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Riforma Cartabia: Come cambia il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica


Indice:


1. L’estensione dei procedimenti a citazione diretta.

Le modifiche più incisive della disciplina del giudizio dibattimentale operate dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, riguardano l’articolazione del procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, ufficio che assorbe, ad oggi, il flusso di procedimenti in ingresso dalle Procure di gran lunga più cospicuo.

In attuazione dei criteri di delega enunciati dall’art. 1, comma 9, lett. l), della legge n. 134, è stata disposta in primis un’ampia estensione del catalogo dei reati per cui l’azione penale va esercitata mediante citazione diretta a giudizio, ai sensi dell’art. 552 cod. proc. pen.

Al decreto attuativo era demandato di individuare ulteriori reati da devolvere alla cognizione del tribunale in composizione monocratica per i quali non fosse necessaria la celebrazione dell’udienza preliminare, selezionandoli tra i delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, che non presentassero “rilevanti difficoltà di accertamento”.

Dunque, una duplicità di criteri selettivi: l’uno di tipo formale, agganciato al dato oggettivo del massimo edittale della pena detentiva, indicatore “tipico” di disvalore penale; l’altro, sostanziale, fondato sulla limitata complessità accertativa, che è nozione a bassissimo contenuto definitorio, con cui si è rimesso il completamento del catalogo all’ampia discrezionalità del legislatore delegato. Ne è derivato una lunga teoria di fattispecie incriminatrici punite con pena massima edittale compresa nel range da quattro a sei anni di reclusione, tra le quali pare opportuno limitarsi a segnalare le più rilevanti, facendo rinvio per le altre al testo della disposizione normativa.

Come chiarito dalla Relazione illustrativa, si è scelto di inserire nel novero dei reati a citazione diretta, sul rilievo che non implichino investigazioni complesse, i reati presupponenti condotte che avvengono in pubblico, di fronte ad una pluralità di soggetti potenziali testimoni, e quelli il cui accertamento si basa essenzialmente su circostanze di fatto.

Premessa tale indicazione metodologica, sono stati inquadrati nella prima tipologia di reati gli atti osceni in luogo pubblico aggravati (art. 527, comma secondo, cod. pen.), il danneggiamento di cose mobili o immobili in occasione di manifestazioni pubbliche (art. 635, comma terzo, cod. pen.), l’apologia di delitto (art. 414 cod. pen.) e l’istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 cod. pen.), e così pure i reati caratterizzati da condotte violente o intimidatorie, ad esempio l’evasione aggravata da violenza o minaccia (art. 385, secondo comma, cod. pen.).

Tra i reati contro la fede pubblica, si sono inserite nel novero delle fattispecie a citazione diretta alcune ipotesi di falsità materiale, quali le falsità in monete (artt. 454, 460, 461 cod pen.), le contraffazioni di pubblici sigilli (artt. 467 e 468 c.p.), oltre all’indebito utilizzo, la falsificazione, la detenzione o la cessione di carte credito (art. 493-ter cod. pen.) ma non anche i falsi in atti pubblici, siccome di più impegnativo accertamento.

Tra i reati contro il patrimonio, si sono ritenuti rispondenti alla duplicità di requisiti indicati dalla delega la truffa aggravata (art. 640, cpv., cod. pen.), la frode in assicurazione (art. 642 cod. pen.) e l’appropriazione indebita (art. 646 cod. pen.).

Quanto alle ipotesi di reato circostanziate prevedenti pene diverse o circostanze aggravanti ad effetto speciale, che nella forma base risultano a citazione diretta, la riforma ha inteso uniformare il trattamento processuale, con l’esclusione anche per esse dell’udienza preliminare, nei limiti in cui sia consentito dai prefissati criteri selettivi.

Tra gli altri, si segnalano i reati di: interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, aggravata dalla qualifica di capi, promotori, organizzatori (art. 340, comma terzo, cod. pen.); esercizio abusivo di una professione aggravata per chi determina o dirige l’attività (art. 348, comma secondo, cod. pen.); procurata inosservanza di pena in caso di delitto (art. 390 cod. pen.); violazione di domicilio aggravata ai sensi dell’art. 614, ultimo comma, cod. pen. e commessa da pubblico ufficiale (art. 615, comma primo, cod. pen.); rivelazione del contenuto della corrispondenza in caso di violazione di corrispondenza da parte dell’addetto al servizio delle poste (art. 619, comma secondo, cod. pen.).

Sono stati di contro esclusi dal catalogo ampliato, per la complessità delle indagini e degli accertamenti che normalmente richiedono, i delitti contro la personalità dello Stato, contro l’incolumità pubblica e contro l’ambiente.

Dei medesimi suindicati criteri è stata fatta applicazione per i reati previsti da leggi speciali. In materia di armi, si sono ritenuti di relativa complessità sul piano dell’accertamento giudiziale il porto di arma in riunione pubblica in mancanza della relativa licenza, il trasferimento illecito di armi e l’importazione di armi senza licenza; in materia di violazioni del T.U. dei reati doganali, il contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-bis cod. pen.); in materia di misure di prevenzione, i delitti di inosservanza di obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, la violazione del divieto di espatrio, il mancato rientro nel termine stabilito nel comune di soggiorno obbligato, l’elusione della amministrazione giudiziaria dei beni personali, l’omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali; in materia di stupefacenti, i reati di istigazione pubblica, proselitismo e induzione all’utilizzo di stupefacenti, di cui all’art. 82, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.


2. Il contenuto del decreto di citazione a giudizio.

Ancora, merita attenzione la rimodulazione dell’art. 552 cod. proc. pen., in relazione ai contenuti del decreto di citazione, posto che la vocatio va ora riferita alla udienza predibattimentale ed è mutato il corredo di avvisi che l’atto propulsivo del giudizio deve contenere.

Oltre all’avvertimento che, in caso di mancata comparizione, l’imputato assumerà la posizione processuale di assente (nel concorso delle ulteriori condizioni previste) e non invece quella di contumace – figura soppressa dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, ma ancora tralaticiamente evocata nella disposizione - devono essere richiamate le facoltà che competono all’imputato in relazione a tale momento dell’iter procedimentale. In attuazione degli obblighi informativi specificamente indicati dalla legge delega, si prevede che il decreto contenga l’avviso della facoltà di accedere ai riti speciali - abbreviato, applicazione concordata di pena, sospensione del procedimento con messa alla prova – come pure della facoltà di presentare domanda di oblazione. Il termine preclusivo per l’esercizio di tali facoltà è individuato dall’art. 554- ter, comma 2, cod. proc. pen. nella pronuncia della sentenza di non luogo a procedere prevista dallo stesso articolo.

Tra gli avvisi che il decreto deve contenere vi è quello – che la sequenza del procedimento reiteratamente ripropone – rivolto ad imputato e persona offesa, della facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa.

