top of page

Riforma Cartabia: Il processo in assenza




1. Principi e criteri direttivi della delega. La ratio della riforma.

La disciplina del processo in assenza introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 è ispirata all’esigenza di una complessiva rivisitazione e rimodulazione della normativa precedente al duplice scopo di rendere più efficiente il processo, evitando che la sua celebrazione sia vanificata dalla attivazione di rimedi per il caso in cui l’imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, ed a quello di adeguare la normativa interna alle indicazioni e ai principi elaborati dalla giurisprudenza europea, ed in particolare al riconoscimento in termini di diritto soggettivo della possibilità per l’imputato di essere presente nel processo che lo riguarda, ai fini dell’esercizio delle prerogative riconosciutegli dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo247.

Al fine di ovviare alle censure mosse dalla Corte EDU248, il legislatore italiano già nel 2005, con un primo parziale intervento, aveva provveduto a riformare l’art. 175 cod. proc. pen. riconoscendo all’imputato la possibilità di rimessione in termini per impugnare la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti, salva la prova che egli abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. Più radicale è stata la modifica introdotta dalla legge n. 67 del 2014, con la quale è stato abolito il processo in contumacia, prevedendo la sospensione del processo per il caso in cui l’imputato sia rimasto assente.

Tuttavia, il sistema di valutazione dell’assenza era imperniato su indici di conoscenza del processo che, ove interpretati come vere e proprie presunzioni, riproponevano le medesime dinamiche censurate dalla giurisprudenza europea.

Le Sezioni Unite, consapevoli della perdurante criticità del sistema, attraverso varie pronunce, hanno interpretato le disposizioni relative al processo in absentia introdotte nel 2014 in termini che fossero coerenti con le indicazioni provenienti dalla Corte EDU, riaffermando innanzitutto il principio per cui, affinché un processo svoltosi in assenza possa considerarsi conforme all’art. 6 della Convenzione EDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, è indispensabile che l’imputato ne abbia avuto conoscenza effettiva.

A tal fine si è ritenuto insufficiente che egli sia stato informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico, dal momento che la consapevolezza del processo è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium contenente l’indicazione dell’accusa formulata, nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio (Sez. U, n. 28912 del 28/2/2019, Innaro, Rv. 275716 - 01). Con la successiva sentenza Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420, le Sezioni unite hanno escluso che gli indici di conoscenza indicati dall’art. 420-bis cod. proc. pen. possano considerarsi come presunzioni, dal momento che una tale interpretazione «non potrebbe mai essere consentita perché in violazione delle disposizioni convenzionali quali interpretate dalla Corte EDU».

Recependo questi approdi della giurisprudenza di legittimità249, e al fine di adeguarsi alle indicazioni europee, ed in particolare alla direttiva (UE) 343/2016 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali), la legge 27 settembre 2021, n. 134 ha rimodellato i presupposti del processo in assenza ponendovi a fondamento, non più la conoscenza legale o presunta del processo da parte dell’imputato, bensì la sua conoscenza concreta ed effettiva, assicurata, a monte, attraverso un rinnovato sistema di notificazioni e a valle dal controllo che il giudice è chiamato ad effettuare in ordine alla reale consapevolezza dello svolgimento del processo.

Ed infatti, il criterio direttivo fondamentale, che permea tutta la riforma del cd. processo in assenza, è quello secondo il quale in tanto il processo può procedere pur in mancanza dell’imputato, in quanto vi sia la certezza che egli ne abbia effettiva conoscenza e che la sua mancata partecipazione ad esso sia frutto di scelta volontaria250.

Il legislatore delegato ha dato attuazione a tali direttive con l’art. 23 del d.lgs. n. 150 del 2022, attraverso una riscrittura, a tratti integrale, degli artt. da 419 a 420-sexies del codice di rito.

