previsione va valutata con favore perché, soprattutto nei procedimenti di maggiore complessità e con una pluralità di posizioni, una ponderata lettura degli atti di indagine richiede tempo, e solo all’esito dell’esame complessivo degli stessi, il P.M. è in grado di valutare se sussista o meno un quadro indiziario a carico dei singoli. La regola posta al comma 1 ter del novellato art. 335 c.p.p., nel conferire riconoscimento ad una siffatta esigenza, intende al contempo responsabilizzare il P.M. e richiamarlo alla massima diligenza nell’effettuare l’iscrizione, al fine di rendere residuale l’attivazione del meccanismo giurisdizionale disciplinato dall’art. 335 quater c.p.p. (di cui si dirà in seguito), che, quale condizione per l’accoglimento della domanda di retrodatazione, richiede anche la non scusabilità del ritardo. Conclusivamente, a fronte dell’opzione di predeterminare normativamente i criteri di iscrizione della notizia di reato e dell’indagato, il sistema che si intende introdurre è da ritenere quello preferibile.

Esso, come anticipato, ha sia il pregio di riconoscere al P.M. una discrezionalità valutativa, e il tempo occorrente per selezionare e ponderare con oculatezza gli atti di indagine (all’eventuale ritardo nella iscrizione il P.M. può rimediare ‘d’ufficio’), sia di garantire maggiormente i singoli, ponendoli al riparo da iscrizioni fondate su meri sospetti.

Nondimeno, il fisiologico risvolto di un sistema di iscrizioni che opportunamente è stato improntato a discrezionalità è quello - come si dirà a breve - di determinare un elevato tasso di imprevedibilità delle decisioni relative alla verifica postuma sulla tempestività della stessa.


2. Art. 335 bis c.p.p.

La disposizione riproduce pedissequamente i principi di delega di cui all’art. 1, co. 9, lett. s, della L. n. 134/2021, prevedendo che la mera iscrizione nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito.

Nel parere reso il 29 luglio 2021, il Consiglio ha rilevato come l’introduzione di un siffatto generale principio non risultasse ben ponderata, potendo la particolare natura degli interessi in gioco nel procedimento civile o amministrativo giustificare e rendere ragionevole la valorizzazione, da parte dell’autorità amministrativa o del giudice civile, della condizione di ‘indagato’, avuto riguardo alle determinazioni da assumere nel caso concreto.

Tale sollecitazione è stata solo parzialmente accolta, con l’introduzione, nelle disposizioni di attuazione, dell’art. 110 quater, che prevede una deroga al principio affermato nell’art. 335 c.p.p. nei casi in cui l’indagato sia sottoposto ad una misura cautelare personale o il P.M. abbia esercitato l’azione penale.

Nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo è stato precisato che, anche in assenza di tali pregnanti ‘snodi processuali’, l’autorità amministrativa o civile potrà valorizzare qualunque elemento, purché questo non si risolva nel solo dato della formale iscrizione del nome della persona nel registro di cui all’art. 335 c.p.p..

Se la formulazione della disposizione, e, in particolare, l’espresso riferimento alla circostanza che non può essere attribuito un rilievo pregiudizievole alla ‘mera iscrizione’ rende praticabile detta interpretazione, rimane il dato che, nella fase di segretezza delle indagini, l’autorità amministrativa e quella civile non potranno accedere ai relativi atti, il che rende del tutto marginali i casi in cui l’elemento dell’iscrizione della persona nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. potrà essere corroborato da altri elementi desumibili dagli atti di indagine.

D’altra parte, anche l’art. 64 bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, modificato dall’art. 6 dello schema di decreto legislativo, che dà attuazione alla legge n. 206/2021 per la riforma del processo civile, prevede che, quando risulti la pendenza di procedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, allo scioglimento dell’unione civile o alla responsabilità genitoriale, il P.M., se gli atti sono coperti da segreto, è esonerato dall’obbligo di informare il giudice civile che procede o il Tribunale per i minorenni della pendenza del procedimento penale per reati commessi in danno del coniuge, del convivente, di persona legata da relazione affettiva, anche ove cessata, o di minori.

La formulazione dell’art. 110 quater disp. att. c.p.p. impone un ulteriore rilievo critico.

La previsione in esso contenuta, secondo la quale “..le disposizioni da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per la persona sottoposta a indagini devono intendersi nel senso che esse si applichino comunque alla persona nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l’azione penale” di fatto finisce con l’assegnare all