La massima
In tema di rapina impropria, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, cagioni lesioni personali o sia volta a determinare la morte della persona offesa, i corrispondenti reati di lesioni e di tentato omicidio concorrono con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico ex art. 61, primo comma, n. 2, c.p. , che non è assorbita nella rapina laddove la violenza esercitata dall'agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato (Cassazione penale , sez. II , 05/03/2019 , n. 21458).
Fonte: Ced Cassazione Penale
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La sentenza
Cassazione penale , sez. II , 05/03/2019 , n. 21458
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 27/3/2018, la Corte di appello di Salerno, in riforma della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Nocera Inferiore, previa assoluzione degli imputati J.A. e X.L. dal reato di cui al capo A (art. 416 c.p., comma 4) perchè il fatto non sussiste e del solo X. dai reati di cui ai capi D (tentata rapina aggravata in concorso) ed E (lesioni aggravate) per non avere commesso i fatti, rideterminava la pena: nei confronti dello J. in anni sette, mesi dieci di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa, in ordine ai reati di detenzione, porto e ricettazione di armi (commessi il (OMISSIS)), oltre due episodi, l'uno, commesso il (OMISSIS), consistente nei delitti di rapina aggravata e lesioni, l'altro posto in essere il (OMISSIS), consistente nei reati di rapina aggravata, tentato omicidio, lesioni aggravate, porto di arma comune da sparo e ricettazione di autovettura; nei confronti di X. in anni sette, mesi sei e giorni venti di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa (esclusi i reati connessi all'episodio del (OMISSIS)). Confermava nel resto la decisione impugnata.
2. Ricorre per cassazione per l'annullamento della suddetta sentenza il difensore degli imputati.
Posizione J.A.:
2.1. (Tentata rapina aggravata in concorso e lesioni ai danni di V.D.; episodio del (OMISSIS), capi D ed E). Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai criteri di valutazione della prova. In particolare, la censura attiene alla riconosciuta attendibilità dell'individuazione fotografica effettuata dalla teste P.P., giudicata "dubbia" quanto alla posizione del coimputato (tanto che era stato assolto) e decisiva quanto al ricorrente. La valutazione negativa quanto all'individuazione dello X. avrebbe dovuto riflettersi anche sulla portata complessiva dell'atto compiuto nei confronti dello J.. Inoltre, la Corte di merito non aveva tenuto conto che l'individuazione del ricorrente era stata operata dalla teste nell'ambito di una ricognizione incompatibile con i tratti somatici dell'autore della rapina che la stessa aveva riferito in precedenza.
Posizione J.A. e X.L..
2.2. (Rapina aggravata in concorso del (OMISSIS), capo F). Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai criteri di valutazione della prova. In particolare, la censura attiene: a) alla ritenuta "affidabilità" delle persone offese S.D. e D.F., nonchè del teste G.S., avendo la Corte territoriale omesso di considerare le diverse doglianze difensive sollevate a proposito del rilievo probatorio attribuito alle loro individuazioni e dichiarazioni (sfornita di dettagli dirimenti era stata la descrizione degli autori del reato; il D. aveva avuto solo pochi momenti per vedere il reo - in ipotesi lo K. - armato di pistola; S. e D. non esponevano versioni autonome, essendosi lo S. limitato a confermare quanto denunciato dal secondo; lo S. non aveva fornito una descrizione degli aggressori neppure in sede di individuazione fotografica; le indicazione del D. non collimavano con le foto segnaletiche degli imputati; quanto riferito dai testi divergeva con riferimento ai ruoli a ciascun imputato attribuiti; lo S. ed il D. non si erano espressi con certezza quanto all'individuazione fotografica dello X.); b) all'utilizzabilità delle risultanze delle individuazioni di persona in quanto compiute in violazione dell'art. 364 c.p.p., comma 3, ovvero in mancanza di un preventivo e tempestivo avviso al difensore. L'assenza al momento dell'atto di un'espressa previsione normativa non escludeva la sanzione della nullità (di ordine generale) in quanto imposta da un'interpretazione conforme al contenuto delle direttiva 2013/48 del Parlamento Europeo, la quale ha elevato gli standars di garanzia fissati a livello dell'Unione.
