Complicazioni del parto

Il caso di studio riguarda una sentenza della corte di cassazione pronunciata in un procedimento penale a carico di un ginecologo, accusato di aver cagionato colposamente il decesso di una paziente neonata, in occasione del parto naturale della madre, paziente trentanovenne alla trentottesima settimana di gestazione ed affetta da diabete gestazionale.
In particolare, al medico viene contestato di avere omesso di valorizzare i segnali d'allarme che, in base al tracciato cardiotocografico, la gestante presentava nell'imminenza del parto.
All'esito del processo di primo grado, il medico veniva condannato per il reato di omicidio colposo ma la sentenza veniva riformata in assoluzione nel successivo giudizio di appello.
Avverso la sentenza di condanna pronunciata dal giudice di appello, le parti civili proponevano ricorso per cassazione.
Analizziamo nel dettaglio la decisione della suprema corte.
Autorità Giudiziaria: Quarta Sezione della Corte di Cassazione |
Reato contestato: Omicidio colposo ex art. 590 c.p. |
Imputato: Ginecologo |
Esito: Ricorso rigettato (confermata l'assoluzione) - sentenza n.49422 (ud. 16/12/2022, dep. 29/12/2022) |
Indice:
1. I fatti e l'accusa di omicidio colposo
2. La sentenza di condanna di primo grado
3. La sentenza di assoluzione in appello
4. Il ricorso della madre della bambina
5.1 I principi della sentenza 182/2021 della Corte Costituzionale
5.2 Le parti civili non affrontano le questioni civilistiche
5.3 I ricorsi sollecitano una rivalutazione del fatto non consentita
5.4 La corte ha correttamente aderito alle conclusioni peritali
6. Dispositivo
1. I fatti e l'accusa di omicidio colposo
La Corte d'appello di Genova, in data 20 gennaio 2022, ha riformato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Genova il 6 ottobre 2020 nei confronti di Tizio, assolvendo l'imputato dal reato p. e p. dagli artt. 589 e 590 - sexies c.p., contestato come commesso in (Omissis) in danno della neonata Caia.
A Tizio, nella sua qualità di medico ginecologo in servizio presso l'Ospedale (Omissis), è addebitato l'avere cagionato la morte della piccola Caia in occasione del parto naturale della madre, Sempronia, paziente trentanovenne alla trentottesima settimana di gestazione ed affetta da diabete gestazionale; segnatamente, la condotta contestata al medico è di avere omesso di valorizzare i segnali d'allarme che, in base al tracciato cardiotocografico, la gestante presentava nell'imminenza del parto (evidenti e ripetute alterazioni della frequenza cardiaca e della linea di base, tachicardia grave e decelerazioni ricorrenti) e che, sempre secondo l'editto imputativo, già dalle 16.40 avrebbero imposto di procedere con taglio cesareo; accadeva invece che il Dott. Tizio decideva di procedere con parto naturale, ma, quando veniva alla luce la piccola Caia, la bambina presentava condizioni gravissime e, nonostante il ricovero nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale (Omissis), decedeva a causa di una gravissima sofferenza perinatale secondaria a voluminosa emorragia subamniotica sostenuta da rottura dei vasi amniocoriali. Sempre secondo l'imputazione, ove si fosse proceduto con taglio cesareo, la predetta complicanza - verificatasi nella fase conclusiva del travaglio - non si sarebbe verificata.
2. La sentenza di condanna di primo grado
Secondo il percorso argomentativo seguito dal Tribunale, che ha recepito l'impianto accusatorio e le conclusioni dei consulenti del P.M. Dott. Alfa e prof. Tizio, l'induzione farmacologica al parto e la presenza di diabete gestazionale costituivano fattori di rischio noti all'imputato; almeno a partire dalle 16.40, sulla premessa di dette anomalie, l'imputato aveva la possibilità di constatare il sovrapporsi di una condizione di tachicardia (già emersa attorno alle 10.30) e della presenza di decelerazioni. In tali condizioni, sarebbe stato necessario procedere con parto cesareo, e ciò avrebbe avuto effetti salvifici, sottraendo il feto alla situazione di sofferenza in cui si trovava ed assicurando allo stesso ottime chances di sopravvivenza.
Sulla base della presenza di indici di sofferenza fetale, il comportamento alternativo doveroso sarebbe quindi stato, secondo il Tribunale (sulla base dei contributi dei consulenti del P.M.), quello di procedere immediatamente a estrazione del feto mediante taglio cesareo; a fronte di ciò, l'imputato aveva deciso di procedere con il parto naturale, ritenendo che non vi fosse tempo per la preparazione del taglio cesareo, sebbene per l'esecuzione di quest'ultimo - secondo la sentenza di primo grado - il tempo a disposizione a partire dal momento di emersione di elementi che lo imponevano (h. 16.40) fosse comunque sufficiente.
3. La sentenza di assoluzione in appello
La Corte di merito ha, come detto, ribaltato la sentenza di condanna emessa in primo grado, assolvendo l'imputato con la formula dell'insussistenza del fatto. Ciò sulla base delle conclusioni formulate dal collegio di periti nominati dalla stessa Corte distrettuale in relazione alle difformi opinioni espresse dai consulenti di parte durante il dibattimento avanti il Tribunale.
In estrema sintesi, le valutazioni peritali condivise dalla Corte ligure - che ne ha riportato testualmente un ampio stralcio - danno conto di una situazione di tachicardia fetale che emergeva attorno alle ore 13.00 e, fino alle 17.50, non superava la condizione di "tracciato non rassicurante": una condizione in cui, secondo i periti, sarebbe stato bensì necessario monitorare la situazione, ma non occorreva disporre immediatamente il parto cesareo, tanto più che vi erano anche segni tipici deponenti per una situazione non allarmante (in specie, alcune decelerazioni dovute alla compressione del funicolo durante la contrazione, con segni di iposs