Bancarotta e collegio sindacale: l’omesso controllo equivale a concorso nel reato (Cass. Pen. n. 32560/25)
- Avvocato Del Giudice

- 5 ott
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Il principio di diritto
La Suprema Corte, con la sentenza n.32560/25, ha affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta e impropria, la responsabilità penale dei componenti del collegio sindacale può configurarsi anche in forma meramente omissiva, quando l’omesso esercizio dei doveri di vigilanza e controllo — in presenza di segnali di allarme percepibili con l’ordinaria diligenza professionale — abbia concretamente agevolato la commissione, da parte degli amministratori, di condotte distrattive o di falsificazione dei bilanci.
Il controllo sindacale non si esaurisce nella verifica formale della contabilità, ma si estende alla coerenza sostanziale tra la rappresentazione contabile e la realtà economica della società, comprendendo il potere-dovere di chiedere chiarimenti, di verbalizzare i rilievi e di attivare, se necessario, la procedura di segnalazione ex art. 2409 c.c.
La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 19/09/2025, (ud. 19/09/2025, dep. 02/10/2025), n.32560
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 aprile 2025, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Alessandria, riduceva la pena inflitta a Se.Gi. ad anni tre e mesi sei di reclusione, sostituendo la stessa con la detenzione domiciliare.
Se.Gi. era stato ritenuto colpevole dei delitti di bancarotta al medesimo ascritti nella qualità di presidente del collegio sindacale, dal 2001 al 15 aprile 2008, della Srl Industrie Ba. dichiarata fallita il 14 agosto 2009, per avere consentito agli amministratori, non esercitando il dovuto controllo:
- al capo 4, di cagionare il fallimento della Srl appostando nei bilanci, dal 2005 al 2007, crediti inesistenti per complessivi Euro 3.500.000 (derivanti dall'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da società cubane, presunte clienti della fallita), così aggravando il dissesto;
- al capo 5, la distrazione di somme di denaro della società per l'ammontare complessivo di Euro 8.725.542,29 (dal 2005 al 2008 come indicato in dettaglio in imputazione, alle pg da 2 a 4 della sentenza d'appello);
- al capo 6, la falsificazione dei libri e delle altre scritture contabili, in pregiudizio dei creditori, e non consentendo di ricostruire il patrimonio della società ed il movimento degli affari, a mezzo degli artifici meglio ivi indicati (pg. 4 della sentenza).
Sempre determinando un danno patrimoniale di rilevante gravità e con la recidiva specifica ed infraquinquennale.
1.1. La Corte distrettuale, in risposta ai due motivi di appello dedotti (il primo sull'elemento soggettivo dei delitti di bancarotta impropria e documentale, in particolare in relazione ai falsi in bilancio strumentali alle condotte distrattive consumate dopo le sue dimissioni dell'aprile 2008; il secondo sul trattamento sanzionatorio), aveva osservato quanto segue.
Non vi era contestazione sul fatto che gli amministratori avessero consumato i contestati reati di bancarotta patrimoniale, documentale ed impropria.
La condanna dell'imputato, invece, quale presidente del collegio sindacale della fallita, era discesa dalla constatazione che le condotte degli amministratori, la cui illiceità sarebbe apparsa evidente a chiunque avesse esercitato un minimo controllo sui loro atti, erano state consentite, appunto, dalla condotta omissiva del medesimo, oltre che degli altri componenti il collegio sindacale.
I sindaci, infatti, avevano sistematicamente omesso ogni controllo loro spettante, così che i bilanci della fallita avevano potuto riportare l'annotazione di crediti inesistenti per oltre 3,5 milioni di Euro (a fronte di fatture per operazioni inesistenti, non giustificate da alcun contratto, in cui i beni oggetto delle stesse erano solo genericamente indicati ed i cui conseguenti crediti mai erano stati azionati).
Crediti che avevano consentito agli amministratori di non evidenziare l'erosione del capitale sociale.