La modifica ha altresì riguardato il dibattimento, per l’ipotesi di giudizi nei quali non è prevista l’udienza preliminare (art. 484, comma 2-bis), il giudizio di appello, attraverso l’introduzione dell’art. 598-ter, la disciplina della restituzione nel termine per impugnare attraverso la modifica dell’art. 175, nonché la rescissione del giudicato (art. 629-bis). Per la disamina di tali ulteriori modifiche si fa rinvio ai capitoli ad esse relativi.


2. Le ipotesi in cui l’imputato è considerato presente

Nel nuovo sistema delineato dal d.lgs. n. 150 del 2022, la valutazione in ordine alla possibilità di procedere in assenza è ancora affidata al giudice dell’udienza preliminare, nel caso di procedimenti per i quali essa è prevista, ed anzi quell’udienza costituisce la sede propria e unica in cui tale accertamento deve essere effettuato, atteso che (come rilevato dalla Relazione illustrativa) è in tale momento che si incardina il rapporto processuale e deve essere valutata la piena consapevolezza dell’imputato in ordine alla celebrazione del processo, sicché non è necessario che tale valutazione sia poi rinnovata nelle fasi successive del giudizio, le quali costituiscono, nell’ottica della riforma, una mera prosecuzione del processo.

Diverso, naturalmente, è il caso in cui l’udienza preliminare manchi, spettando allora al giudice del dibattimento ogni accertamento.

L’art. 420, nel nuovo comma 2-bis, delinea il procedimento che il giudice è tenuto a svolgere e che si articola nella preliminare verifica della ritualità della notifica alla quale segue, solo nel caso in cui essa abbia avuto esito positivo, l’accertamento della conoscenza del processo da parte dell’imputato e dunque della sussistenza dei presupposti per poter procedere in sua assenza.

Nel sistema riformato, il primo accertamento riveste un ruolo particolarmente pregnante che si salda strettamente con le modifiche apportate dal medesimo d.lgs. n. 150 del 2022 al sistema delle notificazioni, e rivolte anch’esse ad assicurare la conoscenza reale e certa degli atti introduttivi del giudizio251.

Nel caso in cui le notificazioni siano regolari e l’imputato non sia presente, il comma 2-bis dell’art. 420 stabilisce che il giudice deve verificare se sussista un impedimento legittimo, ricorrendo alcuna delle condizioni indicate nel successivo art. 420-ter. Sul legittimo impedimento il legislatore delegato ha sostanzialmente confermato l’impianto normativo precedente, chiarendo soltanto che la verifica dell’impedimento rileva al fine della partecipazione dell’imputato non solo alla prima udienza, ma anche alle udienze successive.

Ha, inoltre, stabilito che nel caso in cui egli risulti legittimamente impedito e l’udienza sia rinviata, l’ordinanza che ciò dispone deve essere notificata all’imputato, mentre, per tutti i soggetti che sono presenti o che tali devono considerarsi, la lettura del provvedimento sostituisce gli avvisi. Il comma 2-ter dell’art. 420 definisce i casi in cui l’imputato si considera presente. Vengono innanzitutto ribadite le ipotesi tradizionali (in precedenza indicate nell’art. 420-bis, comma 3) per cui l’imputato si considera presente se: a) comparso in udienza, se ne allontana; b) non ricompare alle udienze successive.

A queste si aggiungono due ulteriori fattispecie: c) l’imputato richiede per iscritto, nelle forme di legge, di accedere ad un rito alternativo; d) è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale. Tale previsione costituisce attuazione del criterio indicato dall’art. 1, comma 7, lett. c) della legge delega, secondo il quale può procedersi in assenza quando vi sono elementi idonei a dare certezza che l’imputato era consapevole della pendenza di un processo nei suoi confronti e che la sua mancata partecipazione sia frutto di una scelta consapevole.

L’effettiva conoscenza è evidente non solo nei casi in cui l’imputato è comparso in udienza, anche se poi se ne è allontanato, ma anche nei casi sub c) e d). In tali ipotesi, infatti l’imputato è senz’altro informato della pendenza del processo, tanto che ha avanzato richiesta di essere ammesso ad un rito alternativo, ovvero ha nominato un procuratore speciale a tal fine, sicché la sua mancata partecipazione deve ritenersi il frutto di una decisione volontaria e consapevole.


