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Revocazione della confisca di prevenzione: Sono prove nuove anche quelle deducibili ma non dedotte.

In tema di confisca di prevenzione, costituiscono prove nuove deducibili a fondamento tanto della domanda di revoca "ex tunc", ai sensi dell'art. 7 l. 27 dicembre 1956, n. 1423, quanto della domanda di revocazione, ai sensi dell'art. 28, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, elementi di prova preesistenti alla definizione del giudizio che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non siano però stati concretamente dedotti e perciò mai valutati. (In motivazione la Corte ha precisato che tale conclusione è conforme alla nozione di prova nuova elaborata ai fini della revisione nel procedimento penale, cui deve aversi riguardo nell'interpretazione di entrambe le citate disposizioni di legge).

Cassazione penale sez. I, 05/11/2020, (ud. 05/11/2020, dep. 17/03/2021), n.10343

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con decreto emesso in data 4 luglio 2019 la Corte di Appello di Messina - in procedura di revoca ex tunc di confisca di prevenzione - ha respinto la domanda introdotta da V.N..


1.1 Va premesso che la decisione di confisca, emessa nel 2009 con decreto del locale Tribunale, risulta definitiva dal 23 febbraio 2015 (con sent. n. 28742 del 2015 la V Sezione penale di questa Corte di cassazione ha dichiarato la inammissibilità del ricorso all'epoca proposto).


2. In sede di valutazione delle doglianze difensive, proposte avverso la decisione di inammissibilità della domanda di revoca emessa dal Tribunale, la Corte di secondo grado rileva, in sintesi, che:


a) gli elementi prodotti a fini di rivalutazione del giudizio di sproporzione non possono ritenersi in alcun modo decisivi. Si evidenzia, in particolare, che l'acquisto immobiliare - relativo al bene confiscato - è avvenuto nelll'anno 1999 per un importo molto consistente (Lire 380 milioni), con impiego di risorse del tutto sproporzionato rispetto ai modesti redditi del nucleo familiare di V.N., ricostruiti nel giudizio che ha dato luogo alla emissione del provvedimento di confisca. La produzione, operata in sede di revoca, di due assegni circolari intestati al padre dell'istante V.G. ed emessi il (OMISSIS) (per Lire 170 milioni) non consente in alcun modo di rivalutare il giudizio di sproporzione, posto che si tratta di titoli posteriori a detto acquisto e non incidenti in modo manifesto sulla necessaria provvista, risultando il prezzo dell'immobile - peraltro - già corrisposto da V.N. alla data del rogito;


b) l'esistenza di ulteriori impieghi finanziari negli anni 2000/2004 e l'incidenza delle spese di sostentamento rendono del tutto irrilevante, a fini di potenziale requilibrio, la documentazione prodotta dalla difesa;


c) in ogni caso si ritiene che gli elementi prodotti non sono idonei a sostenere la proposta rivalutazione del presupposto applicativo della confisca, trattandosi di elementi preesistenti alla trattazione del procedimento che ha dato luogo al titolo, dunque in quella sede deducibili ma non dedotti.


2. Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - V.N., deducendo erronea applicazione di legge e difetto di motivazione. 2.1 La critica difensiva si dirige - in diritto - alla ritenuta irrilevanza dei nova in quanto "deducibili ma non dedotti" nel procedimento che ha dato luogo alla emissione del titolo. Si tratterebbe di elementi in realtà "mai valutati" e dunque potenzialmente utili a sostenere la domanda di rivalutazione, sia ai sensi del previgente L. n. 1423 del 1956, art. 7 che in riferimento a quanto previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, stante l'affinità di tali procedure revocatorie con l'impugnazione straordinaria della revisione di cui all'art. 630 c.p.p..


Il proposto non era stato in grado di reperire la documentazione durante la procedura sfociata nella emissione del provvedimento di confisca in quanto ristretto in carcere per il delitto di usura oggetto di accertamento in sede penale.


In ogni caso, si contesta la concorrente valutazione di "non decisività" della nuova prova, che incide sulla rappresentazione della redditività lecita del nucleo familiare tramite una consulenza di parte (allegata all'atto di ricorso).


Si evocano, in particolare, i trattamenti pensionistici erogati ai genitori del V.N., per 178 milioni di lire e i risparmi di V.G. che sarebbero stati disinvestiti in occasione dell'acquisto dell'immobile.


