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Omesso versamento ritenute: si deve tener conto delle sole certificazioni rilasciate ai dipendenti


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di omesso versamento di ritenute

La massima

In tema di reati tributari, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2022, con cui è stata dichiarata l'incostituzionalità, per contrasto con l'art. 76 Cost., dell'art. 7, comma 1, lett. b), d.lg. 24 settembre 2015, n. 158, nella parte in cui ha inserito le parole "dovute sulla base della stessa dichiarazione o" nel testo dell'art. 10-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, e di tale norma incriminatrice limitatamente alle menzionate parole, nonché dell'art. 7, comma 1, lett. a), d.lg. citato, nella parte in cui ha inserito le parole "dovute o" nella rubrica dell'art. 10-bis d.lg. n. 74 del 2000 e di tale norma incriminatrice limitatamente alle parole in oggetto contenute in rubrica, il giudice, per verificare la configurabilità del delitto di omesso versamento di ritenute certificate, deve tener conto, nel determinarne l'ammontare, delle sole certificazioni rilasciate ai dipendenti dal soggetto obbligato, attestanti l'entità delle ritenute operate per ciascuno di essi. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che, ai fini del riscontro del superamento della soglia di punibilità, è legittimo un meccanismo di accertamento di tale ammontare basato anche solo su un campionamento statistico attestante, secondo un criterio di prudenziale normalità, l'ordinario rilascio di tali certificazioni e la coerente proporzionalità tra le somme versate a titolo di emolumenti e quelle trattenute a titolo di ritenute di acconto - Cassazione penale sez. III, 27/09/2022, n.2338).

Fonte: Ced Cassazione Penale

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 27/09/2022, n.2338

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 16 dicembre 2021, la Corte di appello cli Milano ha confermato la sentenza con la quale, il precedente 18 settembre 2020, il Tribunale di Milano aveva dichiarato la penale responsabilità di D.M. in ordine alle ipotesi di reato a lui contestate, aventi ad oggetto il mancato versamento, in qualità di sostituto di imposta, delle ritenute tributarie da lui operate, in qualità di legale rappresentante della "C. srl", sui trattamenti retributivi pagati ai propri dipendenti per gli anni 2015 e 2016, e lo aveva, pertanto, condannato, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena di mesi 8 di reclusione, oltre accessori.


Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, contestando, in primo luogo, la legittimità della sentenza in ragione della violazione di legge che la vizierebbe in relazione alla asserita esistenza dell'elemento soggettivo del dolo in capo al ricorrente.


In particolare, i giudici del merito avrebbero confuso con il dolo la semplice consapevolezza della esistenza della somma da versare, ma nulla avrebbero rilevato in ordine alla incidenza che sulla possibilità di versare tali somme avrebbe avuto la crisi di liquidità che avrebbe colpito la impresa gestita dal D., crisi dovuta a sue scelte non accorte ma non preordinate alla omissione tributaria; osserva, in sostanza, il ricorrente che in tal modo è stata a lui ascritta a titolo di dolo una fattispecie contrassegnata,. Semmai, esclusivamente da una condotta di tipo colposo, legata alla inadeguatezza di talune sue scelte organizzative di impresa.


Con il secondo motivo di ricorso la difesa del D. ha lamentato il vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena irrogata a suo carico, contestazione che lo stesso già aveva formulato in sede di gravame/ ma che immotivatamente la Corte territoriale ambrosiana aveva disatteso, confermando sul punto la sentenza di primo grado.


Con il terzo motivo di ricorso ci si è lamentati, con riferimenl:o al vizio di motivazione, della quantificazione del profitto confiscabile dei reati a lui in ipotesi contestati.


Dopo che in data 31 agosto 2022 il ricorrente aveva comunicato la avvenuta nomina di un nuovo difensore, in persona dell'avv. Villari, del foro di Firenze, in data 6 settembre 2022 quest'ultimo ha depositato una memoria contenente motivi nuovi di impugnazione, con i quali ha segnalato la incidenza sul presente giudizio della sentenza n. 175 del 2022 della Corte costituzionale.


CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata.