3. L’assenza: presupposti, conseguenze, rimedi

La disciplina dell’assenza dell’imputato è collocata, dall’art. 23 d.lgs. n. 150 del 2022, nell’art. 420-bis cod. proc. pen. che viene pressoché integralmente riformulato, individuando le ipotesi in cui è possibile procedere benché egli non sia comparso in udienza. Tale disciplina ruota intorno a due elementi fondamentali: lo smantellamento di ogni forma di presunzione e del sistema di conoscenza legale, sostituito da quello di effettività; la centralità del giudice nella verifica in concreto della reale conoscenza del processo da parte dell’imputato.

Sotto il primo profilo, viene innanzitutto in rilievo la ridefinizione delle ipotesi rilevanti ai fini della celebrazione del processo in assenza, individuate in situazioni in cui può ritenersi certo che l’imputato abbia conoscenza del processo.

Tali sono: a) l’ipotesi in cui la citazione a comparire all’udienza sia stata notificata a mani dell’imputato.

In tal caso, avendo ricevuto egli stesso l’atto, ne ha senz’altro avuto contezza ed ha perciò acquisito consapevolezza che si svolgerà un processo nei suoi confronti; a.1) l’ipotesi in cui la citazione a comparire all’udienza sia stata notificata a mani di persona espressamente delegata dall’imputato al ritiro.

Anche in tal caso, la delega conferita dall’interessato ad un soggetto terzo, per ritirare la notifica, è espressione del fatto che l’imputato ha cognizione della pendenza di un processo a suo carico.

Tale ipotesi, tuttavia, benché equiparata alla precedente, potrebbe dare luogo a qualche perplessità. Innanzitutto, potrebbe porsi il problema di stabilire se sia sufficiente la consegna dell’atto a persona convivente o addetta alla casa.

La soluzione negativa sembrerebbe trovare conferma da un lato nel dato testuale della norma, che stabilisce che la delega al ritiro dell’atto deve essere espressa, con ciò intendendo che deve essere riferita proprio agli atti concernenti il processo; dall’altro nella ratio della riforma e nei criteri guida della delega, imperniati intorno al concetto della conoscenza effettiva che in tal caso non parrebbe salvaguardata.

Analoghe considerazioni potrebbero valere anche per il caso in cui l’imputato abbia eletto o dichiarato domicilio.

La notifica a mani del domiciliatario, a meno di una specifica delega in tal senso, non parrebbe idonea a conseguire quell’effetto di conoscenza reale che, nell’ottica della riforma, sola può consentire lo svolgimento del processo in assenza. b) l’espressa rinuncia dell’imputato a comparire all’udienza; b.1) in caso di legittimo impedimento, l’espressa rinuncia a farlo valere. In entrambi tali casi, viene in rilievo un comportamento dell’imputato che è di per sé chiara manifestazione della circostanza che egli è a conoscenza del processo pendente nei suoi confronti e in modo espresso rinuncia a comparire ovvero, avendo un impedimento ai sensi dell’art. 420-ter, opta per non farlo valere, in tal modo consentendo scientemente che il processo si svolga in sua assenza.

La volontarietà della rinuncia emerge dal tenore espresso della medesima, la quale pertanto non può essere implicita, né può essere desunta da comportamenti concludenti, essendo bandita in proposito – come si dirà subito infra – ogni forma di presunzione.

Oltre a tali ipotesi, in attuazione del criterio di cui alla lett. c) dell’art. 7 della legge delega, il d.lgs. n. 150 del 2022 ne ha introdotte di ulteriori all’espresso fine – secondo quanto si legge nella Relazione illustrativa – di adeguarsi alle previsioni della direttiva UE 343/2016. Stabilisce il novellato comma 2 dell’art. 420-bis che si procede in assenza: c) anche quando il giudice ritiene «altrimenti provato» che l’imputato ha conoscenza effettiva della pendenza del processo e che pertanto la sua assenza in udienza è dovuta ad una scelta consapevole.