Peraltro, nel caso in esame, l'individuazione di persona era stata esperita non in incertam personam, bensì nei confronti di soggetti già attinti da indizi di reità in quanto in precedenza riconosciuti in fotografia.
2.3. (Tentato omicidio nel corso della rapina aggravata in concorso del (OMISSIS), capo G). Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai criteri di valutazione della prova. In particolare, la censura attiene: a) alla ritenuta "affidabilità" delle persone offese S.D. e D.F., nonchè del teste G.S., avendo la Corte territoriale omesso di considerare le diverse doglianze difensive sollevate a proposito del rilievo probatorio attribuito alle loro individuazioni e dichiarazioni (nella specie, nessuna delle vittime aveva riferito del tentativo fallito di esplosione di colpi dall'arma impugnata da uno dei correi; anzi la descrizione dei fatti era incompatibile con manovre volte ad armare la pistola; nè rilevanti erano a tale fine le dichiarazioni del teste G. il quale si trovava a distanza ed in condizioni di visibilità non privilegiata data l'assenza di luce naturale e nulla aveva saputo riferire sulle fattezze del terzo malfattore; lo S. nulla dichiara nonostante il G. abbia sostenuto che il tentativo omicidiario fosse rivolto contro di lui; tardiva e generica era poi l'affermazione resa in sede di individuazione fotografica dal D.F. che lo J. avrebbe tentato più volte di sparare; b) all'ascrivibilità allo X. del concorso morale nel reato argomentata con riferimento ad elementi coerenti con una compartecipazione a titolo di dolo eventuale, figura incompatibile con la fattispecie del delitto tentato. Peraltro, le modalità del fatto escludevano qualsiasi ipotesi di rafforzamento da parte dello X. dell'altrui proposito omicidiario.
2.4. (Lesioni di cui ai capi E ed H connesse ai delitti di tentata e consumata rapina aggravata in concorso di cui rispettivamente ai capi D ed F, nonchè a quello di tentato omicidio di cui al capo G). Violazione di legge e vizio di motivazione (art. 61 c.p., n. 2 e art. 15 c.p.). La censura attiene al mancato assorbimento dell'aggravante teleologica di cui all'art. 61 c.p., n. 2 nei delitti base.
2.5. (Porto e detenzione illegale di armi nel corso della rapina e del tentato omicidio del (OMISSIS), capo I). Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato assorbimento del delitto di detenzione in quello di porto, in difetto di qualsiasi accertamento eseguito sulla co-detenzione dell'arma nel lasso di tempo anteriore alla consumazione del reato.
2.6. (Ricettazione dell'auto, capo L). Violazione di legge e vizio di motivazione. La doglianza attiene alla consapevolezza in capo ad entrambi gli imputati della provenienza delittuosa del veicolo (entrambi erano passeggeri dell'auto) e alla diretta strumentalità del delitto di ricettazione in ordine alla consumazione della rapina del (OMISSIS) (capo F), stante la carenza di prova sul punto.
2.7. (Porto ed illegale detenzione di una pistola provento di furto e ricettazione dell'arma, capi B e C). Violazione di legge e vizio di motivazione. La censura attiene: a) alla sussistenza di elementi concludenti nel senso del concorso dei ricorrenti nei delitti di detenzione e porto di armi, tenuto conto che la contestazione attiene soltanto alle armi (una pistola scenica ed una pistola semiautomatica) che vennero rinvenute dai Carabinieri nell'area di sosta oggetto di monitoraggio successivamente al giorno in cui gli imputati, unitamente ad altre due persone, vennero ripresi mentre scendevano da un veicolo con un'altra persona, la quale scavando tra i rifiuti aveva prelevato una pistola occultata nell'immondizia.
Rispetto dunque a tali armi difettava alcuna relazione di fatto con gli imputati, tenuto altresì conto che era stata esclusa dalla stessa Corte di merito qualsiasi ipotesi associativa. Tali doglianze erano poi spendibili anche per il delitto di ricettazione, mancando qualsiasi elemento significativo della consapevolezza in capo ad entrambi gli imputati della provenienza delittuosa delle armi.