Quanto alle distrazioni, era altrettanto evidente come l'omissione del controllo sindacale fosse stato essenziale nel realizzarle, visto che erano durate anni, il loro complessivo valore era ingente (oltre otto milioni di euro) ed erano state realizzate avvantaggiando direttamente gli amministratori (in particolare il Pe.Ma. che aveva incassato compensi ben maggiori di quanto stabilito dall'assemblea) o società a loro riferibili, senza alcun titolo contrattuale che le giustificasse.
Quanto alla bancarotta documentale, erano state inserite in contabilità voci palesemente false, posto che riguardavano beni non rientranti neppure nell'oggetto sociale. Ed erano state annotate, per ingenti importi, le ricordate fatture per operazioni inesistenti.
A fronte di tutto ciò, il collegio dei sindaci, ed in particolare l'imputato che ne era il presidente non avevano esercitato alcun controllo né avevano attivato alcuno dei poteri a loro disposizione per accertare, contestare e contrastare le suddette operazioni, la cui illiceità era manifesta.
Fornendo così, la loro condotta omissiva, un essenziale contributo causale ai reati commessi dagli amministratori (pur potendosi ascrivere al prevenuto i soli fatti consumati in data antecedente alle sue dimissioni, dell'aprile 2008).
Gli elementi sintomatici che la Corte di merito evidenziava al fine di concludere per la responsabilità dell'imputato erano i seguenti: mai aveva rilevato carenze organizzative o amministrative, non aveva censurato i bilanci 2005 e 2006, mai aveva chiesto informazioni su voci di bilancio evidentemente anomale, mai aveva approfondito i rapporti della società con le società estere che risultavano creditrici per importi ingenti, essenziali per la continuità aziendale, mai aveva chiesto chiarimenti sulle operazioni concluse con le parti correlate riconducibili al Pe.Ma., che non risultavano avessero alcun concreto rapporto in essere con la fallita.
Tutto ciò premesso, confermata la declaratoria di responsabilità, la Corte di merito riduceva alla misura sopra indicata la pena irrogata all'imputato.
2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. Alessandro Coco, articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del consapevole concorso del prevenuto, sindaco della società, nelle condotte tenute dagli amministratori.
Non si era, infatti, raggiunta la prova che l'omesso controllo dei sindaci avesse determinato o favorito, consapevolmente, la commissione dei fatti di bancarotta commessi dagli amministratori.
Si era solo preso atto dei reati integrati e del fatto che i sindaci non fossero intervenuti. Del resto, l'imputato era stato indagato solo a sei anni di distanza dal fallimento, sulla mera scia del fatto che erano stati, negli anni precedenti, indagati gli amministratori ed il liquidatore.
Non si era individuato alcun concreto contributo del prevenuto, e degli altri sindaci, alla commissione dei reati loro ascritti in rubrica. Peraltro, non era stato possibile neppure comprendere quale fosse stata l'attività svolta in concreto dal collegio sindacale in quegli anni, posto che al curatore era stato consegnato il relativo libro, compilato solo a partire dal 18 aprile 2008.
Doveva poi rilevarsi come i bilanci di fine esercizio 2005 e 2006, erano in attivo, così come i precedenti così che non vi era alcun campanello di allarme che potesse allertare i sindaci. Né vi erano stati interventi dell'Agenzia delle entrate o procedure esecutive.
Del resto, la reale gestione della società era stata disvelata, al curatore e agli organi fallimentari, solo dal rinvenimento della contabilità parallela. Così che il giudizio sui sindaci era stato formulato ex post e non, come si sarebbe dovuto fare, ex ante. Né si poteva affermare la sussistenza di altri indici rivelatori, non essendo l'imputato espressione del gruppo di controllo della società. L'amministrazione della stessa faceva poi capo a Pe.Ma., direttamente o attraverso alcuni suoi familiari o persone di fiducia, nel cui novero l'imputato non rientrava. Irrilevanti ai fini dell'odierno giudizio erano le due condanne che il prevenuto aveva in precedenza patito. Né era emersa dal bilancio del 2006 una situazione critica, come la definisce la Corte d'Appello.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo dei contestati delitti.
Il concorso del sindaco nel reato non può derivare dalla sola posizione di garanzia ma devono individuarsi elementi sintomatici che conducano a ritenere che l'omesso controllo abbia avuto effettiva incidenza sulla commissione del reato da parte degli amministratori (Cass. n. 15360/2010).