La disposizione si riferisce a situazioni in cui, pur non essendovi stata una notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza a mani dell’imputato, tuttavia, ricorrono una molteplicità di elementi che inducono comunque il giudice a ritenere che egli abbia avuto cognizione del processo.

È questo uno degli snodi principali in cui il legislatore delegato dà attuazione al più volte richiamato criterio ispiratore della riforma, e cioè il superamento di ogni forma di presunzione di conoscenza. È infatti richiesta la prova, sia pure per vie diverse dalla notifica a mani dell’imputato o a persona delegata, della conoscenza effettiva e reale del processo, e in questa ottica vanno letti i successivi indici stabiliti dal legislatore.

In secondo luogo, e in conseguenza di quanto appena detto, viene attribuito al giudice il compito di operare in concreto e caso per caso tale valutazione.

A tal fine, l’art. 420-bis, comma 2, indica alcuni elementi che, come si è detto, lungi dal costituire delle presunzioni, sono indici meramente sintomatici e puramente esemplificativi della conoscenza del processo e che il giudice può valutare ai fini dell’accertamento che è chiamato ad operare. Tali indici consistono: i) nelle modalità della notifica; ii) negli atti compiuti dall’imputato prima dell’udienza; iii) nella nomina di un difensore di fiducia; iv) in ogni altra circostanza rilevante. Il giudice potrà perciò considerare il fatto che la notifica sia avvenuta a mani di persona convivente con l’imputato252, oppure verificare se questi, prima dell’udienza, abbia depositato una memoria a sua firma, ovvero se, in prossimità della stessa, abbia nominato un difensore di fiducia e se questo abbia accettato l’incarico253.

Potrà altresì considerare ogni altro elemento che egli ritenga rilevante, dal momento che – come sottolineato anche nella Relazione illustrativa ed evidenziato dal tenore letterale della disposizione – l’elencazione contenuta nel comma 2 è meramente esemplificativa, potendo il giudice trarre elementi di valutazione anche da altre circostanze.

In terzo luogo, l’art. 420-bis chiarisce in modo univoco qual è l’oggetto della conoscenza da accertare, e cioè la pendenza di un processo. In tal modo vengono superati i problemi connessi all’interpretazione della precedente normativa e che avevano visto la giurisprudenza di legittimità pervenire a conclusioni non sempre univoche.

A fronte di pronunce che avevano ritenuto elemento idoneo a legittimare la presunzione di conoscenza del processo l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio effettuata nel corso dell’identificazione da parte della polizia giudiziaria, prima ancora dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato (Sez. 4, n. 10238 del 03/03/2020, Ginevra, Rv. 278648 - 01), altre sentenze avevano precisato che la conoscenza è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium contenente l’indicazione dell’accusa formulata nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716 – 01). Il chiarimento introdotto nell’art. 420-bis, oltre a dissipare ogni dubbio, dovrebbe comportare un particolare rigore nella valutazione che il giudice deve operare degli indici sintomatici di conoscenza, potendo non essere più sufficiente, ad esempio, il compimento di atti che implicano al più la cognizione dell’avvio di un procedimento - come poteva essere, nel precedente sistema, l’arresto, o il fermo ovvero l’applicazione di una misura cautelare -, e non già la pendenza di un processo.

In ogni caso le valutazioni operate dal giudice dovranno essere espresse in apposita motivazione, nella quale egli darà conto degli elementi considerati e del percorso logico seguito per ritenere che l’imputato abbia avuto effettiva consapevolezza del processo. Si è osservato in proposito che proprio il rigore di tale valutazione, la quale dovrebbe essere ispirata al criterio dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”, è garanzia di effettività del nuovo sistema.254

La regola della necessaria conoscenza dello svolgimento del processo incontra due deroghe indicate nel comma 3 dell’art. 420-bis.