Si contesta, nel merito, la valutazione di non incidenza della disponibilitq dei risparmi paterni, posto che l'antecedenza del rogito non sarebbe argomento decisivo a tale scopo.


Si compie altresì riferimento alla revoca della confisca dell'immobile avvenuta in sede penale, pur se antecedente alla definizione del procedimento di cognizione.


3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.


3.1 Va premesso che la Corte di Appello, in procedura governata dal previgente L. n. 1423 del 1956, art. 7, ha basato la decisione di rigetto della impugnazione (avverso il diniego alla revoca opposto dal Tribunale) su due ordini di considerazioni, tra loro diverse, così realizzando una "doppia motivazione".


Se da un lato ha affermato che la documentazione relativa alla provvista economica del "nucleo familiare allargato" era da ritenersi indonea in diritto a sostenere la domanda di revoca (in quanto consistente in elementi di prova "deducibili ma non dedotti" nella prima serie procedimentale), dall'altro ha comunque realizzato una valutazione in concreto della "incidenza" di tali elementi di prova sul quadro dimostrativo accertato all'epoca, con argomentazioni che consentono di ritenere trattato l'argomento in modo esaustivo.


3.2 La critica relativa all'aspetto - in diritto - della "non ammissibilità" della produzione di nova in sede di revoca o revocazione, lì dove si tratti di elementi "deducibili ma non dedotti" in sede di cognizione "originaria" è infatti, ad avviso del Collegio, fondata, ma ciò non conduce all'accoglimento del ricorso, quanto a mera rettificazione (ai sensi dell'art. 619 c.p.p., comma 1) di tale punto argomentativo, per come espresso nella decisione impugnata.


3.3 Circa tale aspetto, va premesso che tanto la procedura di revoca ex tunc delle misure di prevenzione di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7 (per come tale disposizione è stata oggetto di interpretazione giurisprudenziale a partire da Sez. Un. 18 del 10.12.1997 dep. 1998, Pisco) che la revocazione della confisca di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28 (disposizione tesa alla formalizzazione e recepimento della operazione ermeneutica realizzata in riferimento all'art. 7 della legge previgente) rappresentano la "proiezione" nello specifico settore delle misure di prevenzione, dell'istituto della revisione di cui all'art. 629 c.p.p. e ss., trattandosi di istituti finalizzati a rimediare, in via straordinaria, ad una sostanziale ingiustizia della decisione, nei modi e con le forme previste dalla legge.


E' dunque nella conformazione giurisprudenziale dell'istituto "madre" della revisione delle sentenze - in ambito penale - che l'interprete è tenuto a rintracciare le linee ermeneutiche regolatrici dell'applicazione tanto della previsione di legge di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7 che di quella del D.Lgs. n. 159 del 2001, art. 28, lì dove la disposizione legislativa si presti ad una "estrazione di significato" non del tutto univoca, come è sul terreno della richiesta "novità" della prova posta a base della domanda di rivalutazione del giudicato (ex art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c, D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, comma 1, lett. a).


3.4 Come si è osservato in precedenti arresti di questa Corte, cui si presta adesione (v. Sez. I n. 39601 del 19.6.2019, Castaldo, rv 276874; Sez. I n. 24707 del 1.2.2018, Oliveri, rv 273361) è evidente che a fronte della precedente costruzione (solo) giurisprudenziale di una revocabilità ex tunc della misura di prevenzione per suo vizio genetico "sul modello della revisione" (v. per tutte, Sez. I n. 21369 del 14.5.2008, rv 240094), l'esistenza di un modello normativo "tipizzato" (D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28) è dato che deve portare l'interprete verso linee il più possibili "comuni" tra le due figure procedimentali in esame e, soprattutto, conformi ai consolidati orientamenti maturati sul terreno della revisione in ambito penale.


Dunque il ragionamento interpretativo va operato in modo analogo, sia che la norma regolatrice sia rappresentata - come nel caso in esame - dalla L. n. 1423 del 1956, art. 7, sia che venga applicato in via diretta il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28.


3.5 Operate tali precisazioni, il Collegio ritiene pertanto di ribadire - su tale argomento - quanto sostenuto da Sez. V n. 148 del 4.11.2015, Baratta, rv 265922, secondo cui in tema di misure di prevenzione, la revoca per difetto genetico dei presupposti può disporsi in presenza di "elementi nuovi" non necessariamente sopravvenuti, purchè mai valutati nel corso del procedimento di prevenzione.