Mancava, infine, un serio e pregnante accertamento probatorio sulla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, ossia della strumentalità dei due reati alla commissione delle rapine.
2.8. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 (ritenuta non congrua e che il giudice del merito avrebbe dovuto invece apprezzare con riferimento a ciascun reato), delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza o equivalenza e al contenimento della pena inflitta anche con riguardo agli aumenti per la continuazione, la cui motivazione era priva della necessaria "individualità".
CONSIDERATO IN DIRITTO
Posizione J.A..
3.1. Il motivo è infondato. La circostanza che la Corte territoriale abbia assolto il coimputato in ragione dell'assenza di elementi di certezza dell'individuazione nei confronti di questi operata, non determina di per sè la perdita di univocità e pregnanza dell'analogo atto compiuto verso il ricorrente; l'individuazione del J. si fonda, infatti, a differenza di quella del coimputato di cui la teste fornì soltanto una generica descrizione avendolo visto di spalle, su elementi certi, in quanto questi fu visto in volto, descritto nelle caratteristiche somatiche in modo dettagliato e minuzioso, descrizione che ha trovato piena corrispondenza nella fotografia di cui alla scheda segnaletica del ricorrente. Il riconoscimento fotografico svolto è dunque logicamente coerente con gli atti descrittivi che lo hanno preceduto e non rinviene elementi "propri" di smentita, nè questi sono ricavabili da altre prove acquisite al processo che escludono la presenza dell'imputato al momento del fatto. Posto che la forza probatoria dell'individuazione fotografica discende dal valore della sua dichiarazione confermativa, con cui la parte nel relativo verbale ne conferma l'esito, il giudice può ritenere, dandone adeguata motivazione, veritiera una parte della deposizione e, nel contempo, disattendere altre parti di essa (Sez. 6. n. 22/4/1998, Rv. 211376). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha dato conto, con congrua motivazione, delle ragioni che l'hanno indotta a tale diversa valutazione, chiarendo anche i motivi per i quali tale diverso apprezzamento non si è risolto in un complessivo contrasto logico-giuridico della prova. Non sussistono, quindi, i paventati vizi di violazione di legge e di motivazione denunziati.
Posizione J.A. e X.L..
3.2. Il motivo di ricorso è manifestamente infondato quanto alle operate individuazioni; è invece non fondato quanto alla dedotta nullità per asserita violazione dell'art. 364, comma 3.
3.2.1. Il percorso argomentativo utilizzato dal giudice di merito a fondamento dell'affidabilità degli operati riconoscimenti e, quindi, del giudizio di colpevolezza risulta del tutto congruo. Le diverse individuazioni fotografiche (effettuate separatamente dalle due persone offese e dal teste G.) sono state, infatti, valutate nell'ambito di un narrato relativo allo svolgersi della vicenda illecita che è risultato preciso, dettagliato, coerente e privo di elementi significativi di contrasto. Anzi, si è anche precisato come quanto riferito dalle due persone offese abbia trovato conferma nelle dichiarazioni del teste G., il quale, accortosi della rapina, aveva osservato la "scena" in una posizione defilata ma privilegiata che gli consentì di prendere con precisione contezza dello svolgersi degli eventi e delle fattezze delle persone coinvolte. Inoltre, si è motivatamente escluso che il volto dello J. fosse travisato, portando questi soltanto una sciarpa che, ogni tanto, durante la colluttazione si abbassava consentendo la visione del volto. Di conseguenza, le censure mosse alla decisione impugnata tendono ad una rilettura degli elementi fattuali non consentita in questa sede. Sono infatti precluse alla Corte di legittimità sia la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento delle decisione impugnata che l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, dovendosi essa limitare al controllo se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito (Sez. Un., n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260). Nel caso in esame, come osservato, non si rinvengono manifeste illogicità nel ragionamento esposto dai giudici della Corte d'appello, in quanto esso risponde ai parametri sopra indicati e risulta, pertanto, tale da sottrarsi al sindacato di questa Corte (cfr. Sez. 1, sent. n. 23568 del 4/5/2016, n. m.).