Questo consente che, anche in mancanza delle condizioni indicate nei commi precedenti, si proceda in assenza nei confronti dell’imputato latitante o che si sia volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo. In tali ipotesi, non vi è la certezza che egli sia consapevole dell’esistenza di un processo, e tuttavia il legislatore dispone che questo faccia comunque il suo corso. Tale deroga, la quale costituisce attuazione del criterio dettato dall’art. 1, comma 7, lett. f) della legge delega, è conforme alla direttiva 2016/343/UE che all’art. 8, par. 3, consente agli Stati membri di svolgere il processo in assenza quando l’imputato non può essere rintracciato «nonostante gli sforzi profusi». Tale previsione, peraltro, si coordina con la modifica della disciplina della latitanza operata dal d.lgs. n. 150 del 2022, e con la previsione che la sua dichiarazione sia sorretta da adeguata motivazione (art. 296, comma 2, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 13, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150 del 2022).

Ulteriore ipotesi di deroga è prevista nel caso di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo, la quale ricorre quando l’imputato, avendo avuto una qualche informazione in ordine al fatto che si svolgerà un processo nei suoi confronti, fa in modo di non ricevere alcuna comunicazione ufficiale, da parte degli organi a ciò preposti. In tal caso la deroga si giustifica in ragione della volontà dell’imputato non solo di sottrarsi al processo, ma prima ancora di ostacolarne lo svolgimento impedendo di esserne formalmente informato. Anche in tal caso spetta al giudice accertare se ricorrano i presupposti di tale ipotesi derogatoria e, in caso affermativo, darne conto con specifica motivazione.

L’art. 420-bis disciplina altresì l’ipotesi in cui manchino i presupposti per procedere in assenza dell’imputato previsti dai commi 1, 2 e 3, e dunque non si sia accertato che l’imputato era a conoscenza della pendenza del processo.

Il comma 5 prevede che in tal caso il giudice deve rinviare l’udienza e disporre che, a mezzo della polizia giudiziaria, siano notificati personalmente all’imputato la richiesta di rinvio a giudizio, l’avviso di fissazione dell’udienza e il verbale della medesima.

A tale adempimento il giudice è tenuto ogni qual volta egli si avveda della possibilità che manchino i presupposti per procedere in assenza.

Appare chiaro che tale disciplina è ancora una volta tesa a garantire che si realizzi la conoscenza del processo, attraverso un ulteriore tentativo di rintracciare l’imputato, questa volta operato con il più efficace ausilio della polizia giudiziaria, ovvero di appurare l’impossibilità di raggiungere tale scopo.

L’art. 420-bis predispone altresì dei rimedi “interni” all’udienza preliminare per le ipotesi in cui si sia proceduto in assenza pur in mancanza dei presupposti255.

Due sono le ipotesi che vengono in considerazione e differenti sono i rimedi per esse apprestati. Innanzitutto, è possibile che l’assenza sia stata correttamente dichiarata dal giudice e tuttavia l’imputato, prima della decisione, sia comparso in udienza. Ciò comporta che il giudice debba revocare, anche d’ufficio, l’ordinanza che ha dichiarato l’assenza e debba altresì rimettere l’imputato in termini per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto.

A tal fine, tuttavia, devono ricorrere le condizioni specificamente indicate dal comma 6 dell’art. 420-bis, che è onere dell’imputato provare.

Queste consistono:

a) nell’esistenza di caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento che gli abbiano impedito in modo assoluto di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e che è stato nella assoluta impossibilità di trasmettere tempestivamente la prova dell’impedimento, senza che sia ravvisabile una sua colpa;

b) nelle ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto “altrimenti provata” l’effettiva conoscenza del processo, ovvero nel caso di latitanza o di volontaria sottrazione, l’imputato deve fornire la prova di non aver avuto conoscenza del processo e di non essere stato in grado, senza sua colpa, di intervenire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto;

c) quando risulti comunque che non ricorrevano i presupposti per dichiarare l’assenza.

L’art. 420-bis contempla altresì un rimedio generale per l’ipotesi in cui il giudice si avveda che l’assenza sia stata erroneamente dichiarata.