Tema che la Corte d'Appello aveva omesso di adeguatamente considerare.
2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione conseguente all'avere ritenuto, la Corte stessa, non attribuibili all'imputato le condotte consumate in epoca successiva alle sue dimissioni (a partire dal bilancio 2007, approvato a novembre 2008) e più precisamente dal 31 dicembre 2006, salvo poi ascrivergli condotte (pg. 12 della sentenza) "quantomeno a partire dal 2005 e sino all'anno 2007".
2.4. Con il quarto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione ai motivi di appello in cui si era contestata la corresponsabilità del prevenuto in ordine ai delitti di bancarotta impropria (contestato al capo 4) e di bancarotta documentale (di cui al capo 6) sui quali era stata omessa ogni motivazione.
Censure neppure menzionate nel riassunto dell'atto di gravame presente nella sentenza della Corte di merito.
2.5. Con il quinto motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento alla misura della pena inflitta. Non era stato formulato il giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee in termini di prevalenza delle attenuanti senza sostanzialmente motivare.
Né era stata adeguatamente motivata la misura della pena inflitta, dovendosi invece tenere conto del comportamento processuale dell'assenza di ulteriori processi, della contabilità parallela non nota ai sindaci e del minimo contributo al fatto.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Lucia Odello, ha inviato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato non merita accoglimento.
1. Quanto alla corresponsabilità dei componenti il collegio sindacale di una società di capitali nelle condotte di bancarotta consumate dagli amministratori di una società fallita, si è detto:
- la responsabilità per concorso nel reato di bancarotta fraudolenta è configurabile anche nei confronti dei componenti del collegio sindacale di società a responsabilità limitata che abbiano omesso i dovuti controlli sull'operato degli amministratori, sussistendo anche in tale ipotesi il potere di segnalazione previsto dall'art. 2409 cod. civ., norma che disciplina in linea generale i poteri del collegio sindacale, ove esistente (Sez. 5, n. 44107 del 11/05/2018, M. Rv. 274014 - 01);
- nei reati di bancarotta il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall'amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale che non si esaurisce in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione (Sez. 5, n. 14045 del 22/03/2016, De Cuppis, Rv. 266646 - 01);
- i componenti del collegio sindacale concorrono nel delitto di bancarotta commesso dall'amministratore della società anche per omesso esercizio dei poteri-doveri di controllo loro attribuiti dagli artt. 2403 cod. civ. e ss., che non si esauriscono nella mera verifica contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori ma, pur non investendo in forma diretta le scelte imprenditoriali, si estendono al contenuto della gestione sociale, a tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali (Sez. 5, n. 18985 del 14/01/2016, Rv. 267009 - 01);
- in tema di bancarotta semplice, i sindaci di una società dichiarata fallita rispondono del reato di cui agli artt. 217, comma primo, n. 4, e 224 legge fall., per aver omesso di attivarsi per rimediare all'inerzia dell'amministratore che non abbia chiesto il fallimento in proprio della società, così aggravandone il dissesto, solo quando la situazione di insolvenza sia rilevabile dagli atti posti a loro disposizione, dovendo il giudice di merito verificare, mediante un giudizio controfattuale, se, qualora fossero state poste in essere le attività di impulso e controllo omesse, si sarebbe comunque realizzato l'aggravamento del dissesto (Sez. 5, n. 28848 del 21/09/2020, D'Alessandro, Rv. 279599 - 02);
- nei reati di bancarotta è ammissibile il concorso di un componente del collegio sindacale con l'amministratore di una società, che può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale, il quale non si esaurisce in una mera verifica formale, quasi a ridursi ad un riscontro contabile nell'ambito della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma comprende il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione (Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211368 - 01);
- in tema di responsabilità per bancarotta documentale, l'obbligo di vigilanza dei sindaci e del collegio sindacale non è limitato al mero controllo contabile, ma deve anche estendersi al contenuto della gestione, considerato che la previsione di cui all'art. 2403, comma primo, prima parte, cod. civ. deve essere correlata con i commi terzo e quarto della stessa norma, che conferiscono ai sindaci il potere-dovere di chiedere agli amministratori notizie sull'andamento delle operazioni (Sez. 5, n. 17393 del 13/12/2006, dep. 08/05/2007, Martone, Rv. 236630 - 01).