3.2.2. Anche laddove si riconducesse, in assenza di espressa previsione, alla categoria della nullità l'omesso avviso al difensore - stabilito da una disposizione processuale entrata in vigore successivamente al compimento dell'atto (l'individuazione di persona è stata svolta in epoca precedente alla modifica dell'art. 364 c.p.p. dal D.Lgs. n. 184 del 2016, art. 2, comma 1, lett. a) che ha previsto darsi l'avviso al difensore prima del compimento di tale atto) - si tratterebbe pur sempre di una nullità di ordine generale non assoluta (in quanto il difensore ha diritto di ricevere l'avviso e di intervenire in ogni momento, ma non ne è obbligatoria la presenza) che risulta sanata dalla scelta del rito abbreviato (Sez. 2, n. 13456 del 22/3/2016, Rv. 266748; Sez. 2, n. 20125 del 10/4/2018, Rv. 272901). Nè poi può richiamarsi la categoria dell'inutilizzabilità patologica delle operate individuazioni di persona, in quanto l'atto risulta essere stato correttamente formato secondo la disciplina all'epoca vigente, in ossequio al principio tempus regit actum che governa nel tempo la successione delle norme processuali (in materia di utilizzabilità di atti compiuti prima dell'entrata in vigore di normativa che ne muta il regime processuale, vedi Sez. 6, n. 39289 del 6/10/2011, Rv. 251057).
3.3. Le censure sono inammissibili in quanto riproducono i motivi di appello motivatamente disattesi dalla Corte di merito e si risolvono in censure di fatto dirette ad ottenere da questa Corte una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. 2, n. 31978 del 14/6/2006, Rv. 234910).
3.3.1. Il delitto di tentato omicidio è stato ricavato dalle concordanti dichiarazioni dei testi D. e G. i quali hanno riferito che lo J., dopo avere aggredito sia il D. che lo S. con una chiave inglese, aveva puntato la pistola all'indirizzo del D., l'aveva caricata più volte ed aveva tentato di sparare, ma l'arma si era inceppata. Tale versione trova riscontro anche nel rinvenimento a terra di una cartuccia calibro 9x21 inesplosa ed un caricatore per pistola contenente altre tredici cartucce dello stesso calibro e dello stesso tipo, la cui presenza non ha rinvenuto nel processo e nello stesso ricorso degli imputati altra alternativa corretta spiegazione. Sussistono, quindi, gli elementi fattuali dimostrativi del tentato omicidio: l'evento lesivo - a fronte di un'azione che ha raggiunto uno sviluppo dal quale risulta altamente probabile che l'agente porti a compimento il progetto criminoso, anche in ragione del contesto di evidente violenza in cui è maturata - non ebbe a compiersi per cause indipendenti dalla volontà del colpevole (inceppamento dell'arma).
3.3.2. Parimenti sussistono gli elementi dimostrativi del concorso nel reato ad opera dello X.. Si è, infatti, al riguardo evidenziato come gli imputati fossero dapprima entrati in auto e stessero per darsi alla fuga, quando il conducente arrestò la marcia ed essi scesero scagliandosi in modo inaspettato e nuovamente contro le vittime; fu in quel momento che lo J. "scarrellò" l'arma al fine di uccidere. La circostanza che sia sceso dall'auto anche lo X., dirigendosi verso le persone offese, ne assevera il ruolo di concorrente, in quanto tale condotta - accomunata dall'intento di rendere inoffensiva qualunque azione delle persone offese, testimoni oculari dei reati, che potesse mettere in pericolo la loro fuga (vedi sul punto anche pag. 12 della sentenza di primo grado) - assume una valenza istigatrice dell'operato del complice, di cui si ha piena contezza in ragione della visibilità dell'arma e del porto di essa anche in occasione della rapina. Nessun rilievo ha poi la doglianza posta in punto di dolo, tenuto conto che la Corte di merito ha escluso quello eventuale, riconducendo correttamente l'elemento soggettivo dello X. alla figura del dolo diretto di concorso, da intendersi come volontà di cooperare nella realizzazione del reato commesso dal concorrente.
