Rapina impropria: quando si consuma e quando resta tentata (Cass. Pen. n. 31292/2025)
- Avvocato Del Giudice

- 22 set
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Indice:
1. Premessa
2. Il fatto
1. Premessa
La Cassazione penale, con la sentenza n. 31292/2025, ha riaffermato che la rapina impropria si considera consumata non solo quando l’autore ottiene l’impossessamento del bene, ma anche quando, dopo la sottrazione, usa violenza o minaccia per garantirsi il possesso o l’impunità.
Il tentativo resta configurabile solo nella fase degli atti idonei diretti alla sottrazione, ma non quando la condotta minacciosa interviene a sottrazione già avvenuta.
La peculiarità della fattispecie sta proprio nella “successione invertita” tra aggressione al patrimonio e aggressione alla persona.
2. Il fatto
Il caso riguardava W.H., sorpreso in un negozio mentre indossava un giubbotto del valore di 50 euro e tentava di uscire senza pagarlo. Inseguito dalle commesse, il soggetto reagiva con frasi minacciose e mimando un gesto di taglio della gola, al fine di garantirsi il possesso del capo e l’impunità.
La Corte d’appello di Firenze aveva qualificato la condotta come rapina impropria consumata (art. 628, comma 2, c.p.), confermando la condanna di primo grado.
La difesa sosteneva invece che dovesse parlarsi di rapina solo tentata, poiché la sottrazione era stata immediatamente osservata e interrotta dalle commesse.
3. La decisione della Corte
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, richiamando un orientamento consolidato delle Sezioni Unite:
per la rapina impropria, è sufficiente la sottrazione del bene seguita da violenza o minaccia;
non è necessario che l’agente consegua un’autonoma disponibilità del bene;
la differenza rispetto al furto sta nella forza della condotta violenta, che priva la vittima della possibilità di recuperare la cosa.
Quanto alla richiesta di applicazione della nuova attenuante introdotta dalla Corte costituzionale n. 86/2024, la Corte ha escluso la possibilità di riconoscerla, rilevando la gravità delle modalità della condotta e la recidiva dell’imputato.
4. Il principio di diritto
Il delitto di rapina impropria si perfeziona con la mera sottrazione del bene seguita da violenza o minaccia, anche senza l’impossessamento stabile della res. La consumazione si realizza dunque già nel momento in cui la vittima viene spossessata materialmente, perdendo di fatto i poteri di custodia e sorveglianza.
5. La sentenza integrale
Cassazione penale sez. II, 11/09/2025, (ud. 11/09/2025, dep. 18/09/2025), n.31292
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Firenze, riqualificata la condotta contestata a Wo.He., originariamente ritenuta come tentata rapina impropria, come "rapina impropria consumata", confermava la sua responsabilità.
Si contestava al Wo.He. di essersi avvicinato agli espositori del negozio "Cotton e Silk", di avere avere trafugato un giubbotto del valore di cinquanta euro, di averlo indossato, di essersi diretto verso l'uscita oltrepassando i dispositivi antitaccheggio e di essersi infine allontanato dal negozio; notato dalle commesse che lo avevano inseguito, lo stesso profferiva nei loro riguardi parole minacciose mimando con le mani il taglio della gola ed avvicinandosi alle stesse al fine di garantirsi il possesso del bene e l'impunità.
2. Contro tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del Wo.He. che deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 581 cod. proc. pen., 56, 628 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta, che avrebbe dovuto essere inquadrata come rapina "tentata", poiché la condotta sottrattiva dato che la sottrazione sarebbe stata costantemente osservata dalle commesse del negozio.
2.1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
È stato autorevolmente affermato che "il comma secondo dell'art. 628 cod. pen. fa riferimento alla sola sottrazione e non anche all'impossessamento, ciò che conduce a ritenere che il delitto di rapina impropria si possa perfezionare anche se il reo usi violenza dopo la mera apprensione del bene, senza il conseguimento, sia pure per un breve spazio temporale, della disponibilità autonoma dello stesso. Il requisito della violenza o minaccia che caratterizza il delitto di rapina, certamente può comportare una differenziazione in ordine al momento consumativo rispetto al furto. Mentre, infatti, con riferimento al furto, finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore questi è ancora in grado di recuperarla, così facendo degradare la condotta di apprensione del bene a mero tentativo (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Prevete, Rv. 261186-01), al contrario, nella rapina, la modalità violenta o minacciosa dell'azione non lascia alla vittima alcuna possibilità di esercitare la sorveglianza sulla res. Per la consumazione del delitto di rapina è quindi sufficiente che la cosa sia passata sotto l'esclusivo potere dell'agente, essendone stata la vittima spossessata "materialmente", così perdendo di fatto i relativi poteri di custodia e di disposizione fisica.
2.1.2. In considerazione della successione "invertita" delle due condotte di aggressione al patrimonio e alla persona che caratterizza la rapina impropria, il legislatore, al fine di mantenere equiparate le due fattispecie criminose del primo e del secondo comma dell'art. 628 cod. pen., non richiede il vero e proprio impossessamento della cosa da parte dell'agente, ritenendo sufficiente per la consumazione la sola sottrazione, così lasciando spazio per il tentativo ai soli atti idonei diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa altrui" (testualmente: Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153-01).
2.1.3. La Cassazione, nella sua più autorevole composizione ha, dunque, chiarito che la rapina sia nella sua configurazione ordinaria, che in quella impropria, ha una condotta complessa che si compone sia della aggressione al patrimonio che di quella alla persona, sicché nel caso in cui la seconda succeda temporalmente alla prima, la condotta violenta unitamente alla sottrazione consentono di ritenere la rapina "consumata". Si tratta di un approdo ermeneutico confermato dalla lettera della legge che nella rapina "impropria" sanziona la sottrazione cui segue la violenza alla persona, mentre in quella "propria" richiede la violenza preventiva e il successivo completo spossessamento.
La qualifica assegnata alla condotta delittuosa ritenuta "rapina impropria consumata" è coerente con tali indicazioni ermeneutiche e si sottrae ad ogni censura in questa sede.
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della attenuante introdotta dalla sentenza n. 86 del 2024 della Corte costituzionale che avrebbe dovuto essere concessa tenuto conto che la natura, la specie, i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione e la particolare tenuità del danno avrebbero imposto il riconoscimento del beneficio.
2.2.1. La concessione della attenuante costituzionale è stata richiesta nel corso dell'udienza dibattimentale (non poteva essere richiesta con l'atto di appello che era precedente alla sentenza della Corte costituzionale).
2.2.2. La Corte di appello, con motivazione che non si presta a censure, ha ritenuto che le circostanze dell'azione – e segnatamente il fatto che il ricorrente fosse recidivo – ostassero al riconoscimento dell'attenuante.
3. All'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 11 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2025.