Con l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella cancelleria, a norma del novellato art. 553 cod. proc. pen. - e non invece, come in passato, presso la segreteria dell’organo inquirente - e che le parti hanno facoltà di accedere, anche per estrarne copia, alla piattaforma conoscitiva che verrà sottoposta al giudice di udienza, si completa la discovery degli atti di indagine a beneficio delle difese, in funzione delle esigenze del contraddittorio. E’ stato poi soppresso il comma 1-bis dell’art. 552 cod. proc. pen. (che imponeva l’esercizio dell’azione penale per i delitti di cui all’art. 590, comma 3, cod. pen. e 590-bis cod. pen., entro tre mesi dalla chiusura delle indagini preliminari), verosimilmente in conseguenza delle complessive spinte acceleratorie impresse al procedimento penale con riguardo alla fase delle indagini preliminari ed alle determinazioni relative all’esercizio dell’azione penale.

Il termine a comparire è fissato, in rapporto alla udienza predibattimentale, in sessanta giorni ed è fatta salva la possibilità di disporne la riduzione a quarantacinque per ragioni di urgenza - con l’onere, in tal caso, di darne motivazione – ed espressamente si prevede che la notifica sia eseguita nel rispetto di tali prescrizioni, all’imputato, al suo difensore e alla parte offesa.

Infine, la generica comminatoria di nullità per l’inosservanza delle prescrizioni afferenti alla vocatio in iudicium - senza alcuna specificazione del tipo di violazione - appare inutilmente duplicativa delle nullità previste dalla norma generale di cui all’art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. quanto al difetto di vocatio in iudicium dell’imputato e del suo difensore, mentre non vi è alcun intervento in ordine alla vasta gamma delle nullità configurabili, né ai meccanismi di sanatoria di cui al successivo art. 184 cod. proc. pen., lì dove le patologie degli atti processuali vanno ricostruite alla luce dei sottosistemi normativi, pure introdotti dalla riforma in commento, in tema di notificazioni e di assenza.


3. L’udienza predibattimentale

Nell’impianto della riforma, l’istituto processuale su cui convergono le più alte aspettative di razionalizzazione dei procedimenti a citazione diretta305, da cui dovrebbero irradiarsi, in particolare, i più rilevanti effetti deflattivi per il giudizio di primo grado, è costituito dalla inedita udienza di comparizione predibattimentale.

In continuità con le proposte avanzate già con il d.d.l. 2435 della XVIII legislatura e sviluppate dalla Commissione Lattanzi, l’istituto dà corpo all’istanza, fortemente avvertita, di congegnare un filtro che potesse scongiurare la celebrazione di dibattimenti inutili, se non azzardati - tenuto conto dell’elevatissimo numero di assoluzioni che si registra nei procedimenti in questione – con affidamento al controllo preventivo del giudice della corretta applicazione, da parte del pubblico ministero, della regola di giudizio che governa l’esercizio dell’azione penale. Ne risulta uno strumento che, è stato detto in dottrina306, costituire la vera “scommessa pragmatica” della riforma, quanto al giudizio di primo grado. L’udienza c.d. filtro è dunque configurata dagli artt. 554-bis e 554-ter cod. proc. pen. (introdotti dall’art. 32 del d. lgs. n. 150, in attuazione dei criteri di delega di cui all’art. 1, comma 12, della ridetta legge n. 134), come udienza camerale a partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell’imputato, e costituisce uno snodo cruciale tra i due segmenti (indagini preliminari e dibattimento), in cui si articola il procedimento ordinario.

In essa trovano spazio attività ordinatorie, che veicolano l’iter procedimentale al momento della verifica in contradditorio dell’ipotesi d’accusa, ed attività a contenuto valutativo-decisorio suscettibili di condurre all’epilogo della vicenda processuale.

Nella ordinata scansione prefigurata dal legislatore, vedremo come, dopo la verifica della regolare costituzione del rapporto processuale da operare in limine, alla stregua della nuova disciplina in tema di assenza debbano essere valutate eventuali cause di proscioglimento nel merito; di seguito, ove difettino i presupposti per pervenire ad una pronuncia di proscioglimento, dovrà essere valutata l’idoneità, secondo un giudizio prognostico ex ante, del compendio d’accusa, vale a dire la sostenibilità dell’accusa secondo il paradigma, a sua volta inedito, della “ragionevole previsione di condanna”; infine, ove questa valutazione abbia esito positivo, e sempre che l’imputato non abbia espresso opzione per un rito alternativo, troveranno spazio le attività preliminari al giudizio diverse da quelle istruttorie e propriamente decisorie.

La funzione dell’udienza filtro postula l’alterità tra il giudice di essa e il giudice cui è assegnato il giudizio dibattimentale, come espressamente la norma impone.

Tale diversità soggettiva costituisce, altresì, logica conseguenza dei poteri di valutazione che si sono affidati al primo giudice, giacché dall’esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero – che devono essergli trasmessi a norma del riformulato art. 553 cod. proc. pen., e, depositati presso la cancelleria, rimarranno a sua disposizione, per costituire la base cognitiva su cui fonderà le sue determinazioni - una situazione di potenziale incompatibilità; di tal che si imporranno apposite variazioni nel nuovo assetto organizzativo, con adeguate modifiche delle tabelle organizzative degli uffici giudiziari, eventualmente secondo criteri predeterminati di abbinamento fisso (ed anche reciproco, ove le dimensioni organiche lo impongano), tra il magistrato che è chiamato a celebrare l’udienza ex art. 554-bis cod. proc. pen. e quello che sarà investito della celebrazione del dibattimento.

A fronte di un quadro così delineato, sono di tutta evidenza le similitudini tra l’udienza filtro e l’udienza preliminare; e tuttavia, come osservato nella Circolare del Capo dipartimento del Ministero di Giustizia del 20 ottobre 2022, dedicata alla udienza predibattimentale, non vi è alcuna contraddittorietà logica tra la scelta acceleratoria perseguita attraverso l’ampliamento dello spatium operandi dei procedimenti a citazione diretta e la introduzione di una udienza modellata sulla falsariga della udienza preliminare, posto che il vaglio preventivo, già delineato nelle proposte della commissione Lattanzi, in forme comunque più agili rispetto a quello dell’udienza preliminare, ha lo scopo di “liberare la fase di cognizione istruttoria da tutte le cause di rallentamento e di stasi” che ostacolano la celere definizione del giudizio.

L’udienza filtro è un passaggio topico dell’iter procedimentale, destinato a selezionare ciò che richiede effettivamente una verifica dibattimentale e, come è stato osservato nella medesima Circolare, la sua funzionalità, anche in chiave di decongestione del sistema, dipenderà dalla cura che il pubblico ministero avrà nella gestione dei flussi in ingresso e dalla adeguata selezione che, a monte, egli avrà saputo operare “tra scelte di azione e scelte di archiviazione”.307

Con riferimento alle problematiche di diritto intertemporale308, deve poi osservarsi che l’art. 5-octies della legge 30 dicembre 2022 n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (recante misure urgenti in materia di accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i reati cosiddetti ostativi nonché in materia di obblighi di vaccinazione anti COVID-19 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali), con cui si è disposto in via di urgenza il differimento al 30 dicembre 2022 dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 150 del 2022, ha inserito in tale decreto l'art. 89-bis, il quale precisa le tempistiche dell'operatività della disciplina inerente l'udienza predibattimentale.

