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Lesioni personali: in caso di più aggressori, ciascuno risponde di tutte lesioni cagionate


Corte di Cassazione

La massima

L'aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente, ancorché non simultanea, condotta dei correi, comporta che ciascuno di essi risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall'azione materialmente posta in essere dal singolo (Cassazione penale sez. V, 14/07/2022, (ud. 14/07/2022, dep. 21/09/2022), n.35274).

Fonte: Ced Cassazione Penale 2022


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La sentenza

Cassazione penale sez. V, 14/07/2022, (ud. 14/07/2022, dep. 21/09/2022), n.35274

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Brescia ha confermato la condanna di T.G.V. per i reati di rissa aggravata e lesioni volontarie gravi ed aggravate ai danni di V.E., il quale riportava gravi lesioni al capo ed al torace nel corso di un violento scontro tra gli appartenenti ad opposte fazioni politiche.


2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando tre motivi.


2.1 Con il primo deduce vizi di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità del coimputato R., le cui dichiarazioni eteroaccusatorie sono state poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità del T. per il reato di lesioni.


Il ricorrente lamenta anzitutto che la Corte avrebbe sostanzialmente omesso di motivare sull'attendibilità intrinseca del dichiarante, la cui valutazione sarebbe tanto più necessaria in ragione del concreto interesse vantato dallo stesso a deprimere le responsabilità della propria fazione e ad aggravare quelle della fazione contrapposta. Non solo, i giudici dell'appello, pur avendole contraddittoriamente registrate, avrebbero a tal fine omesso di considerare le rilevanti smentite esistenti al racconto del R.. Infatti, sulla base delle videoregistrazioni acquisite entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto che egli avrebbe mentito quando ha sostenuto che i militanti di (OMISSIS) erano armati di catene e bastoni, ma, soprattutto, quando ha affermato che ad accendere la rissa sarebbe stata l'aggressione al V., mentre i giudici del merito hanno riconosciuto che ad iniziare gli scontri fu proprio quest'ultimo, che colpì ad un fianco il G.. Circostanza quest'ultima particolarmente rilevante al fine di escludere la possibilità di una valutazione frazionata delle dichiarazioni del coimputato, posto che il T. viene indicato come colui che avrebbe sferrato il primo colpo al V.. Infine la Corte avrebbe omesso di considerare come alcun altro partecipante alla rissa ha riferito di aver visto quanto raccontato dal R..


Il ricorrente poi contesta l'idoneità degli elementi selezionati dai giudici del merito a costituire un valido riscontro alle dichiarazioni del coimputato. Quanto alle tracce biologiche riconducibili al T. rinvenute sul bastone asseritamente utilizzato per colpire il V., le stesse non sarebbero un riscontro individualizzante della consumazione da parte del medesimo del reato. A maggior ragione se si considera che le tracce in questione non erano presenti sulla parte dell'oggetto contundente che, secondo il racconto del R., egli avrebbe afferrato nel toglierlo di mano alla vittima per poi colpirla. Inoltre illogica e carente sarebbe la spiegazione offerta dalla Corte in merito alla presenza sul bastone di tracce ematiche del G., che invece testimonierebbe l'attendibilità della versione dei fatti offerta dal T., il quale ha dichiarato di aver raccolto il bastone dalle mani del V. quando questi era già a terra. Contrariamente a quanto sostenuto in entrambe le sentenze di merito, non avrebbe la capacità di riscontrare le dichiarazioni del R. nemmeno la conversazione tra il T. ed il G. intercettata il giorno dopo i fatti, valorizzata sulla base di una interpretazione meramente congetturale di alcune frasi pronunziate dall'imputato ed il cui contenuto, ancora una volta, non contraddirebbe la versione resa da quest'ultimo. Infine la Corte avrebbe illogicamente svalutato le dichiarazioni della teste Sofia, l'unica ad aver assistito al momento in cui venne inferto al V. il primo colpo e la quale ha riferito che l'autore dello stesso sarebbe stato un altro militante del Centro sociale.