Deve, infatti, in primo luogo segnalarsi che all'attuale ricorrente è stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 10-bis, per avere lo stesso, con riferimento agli anni di imposta 2015 e 2016, omesso di versare entro il termine di legge le ritenute di imposta da lui operate, in qualità di legale rappresentante di "C. srl", come sostituto di imposta sui trattamenti economici applicati ai propri dipendenti.


Risultando essere stati rispettivamente commessi i due reati a lui contestati, uno per ogni anno di imposta, in data 15 settembre 2016 e 31 ottobre 2017, la disposizione precettiva la cui violazione è stata ascritta all'imputato è quella risultante a seguito della entrata in vigore, evento verificatosi in data 22 ottobre 2015, del D.Lgs. n. 158 del 2015.


Come è noto per effetto della entrata in vigore di tale testo normativo, in particolare dell'art. 7, comma 1, lettere a) e b), di esso, sia la rubrica che il testo dell'art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, sono stati oggetto di novellazione; infatti, mentre nella prima sono state inserite, dopo la parola "ritenute" le espressioni "o dovute", il secondo è stato, analogamente, interpolato attraverso l'inserimento, fra le parole "ritenute" e "risultanti dalla certificazione", delle espressioni "dovute sulla base della stessa dichiarazione.


Va, per completezza ricordato che, per effetto della ricordata opera di novellazione, anche la soglia di punibilità del reato contestato è stata modificata, essendo stata questa elevata da Euro 50.000,00 di imposta omessa per ogni anno di imposta ad Euro 150.000,00 di mancato versamento sempre per ogni anno di imposta; tuttavia, considerato che nel caso che interessa l'ammontare degli importi tributari che il D. avrebbe omesso di versare è ampiamente superiore sia alla precedente che alla attuale soglia di punibilità, l'intervenuta modifica per il profilo da ultimo illustrato non ha sicuramente affatto inciso sulla decisione assunta riguardo alla presente fattispecie.


Osserva, a questo punto la Corte che, come è agevole rilevare, l'avvenuta interpolazione del testo della norma precettiva ha avuto l'effetto in tal senso intervenendo su di una questione che aveva visto accendersi un dibattito di carattere interpretativo in seno a questa Corte di legittimità, solo di recente sopito per effetto della opera nomofilattica delle Sezioni unite di questa Corte - di estendere di fatto la portata delittuosa della condotta dell'omesso versamento, in qualità di sostituto, delle imposte trattenute a titolo di ritenuta da parte del datore di lavoro sui compensi corrisposti ai propri dipendenti (ed assimilati), non solamente in relazione alle somme risultanti dalle certificazioni di imposta che il sostituto era tenuto a rilasciare ai soggetti delle cui prestazioni lavorative egli si era avvalso (secondo l'interpretazione che, come detto, non senza pregresse oscillazioni, si era infine consolidata nella giurisprudenza di questa Corte per effetto della sentenza Corte di cassazione, Sezioni unite penali,, 1 giugno 2018, n. 24782, la quale aveva fatto seguito, pervenendo ai medesimi approdi interpretativi da queste raggiunti, alle precedenti decisioni di Corte di cassazione, Sezione III penale,1 ottobre 2014, n. 40526; di Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 marzo 2015, n. 10475; e di Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 marzo 2016, n. 10104), ma anche a quelle risultanti dalle altre dichiarazioni fiscali che il datore di lavoro è tenuto a presentare (rivitalizzando il legislatore, in questo modo, per via normativa, quella che era stata la precedente interpretazione, propugnata, fra l'altro, da Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 gennaio 2013, n. 1443; da Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 maggio 2014, n. 19454; e da Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 giugno 2014, n. 27479, ma che, tuttavia, il supremo organo nomofilattico previsto dal nostro ordinamento aveva ritenuto, con la citata sentenza n. 24782 del 2018, non condivisibile).