Allo scopo di dirimere ogni potenziale dubbio interpretativo e applicativo, la norma stabilisce, facendo applicazione dei principi di irretrattabilità dell’azione penale e del tempus regit actum, che le relative disposizioni non si applicano ai procedimenti penali nei quali, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il pubblico ministero abbia già esercitato l’azione penale con l’emissione del decreto di citazione a giudizio nelle forme previgenti.


3.1. Le attività dell’udienza predibattimentale

Ulteriori linee di intervento sul giudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica, realizzate per lo più con la tecnica della interpolazione, reinquadrano nel contesto della udienza predibattimentale, con i necessari adattamenti, attività già in precedenza contemplate.

L’art. 554-bis cod. proc. pen. demanda al giudice della udienza predibattimentale la verifica della regolare costituzione delle parti - da operare alla stregua della nuova disciplina in tema di assenza309- al cui esito compete allo stesso giudice ordinare la regolarizzazione. Il secondo comma della disposizione prescrive che, in caso di nullità di ogni atto a contenuto comunicativo (avvisi, citazioni, comunicazioni e notificazioni), il giudice ne ordini la rinnovazione.

Si pone fine, in tal modo, ad un indirizzo invalso nella prassi che aveva alimentato un contrasto, ad oggi ancor vivo in giurisprudenza, in ordine alle conseguenze del provvedimento con cui il giudice abbia ordinato, invece la restituzione degli atti al pubblico ministero per vizi di notifica, perché sia questi a provvedere ai relativi incombenti.

A fronte di un’ermeneusi che aveva trovato autorevole avallo nella sentenza Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999 – per la quale nel caso di “nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall'art. 552, comma 3, cod. proc. pen., il giudice del dibattimento deve provvedere egli stesso a rinnovare la notifica e non può disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero con un provvedimento che, determinando una indebita regressione del processo, si configurerebbe come abnorme”, era radicata nei giudici di merito la tendenza a disattendere tale principio di diritto.

Al riguardo, la Suprema Corte ha ritenuto in più occasioni non legittima l’adozione di un provvedimento restitutorio, sebbene abbia mutato nel tempo orientamento in ordine alla possibilità di qualificare tale atto come abnorme.

L’abnormità è stata infine esclusa310 sia sotto il profilo strutturale, sia sotto il profilo funzionale, giacché, a prescindere dalla legittimità o meno della riferibilità al tribunale in composizione monocratica del disposto dell'art. 143 disp. att. cod. proc. pen., la restituzione degli atti al pubblico ministero, tutt’altro che avulsa dal sistema processuale, è espressione dei poteri ordinatori riconosciuti al giudice e comunque insuscettiva di determinare una indebita stasi del procedimento, che l’organo dell’accusa ha la possibilità di riattivare procedendo alla rinnovazione.


3.2. La costituzione di parte civile.

L’udienza predibattimentale segna il limite, previsto a pena di decadenza, per la costituzione di parte civile, a norma del riformulato art. 79, comma 2, cod. proc. pen.311

La norma contempla, per vero, una duplice, alternativa possibilità quando manchi l’udienza preliminare, potendo in tal caso la costituzione avvenire fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’articolo 484 cod. proc. pen. – dunque, in sede di atti introduttivi del dibattimento - oppure fino alla verifica della regolare costituzione delle parti a norma dall’ art. 554-bis, comma 2, cod. proc. pen.; con la precisazione che, nella prima ipotesi, ove la costituzione si realizzi dopo la scadenza del termine previsto per la presentazione della lista di cui all’art. 468, comma 1, cod. proc. pen. la parte civile non potrà avvalersi della facoltà di presentare la propria lista dei testimoni, periti e consulenti tecnici.

A dispetto di una formulazione letterale non priva di ambiguità, stante l’uso di un’asettica disgiuntiva tra le due ipotesi, tra le quali non vi è alcuna graduazione di priorità, deporrebbe in senso contrario alla tesi della loro sostanziale equivalenza la funzione ontologicamente riconosciuta dal legislatore alla udienza predibattimentale, quale sedes naturale per la risoluzione di tutte le questioni che abbiano carattere prodromico, diverse da quelle propriamente istruttorie e decisorie.

Un argomento che vale a suffragare tale ipotesi ricostruttiva si evince dal terzo comma dell’art. 554-bis cod. proc. pen., lì dove prescrive che le questioni indicate dall’art. 491, commi 1 e 2, o quelle che la legge prevede siano proposte entro i termini di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen. – tra le quali figurano, appunto, le questioni inerenti alla costituzione di parte civile — sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti, sono decise immediatamente e non possono essere riproposte nella udienza dibattimentale.

Dunque, allo stato sembra che nei procedimenti per reati per cui è prevista la citazione diretta la costituzione della parte civile debba avvenire in limine all’udienza predibattimentale e possa utilmente avvenire nella fase introduttiva del giudizio dibattimentale, prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, ai sensi dell’art. 484 cod proc. pen., solo quando l’udienza predibattimentale non abbia luogo per essere stata esercitata l’azione penale, come di seguito si vedrà, con il giudizio immediato.


3.3. Le questioni preliminari

Si tratta di temi di discussione che attengono alla preparazione ed organizzazione del dibattimento, individuati dal legislatore per relationem in quelli già indicati nell’art. 491, commi 1 e 2, cod. proc. pen. ovvero proponibili entro i termini di cui all’art. 491, comma 1.

Vi rientrano, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, le questioni che concernono: le nullità indicate nell’art. 181, commi 2 e 3, cod. proc. pen., la costituzione di parte civile, la citazione o l’intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, l’intervento degli enti e delle associazioni previsti dall’art. 91 cod. proc. pen., la competenza per territorio o per connessione; il contenuto del fascicolo per il dibattimento e la riunione o separazione dei giudizi (a meno che la possibilità di proporle sia sorta soltanto nel corso del dibattimento).

Vi rientrano, altresì, le questioni relative all’omessa celebrazione dell’udienza preliminare (richiamate dall’art. 550, comma 3, cod. proc. pen.) ovvero al difetto di attribuzioni del giudice monocratico rispetto al giudice collegiale (ex art. 33-quinquies cod. proc. pen.).

Il tenore dell’art. 554-bis, comma 3, cod. proc. pen. non si discosta dal pregresso assetto normativo lì dove stabilisce che il termine preclusivo per la deducibilità delle questioni preliminari coincide con il momento immediatamente successivo a quello in cui viene compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti.

Nella prassi applicativa, sino ad oggi non di rado accadeva che la deadline venisse invece identificata con la dichiarazione di apertura del dibattimento e ciò anche nell’ipotesi in cui vi fosse uno sfasamento temporale tra tale declaratoria e l’accertamento della costituzione delle parti (ipotesi, questa, non infrequente, ad esempio perchè, costituite regolarmente le parti, veniva disposto rinvio ad udienza fissa per l’assenza dei testi o per la pendenza di trattative per la definizione bonaria delle questioni civili).

