Il giudice deve motivare puntualmente la proroga del trattenimento nei CPR: annullata la decisione con formula generica (Cass. pen. n. 16384/2025)
- Avvocato Del Giudice
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1. Premessa
La sentenza n. 16384/2025 della Prima Sezione Penale della Corte di cassazione affronta un caso di particolare rilevanza in materia di trattenimento amministrativo dello straniero presso i CPR.
La Corte ribadisce l’obbligo per il giudice di motivare in modo concreto e puntuale ogni proroga del trattenimento, soprattutto in presenza di atti difensivi articolati e documentazione depositata, pena l’annullamento del provvedimento per apparenza motivazionale.
2. Il fatto
Il Questore di Caltanissetta aveva richiesto la proroga del trattenimento di Bb.Ou., cittadino tunisino, presso il CPR di Caltanissetta, evidenziando difficoltà nell'identificazione legate alla mancata cooperazione del Consolato tunisino. Il Giudice di pace aveva accolto la richiesta con decreto del 17 febbraio 2025, utilizzando un modulo prestampato privo di indicazioni specifiche.
3. Il ricorso
Il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso:
violazione del diritto di difesa, del principio del giudice naturale e del contraddittorio, anche alla luce della sentenza n. 39/2025 della Corte costituzionale;
apparente motivazione del provvedimento impugnato, che non considerava le deduzioni difensive e i documenti versati in atti, tra cui una certificazione consolare utile all’identificazione.
4. La decisione della Corte
La Cassazione ha dichiarato infondato il primo motivo, ritenendo ormai superate le censure alla disciplina processuale, dopo l'intervento manipolativo della Corte costituzionale con la sentenza n. 39/2025, che ha riformulato le regole sul contraddittorio nella camera di consiglio.
Ha invece accolto il secondo motivo, ritenendo viziata l’ordinanza per difetto di motivazione. Il giudice a quo si è limitato a un generico richiamo ai presupposti di legge, senza valutare le specifiche circostanze del caso, le difficoltà concrete nell’identificazione e le argomentazioni difensive, violando così l’art. 14, co. 5, d.lgs. 286/1998.
5. Il principio di diritto
"In tema di proroga del trattenimento presso i CPR, il giudice deve motivare in modo specifico e concreto in ordine ai presupposti indicati dall'art. 14, comma 5, d.lgs. 286/1998, verificando la reale esistenza di difficoltà nell’identificazione o nei rimpatri, anche alla luce delle deduzioni difensive. La motivazione apparente integra violazione di legge ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p."
6. Conclusioni
La pronuncia riafferma l’essenzialità del contraddittorio e del controllo giurisdizionale effettivo nei procedimenti limitativi della libertà personale. Ogni proroga del trattenimento deve poggiare su motivazioni concrete, con esame puntuale dei fatti allegati, altrimenti è illegittima. La tutela dell’individuo, anche in posizione amministrativamente irregolare, passa attraverso l’effettività delle garanzie procedurali.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. I, 28/04/2025, (ud. 28/04/2025, dep. 30/04/2025), n.16384
RITENUTO IN FATTO
1. In data 27 novembre 2024 il Questore di Caltanissetta ha richiesto, ai sensi dell'art. 14, comma 5, D.Lgs. n. 286 del 1998, al Giudice di Pace di Caltanissetta la proroga per il termine di trenta giorni del decreto di trattenimento presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Caltanissetta.
A tal fine ha evidenziato che:
- in data 30 settembre 2024 era stato convalidato il provvedimento di trattenimento per mesi tre del cittadino straniero Bb.Ou. dal Questore di Palermo, in esecuzione del coevo provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto.
- che Bb.Ou. aveva avanzato domanda di protezione internazionale, con conseguente sospensione, ai sensi dell'art. 6, comma 5, D.Lgs., 18 agosto 2015, n. 142, dei termini di trattenimento di cui all'art. 14, comma 5, D.Lgs. n. 286 del 98;
- che nei confronti di Bb.Ou. era stato adottato un provvedimento di trattenimento ex art.6, commi, 2 e 3 D.Lgs. n. 142 del 2015 al fine di consentire l'espletamento della procedura di cui all'art. 28 - bis D.Lgs., 28 gennaio 2008 n. 25;
- che il procedimento di riconoscimento della protezione internazionale si era concluso in data 19 novembre 2024 con conseguente ripresa di vigore del provvedimento di espulsione sotteso al trattenimento con scadenza il 19 febbraio 2025;
- che il 26 novembre 2024 il cittadino straniero era stato ascoltato da personale diplomatico Consolare della Tunisia che ne aveva sospeso l'espatrio per ulteriori accertamenti sulla sua identità;
- che in data 10 dicembre 2024 ed in data 14 gennaio 2025 erano state sollecitate le procedure di identificazione , anche con l'invio di una e-mail.
