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Resistenza a pubblico ufficiale: Il solo fatto di non fermarsi all'alt intimato non integra il reato

Reati contro la pubblica amministrazione

Resistenza a pubblico ufficiale: Il solo fatto di non fermarsi all'alt intimato non integra il reato

La resistenza a pubblico ufficiale è un reato che consiste nell'opporre resistenza fisica o violenza ad un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nel corso dell'esecuzione dei loro doveri.

Il reato si consuma quando una persona ostacola o impedisce l'azione di un pubblico ufficiale nel corso del suo lavoro, utilizzando forza fisica o violenza verbale.

Questo reato mira a garantire il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche e a proteggere l'autorità e l'integrità degli agenti di polizia, degli ufficiali giudiziari e di altri operatori pubblici.

Con la sentenza n.14729/22, la Suprema Corte ha affermato che, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, la manovra di guida accelerata, a seguito di alt intimato dalle forze dell'ordine, non può essere collegata, in assenza di elementi concreti, all'intento degli imputati di vanificare un inseguimento veicolare degli agenti, con conseguente accettazione del rischio di mettere a repentaglio la loro incolumità o quella di terzi.Difformemente, il Tribunale di Napoli, Sezione VI, con la sentenza n.5072/2022, ha affermato che sussiste il reato di resistenza a pubblico ufficiale allorquando una persona, a seguito dell'ordine di fermarsi intimato dalla polizia giudiziaria, durante un posto di blocco, continui a fuggire, sfondando il presidio degli agenti, costringendoli a inseguirlo e mettendo a rischio la vita degli agenti e la sicurezza pubblica.

Ed ancora, il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 65 del 6 marzo 2021, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, ha affermato che si configura l'elemento materiale della violenza quando una persona, alla guida di un'automobile, non solo cerci di sfuggire all'inseguimento, ma metta deliberatamente in pericolo l'incolumità personale degli agenti che lo stanno inseguendo o degli altri utenti della strada, attraverso una condotta di guida oggettivamente pericolosa.

Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto responsabile del reato previsto dall'articolo 337 c.p. una persona che, ignorando l'ordine di fermarsi, ha continuato a guidare in modo pericoloso nel centro cittadino, effettuando manovre improvvisate e cambi di direzione repentini, fino a schiantarsi contro un paletto, costituendo un pericolo per gli altri utenti della strada.



Cassazione penale sez. VI, 07/04/2022, (ud. 07/04/2022, dep. 14/04/2022), n.14729

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Caltanissetta confermava la sentenza del Tribunale di Gela del 18 giugno 2020, che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato gli imputati B.I. e S.V. per il reato di cui agli artt. 110 e 337 c.p. (capo A) e il solo B. anche il reato di cui all'art. 116 C.d.S., commi 15 e 17 (capo B).


2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..


2.1. Ricorso B..


2.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 337 c.p..


Dalla ricostruzione dei fatti non emerge nessuna azione violenta attribuibile all'imputato diretta ad opporsi all'atto di ufficio né a porre in pericolo la incolumità dei pubblici ufficiali o degli utenti della strada. Si è in presenza al più di resistenza passiva (mancata collaborazione).


La Corte di appello non si è confrontata con i motivi di appello e ha motivato con formule stereotipate e generiche (cfr. pag. 6).


Ne' poteva essere ritenuta illecita la mera condotta del ricorrente nel darsi alla fuga.


2.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 116 C.d.S., commi 15 e 17.


Stante quanto dedotto sopra, deve ritenersi la suddetta contravvenzione depenalizzata con il D.Lgs. n. 8 del 2016.


2.1.3. Mancata declaratoria della prescrizione del reato contravvenzionale.


In ogni caso il reato contravvenzionale era estinto per prescrizione alla data della pronuncia di appello.


2.2. Ricorso S..


2.2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di resistenza a p.u..