Il prevalente indirizzo giurisprudenziale della Corte sosteneva, di contro, un’interpretazione più aderente alla lettera dell’art. 491 cod. proc. pen.312, sul presupposto logico argomentativo che, se può accadere che la sequenza procedimentale descritta si svolga all'interno di un medesimo contesto temporale, e la verifica prevista dall'art. 484 cod. proc. pen. sia strettamente contigua alla dichiarazione di apertura, nondimeno si tratta di adempimenti procedurali distinti e che devono mantenere l’autonomia ed identità a ciascuno attribuita dal codice di rito, proprio perché al loro compimento sono connesse preclusioni e decadenze.

La riforma scinde invece temporalmente la fase predibattimentale da quella del dibattimento, inserendo la valutazione delle questioni preliminari nell’udienza camerale.

Nel dettaglio, il terzo comma dell’art. 554-bis conferma la rigidità di tale scansione, stabilendo in termini inequivoci che le questioni aventi natura preliminare sono precluse se non proposte subito dopo compiuto – per la prima volta – l’accertamento della costituzione delle parti in giudizio e non possono essere riproposte in sede dibattimentale.

A fortiori può, dunque, ragionevolmente sostenersi che la proposizione delle dette questioni in un momento successivo è tardiva.

Del resto, la ratio della preclusione è in linea con un processo costruito come sequenza ordinata di atti, che la riforma ha particolarmente enfatizzato, nella prospettiva efficientista e deflattiva che la ispira, posto che l’accoglimento delle dette questioni, data la loro natura, potrebbe essere ostativo alla ulteriore prosecuzione del giudizio ovvero alla sua prosecuzione di esso nella medesima composizione soggettiva (ad esempio per effetto dell’accoglimento di una questione di competenza), ossia innanzi allo stesso giudice e con le stesse parti.

La necessaria tempestività della prospettazione – cui corrisponde la immediatezza della risposta giudiziale, ossia della loro decisione, positivizzata dal terzo comma dell’art. 544-bis cod. proc. pen. – implica che il termine preclusivo non possa essere superato neanche se i presupposti per proporre la questione siano emersi in momento successivo; ma lo sbarramento temporale è congegnato in termini di maggiore flessibilità per le questioni contemplate dal secondo comma dell’art. 491 cod. proc. pen., le quali possono essere sollevate anche nel corso del dibattimento, quando solo in questa fase sia sorta la possibilità di proporle. Tali questioni vanno decise all’esito di una discussione contenuta nei limiti di tempo strettamente necessari alla loro illustrazione, con unica ordinanza motivata che non è autonomamente impugnabile, ma può essere censurata unitamente alla sentenza conclusiva del grado di giudizio, come tutte le ordinanze che intervengano nel corso del giudizio, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen.

Con riferimento alla competenza per territorio, va ricordato che, in attuazione dell’art. 1, comma 13, lett. n) della legge delega, è stato configurato un meccanismo incidentale di rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, regolato dagli artt. 24-bis e 25 cod. proc. pen., ispirato alle medesime istanze di efficienza e di ragionevole durata, posto che il riconoscimento, avvenuto solo in cassazione, della fondatezza della questione di competenza, pur tempestivamente eccepita, potrebbe travolgere l’intero giudizio, con inutile dispendio di risorse.

Nel fare rinvio alla più diffusa trattazione del predetto meccanismo di rinvio pregiudiziale, di cui al capitolo 16, pare solo opportuno ricordare, in questa sede, che la decisione assunta all’esito dalla Corte ha carattere vincolante nell’ambito del processo e che la mancata attivazione dell’incidente diretto ad investire il Giudice di legittimità, dalla parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio, preclude alla stessa parte la possibilità di riproporre l’eccezione nel corso del procedimento. Ancora, sempre in limine è attribuito al giudice dell’udienza filtro il compito di verificare se il querelante – ove sia presente - sia disposto a rimettere la querela e, specularmente, se il querelato sia disposto ad accettare la remissione, in vista di una pronuncia estintiva del reato.

All’interno di un sistema processuale che incentiva, in ogni momento, il ricorso alla restorative justice allo scopo di disinnescare il conflitto sociale innescato dal reato, anche attraverso percorsi paralleli al giudizio, finalizzati alla riduzione o sospensione dell’eventuale pena, l’istituto impegna seriamente la capacità di mediazione del giudice ad un tentativo di natura conciliativa di antica tradizione; e non sembra che travalichi le proprie attribuzioni il giudice dell’udienza filtro che, nel registrare la impraticabilità della remissione, suggerisca alla parti l’intrapresa di programmi di giustizia riparativa.


3.4 Il controllo del giudice sulla imputazione

L’art. 554-bis cod. proc. pen. attribuisce al giudice dell’udienza predibattimentale una penetrante funzione di controllo sull’atto imputativo - sotto il duplice profilo, indicato nei criteri di delega, della esaustività descrittiva del fatto e della esattezza della definizione giuridica – al fine di promuovere il necessario adeguamento del suo contenuto.

Tale controllo si articola in due momenti: Il quinto comma considera le cause di nullità della contestazione in relazione al disposto dell’art. 552, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., il quale richiede che nel decreto siano enunciati, in forma chiara e precisa, il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con indicazione degli articoli di legge che si assumono violati. Il tema attiene, anzitutto, al piano delle garanzie difensive, posto che il diritto dell’imputato alla conoscenza del contenuto degli addebiti costituisce uno dei formanti del processo giusto, ex art. 111 Cost. e 6, comma 3, lett. a) CEDU, in forza del quale “ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico”, e la sua osservanza è condizione per una efficace difesa.

L’interpretazione della norma in analisi non può prescindere dalla giurisprudenza assolutamente pacifica della Corte di cassazione, per la quale integrano nullità la genericità ed il difetto di determinatezza negli elementi descrittivi del fatto, inteso essenzialmente nella sua dimensione storiconaturalistica, se ed in quanto comportino una compressione delle prerogative difensive, mentre l’erronea indicazione dei soli riferimenti normativi (articoli di legge) non è suscettiva di produrre effetti invalidanti313.

Come noto, l’insufficienza descrittiva configurava nel sistema ante riforma un’ipotesi di nullità relativa, riconducibile all’alveo dell’art. 181, comma 3, cod. proc. pen., e, in quanto tale, soggetta al limite temporale di deducibilità di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen. (previsto a pena di decadenza), e non suscettibile di rilievo d’ufficio314.

Nei procedimenti non provenienti da udienza preliminare, il rilievo del vizio comportava la restituzione degli atti al pubblico ministero perché provvedesse ad emendarlo. La novella ha in parte disarticolato tale impostazione atteso che, fermo restando la qualificazione in termini di nullità relativa del vizio, il giudice della udienza filtro che abbia rilevato una causa di nullità, nei termini detti, anche a prescindere dalla iniziativa delle parti, è tenuto, in ordine sequenziale a: 1) invitare il pubblico ministero alla riformulazione della contestazione; 2) ove lo stesso non vi provveda, dichiarare, con ordinanza, la nullità e disporre la restituzione degli atti al titolare dell’azione penale.