2. Con provvedimento del 17 febbraio 2025 il Giudice di Pace di Caltanissetta, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 286/1998, ha disposto la richiesta proroga di tre mesi.
3. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Bb.Ou., chiedendone l'annullamento sulla base di due motivi.
3.1. Con il primo denuncia violazione degli artt. 14, comma 6, D.Lgs., 25 luglio 1998, n. 286, 13 Cost., 3, 13, 25, comma 3, 117 Cost. della Costituzione, 3, 13 e 14 della Convenz. EDU.
Lamenta che le modifiche apportate dalla legge n. 187/2024 all'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/1998, con il richiamo al secondo e al quarto periodo del comma 5 - bis dell'art. 22 della legge n. 69/2005 in materia di mandato di arresto europeo, hanno comportato non solo una irragionevole discriminazione tra il soggetto sottoposto a restrizione della libertà personale in forza di provvedimento di trattenimento rispetto a quelli sottoposti a restrizione presso gli istituti penali ai quali sono riservati termini più ampi per predisporre la propria difesa ma anche la sottrazione della competenza a decidere alle sezioni civili della Corte di cassazione, da considerarsi giudice naturale in queste materie.
3.2. Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 14 D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, 13 e 111 della Costituzione.
Lamenta l'apparenza della motivazione: il Giudice nel modulo prestampato non ha né indicato le ragioni sia della ritenuta sussistenza dei presupposti per la concessione della proroga né ha spiegato l'infondatezza delle deduzioni svolte in udienza dalla difesa della persona trattenuta, anche con il deposito di pertinente documentazione a sostegno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti indicati nel prosieguo.
1. In premessa, va ricordato che il procedimento è rimasto sospeso, poiché con ordinanza n. 4308/2025 depositata il 31 gennaio 2025, in altro procedimento, veniva dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, richiamato dall'art. 5 - bis D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142, nella parte in cui, rinviando alle disposizioni di cui all'art. 22, comma 5 - bis, quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69, prevede che la Corte di cassazione giudichi in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori, in tal modo affidando alla creazione dell'autorità giudiziaria l'individuazione di scansioni procedimentali idonee a realizzare il contraddittorio nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti previsto per la decisione, in relazione agli articoli 3, 24,111, primo e secondo comma, 117 Cost., quest'ultimo con riferimento all'art. 6, par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che con sentenza n. 39/2025, depositata in data 10 aprile 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 18 - bis, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187, richiamato dall'art. 6, comma 5 - bis, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), come introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, nella parte in cui, al terzo periodo, rinvia all'art. 22, comma 5 - 2 bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005, anziché ai commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo"; che il ricorso proposto dal cittadino straniero è stato nuovamente fissato per procedere alla trattazione nell'odierna udienza secondo la procedura delineata dalla Corte Costituzionale nella sentenza sopra richiamata.
2. Il primo motivo è privo di pregio.
2.1. Le disposizioni del d.l., 11 ottobre 2024, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, che hanno ridotto a cinque giorni il termine per proporre, dinanzi alle Sezioni penali della Corte, ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di convalida o di proroga e la limitazione dei motivi proponibili a quelli di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b), e c), cod. proc. pen., costituiscono espressione di una scelta del legislatore in materia processuale che si caratterizza per la più ampia discrezionalità, non ravvisandosi profili di manifesta irragionevolezza e arbitrarietà (in tal senso Sez. 1, n. 2967 del 24/01/2025, K., Rv. 287362 - 01, in una fattispecie relativa a convalida della proroga di richiedente protezione internazionale, in cui la Corte, in applicazione del principio, non ha accolto la deduzione con cui si era lamentata l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, D.Lgs. 25 luglio 1998, richiamato dall'art. 6, comma 5 - bis, D.Lgs. 18 agosto 20015, n. 142, per ritenuto contrasto con gli artt. 3,13,25,111 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3, 13 e 14 CEDU).