In tal caso, egli revoca anche d’ufficio l’ordinanza che ha dichiarato l’assenza e provvede a norma del comma 5, rinviando l’udienza e disponendo che l’avviso di fissazione dell’udienza, la richiesta di rinvio a giudizio e il verbale dell’udienza siano notificati all’imputato a mezzo polizia giudiziaria.

Pur nel silenzio della norma, sembra doversi ritenere che anche in tal caso, come per l’ipotesi contemplata dal comma 6, l’imputato sarà restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto, senza che però gravi su di lui alcun onere, posto che la sua mancata comparizione in udienza non è derivata da una sua scelta volontaria, né l’assenza di consapevolezza del processo è dipesa da sua colpa.


4. La sentenza di non doversi procedere. Natura ed effetti

Del tutto inedita è la previsione contenuta nell’art. 420-quater totalmente riformulato dal legislatore delegato in attuazione dell’art. 1, comma 7, lett. e) della legge delega e con la quale viene disciplinata l’ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per procedere in assenza e le ulteriori ricerche dell’imputato disposte dal giudice abbiano dato esito negativo.

La soluzione della sospensione del processo prevista per tale eventualità dalla l. n. 67 del 2014, la quale lasciava in una sorta di limbo tutti i processi nei quali non era possibile procedere in assenza, viene sostituita dall’art. 23 del d.lgs. n. 150 del 2022 con la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato.

Attraverso tale previsione il legislatore ha perseguito sia lo scopo di deflazione, sia quello di recuperare efficienza al sistema dal momento che tale pronuncia definisce il procedimento, evitando che esso rimanga pendente e che il giudice ogni anno debba disporre nuove ricerche dell’imputato256.

Tuttavia, quella prevista dall’art. 420-quater costituisce una pronuncia sui generis le cui caratteristiche costituiscono un nodo problematico257.

Si tratta senz’altro di sentenza in rito, che prescinde da ogni accertamento di merito. La sua pronuncia prescinde, altresì, dalla verifica dell’esistenza dei presupposti per l’immediata declaratoria di cause di non punibilità, dal momento che il nuovo art. 420-quater non richiama l’art. 129 cod. proc. pen., in ciò discostandosi da quanto previsto dalla precedente formulazione dell’art. 420- quater, che invece stabilisce che l’ordinanza di sospensione del processo è emessa «sempre che non debba essere pronunciata sentenza a norma dell’art. 129».

Essa è inappellabile ed ha un’efficacia preclusiva limitata, in quanto destinata ad essere revocata, sia pure entro determinati limiti temporali indicati nella sentenza stessa, quando la persona nei cui confronti è stata emessa viene rintracciata (art. 420-sexies)258. La sua definitività è ancorata al decorso di un temine stabilito ad hoc dal legislatore ed individuato nel decorso del doppio dei termini di prescrizione previsti dall’art. 157 cod. pen., termine che può in concreto essere anche molto lungo e la cui previsione si giustifica al fine di evitare che l’interessato si sottragga maliziosamente allo svolgimento del processo.

Per tutto tale lasso di tempo, la pronuncia di tale sentenza determina la sospensione della prescrizione, secondo quanto dispone l’art. 159, ultimo comma, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022. L’incerta natura della sentenza ex art. 420-quater lascia altresì nel dubbio lo status assunto dalla persona nei cui confronti è pronunciata. Se è vero, infatti, che la Relazione illustrativa afferma che, poiché essa definisce il processo, il soggetto nei cui confronti è emessa «non è più imputato e il fascicolo va specificamente archiviato», tuttavia tale conclusione non sembrerebbe armonizzarsi con la previsione secondo la quale, durante il tempo delle ricerche, le misure cautelari custodiali non perdono efficacia (art. 420-quater, comma 7). Ancora, la sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo presenta un contenuto peculiare e inedito in quanto, se da un lato definisce il procedimento, sia pure nel modo particolare che si è detto, presentando perciò le caratteristiche di una sentenza, al contempo dispone la prosecuzione delle ricerche della persona nei cui confronti è pronunciata fissandone il termine, e contiene altresì la vocatio in iudicium della stessa259.