La modifica tiene conto delle coordinate ermeneutiche tracciate dalle Sezioni Unite n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, “Battistella”, Rv 238239-01, 238240- 01, le quali, muovendo dalle medesime istanze garantistiche e dalla constatazione che, nei procedimenti per i quali è prevista l’udienza preliminare, non era prevista alcuna nullità per la mancata, generica o insufficiente enunciazione del fatto, pervennero alla conclusione che i rimedi per ovviare a tali inconvenienti dovessero essere sperimentati all’interno della fase dell’udienza preliminare, facendo ricorso al meccanismo di costante adeguamento dell’imputazione alle risultanze investigative previsto dall’art. 423 cod. proc. pen.; e che solo quando ciò non fosse possibile, il procedimento dovesse regredire alla fase delle indagini preliminari, al fine di consentire al titolare dell’azione penale di apportare le necessarie modifiche ed integrazioni.

Dunque, in simmetria con questa modalità di interazione tra giudice e pubblico ministero tipica della udienza preliminare, in ragione dell’innesto, nel procedimento a citazione diretta, di una udienza filtro, che con quella preliminare ha molteplici assonanze, la norma attuativa della delega ha ricostruito all’interno di essa un analogo momento di verifica, con affidamento al giudice di analoghi poteri di impulso.

Sono poteri che presuppongono, ancora una volta, una previa interazione con le parti, che la norma prescrive siano sentite, anche perché il confronto dialettico potrebbe rivelarsi, ai detti fini, estremamente proficuo.

Un ulteriore momento di verifica è quello previsto dal successivo sesto comma ed è finalizzato a che il fatto, la definizione giuridica, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, siano indicati in termini “corrispondenti a quanto emerge dagli atti”. Ove l’aderenza della contestazione alle risultanze investigative non vi sia, si attiva la medesima scansione di cui al quinto comma, prevedendo la norma, nell’ordine, che il giudice: 1) inviti il pubblico ministero ad apportare le necessarie modifiche; 2) ove l’organo di accusa non ottemperi, disponga la restituzione degli atti. In tale frangente l’impulso al pubblico ministero tende soprattutto a scongiurare che si giunga ad una pronuncia restitutoria in sede di decisione ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen., con evidenti diseconomie di tempi e risorse, ma anche che alla modifica si pervenga in una fase avanzata dell’istruttoria, con possibile allungamento dei tempi processuali, per la necessità di consentire all’imputato la richiesta di nuove prove ovvero uno spatium deliberandi per valutare la opportunità di accedere a riti alternativi 315.

L’aspetto differenziale, rispetto alla scansione di cui al quinto comma, sta nel fatto che, all’imputato fisicamente non presente, è dovuta notifica dell’imputazione modificata, con diritto ad un termine dilatorio non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza.

Da rilevare che il difetto della qualificazione giuridica non era, nel previgente sistema, ascrivibile all’ambito delle nullità della contestazione; il riferimento alla adeguatezza della definizione giuridica, ora introdotto, risente all’evidenza della riflessione giurisprudenziale di questi anni - per vero giunta ad approdi non sempre univoci - a proposito del diritto dell’imputato ad essere tempestivamente e dettagliatamente informato non solo dei fatti materiali posti a suo carico, ma anche della qualificazione giuridica ad essi attribuita, diritto che, come noto, ha matrice sovranazionale, avendo trovato consacrazione in Corte EDU, sent. 11/12/2007, Drassich c. Italia 316.

Tanto premesso, si è posta in risalto in dottrina, nei commenti a prima lettura, la distonia del mancato riconoscimento all’imputato, in entrambe le ipotesi contemplate - di riformulazione e di modifica della imputazione - di un termine a difesa in favore dell’imputato presente, a differenza di quanto avviene per le modifiche dell’imputazione ai sensi dell’art. 519 cod. proc. pen.317

Il comma 7 dell’art. 554-bis disciplina invece le ipotesi di inosservanza, conseguente alla modifica dell’imputazione, dei criteri di attribuzione degli affari al giudice monocratico o collegiale, ovvero delle norme sulla celebrazione dell’udienza preliminare, essendo ivi stabilito che il termine di decadenza per il rilievo d’ufficio della inosservanza, o per la formulazione della relativa eccezione, è in tal caso assai stringente (“immediatamente dopo” la contestazione, ovvero nell’udienza di rinvio fissata per la notifica del verbale all’imputato non presente).


4. L’epilogo dell’udienza predibattimentale: i provvedimenti decisori.

4.1. La sentenza di non luogo a procedere.

L’essenza dell’udienza predibattimentale si coglie nei suoi possibili esiti decisori, descritti nell’art. 544-ter cod. proc. pen. Il primo esito, ricalcato sul modello della sentenza conclusiva dell’udienza preliminare, è la sentenza di non luogo a procedere. Rinviando alla più diffusa trattazione sull’udienza preliminare318, pare opportuno in questa sede evidenziare le peculiarità di tale provvedimento decisorio in rapporto al segmento processuale in cui si inserisce.

Nella prima delle due ipotesi contemplate dall’art. 554-ter, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando rileva - sulla base di una piattaforma cognitiva completa, posto che allo stesso vanno trasmessi gli atti nella loro integralità, ai sensi dell’art. 553 cod. proc. pen. - la ricorrenza delle ipotesi proscioglitive riconducibili, nella sostanza, a quelle di cui all’art. 129 cod. proc. pen. Tra le cause di non punibilità rientra certamente la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen.

La Relazione illustrativa richiama, al riguardo, una pronuncia della Corte319 che non ha ravvisato incompatibilità tra l’applicazione della particolare tenuità e la sentenza di non luogo a procedere, in quel caso resa in udienza preliminare ai sensi dell'art. 425 cod. proc. pen., evidenziando come tale disposizione processuale consenta di emettere pronuncia di non doversi procedere anche quando l'imputato sia persona "non punibile per qualsiasi causa".

Parimenti, è possibile rilevare con sentenza di non luogo a procedere l’estinzione del reato per condotte riparatorie, a norma dell’art. 162-ter cod. pen.

È verosimile - ed auspicabile, in ottica deflattiva - che l’una e l’altra causa di non punibilità possano trovare una più ampia latitudine applicativa rispetto al passato in ragione, rispettivamente, dell’ampliamento dei parametri valutativi della particolare tenuità e, sotto altro profilo, della estensione del catalogo dei reati procedibili a querela di parte.

È espressamente preclusa, invece, la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere qualora dal proscioglimento potrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca, e dunque non sarà consentito il ricorso a tale istituto quando il soggetto, non imputabile, sia persona socialmente pericolosa.

La seconda tipologia di sentenza di non luogo a procedere contemplata dalla norma trova il suo presupposto nella condizione per cui “gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna” ed è a tale inedita regola di giudizio che in modo particolare è affidata la funzione selettiva della udienza predibattimentale320.

Si tratta della medesima regola juris prevista per l’archiviazione, ai sensi dell’art. 408 cod. proc. pen. e, per l’udienza preliminare, ai sensi dell’art. 425, comma 3, cod. proc. pen., la quale implica in buona sostanza, sempre un giudizio prognostico di tipo negativo sulla sostenibilità dell’accusa ma a maglie decisamente più strette che in passato, rectius, un giudizio sulla utilità del giudizio in una prospettiva di condanna321.