A seguito di questione sollevata da questa Corte di legittimità, gli ulteriori profili di criticità dedotti dal ricorrente sono stati sono esaminati dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 39 del 2025 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 18 - bis, comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187, richiamato dall'art. 6, comma 5 - bis, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), come introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, nella parte in cui, al terzo periodo, rinvia all'art. 22, comma 5 - bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005, anziché ai commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo.
La Consulta, evidenziato il vulnus al diritto al contraddittorio e al diritto di difesa arrecato dalla normativa in scrutinio, che mutua le sue cadenze dal procedimento relativo al mandato di arresto europeo "consensuale", ha inteso operare la reductio ad legitimitatem della normativa medesima sostituendola con quella ad essa più vicina, e, segnatamente, quella prevista, nella forma "ordinaria", per il mandato di arresto europeo.
Si riportano qui di seguito, integralmente, i due paragrafi maggiormente esplicativi dell'intervento manipolatolo del Giudice delle leggi:
"6.3. - La reductio ad legitimitatem va, dunque, operata integrando il contenuto del comma 6 dell'art. 14 del D.Lgs. n. 286 del 1998, là dove, nel terzo 6 periodo, è stato privato del riferimento al quarto periodo dell'art. 22, comma 5 - bis, della legge n. 69 del 2005, con le regole procedurali dettate dai commi 3 e 4 del medesimo art. 22 della legge n. 69 del 2005, secondo cui, rispettivamente, "Ella Corte di cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. L'avviso alle parti deve essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza" e ""(l)a decisione è depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione. Qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo, provvede al deposito della motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia".
6.3.1. - Alla stregua della disciplina risultante dall'operata sostituzione, il processo di cassazione sui decreti di convalida e di proroga del trattenimento della persona straniera - emessi dal giudice di pace, ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 286 del 1998, o dalla corte d'appello in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. n. 142 del 2015 - si articola nei seguenti termini: il giudizio è instaurato con ricorso proponibile entro cinque giorni dalla comunicazione, per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 606, cod. proc. pen.; il ricorso, che non sospende l'esecuzione della misura, è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento; la Corte di cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. e, quindi, in un'adunanza camerale nella quale sono sentiti, se compaiono, il pubblico ministero e il difensore; l'avviso alle parti deve essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza; la decisione è depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione; qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la Corte di cassazione, provvede al deposito della motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia".
2.2. Quanto ai rilievi riguardanti il sospetto di illegittimità costituzionale, sotto il profilo dell'irragionevolezza, della disposizione che concentra la competenza sulla Corte di appello in composizione monocratica, nonché la connessa deduzione riguardo all'asserita violazione del principio del giudice naturale per essere state attribuite ad un giudice penale funzioni civili riservate sinora ad apposite sezioni specializzate, si ribadiscono le osservazioni già svolte nella richiamata sentenza Sez. 1, n. 2967 del 24/01/2025, K.
Si è detto, nella pronuncia cui si aderisce, che ad una verifica interpretativa di tipo letterale, integrata da una lettura sistematica, emerge che la scelta del legislatore esprime univocamente la volontà di concentrare in capo alle sezioni penali delle Corti di appello la competenza sui procedimenti di convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6,6 - bis e 6 - ter D.Lgs. n. 142/2015, e dell'articolo 10 - ter, comma 3, quarto periodo, D.Lgs. n. 286/1998, nonché sui procedimenti di convalida delle misure adottate ai sensi dell'articolo 14, comma 6, D.Lgs. n. 142/2015.
In tal senso è del tutto privo di margini di ambiguità il comma 5 del citato art. 14 D.Lgs. n. 142 del 2015. L'art. 5 - bis d.l. n. 13/2017, conv. con modificazioni dalla legge n. 46/2017, introdotto dal d.l. n. 145/2024, conv. con modificazioni dalla legge n. 187/2024, stabilisce che la Corte d'appello, chiamata a trattare questi procedimenti, deve essere individuata alla luce dell'art. 5, comma 2, legge n. 69/2005, facendo così espresso richiamo all'autorità giudiziaria competente a dare esecuzione al mandato di arresto europeo, istituto disciplinato da disposizioni penali, che pertanto richiede l'intervento del giudice penale e che è accomunato alle materie del trattenimento del richiedente la protezione internazionale dai profili di tutela giurisdizionale della libertà personale.