3.4. Le censure con cui si lamenta il mancato assorbimento della circostanza aggravante del nesso teleologico con i delitti fine contestati ai capi D), F) e G) della rubrica sono infondate.
3.4.1. Infondata è la censura svolta in punto di dedotto assorbimento dell'aggravante contestata con i delitti di concorso in tentata rapina e rapina consumata di cui ai capi D) ed F) della rubrica. In entrambi le ipotesi i giudici di merito hanno dato conto di come la violenza venne esercitata al fine di assicurarsi l'impunità e/o il profitto del reato. Al riguardo, va quindi ribadito il principio di diritto espresso dalla giurisprudenza di questa Sezione - con cui il ricorrente ha omesso peraltro di confrontarsi - secondo cui in tema di rapina impropria, quando la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione, abbia cagionato lesioni personali, tale autonomo reato concorre con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico tra i due reati, non incompatibile con l'elemento soggettivo del delitto di rapina (vedi Sez. 2, n. 36901 del 22/9/2011, Rv. 251124).
3.4.2. Infondata è la censura svolta in punto di dedotto assorbimento dell'aggravante contestata con il delitto di tentato omicidio. In tema di rapina impropria, infatti, qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni oggetto dell'impossessamento, sia volta a cagionare la morte della persona offesa, l'aggravante del nesso teleologico prevista dall'art. 61 c.p., comma 1, n. 2, contestata in relazione al reato di tentato omicidio, non è assorbita nel reato di rapina, in quanto non sussiste incompatibilità giuridica tra il reato di rapina impropria e l'aggravante del nesso teleologico, laddove la violenza esercitata dall'agente risulti, come nel caso in esame, del tutto esorbitante rispetto a quella idonea configurare la rapina, sicchè alla stessa non può attribuirsi l'unico rilievo di elemento costitutivo del reato (Sez. 1, n. 18116 del 21/3/2017, Rv. 270703).
3.5. La censura è manifestamente infondata. Questa Corte ha al riguardo precisato che in tema di reati concernenti le armi, il delitto di porto illegale assorbe per continenza quello di detenzione, escludendone il concorso materiale, solo quando la detenzione dell'arma inizi contestualmente al porto della medesima in luogo pubblico e sussista altresì la prova che l'arma non sia stata in precedenza detenuta (In motivazione, la Corte ha affermato che, in mancanza di alcuna specificazione da parte dell'imputato circa la contemporaneità delle due condotte, il giudice di merito non è tenuto ad effettuare verifiche, potendo attenersi al criterio logico della normale anteriorità della detenzione rispetto al porto).(Sez. 6, n. 46778 del 9/7/2015, Rv. 265489). Nel caso in esame, nessun elemento è emerso al processo ovvero è stato dai ricorrenti indicato volto a corroborare l'assunto secondo cui l'illegale detenzione ed il porto dell'arma abbiano avuto contestuale corso.
3.6. La censura risulta manifestamente infondata. Quanto all'elemento materiale della ricettazione questo risulta essere stato tratto dalla comune e condivisa disponibilità da parte dei ricorrenti dell'auto di provenienza furtiva utilizzata per commettere la rapina di cui al capo F), a nulla rilevando che fossero meri trasportati, in quanto trattasi di ipotesi concorsuale ove l'uso del bene ricettato trova il suo antecedente nella previa intesa dei correi volta alla commissione della rapina proprio mediante la diretta condivisione dei beni e degli strumenti all'uopo diretti, tra cui la vettura, necessaria sia per recarsi sul luogo preso di mira che per allontanarsene. Quanto, poi, all'elemento soggettivo, il giudice del merito risulta essersi conformato all'orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorchè siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell'imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata - o non attendibile - indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Rv. 241458; Sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Rv. 248265). Nella sentenza impugnata l'assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione del bene si pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto illecito alla luce del contesto criminale di riferimento in cui si inserisce la co-detenzione dell'autovettura.
