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Caso di studio: in caso di prescrizione i beni sottoposti a confisca possono essere restituiti?

1. Premessa

Un imprenditore, imputato per sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. 74/2000), si trova di fronte a una situazione peculiare: una parte delle condotte contestate risale a oltre dieci anni prima, altre a periodi più recenti.

Nel frattempo, il procedimento subisce dilazioni e, quando giunge a sentenza di appello, il reato è prescritto per alcuni capi. Il nodo cruciale: i beni sottoposti a confisca possono essere restituiti?


2. I fatti essenziali

Capo B – La sottrazione fraudolenta mediante atto di separazione consensuale

Secondo l’imputazione, l’imputato — già gravato da un rilevante debito erariale — avrebbe disposto in favore della moglie la proprietà di un immobile di pregio, formalmente a titolo di attribuzione patrimoniale in sede di separazione consensuale.

La particolarità risiede nella tempistica e nella natura dell’operazione: l’atto, pur rivestendo forma e apparenza di regolare negozio familiare, celava — secondo l’accusa — un intento elusivo, funzionale a sottrarre il bene all’aggressione del Fisco.

Elemento centrale, valorizzato dalla Corte di cassazione, è la data di trascrizione nei registri immobiliari: 2 agosto 2012. Questa, e non la successiva pronuncia di divorzio, segna il momento in cui l’atto è divenuto opponibile ai terzi e, quindi, potenzialmente lesivo per le ragioni dell’Erario. Tale circostanza sarà decisiva per il calcolo della prescrizione.


Capo D – Condotte fraudolente ulteriori

Oltre all’episodio relativo all’immobile, l’imputato era chiamato a rispondere di ulteriori operazioni ritenute fraudolente, poste in essere in epoca successiva, che avevano analoga finalità di sottrarre beni e risorse alla riscossione coattiva.

Queste condotte, per la loro collocazione temporale, non erano ancora prescritte al momento della pronuncia di primo grado. Esse costituiranno la base per l’applicazione della confisca diretta di determinati beni, ritenuti corpo o profitto dei reati contestati.


La decisione di primo grado

Il Tribunale, accogliendo in larga parte la prospettazione accusatoria, pronunciava sentenza di condanna in ordine ad entrambi i capi e disponeva la confisca diretta ex art. 12-bis d.lgs. 74/2000 di una pluralità di beni, identificati come profitto del reato.

La natura diretta della confisca — misura di sicurezza patrimoniale a carattere obbligatorio — sarà uno degli elementi cardine del successivo giudizio di legittimità.


L’esito in appello

La Corte d’appello, investita delle impugnazioni, dichiarava estinto per prescrizione il reato di cui al capo B, ritenendo invece non ancora prescritte le condotte sub B) al momento della decisione di primo grado.

Nonostante ciò, confermava integralmente la misura ablativa, senza distinguere gli effetti della prescrizione maturata in epoca anteriore o posteriore alla condanna di primo grado.

Questa scelta costituirà l’oggetto della censura difensiva in Cassazione, che si vedrà costretta a sciogliere il nodo interpretativo sul rapporto tra prescrizione e confisca diretta.


3. La questione giuridica

La difesa sostiene che la prescrizione, maturata prima della sentenza di primo grado per il capo B, travolge ogni statuizione patrimoniale.

La Corte d’appello replica che la confisca diretta — essendo misura di sicurezza obbligatoria — può sopravvivere alla prescrizione.

Il ricorso in Cassazione impone di chiarire se e in quali condizioni la confisca possa essere mantenuta in presenza di prescrizione.


4. Il ragionamento della Cassazione

4.1. La qualificazione del momento consumativo

La Corte, muovendo da un’interpretazione teleologica dell’art. 11 d.lgs. 74/2000, individua il momento consumativo non già nella data della pronuncia di divorzio – atto destinato a regolare i rapporti personali e patrimoniali fra coniugi – bensì nella data di trascrizione dell’atto di cessione immobiliare nei registri immobiliari, avvenuta il 2 agosto 2012.

In tale ottica, il perfezionamento della fattispecie si colloca nel momento in cui il negozio diviene opponibile ai terzi, poiché è in quel frangente che si concretizza l’idoneità offensiva della condotta: «È questo, infatti, il momento consumativo del reato» (§ 3.7).

La Corte valorizza così la funzione della trascrizione quale strumento di opponibilità, non come mero adempimento formale, ma come atto giuridico a effetti costitutivi rispetto alla lesione anticipata della garanzia patrimoniale del creditore pubblico. La potenzialità lesiva, colta ex ante, consuma la fattispecie e avvia il decorso della prescrizione.


4.2. La prescrizione anteriore alla condanna di primo grado e l’inammissibilità della confisca

Accertata la data di consumazione, il calcolo del termine prescrizionale conduce ad una maturazione anteriore alla pronuncia di primo grado per il capo B.

In tale ipotesi, la Corte ribadisce un principio di stretta legalità delle misure di sicurezza patrimoniali: laddove il reato sia già estinto per prescrizione al momento della decisione di primo grado, difetta il presupposto sostanziale per l’applicazione di qualsivoglia confisca, sia essa diretta o per equivalente.

La motivazione è perentoria: «In primo grado (…) non poteva essere disposta la confisca né diretta né per equivalente» (§ 3.9).

Ne discende, ipso iure, l’eliminazione della misura ablativa disposta per il capo in questione, in quanto ab origine priva di fondamento giuridico.


4.3. La prescrizione sopravvenuta alla condanna di primo grado e la sopravvivenza della confisca diretta

Diverso il quadro con riferimento al capo D, ove la prescrizione matura successivamente alla sentenza di condanna in primo grado.

In tale evenienza, la Corte riafferma il consolidato insegnamento delle Sezioni Unite Lucci (26 giugno 2015, n. 31617), secondo cui la confisca diretta — misura di sicurezza patrimoniale a carattere obbligatorio ex art. 240 c.p. e art. 12-bis d.lgs. 74/2000 — sopravvive alla declaratoria di estinzione del reato, purché tale declaratoria segua una condanna di merito: «Trattandosi di confisca obbligatoria e diretta (…) può essere applicata anche in caso di sopravvenuta prescrizione, dopo la condanna in primo grado» (§ 4.1).

La ratio si rinviene nella natura non punitiva ma preventiva della misura, la quale, perseguendo finalità di neutralizzazione del profitto illecito, non resta travolta dall’assenza di una pronuncia penale definitiva. Ciò segna un discrimine netto rispetto alla confisca per equivalente, di natura sanzionatoria, cui si applica il diverso regime dell’art. 578-bis c.p.p.


5. Principio di diritto

La confisca diretta, obbligatoria ex art. 240 c.p. e art. 12-bis d.lgs. 74/2000, può essere disposta e mantenuta anche se il reato è dichiarato prescritto dopo la condanna di primo grado; al contrario, se la prescrizione matura prima della condanna, nessuna confisca — diretta o per equivalente — può essere pronunciata.

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