La Corte di appello ha ritenuto provata in via congetturale e manifestamente illogica la situazione di pericolo, non avendo tentato (pur essendo possibile) gli operanti alcun inseguimento del ciclomotore sul quale viaggiavano gli imputati, dopo che costoro non si erano fermati all'alt. Il solo fatto di non fermarsi all'alt verrebbe ad integrare in tal modo sempre la commissione del reato.


2.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 110 c.p..


La Corte di appello non ha esaminato il motivo di appello con il quale si contestava il concorso del ricorrente rispetto alle condotte poste in essere dal coimputato, conducente del ciclomotore.


La frase valorizzata dai giudici di merito era stata pronunciata dopo la condotta pericolosa del coimputato, rispetto alle quali il ricorrente poteva opporsi solo lanciandosi dal mezzo.


Irrilevante è la condotta del ricorrente di coprire la targa, posto che è ininfluente sulla ravvisata pericolosità.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito illustrati.


2. Va accolto il motivo comune ad entrambi i ricorsi con il quale è stata contestata la ritenuta configurazione del reato di cui all'art. 337 c.p., stante la mancanza nella ricostruzione dei fatti, come accertata dai giudici di merito, di una condotta di violenza o minaccia richiesta dalla citata norma.


In particolare, i giudici di merito hanno stabilito che i due imputati, che viaggiavano a bordo di un ciclomotore guidato dal B., non si erano fermati all'alt intimato loro da personale del Commissariato di P.S., dandosi a precipitosa fuga, non fermandosi al semaforo con luce rossa e superando a destra le auto incolonnate per le vie del centro cittadino, e che nessun inseguimento vi era stato da parte degli operanti.


Con tale condotta e alla luce delle circostanze illustrate deve escludersi che vi sia stata un'attività minacciosa o violenta nei confronti degli agenti, dal momento che con la guida accelerata i prevenuti cercarono soltanto di sottrarsi precipitosamente all'intervento degli agenti rimasti sul posto ad assistere alla loro fuga.


La manovra di guida accelerata, quindi, non può essere collegata, in assenza di elementi concreti (la Corte di appello si era espressa infatti in termini di sola "verosimiglianza"), all'intento degli imputati di vanificare un inseguimento veicolare degli agenti, con conseguente accettazione del rischio di mettere a repentaglio la loro incolumità o quella di terzi (ipotesi nelle quali è stato correttamente configurato in giurisprudenza, cfr. tra le tante, Sez. 1, n. 41408 del 04/07/2019, Rv. 277137; Sez. 6, n. 4391 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 258242, entrambe citate dalla sentenza impugnata; Sez. F, n. 40 del 10/09/2013, dep. 2014, Rv. 257915).


Pertanto, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.


3. Quanto al reato contravvenzionale, si deve constatare invece l'inammissibilità del ricorso del B., per manifesta infondatezza.


La Corte di appello ha infatti evidenziato che ricorreva la fattispecie - non interessata dalla depenalizzazione del D.Lgs. n. 8 del 2016 - di guida senza patente di cui all'art. 116 C.d.S., comma 15 "nell'ipotesi di recidiva nel biennio".


Quanto alla prescrizione, il ricorrente non si confronta con le sospensioni di cui dà atto espressamente la sentenza di primo grado (in particolare, risultano 81 gg. di sospensione per legittimo impedimento dell'imputato), che portavano il periodo prescrizionale a maturarsi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (il reato è stato commesso il (OMISSIS)).


4. Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, perché il fatto non sussiste.


Quanto al ricorrente B., va dichiarato inammissibile il ricorso per il reato di guida senza patente e pertanto va disposta la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta per la determinazione della pena per tale reato, con dichiarazione di irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.


PQM

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al reato di cui all'art. 337 c.p., perché il fatto non sussiste.


Dichiara inammissibile il ricorso proposto da B.I. per il reato di guida senza patente e dispone la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta per la determinazione della pena.


Visto l'art. 624 c.p.p., dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.


Così deciso in Roma, il 7 aprile 2022.


Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2022



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