90'Si è osservato, nella ridetta Circolare ministeriale, come lo “standard di adeguatezza richiesto al compendio posto a sostegno dell’azione penale sia stato significativamente elevato e che, pertanto, l’esame sull’attitudine del materiale d’indagine a sostenere una pronuncia di condanna – seppur sempre compiuto in termini prognostici- debba essere particolarmente penetrante. In altri termini, la scelta espressiva compiuta dal legislatore sottolinea che la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento (come specularmente l’emissione del decreto che dispone il giudizio ex art. 429 c.p.p.) non si radichi più sulla semplice meritevolezza della verifica dell’ipotesi accusatoria nel contraddittorio tra le parti, bensì su una necessità di attivare il processo in senso stretto solo nei casi in cui il suo esito appaia ragionevolmente orientato verso una conferma di quella ipotesi d’accusa. Dunque, viene valorizzata ulteriormente la tutela di quello che illustre dottrina processualistica definiva “diritto al non processo”.

Da evidenziare che le parti – non solo quelle la cui partecipazione è prevista come necessaria alla udienza camerale, ossia il pubblico ministero e il difensore dell’imputato, ma anche il difensore della persona offesa, se presente – potranno significativamente incidere sul giudizio proiettivo di sostenibilità o meno dell’accusa e di particolare utilità a tal fine saranno i contributi cognitivi ed argomentativi arrecati da ciascuna.

Per il resto, la norma rimanda alle disposizioni codicistiche di cui agli artt. 426 (sui requisiti formali della sentenza, che dovrà essere connotata da una sommaria esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui fonda la decisione) e 427 (sul regolamento delle spese nei confronti del querelante), già dettate per l’udienza preliminare, e di cui all’art. 425, comma 2, il quale legittima l’applicazione delle circostanze generiche e la loro comparazione ai fini dell’adozione della sentenza di non luogo a procedere. In dottrina, nei commenti a prima lettura, si è posta in evidenza quella che viene definita una “non ragionevole asimmetria”322: la nuova regola juris non consente il controllo del giudice sull’eventuale inazione del pubblico ministero, il quale costituisce presidio dell’effettività del principio di obbligatorietà dell’azione penale, di cui all’art. 112 Cost.; e ciò in quanto non è consentito allo stesso giudice di dare impulso a nuove investigazioni.


4.2 L’accesso ai riti premiali

In alternativa alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, in sede di udienza filtro potrà essere richiesta la definizione del procedimento con uno dei riti premiali - abbreviato, patteggiamento, sospensione del procedimento con messa alla prova – resi più appetibili dalla riforma323, e potrà essere presentata domanda di oblazione.

Tali opzioni poltranno essere utilmente espresse entro il limite, previsto a pena di decadenza, della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere. Entro il medesimo termine, imputato e pubblico ministero potranno concordare l’applicazione di una delle pene sostitutive di cui all'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 324 quale esito sanzionatorio del giudizio con rito alternativo.

In tal caso, si innesta un subprocedimento, ove non sia possibile decidere immediatamente, con rinvio ad udienza successiva per la convocazione delle parti ed il possibile coinvolgimento dell’ufficio di esecuzione penale esterna competente.


4.3 La fissazione della udienza dibattimentale

Altro possibile esito dell’udienza predibattimentale è la fissazione del giudizio. Un epilogo che sembrerebbe residuale, per come configurato, presupponendo che non sia stato possibile pervenire alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere, né alla definizione con rito alternativo.

In tale evenienza, previa restituzione del fascicolo al pubblico ministero ai sensi dell’art. 554-ter cod. proc. pen. il giudizio proseguirà innanzi a diversa persona fisica di magistrato, ciò che renderà necessario, come supra evidenziato, una rimodulata architettura dell’organizzazione.

Pochissime le ulteriori modifiche sul tessuto codicistico, che si sostanziano anzitutto nella previsione di un più ridotto termine a comparire (pari a venti giorni), corrispondente a quello per il dibattimento che provenga da udienza preliminare.

Nella pendenza del detto termine potrà essere adottata la sentenza di proscioglimento ex art. 469 cod. proc. pen. la quale accerti, previa audizione delle parti ed a condizione che le stesse non si oppongano, che l’azione penale non avrebbe dovuto essere iniziata o non deve essere proseguita, o che è intervenuta una causa estintiva del reato. Nei termini e nel rispetto delle ulteriori previsioni di cui all’art. 468 cod. proc. pen. andranno depositate le liste dei testimoni e consulenti tecnici.


5. L’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere.

L’art. 554-quater cod. proc. pen. racchiude la disciplina regolativa dei rimedi impugnatori avverso la sentenza di non luogo a procedere, che ricalca pedissequamente lo schema della impugnazione della sentenza di non luogo a procedere di cui all’art. 428 cod. proc. pen.

La norma individua anzitutto i soggetti legittimati ad impugnare la pronuncia innanzi alla corte di appello, ossia: a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale nei casi di cui all’articolo 593-bis, comma 2, cod. proc. pen. (vale a dire, in caso di avocazione o in caso di acquiescenza da parte del Procuratore della Repubblica); b) l’imputato, al fine di ottenere una formula più favorevole di proscioglimento (salvo il caso in cui la sentenza abbia dichiarato che il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso); c) la persona offesa (limitatamente ai casi di nullità relativi alla sua citazione in giudizio, previsti dall’art. 552, comma 3, cod. proc. pen.). In caso di accoglimento dell’appello del pubblico ministero, la Corte di appello fisserà la data per l’udienza dibattimentale davanti ad un giudice, purchè diverso da quello che ha pronunciato la sentenza, secondo i tipici meccanismi del giudizio rescindente. In caso di appello della persona offesa, si può ritenere, pur in assenza di specifica previsione sul punto, che, ove sia stata omessa la notificazione a detta parte dell’avviso di udienza predibattimentale, la corte debba rilevare la nullità della procedura e, per il principio di derivazione di cui all’art. 185 cod. proc. pen., del suo epilogo, disponendo la trasmissione degli atti al giudice dell’udienza predibattimentale. In relazione all’omologo istituto di cui all’art. 428 cod. proc. pen., Sez. 6, n. 50384 del 25/11/2014, C., Rv. 261374, era pervenuta ad analoga conclusione, evidenziando come l’omessa notifica dell'avviso dell'udienza preliminare alla persona offesa sia causa di nullità della procedura, ai sensi dell'art. 419, commi 1 e 7, cod. proc. pen., e, per l'effetto, anche dell'eventuale sentenza di non luogo a procedere, perché detta nullità, a differenza dell'ordinario regime delle nullità relative delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, non è sanata se non eccepita prima della conclusione dell'udienza stessa. Di contro, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato, la Corte di appello, laddove non confermi la sentenza, potrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all’imputato.