Complessivamente, dagli arresti sopra citati, se ne deduce che i sindaci di una società rispondono, per omesso controllo rivestendo una posizione di garanzia, anche per una condotta meramente omissiva e che costoro non possono limitarsi alla verifica della regolarità formale della contabilità sociale ma devono anche operare un controllo della congruità della medesima rispetto all'operatività concreta della società.
Deve, tuttavia, qui aggiungersi che, quando la condotta attribuita al sindaco di una società sia di mera omissione dei dovuti controlli (come nell'odierno caso concreto), deve potersi affermare, per dichiararne la responsabilità, che nella contabilità della società poi fallita, o nel rapporto fra questa e la sottostante operatività concreta, fossero, all'epoca, già presenti dei "segnali di allarme" o degli "indici rivelatori" delle condotte illecite che gli amministratori stavano consumando, così, per un verso, da poter ritenere colpevole l'omissione del controllo e, per l'altro, da potersi affermare che l'omesso controllo dei sindaci aveva concretamente agevolato le medesime condotte illecite.
Non diversamente da quanto si afferma in tema di responsabilità degli amministratori privi di delega (ex plurimis Sez. 5, n. 33582 del 13/06/2022, Benassi, Rv. 284175 - 01 che richiede, per dedurne il concorso, quei "segnali di allarme" dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento, dovendosi infine accertare, sulla base di un giudizio prognostico controfattuale, la sussistenza del nesso causale tra le contestate omissioni e le condotte delittuose ascritte agli amministratori con delega".
1.1. Ora, nell'odierno caso concreto, i "segnali d'allarme" e gli "indici rivelatori" erano stati plurimi e tutti già congruamente considerati dalla Corte di merito.
Li si ricorda.
Gli attivi dei bilanci 2005 e 2006 (quando pertanto l'imputato rivestiva ancora la carica di presidente del collegio sindacale) erano viziati dalla appostazione di crediti, ingenti, nei confronti di alcune società cubane, la cui veridicità era palesemente dubbia. E che erano anche privi di un sottostante titolo contrattuale.
Crediti decisivi per l'equilibrio finanziario della società.
La cui contabilizzazione (in assenza anche di ogni tentativo di recupero) aveva poi consentito agli amministratori (in particolare al Pe.Ma.) di proseguire l'attività, così da poter prelevare somme (versandole a sé stesso o a società al Pe.Ma. riconducibili), anch'esse ingenti, dalla casse sociali, una volta ancora senza alcun titolo giustificativo.
Le condotte consumate dagli amministratori erano pertanto così palesi ed evidenti che i sindaci le avrebbero certamente dovute rilevare dalla medesima contabilità (e dal controllo degli atti che la giustificavano) e che si erano potute consumare anche grazie alla loro totale inerzia.
Ne consegue la infondatezza dei motivi di ricorso dal primo al quarto, spesi tutti sul concorso del ricorrente (avuto riguardo sia alla sua materialità, sia all'elemento soggettivo) nei reati addebitategli.
Deve inoltre aggiungersi che non vi è alcuna contraddittorietà, nella sentenza impugnata, in ordine al perimetro temporale della ritenuta responsabilità dell'imputato, avendo la Corte di merito espressamente dato atto come non fossero attribuibili all'imputato le condotte relativo al bilancio dell'esercizio 2007 (in quanto approvato ad novembre 2008) e le distrazioni successive al suo disimpegno dalla società, ed avendo la medesima ridotto la pena irrogata dal primo giudice (pena che era stata anche sostituita).
2. A tale ultimo proposito, il quinto motivo, sul trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondato.
La totale omissione di goni controllo, il ruolo di presidente del collegio, la già avvenuta riduzione della pena in appello, sono tutti elementi che escludo ogni arbitrarietà nella commisurazione della pena, anche in relazione al giudizio di bilanciamento fissato in termini di equivalenza.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2025.