L'ulteriore, ancora più esplicito, richiamo alla giurisdizione penale si ricava dalla previsione dei motivi per i quali può essere proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di convalida, che sono individuati tra quelli previsti dal codice di procedura penale e di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 606, ma anche dal rinvio a talune disposizioni processuali fissate per il procedimento di impugnazione dinanzi al giudice di legittimità in ordine all'esecuzione del mandato di arresto europeo (cfr. l'art. 14, comma 6, D.Lgs. n. 286/96, nel testo modificato dal d.l. n. 145/2024, conv. con modificazioni dalla legge n. 187/2024: "Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 22, comma 5 - bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69").
Si tratta di una scelta che appare, comunque, netta.
Essa attiene alla materia processuale, che, come ha ribadito in più occasioni la Corte costituzionale (v., ad es., sent. n. 252 del 21/10/2020; n. 200 del 25/11/2024), è di esclusiva spettanza del legislatore e si caratterizza per la più ampia discrezionalità, sempre che non siano ravvisabili profili di manifesta irragionevolezza e arbitrarietà. Da qui l'inconducenza, ai fini della prospettazione di vizi processuali o di legittimità costituzionale, dei richiami difensivi alle precedenti scelte legislative (frutto di un diverso e del pari insindacabile esercizio della discrezionalità riservata al decisore politico), che hanno caratterizzato la disciplina previgente con l'opzione preferenziale per le sezioni specializzate in materia di immigrazione; e parimenti l'irrilevanza della sopravvivenza di disposizioni o di procedimenti che vi fanno riferimento.
D'altra parte, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 203 del 2024, nel precisare, in continuità con le sentenze n. 212 del 2023, n. 127 del 2022 e n. 105 del 2001, che i provvedimenti che determinino la coazione a rimanere in un centro di permanenza temporanea per stranieri incidano sulla libertà personale perché, al pari dell'arresto o del fermo o della detenzione in un istituto penitenziario, determinano una coazione fisica della persona, limitando la libertà di disporre del proprio corpo con l'imposizione a rimanere in un determinato luogo, ha espressamente affermato che trattasi di misure che devono essere necessariamente disposte dal giudice penale. Non può, pertanto, definirsi irragionevole la scelta del legislatore di spostare la competenza ad esercitare il sindacato sul provvedimento impugnato dal giudice civile a quello penale.
In ogni caso, la proposta questione di costituzionalità sarebbe, oltre che manifestamente infondata, anche irrilevante tenuto conto che l'erronea assegnazione al giudice civile o al giudice penale della controversia non darebbe luogo ad una ipotesi di nullità o ad altre patologie processuali tenuto conto che la distinzione tra le varie sezioni - anche civili e penali - del medesimo ufficio giudiziario si riferisce a mere articolazioni interne di un unico ufficio, con la conseguente esclusione della possibilità di qualificare le rispettive attribuzioni come "questione di competenza" nel processo civile, dovendosi altresì escludere l'applicazione, sia in via diretta che in via analogica, delle soluzioni normative sancite dall'art. 28 cod. proc. pen. (Cass. Civ. Sez. U, n. 38596 del 06/12/2021, Rv. 663248 - 01).
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1. Nel regime introdotto dal d.l. 11 ottobre 2024, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, ai fini della ricorribilità per cassazione del provvedimento di convalida o di proroga della corte d'appello del giudice di pace, limitata, tra l'altro, ai motivi di cui all'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., nella nozione di "violazione di legge" va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, intesa come del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'"iter" logico seguito dal giudice (Sez. 1, n. 2967 del 24/01/2025, K., Rv. 287362 - 03).
Come chiarito dalla giurisprudenza delle sezioni penali di questa Corte, sia pure nell'ambito delle misure di prevenzione, ma in un contesto ordinamentale, nel quale comunque il ricorso per cassazione è circoscritto alla denuncia della violazione di legge - ciò che rappresenta la base minima costituzionalmente garantita del ricorso "contro i provvedimenti sulla libertà personale", ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. - nella nozione di violazione di legge va ricompresa la 6 motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento (ex plurimis, v. Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284 - 01), intesa quest'ultima come motivazione "del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento": trattandosi di vizio che sostanzia una "inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali" (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Del resto, secondo il consolidato orientamento della prima sezione civile di questa Corte, il trattenimento dello straniero, che non possa essere allontanato coattivamente contestualmente all'espulsione, costituisce una misura privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata (Sez. 1., 22 gennaio 2021, n. 1322; Sez. 1, 30 ottobre 2019, n. 27939).