La pronuncia della Corte di appello è ricorribile per cassazione con procedura ex art. 611 cod. proc. pen. solo dall’imputato e dal procuratore generale per i motivi di cui alle lett. a), b) e c) dell’art. 606, comma 1, dunque non per vizi di mancanza, contraddittorietà o illogicità del tessuto motivazionale del provvedimento.

Da ultimo, la disciplina viene raccordata ai limiti in tema di appellabilità stabiliti dall’art. 23, lett. m) del d.lgs. n. 150 a modifica dell’art. 428 cod. proc. pen., in attuazione di quanto richiesto dall’art. 1, comma 13, lettera f) della legge delega, con la conseguente, prevista inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere relative a reati - quindi non solo contravvenzioni, ma anche delitti - puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.

Al proposito, l’art. 5-septies della legge 30 dicembre 2022 n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i reati cosiddetti ostativi nonché in materia di obblighi di vaccinazione anti COVID-19 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali, all’art. 5-septies, ha introdotto il nuovo art. 88-ter d. lgs. n. 150 del 2022, che detta la disciplina transitoria sulle nuove disposizioni circa l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento e di non luogo a procedere per reati puniti con pena pecuniaria ovvero alternativa.

Recependo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità325 e, in applicazione del principio del tempus regit actum, si è previsto che le disposizioni di cui all'articolo 23, comma 1, lettera m), si applicano alle sole sentenze di non luogo a procedere emesse dopo la data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo (differita al 30 dicembre 2022 ex art. 6 d.l. n. 162 del 2022).


6. La revoca della sentenza di non luogo a procedere

Anche la revoca della sentenza di non luogo a procedere, disciplinata dall’art. 554-quinquies cod. proc. pen., è ricalcata sulla revoca della sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare.

Il presupposto normativo per far luogo alla revoca è costituito dalla emersione di nuove fonti di prova, siano esse sopravvenute o scoperte ex post, per cui deve farsi rinvio al suo omologo, previsto dall’art. 434 cod. proc. pen. costituito dalla sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice per l’udienza preliminare. Per consolidato indirizzo, anche in tal caso, i nova devono essere connotati dal requisito della "casualità" rispetto alle precedenti acquisizioni, così come sancio da Sez. U, n. 8 del 23/02/2000, Romeo, Rv. 215412326; devono, cioè, essere stati acquisiti "aliunde" nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o provenire da altri procedimenti, ovvero essere stati reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non devono essere il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi.

In coerenza con la mutata regola di giudizio che governa la sentenza di non luogo a procedere, è condizione per la revoca di essa che le « nuove fonti di prova » da sole o unitamente a quelle già acquisite possano determinare « l’utile svolgimento del giudizio » e non invece, come previsto dal previgente testo dell’art. 434 cod. proc. pen., la mera possibilità del rinvio a giudizio.

Il procedimento si articola in due fasi: se la richiesta del pubblico ministero non è valutata inammissibile – sulla scorta degli atti relativi alle nuove fonti di prova, che il pubblico ministero è tenuto a trasmettere al giudice - viene fissata udienza in camera di consiglio ex art. 127 cod. proc. pen. così da instaurare il contraddittorio nei confronti di tutte le parti (imputato, difensore, persona offesa e altre parti costituite).

Ove il giudice si determini per la revoca, ai sensi del comma 4 dell’art. 554- quinquies, verrà disposta la prosecuzione del giudizio direttamente dinanzi al giudice del dibattimento, senza che vi sia alcuna possibilità di autorizzare la riapertura delle indagini, e ciò si spiega col fatto che la pronuncia interviene in un momento in cui era già stata esercitata l’azione penale e non è possibile disporne la regressione.

Nel giudizio conseguente, eventuali istanze di definizione del procedimento con riti alternativi potranno essere proposte, a pena di decadenza, prima che sia dichiarato aperto il dibattimento.

A norma dell’ultimo comma dell’art. 554-quinquies, che opera rinvio all’art. 437 cod. proc. pen., il pubblico ministero può ricorrere avverso l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca, esclusivamente per i motivi indicati dall’art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e), sicché non possono essere prospettate, con il ricorso, violazioni della legge processuale.

Va rilevato come manchi, nell’articolato di nuova introduzione, un meccanismo similare a quello previsto per l’udienza predibattimentale dall’art. 554-bis, comma 6, che permetta di adattare la contestazione alle nuove emergenze fattuali, così da renderla ad esse corrispondente, sebbene, una volta mutata la fisionomia del fatto, nella sua dimensione storico-naturalistica, anche se solo in relazione agli elementi circostanziali, potrebbe rendersi necessaria una modifica di contenuto degli addebiti. In dottrina327 si è proposto di colmare la lacuna in via interpretativa, secondo lo schema indicato dalle Sezioni Unite Battistella, n. 5307 del 2007, cit., valorizzando i poteri di controllo sull’atto imputativo già riconosciuti da quell’approdo nomofilattico al giudice della udienza preliminare e per identità di ratio, riferibili anche al giudice investito della richiesta di revoca.


7. Il giudizio immediato nel procedimento a citazione diretta

L’art. 558-bis cod. proc pen. consente di esercitare l’azione penale con decreto di giudizio immediato anche per i reati a citazione diretta.

La norma rinvia alle disposizioni del titolo IV del libro VI del codice di rito, che ritiene applicabili con la consueta clausola di compatibilità.

La modifica normativa tiene conto della nuova articolazione del giudizio a citazione diretta nelle due fasi del predibattimento e dibattimento e risulta coerente con la previsione di una udienza filtro che riproduce il meccanismo dell’udienza preliminare.

Il fondamento giustificativo implicito del giudizio immediato - cui è sottesa una istanza acceleratoria icasticamente rappresentata dalla sua stessa denominazione - è l’udienza preliminare: esso si atteggia come strumento di accesso rapido al dibattimento, essendo peraltro ultroneo un vaglio preliminare in presenza del presupposto dell’evidenza probatoria, ossia di uno standard dimostrativo particolarmente qualificato.

Su tali presupposti, negli anni passati plurimi arresti della giurisprudenza di legittimità hanno affermato che l'instaurazione del giudizio immediato per reati per i quali l'esercizio dell'azione penale sarebbe dovuta avvenire con citazione diretta determina una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell'art.178, comma 1, lett. c), e 180 cod. proc. pen., che trova la sua ragione nella violazione del diritto di difesa (conseguente alla mancata ricezione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis cod. proc. pen.), benchè suscettibile di sanatoria ove non ricorresse un concreto vulnus alle prerogative della difesa328.

A fronte di un tale quadro ricostruttivo - come risulta chiaramente spiegato nella Relazione illustrativa – l’introduzione, per effetto della “riforma Cartabia”, dell’udienza predibattimentale, la quale, al pari dell’udienza preliminare, ha tra i suoi scopi precipui quello di vagliare la sostenibilità dell’accusa, ha indotto a ritenere superate le ragioni ostative alla ammissibilità del giudizio immediato per i reati a citazione diretta. Peraltro, non pare improprio osservare che l’ampliamento delle ipotesi di reato a citazione diretta comporta — in ragione dei più elevati limiti edittali — la possibilità che per tali reati siano applicate misure custodiali, con il conseguente interesse da parte dell’indagato che vi sia sottoposto a vedere rapidamente definita la vicenda processuale. Da ultimo, il rinvio alle disposizioni proprie del rito immediato induce a ritenere che, ai fini dell’accesso al rito, sia comunque necessario il vaglio del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta, in funzione di controllo delle iniziative assunte dal pubblico ministero in rapporto ai presupposti legittimanti tale giudizio.