Una tale operazione - esclusa la natura meramente interpretativa della normativa sopravvenuta (peraltro di assai dubbia astratta ammissibilità, stante la sua valenza peggiorativa, in un ambito, quale quello penale, dominato dalla regola della irretroattività della /ex durior e della possibile interpretazione autentica di una norma preesistente che ne inasprisca gli effetti) - è stata, tuttavia, ritenuta, in sede di giudizio incidentale di legittimità costituzionale, non conforme alle regole della Carta fondamentale in quanto essa è stata realizzata attraverso la adozione di un decreto legislativo delegato, appunto il n. 158 del 2015, emanato in attuazione di una delega legislativa, contenuta nella legge delega n. 23 del 2014, che, però, nell'ambito di una manovra tesa a rendere il sistema fiscale "più equo, trasparente e orientato alla crescita" anche attraverso interventi in materia sanzionatoria penale orientati verso la revisione di esso "secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti", non aveva autorizzato il Governo, sulla base di "criteri direttivi e principi configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l'entità massima delle (...relative...) pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti", né ad introdurre nuove figure criminose né - trattandosi di operazione che e', però, equivalente alla precedente - ad estendere la portata di preesistenti disposizioni precettive penalmente rilevanti a condotte precedentemente non ricomprese nel focus della normativa anteatta.


E', appunto, sulla base di tali rilievi, ritenutone, in particolare, il contrasto con il meccanismo di nomopoiesi disegnato dall'art. 76 della Costituzione, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 175 del 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 20 luglio 2022, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 158 del 2015, nella parte in cui ha novellato, nei termini dianzi ricordati, il testo dell'art. 10-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000.


Come significativamente è segnalato nella sentenza n. 175 del 2022, ben avrebbe potuto il legislatore rendere, ovviamente per le condotte successive alla modifica normativa, penalmente illecito anche l'omesso versamento delle ritenute il cui ammontare fosse stato risultante dalle sole dichiarazioni rese dal sostituto di imposta, a prescindere dall'avvenuto o meno rilascio delle certificazioni ai soggetti sostituiti, ma ciò avrebbe dovuto fare ricorrendo allo strumento della legge formale e non a quello del decreto legislativo.


Fatta questa ampia premessa, deve rilevarsi come - dovendosi, ovviamente, applicare alla presente fattispecie il dettato normativo purgato dalla interpolazione frutto della novella dichiarata incostituzionale e, come tale, espunta dall'ordinamento in relazione a tutte le situazioni ancora pendenti al momento della pubblicazione della sentenza dichiarativa della illegittimità costituzionale - la sentenza impugnata vada annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, onde verificare se nella condotta effettivamente posta in essere dal D. sia possibile o meno riscontrare gli estremi della rilevanza penale, dovendosi, in altre parole, sottoporre a scrutinio il comportamento da quello tenuto non tanto con riferimento alla omissione del versamento delle ritenute tributarie da lui operate, quale sostituto di imposta, sui trattamenti economici da lui versati ai propri dipendenti nella misura in cui l'ammontare di tali trattenute emerge dalle dichiarazioni fiscali da questo indirizzate agli uffici tributari, quanto, piuttosto, nella misura in cui tale inadempimento emerga avendo questi effettivamente rilasciato le certificazioni ai medesimi dipendenti, attestanti l'entità delle ritenute operate per ciascuno di essi.


Giova precisare che, al fine di cui sopra, può, tuttavia, ritenersi legittimo un meccanismo di accertamento di tale ammontare, in particolare ai fini del riscontro del superamento della soglia di punibilità, che sia basato, non sull'analitico esame di tutte le certificazioni eventualmente rilasciate, ma anche soltanto su di un campionamento statistico attestante, in base ad un criterio di prudenziale normalità, l'ordinario rilascio di tali certificazioni e la coerente proporzionalità aritmetica fra le somme effettivamente versate a titolo di emolumento e quelle, invece, trattenute a titolo di ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta, anche tenendo conto, una volta accertata la materialità della condotta delittuosa, in particolare ai fini della determinazione della entità finanziaria della omissione tributaria, degli elementi cli carattere indiziario ricavabili dalle dichiarazioni rese in sede fiscale dal sostituto di imposta che abbia omesso i regolari versamenti.


Il ricorso proposto, con assorbimento dei restanti motivi di impugnazione presentati dal ricorrente con il ricorso principale, deve, pertanto, essere accolto per le ragioni esposte e la sentenza impugnata va annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Milano.


PQM

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.


Così deciso in Roma, il 27 settembre 2022.


Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2023

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