3.7. Infondata è la censura posta con riguardo ai delitti di cui ai capi B) e C). Le condotte illecite di illegale detenzione e porto delle armi contestate al capo B), nonchè di concorso in ricettazione delle stesse (capo C), sono state ricavate dalla stretta relazione temporale e fattuale esistente tra il luogo ove erano occultate le armi rinvenute e sequestrate dalla P.G. e quello identico ove gli imputati in precedenza ne avevano prelevata un'altra unitamente ad un complice rimasto non identificato (mentre il terzo prelevava materialmente la pistola dal nascondiglio, gli imputati - che con questi erano sopraggiunti a bordo di un'autovettura - sorvegliavano l'azione). La circostanza che gli imputati fossero a conoscenza del luogo ove l'arma era stata prelevata ed occultata è logicamente dimostrativa, anche in ragione del successivo uso di armi da parte degli imputati per commettere la rapina ed il tentato omicidio ai danni di D.F. e S.D., della disponibilità, anche in capo ai ricorrenti, del compendio sequestrato. Non è dunque affatto illogico che i giudici di merito da tali elementi ne abbiano tratto la conclusione che quel luogo fosse deputato a celare le armi che, di volta in volta, a seconda delle azioni illecite da compiere, venivano dagli imputati prelevate e che, dunque, entrambi ne avessero l'illecita disponibilità. Nel giudizio di legittimità il sindacato sulla correttezza del procedimento indiziario non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, in quanto ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve tradursi nel controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali dettati dall'art. 192 c.p.p., comma 2, e se siano state coerentemente applicate le regole della logica nell'interpretazione dei risultati probatori (Sez. 1, n. 42993 del 25/9/2008, Rv. 241826).
3.8. Infondate sono, infine, le doglianze sollevate con riguardo al trattamento sanzionatorio. Il diniego sia delle attenuanti generiche che della circostanza di cui all'art. 62 c.p., n. 4 trova adeguata motivazione nella decisione di primo grado (vedi pagg. 19 e 20), da intendersi integralmente richiamata da quella impugnata che, nel rideterminare soltanto la pena in conseguenza delle assoluzioni degli imputati pronunziate per alcuni capi di imputazione, ha implicitamente disatteso i motivi di appello sul punto.
3.8.1. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244). Nel caso in esame si è fatto riferimento all'assoluta allarmante gravità dei fatti ed al precedente penale per delitto commesso con violenza per lo J..
Tanto basta a supportare sotto il profilo della congruità della motivazione il censurato diniego.
3.8.2. Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 6, questa Corte ha affermato i seguenti principi: a) il risarcimento del danno deve essere integrale, a nulla valendo le condizioni patrimoniali non abbienti dell'imputato (In motivazione, la S.C. ha precisato che il presupposto del conseguimento dell'attenuante è l'oggettiva esaustività della riparazione e non, invece, una soggettiva intenzione di risarcire che non abbia potuto riflettersi, per difficoltà economiche, in un risarcimento reale e integrale; Sez. 3, n. 31250 del 10/1/2017, Rv. 270211); b) il carattere integrale dello stesso nel delitto di rapina va verificato in funzione del duplice oggetto della condotta dell'agente in relazione all'interesse leso, dovendo in esso quindi ricomprendersi, oltre al danno cagionato contro il patrimonio dall'azione diretta all'impossessamento della cosa, anche quello fisico o morale, prodotto alla incolumità personale od alla libertà individuale della persona offesa (Sez. 2, n. 6479 del 13/1/2011, Rv. 249391). Nel caso in esame, il giudice del merito risulta avere fatto corretta applicazione di tali enunciati, avendo escluso che la somma offerta alle persone offese (Euro 500,00 per ciascuna) fosse congrua a fungere da integrale ristoro di entrambi i profili di danno patrimoniale e, soprattutto, non patrimoniale, a nulla valendo che una delle persone offese l'avesse accettata.
4. Vanno, pertanto, rigettati i ricorsi condannandosi i ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2019