Ne consegue che, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall'art. 13 Cost., l'Autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e negli stessi limiti opera anche il controllo giurisdizionale non potendo essere autorizzate proroghe non rigidamente ancorate a limiti temporali e condizioni legislativamente imposte, con l'ulteriore corollario che la motivazione del provvedimento giudiziale di convalida della proroga del trattenimento deve accertare la specificità dei motivi addotti a sostegno della richiesta, nonché la loro congruenza rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio (Sez. 1, 7 gennaio 2021, n. 82; Sez. 1., 28 febbraio 2019, n. 6064) ed ordinanza del 4.6.2021, n. 15647, in motivazione).
3.2. Tanto è sufficiente, senza necessità di ulteriori approfondimenti esegetici, a cogliere la sussistenza del denunciato vizio di cui all'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Il provvedimento impugnato non dà adeguatamente conto dei presupposti cui disciplina legislativa subordina le proroghe previste dal comma 5 dell'art. 14 del D.Lgs. n. 286/1998: "La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Il termine complessivo di sei mesi può essere prorogato dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di tre mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri dodici mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi".
Deve aggiungersi che, in tema di trattenimento del cittadino straniero presso un Centro di permanenza per i rimpatri, la valutazione cui è tenuto il giudice della convalida varia a seconda che si tratti della prima proroga o di quelle successive, attesa la progressiva intensificazione delle condizioni che giustificano la privazione della libertà personale, dovendo appurare, nel primo caso, che occorra protrarre il trattenimento per il tempo strettamente necessario all'amministrazione per predisporre il rimpatrio, mentre, nel secondo caso, che tale protrazione sia necessaria per completare un'identificazione ormai probabile, alla luce degli elementi concreti già emersi, ovvero per ultimare le operazioni di rimpatrio sotto il profilo organizzativo (Sez. 1 civ., n. 370 del 08/01/2025, Rv. 673833 - 01).
Ciò posto, va evidenziato che l'art. 14, comma 5, secondo periodo, D.Lgs. n. 286 del 1998 prevede che "Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presentino gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi", rispetto ai complessivi tre mesi di permanenza presso nel C.P.R. che, a mente del primo periodo dello stesso comma, la convalida del primo trattenimento comporta.
Il percorso motivazionale seguito si riduce alla affermazione di sussistenza tout court dei presupposti di cui all'art. 14 cit., ritenendo sufficiente per riscontrare il requisito delle difficoltà di accertamento dell'identità del trattenuto le sollecitazioni inoltrate via mail dal Questore al consolato tunisino senza nemmeno precisare le ragioni, contingenti o strutturali, della mancata collaborazione, indicazione, quest'ultima, quanto mai necessaria per verificare le prospettive che devono sempre essere, effettive e concrete, di rimpatrio secondo quanto previsto dall'art. 14, comma 5 - bis D.Lgs. n. 286 del 1998 ("Allo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero e di adottare le misure necessarie per eseguire immediatamente il provvedimento di espulsione o di respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni, qualora non sia stato possibile trattenerlo in un centro di permanenza per i rimpatri, ovvero la permanenza presso tale struttura non ne abbia consentito l'allontanamento dal territorio nazionale, ovvero dalle circostanze concrete non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l'allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza"), tenuto conto del periodo considerevole già trascorso dall'inizio della misura limitativa della libertà personale.
Soprattutto, il giudice a quo ha ingiustificatamente ritenuto di prescindere, nel quadro dei puntuali accertamenti imposti dalla disciplina legislativa, dalle peculiarità del caso addotto alla sua cognizione non prendendo in esame, anche solo al fine di confutarle o chiarine l'inconducenza o irrilevanza, le deduzioni della difesa, che, nel contestare la richiesta di proroga, aveva depositato memorie, evidenziando che l'identificazione da parte delle autorità tunisine era già avvenuta con il rilascio del nullaosta al matrimonio di un certificato di celibato.
In definitiva, il provvedimento impugnato non contiene una valutazione apparente in ordine alle ragioni per le quali può giustificarsi la proroga del trattenimento.
4. Il decreto impugnato deve essere pertanto annullato con rinvio al Giudice di Pace di Caltanissetta, in composizione monocratica, per procedere a nuovo giudizio, nel quale, libero nell'esito, valuti la sussistenza delle condizioni che giustifichino la proroga del trattenimento dell'odierno ricorrente.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Caltanissetta.
In caso di diffusione del presente provvedimento vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso, in Roma 28 aprile 2025.
Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2025.