2.2 Con il secondo momento vengono dedotti erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito al riconoscimento dell'aggravante di cui all'art. 583 c.p. Osserva in proposito il ricorrente come entrambe le sentenze di merito abbiano ritenuto che le diverse lesioni subite dal V. siano state determinate da due distinte serie causali, la prima dovuta all'azione del T. con il bastone e la seconda imputabile invece ai calci inferti alla vittima da altri esponenti di (OMISSIS). Apodittica sarebbe dunque l'attribuzione all'imputato, a titolo quantomeno di concorso morale, anche di questa seconda e distinta condotta e delle sue conseguenze, non avendo i giudici del merito motivato sull'effettiva consapevolezza e volontà del T. di agevolare con il proprio comportamento l'azione autonomamente realizzata dagli altri concorrenti, rappresentandosi l'evento lesivo integrante l'aggravante contestata. Lacuna tanto più evidente, secondo il ricorso, in ragione del fatto che già la sentenza di primo grado, nel derubricare l'originaria imputazione di tentato omicidio, aveva stabilito come il T. avesse agito con dolo d'impeto ed all'esclusivo fine di fermare l'azione aggressiva del V. e di soccorrere il G., che di tale azione era stato il bersaglio.


2.3 Con il terzo motivo vengono dedotti ulteriori vizi di motivazione in merito al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche. Statuizione questa fondata sull'indimostrato assunto per cui anche gli esponenti di (OMISSIS) fossero desiderosi di addivenire allo scontro con l'opposta fazione, quando invece sarebbe stato dimostrato che essi subirono una programmata aggressione da parte di quelli del Centro sociale, che li avevano sorpresi disarmati mentre si accingevano a recuperare le proprie vetture per far ritorno a casa.


Generico e comunque privo della necessaria valutazione individualizzante sarebbe poi il giudizio sulla gravità del fatto formulato dalla Corte ad ulteriore giustificazione della propria decisione.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.


2. Preliminarmente va precisato che i motivi di ricorso riguardano esclusivamente il capo della sentenza impugnata relativo al reato di lesioni volontarie, talché deve ritenersi irrevocabile l'affermazione di responsabilità del T. per il reato di rissa aggravata, fermo restando quanto si illustrerà in seguito con riguardo alle censure articolate con il terzo motivo in merito al trattamento sanzionatorio. Ciò premesso devono per l'appunto ritenersi fondate le doglianze svolte con i primi due motivi di ricorso.


2.1 La Corte territoriale ha anzitutto fondato sulle dichiarazioni rese dal R. la prova dell'attribuibilità al T. del colpo inferto al V. con un bastone, ritenendo le stesse riscontrate dagli esiti degli accertamenti eseguiti sulle tracce biologiche rinvenute sul corpo contundente e dal contenuto delle intercettazioni delle conversazioni intervenute il giorno seguente ai fatti tra lo stesso imputato ed il G..


Entrambe le sentenze di merito hanno peraltro affermato che il racconto del R. sarebbe mendace in alcuni punti e in particolare proprio nella parte relativa alla genesi della rissa ed alla dinamica dello scontro intervenuto tra il T. ed il V.. La Corte ha dunque invocato il principio della valutazione frazionata delle prove dichiarative al fine di valorizzare quella parte del suddetto racconto in cui viene descritto il segmento della condotta che avrebbe determinato le prime lesioni subite dalla vittima, ritenute compatibili con la dinamica dell'azione descritta dal dichiarante e da questi attribuita per l'appunto all'imputato.


2.2 In proposito è anzitutto opportuno ribadire che l'esclusione dell'attendibilità per una parte del narrato del chiamante in reità o in correità non implica, per il citato principio della cosiddetta "frazionabilità" della valutazione, un giudizio di inattendibilità con riferimento alle altre parti intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate. Ma perché tale principio possa essere applicato è necessario, secondo l'insegnamento di questa Corte, che ricorrano alcune condizioni, ossia che: a) non sussista un'interferenza fattuale e logica tra la parte del racconto ritenuta falsa e le rimanenti parti; b) l'inattendibilità non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante; c) sia data una spiegazione alla parte della narrazione risultata smentita per esempio, con riferimento alla complessità dei fatti, al tempo trascorso dal loro accadimento o alla scelta di non coinvolgere un prossimo congiunto o una persona a cara - in modo che possa, comunque, formularsi un giudizio positivo sull'attendibilità soggettiva del dichiarante medesimo (ex multis Sez. 6, Sentenza n. 25266 del 03/04/2017, Polimeni, Rv. 270153).