 

Note:

305

L’udienza filtro è stata valutata uno snodo cruciale per il successo dell'impresa riformatrice, unitamente all’udienza preliminare, da G. CANZIO, Il modello "Cartabia": una riforma di sistema tra rito e organizzazione, GAD, 42/2022, che così ne descrive l’essenza: “ A tale udienza è demandata, oltre l'esercizio di poteri di controllo sulla legalità delle indagini e sulla chiarezza e precisione delle imputazioni, la funzione strategica di temperare l'incontrollato dispiegarsi dell'obbligatorietà dell'azione penale, precludendo l'accesso ai processi inutili e superflui secondo il più rigoroso criterio prognostico di condanna dell'imputato, così da sollecitarne il ricorso ai riti alternativi”. Da altri si è posto in luce come “L’udienza filtro, introdotta in funzione decongestionante del sistema e plasmata in chiave puramente processuale, avulsa dal merito proprio per manifestare una netta presa di posizione in favore del processo penale accusatorio, sembra ormai proiettata, per cadenze e valutazioni, verso l’udienza dibattimentale”, A. GAITO - R. LANDI, L’altare e le (forse inevitabili) vittime. Osservazioni sul processo penale à la Cartabia, Arch. Pen., 2, 2022

306

M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto: guida alla lettura della riforma Cartabia, in Sistema Penale, 2022.


308

Per le quali si rimanda alla Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione del 7 novembre 2022, in cui sono diffusamente affrontate.

309

Si veda il capitolo 10, relativo al giudizio dibattimentale.

310

In tal senso v. Sez. 2, n. 24633 del 17/07/2020, Bonculescu, Rv. 279668; Sez. 4, n. 27027 del 27/04/2015, Cernat, Rv. 263867.

311

Già trattato in questo volume nel capitolo 7 relativo ai soggetti processuali, cui si rinvia, anche per le questioni di diritto intertemporale.

312

v. Sez. 3, n. 44442 del 03/10/2013, Di Popolo, Rv. 257529; Sez. 5, n. 38982 del 16/07/2013, Zoccali, Rv. 257763; Sez. 6, n. 10958 del 24/02/2015, L., Rv. 262988; Sez. 6, n. 16394 del 20/02/2018, Z., Rv. 272984; Sez. 5, n. 31974 del 13/03/2019, Burani, Rv. 277248, la quale ha tuttavia ritenuto eccettuato il caso in cui venisse disposto rinvio per l’esigenza di regolarizzare il contraddittorio, in quanto attività, questa, in ordine logico e cronologico antecedente ad ogni altra, ed in quanto il rilievo della nullità della notifica determina la regressione del procedimento al momento in cui è stato posto in essere l’atto nullo.

313

In tal senso v. Sez. 5, n. 16993 del 02/03/2020, Latini, Rv. 279090; Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 258920; Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013, Nappello, Rv. 255772.

314

In tal senso v. Sez. 3, n. 19649 del 27/02/2019, S., Rv. 275749; Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910.

315

Su cui vedi supra, al cap. 10, relativo al giudizio dibattimentale.

316

Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436, la quale ha ritenuto sussistere una violazione irrimediabile del diritto di difesa nel caso in cui sia ritenuta in sentenza l'ipotesi aggravata del reato di falso in atto pubblico, ex art. 476, comma secondo, cod. pen., non adeguatamente e correttamente esplicitata nella contestazione, considerato che, anche alla luce dei vincoli posti dalla giurisprudenza della Corte EDU (sent. Drassich c. Italia, 11 dicembre 2007), è diritto dell'imputato essere informato tempestivamente e dettagliatamente tanto dei fatti materiali posti a suo carico, quanto della qualificazione giuridica ad essi attribuiti: nello stesso senso Sez. 5, n. 30435 del 18/04/2018, Trombetta, Rv. 273807.

317

In tal senso, A. NATALE, La riforma del sistema penale, a cura di A. BASSI, C. PARODI, 2022, 221 e ss. ha osservato che “…si renderà necessaria una accurata riflessione sotto il profilo della ragionevolezza del diverso regime che si ha in caso di modifiche dell’imputazione ex art. 519 c.p.p. e di modifiche dell’imputazione ex art. 554-bis, comma 6, c.p.p.: se in udienza pre-dibattimentale è escluso che il termine a difesa possa rivelarsi funzionale alla richiesta di nuove prove, è però certo che esso potrebbe essere funzionale per ragionate riflessioni dell’imputato sull’opportunità o meno di avanzare richiesta di definizione del procedimento con riti alternativi”.

318

V. segnatamente, sub cap.7.

319

Sez. 5, n. 21409 del 11/02/2016, Flammini, Rv. 267145.

320

Nel rinviare alla più diffusa trattazione contenuta nei capitoli precedenti (cap. 6, par. 6. e cap.7), basti qui evidenziare come si sia transitati “da una regola di giudizio che imponeva una valutazione sulla attitudine degli elementi acquisiti al fascicolo delle indagini a reggere o meno l’enunciato accusatorio in dibattimento, ad un nuovo parametro, che richiede un calcolo di immediata pronosticabilità dell’esito contra reum del giudizio” C. SANTORIELLO Le nuove regole di giudizio della Riforma Cartabia, tra una positiva sinergia e una possibile eterogenesi dei fini, Arch. Pen., 2022.

322

A. NATALE, in op. cit.

323

V, in questo volume il capitolo sulle indagini preliminari.

324

Per le quali si rinvia alla più diffusa trattazione di cui alla Sez. 2, Cap. 1.

325

V. Sez. 4, n. 7982 del 11/02/2021, Rv. 280599-01, Sez. 3, n. 843 del 15/11/2019, Rv. 277440-01, pronunce riguardanti le modifiche apportate alle impugnazioni dalla legge 23 giugno 2017, n. 103. Contrariamente, afferma il principio per cui, ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni – laddove non vi sia una disciplina transitoria – dovrà tenersi conto della norma vigente al momento dell'emissione del provvedimento impugnato, Sez. U., n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537-01. Per una disamina approfondita del tema si rimanda alla Relazione su novità normativa n. 68/22, Ufficio del Massimario, a cura di A. NATALINI, pag. 31.

326

Di recente v. Sez. 5, n. 32547 del 27/10/2020, Di Ponzio, Rv. 279836 – 02.

327

V. sul punto A.NATALE, in op. cit.

328

V., Sez. 1, n. 41930 del 06/07/2016, Bono, Rv. 267799; Sez. 2, n. 25938 del 17/05/2018, G., Rv. 272938.



 

FONTE: Articolo tratto da "La riforma Cartabia: Relazione su novità normativa dell'Ufficio del Massimario - 2022"


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