Pur in presenza di un orientamento ermeneutico (espresso da ultimo da Sez.VI n. 17854 del 27.5.2020, Lunetto, rv 279283) teso ad escludere - in tale ambito che per prova preesistente alla conclusione della procedura di prevenzione, valutabile in sede di revoca, possano intendersi anche le prove "deducibili e non dedotte nell'ambito del suddetto procedimento", il Collegio ritiene che tale conclusione non sia condivisibile.


Ciò perchè, una volta affermato il principio della "radice comune" tra l'istituto della revocazione della confisca e la revisione penale ed una volta superata - per tale ragione sistematica - la limitazione letterale alla produzione delle sole prove sopravvenute, derivante dal testo della disposizione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, non può che farsi riferimento - anche in sede di revocazione della confisca alla nozione di "prova nuova" elaborata dalle Sezioni Unite di questa Corte nella nota decisione del 2002 PG in proc.Pisano (intervenuta in tema di revisione) secondo cui: in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 c.p.p., lett. c) ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato.


In detto arresto, la cui logica è da ritenersi per quanto sinora detto esportabile al tema qui in trattazione, si è evidenziato pertanto come risulti essenziale al fine di ritenere "nuova" la prova dedotta in sede di revisione l'aspetto della sua "mancata valutazione", sempre che ciò non sia dipeso da affermata inammissibilità o superfluità: (..) per prove nuove devono intendersi quelle che, anche se preesistenti alla sentenza di condanna, risultanti o no dagli atti, non hanno formato oggetto di valutazione, espressa o implicita, da parte del giudice investito della cognizione, prescindendosi, anche qui, da ogni giudizio circa l'imputabilità alla parte interessata dell'omessa conoscenza giudiziale;.. un'articolata ricostruzione sistematica del concetto di prova nuova emerge dalla linea interpretativa secondo cui, ai fini della revisione, deve essere riconosciuto il carattere della novità anche alle prove che comunque non abbiano formato oggetto di valutazione, siano entrate o no a far parte del materiale probatorio acquisito al precedente giudizio di cognizione (..).


3.6 In virtù di tale opzione interpretativa va dunque affermato il principio per cui anche in sede di procedura revocatoria della confisca - provvedimento incidente in modo tendenzialmente definitivo su diritti costituzionalmente garantiti - va ritenuta ammissibile la produzione di elementi di prova preesistenti alla definizione del giudizio che ha determinato l'emissione del provvedimento, astrattamente deducibili ma non dedotti e, pertanto, non oggetto di valutazione in quella sede e da ritenersi dotati del carattere della "novità".


4. Come si è anticipato, la Corte di merito ha tuttavia argomentato - in via principale - anche in punto di "non decisività" dei nova, affermandone la incapacità ontologica al fine di sostenere una diversa ricostruzione del presupposto della confisca, rappresentato dalla sproporzione tra capacità reddituali lecite e valore degli investimenti operati.


In tale punto la motivazione espressa - pur sindacabile trattandosi di procedura revocatoria - appare immune dai segnalati vizi.


E' infatti del tutto logico ritenere che non possa contribuire a realizzare la provvista finanziaria per un acquisto immobiliare già perfezionatosi una disponibilità posteriore (e sensibilmente inferiore al valore dell'acquisto), peraltro non formatasi direttamente in capo al soggetto portatore di pericolosità, come argomentato dalla Corte di Appello nella decisione impugnata.


Anche sulle ulteriori deduzioni il ricorrente non offre concreti elementi di disarticolazione del ragionamento esposto in motivazione, dovendosi tener conto della esistenza di ulteriori impieghi finanziari (puntualmente esposti nel testo della decisione) e della incidenza delle spese relative al nantenimento del nucleo familiare del V..


Va altresì precisato che nessuna incidenza sulla decisione qui oggetto di scrutinio può essere attribuita al tema della revoca della confisca disposta in ambito penale (nel procedimento per usura), atteso che tale accadimento era stato devoluto nel procedimento di prevenzione originario ed anche alla cognizione di questa Corte di legittimità (v. sent. n. 28742 del 2015 citata in premessa) con valutazione di irrilevanza ai fini di conferma della confisca di prevenzione. Non vi è pertanto, dato il diverso ambito cognitivo dei due procedimenti e l'esistenza di una piena valutazione di tale aspetto, alcuna possibilità di utilizzare il dato in questione a sostegno della prospettazione revocatoria.


4.1 In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.


Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021

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