Tale pronuncia, infatti, reca tutta una serie di avvertimenti rivolti al soggetto prosciolto che hanno lo scopo di renderlo edotto che vi è un processo pendente a suo carico e che questo sarà riaperto, nonché quello di informarlo del giorno e del luogo in cui si svolgerà l’udienza di prosecuzione.

A tal fine l’art. 23, d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto un meccanismo automatico di fissazione dell’udienza, stabilendo che, nel caso in cui la persona sia rintracciata nel primo semestre dell’anno, essa è fissata il primo giorno non festivo del mese di settembre, mentre quando il rintraccio avvenga nel secondo semestre, l’udienza è fissata il primo giorno non festivo del mese di febbraio dell’anno successivo.

Correlativamente, per assicurare l’attuazione di tale disposizione, è stato introdotto l’art. 132-ter disp. att. cod. proc. pen. il quale stabilisce che i dirigenti degli uffici giudicanti adottino i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la celebrazione delle udienze destinate alla riapertura dei procedimenti definiti con la sentenza di non luogo a procedere nei giorni stabiliti dal comma 5 dell’art. 420-quater.

In tal modo si è inteso sollevare il giudice dall’onere di eseguire tale adempimento volta per volta e accorciare i tempi per la sua celebrazione, evitando di dover eseguire una ulteriore notifica del provvedimento di fissazione.

Si è, altresì, voluto realizzare l’effetto di conoscenza del processo direttamente attraverso la notifica della sentenza, allo scopo di scongiurare il rischio che alla nuova udienza si ripresentino le stesse criticità che avevano portato alla sentenza di non luogo a procedere.

Ulteriore contenuto della pronuncia è, infatti, l’avvertimento che se la persona non comparirà all’udienza senza che ricorra alcuno dei casi di cui all’art. 420-ter, si procederà in sua assenza e sarà rappresentata dal difensore.

Diversa è, invece, la disciplina per l’ipotesi in cui la persona nei cui confronti la sentenza è stata pronunciata era destinataria della misura cautelare degli arresti domiciliari o della custodia in carcere.

In questo caso, proprio in ragione della pendenza di tale misura, ed al fine di assicurare che la celebrazione dell’udienza di prosecuzione avvenga con celerità, essa è fissata dal giudice con un provvedimento ad hoc, il quale è appositamente notificato all’imputato, al suo difensore, alle altre parti e al pubblico ministero almeno venti giorni prima del suo svolgimento.

Ulteriore peculiarità della sentenza di non doversi procedere è costituita dal suo effetto derogatorio della previsione di cui all’art. 300 cod. proc. pen.

La sua pronuncia, infatti, non determina la perdita di efficacia delle misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere, conseguendo tale effetto solo alla sopravvenuta non revocabilità della medesima a seguito del decorso del tempo indicato nel comma 3.

In tal senso dispone espressamente l’art. 420-quater, comma 6, il quale stabilisce, altresì, che anche i provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, conservativo e preventivo conservano il loro effetti fino a quando la sentenza non è più revocabile.

Tale previsione appare del tutto coerente con la caratteristica della pronuncia in esame, la quale, come si è visto, per tale arco temporale definisce solo parzialmente il processo, mentre proseguono le ricerche della persona che, ove abbiano esito positivo, porteranno alla revoca della sentenza.


5. Gli atti urgenti

Analogamente a quanto già previsto dalla legge n. 217 del 2014, l’art. 23, d.lgs. n. 150 del 2022, ha disciplinato l’ipotesi in cui, successivamente alla pronuncia della sentenza di non doversi procedere, ma prima che essa divenga definitiva, sia necessario assumere prove non rinviabili.

L’art. 420-quinquies, come riformulato, stabilisce che a tale adempimento provvede il giudice che ha pronunciato la sentenza e lo fa nelle forme dell’incidente probatorio.