2.3 Deve allora convenirsi con il ricorrente che la sentenza impugnata si è sostanzialmente limitata ad evocare il suddetto principio, senza però dare conto delle ragioni per cui debbano ritenersi integrate le condizioni che ne consentono l'applicazione nel caso di specie. La Corte territoriale non ha infatti rivelato perché non sussisterebbe in concreto un problema di interferenza - certamente in astratto prospettabile atteso che la genesi della rissa e l'aggressione al V. sarebbero, nella narrazione del dichiarante, accadimenti sostanzialmente coincidenti - tra le parti del racconto del R. ritenute mendaci perché smentite da risultanze ritenute oggettive e le accuse mosse dal medesimo al T.. Quanto invece al movente che ha determinato il R. a mentire i giudici del merito ammettono come sarebbe stata sua intenzione sminuire le responsabilità degli appartenenti alla sua fazione - e dunque anche la propria - senza però fornire una qualsiasi spiegazione del perché tale concreto interesse non sarebbe idoneo ad inquinare nel suo complesso la deposizione del coimputato.


2.4 In definitiva la valutazione frazionata dell'attendibilità del R. si regge su mere asserzioni che si traducono in un tessuto motivazionale del tutto apodittico e dunque meramente apparente. Ne' è possibile trarre dalla motivazione relativa agli altri elementi valorizzati dalla Corte indicazioni sufficienti a colmare l'evidenziato deficit valutativo, posto che la stessa li ha qualificati come meri riscontri del narrato del coimputato, senza sondare la loro eventuale capacità di assurgere a prova autonoma della responsabilità del T..


3. Quanto alle censure articolate con il secondo motivo in merito alla configurabilità nei confronti dell'imputato dell'aggravante di cui all'art. 583 c.p., va anzitutto ricordato come, secondo l'insegnamento di questa Corte, per l'affermazione del concorso di persone nei reati commessi in occasioni di manifestazioni collettive, la prova della partecipazione, anche nella forma del mero rafforzamento dell'altrui proposito criminoso, presuppone l'accertamento della presenza del singolo imputato nel contesto spazio-temporale durante il quale i reati sono stati realizzati (Sez. 6, Sentenza n. 54424 del 27/04/2018, Calabrò, Rv. 274680). Si è inoltre precisato che la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all'esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall'obbligo di motivare sulla prova dell'esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall'art. 110 c.p., con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (Sez. U, Sentenza n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101).


Non è dubbio che in caso di aggressione fisica collettiva, ancorché non simultanea, ognuno dei concorrenti risponda del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e dunque anche di quelle non direttamente causate dall'azione materialmente posta in essere dal singolo. Ma per l'appunto l'azione collettiva, in quanto caratterizzata dalla consapevolezza di ognuno dei partecipanti della convergente condotta degli altri, è fonte di responsabilità concorsuale per tutte le conseguenze determinate nella misura in cui i singoli, al di là dell'entità delle specifiche condotte materiali realizzate, con il proprio comportamento certamente si rafforzano vicendevolmente nel proprio proposito criminoso.


Nel caso di specie i giudici del merito hanno escluso che il T. abbia partecipato al pestaggio del V. una volta che questi era rovinato a terra a seguito della bastonata infertagli. Ma in maniera frettolosa e superficiale hanno affermato il concorso morale dell'imputato nell'azione degli ignoti aggressori - pur identificati come appartenenti alla sua stessa fazione - senza in alcun modo spiegare la tempistica della successione tra i due eventi, né se il T. doveva ritenersi ancora presente nel momento in cui i suoi sodali si accanirono sul V. o, ancora, in cosa sarebbe consistito il rafforzamento della volontà dei suoi presunti concorrenti e se, ad esempio, la stessa versione dei fatti fornita dall'imputato possa offrire in tal senso elementi di valutazione a suo sfavore.


L'eventuale impossibilità di stabilire l'effettivo concorso morale dell'imputato nel pestaggio della vittima ancora non sarebbe sufficiente ad escludere la configurabilità dell'aggravante, una volta accertata la eventuale responsabilità del medesimo in ordine alla bastonata inferta al V.. Ma in tal senso sarebbe necessario stabilire, secondo le regole sulla prova del nesso condizionalistico, quali lesioni ne siano conseguite e se le stesse possano autonomamente ritenersi tipiche ai sensi dell'art. 583 c.p. Indagine che non risulta dalla motivazione della sentenza sia stata condotta dai giudici del merito.


4. Alla luce delle evidenziate lacune motivazionali la sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Brescia per nuovo giudizio, rimanendo assorbite nell'accoglimento dei primi due motivi di ricorso le censure svolte con il terzo. Per le spese sostenute nel grado dalla parte civile si provvederà al definitivo.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato aggravato di lesioni volontarie, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Brescia. Visto l'art. 624 c.p.p., dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità di T.G.V. per il reato aggravato di rissa. Spese in favore della parte civile al definitivo.


Così deciso in Roma, il 14 luglio 2022.


Depositato in Cancelleria, il 21 settembre 2022

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