Per quanto non sia specificato, l’istanza di assunzione di tali prove può essere avanzata da tutte le parti. In tal modo il legislatore ha replicato la previsione contenuta nell’art. 420-quater, comma 3, specificamente rinviando all’art. 401 cod. proc. pen. quanto alle modalità secondo cui tale assunzione deve avvenire. In dottrina sono state espresse perplessità su tale previsione in quanto, benché siano richiamate le forme dell’incidente probatorio, essa consente l’assunzione delle prove con un contraddittorio «imperfetto»260 non essendo presente l’imputato. Tale considerazione potrebbe suggerire una valutazione particolarmente cauta del concetto di non rinviabilità delle prove, rigorosamente ispirata al principio di non dispersione della prova e perciò limitata a quelle prove che rischiano di essere disperse o di essere inquinate nel corso del tempo previsto per la prosecuzione delle ricerche della persona interessata.

Una tale interpretazione appare coerente con i limiti fissati dall’art. 111, quinto comma, Cost., il quale consente che l’assunzione possa avvenire senza contraddittorio solo in casi di accertata impossibilità di natura oggettiva. Sempre in quest’ottica, e allo scopo di recuperare l’integrità del contraddittorio, si potrebbe ritenere che, una volta che il processo sia riaperto a seguito del rintraccio dell’imputato, il giudice disponga, ove sia ancora possibile, la riassunzione delle prove, questa volta alla presenza dell’imputato261.


6. La revoca della sentenza

La sentenza di non doversi procedere è destinata ad essere revocata allorché la persona nei cui confronti è stata emessa venga rintracciata, purché ciò avvenga entro il limite temporale, individuato dal comma 3 dell’art. 420-quater nel doppio dei termini di prescrizione del reato.

Proprio per garantire il rispetto di questo limite temporale, l’art. 420-quater, comma 2, lett. e) stabilisce che la sentenza deve indicare la data fino alla quale le ricerche dovranno continuare.

Potrebbe sorgere il dubbio del destino di tale sentenza nell’ipotesi di procedimenti oggettivamente cumulativi, relativi a reati soggetti a termini di prescrizione differenti, taluni dei quali soltanto siano prescritti al momento in cui la persona è stata rintracciata.

Di tale evenienza sembra occuparsi, almeno in parte, il comma 3 dell’art. 420-quater, il quale stabilisce che con la sentenza di non luogo a procedere il giudice dispone che nei confronti della persona cui si riferisce la sentenza proseguano le ricerche fino a quando per tutti i reati oggetto di imputazione non sia superato il termine di cui all’art. 159, ultimo comma, cod. pen.

Sembrerebbe, dunque, potersi ipotizzare che in tal caso, quando la persona venga rintracciata, la sentenza dovrà comunque essere revocata in toto, senza poter distinguere i reati per i quali la prescrizione non sia ancora maturata e i reati per i quali tale termine sia già decorso.

Resta salva, in questo secondo caso, la possibilità che il giudice, all’esito dell’udienza preliminare, pronunci sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. per intervenuta prescrizione del reato.

Non appena la persona sia stata rintracciata e sia pervenuta la relazione di notificazione della sentenza e il verbale delle operazioni compiute dalla polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 420-sexies, commi 3 e 4, cod. proc. pen. il giudice dispone, con decreto, la revoca della sentenza di non doversi procedere.

A tal fine, fissa l’udienza nei modi indicati dall’art. 420-quater, comma 4, e dispone che della data di fissazione ne sia dato avviso, almeno venti giorni prima, al pubblico ministero, al difensore dell’imputato e alle altre parti. In tal modo il processo inizia nuovamente il suo corso, sicché all’udienza fissata il giudice deve nuovamente procedere alla verifica della regolare costituzione delle parti.

Ove a tale udienza l’imputato non compaia, a meno che non ricorrano ipotesi di legittimo impedimento, si procederà in assenza del medesimo, atteso che ricorre l’ipotesi prevista dall’art. 420-bis, comma 1, lett. a), essendo stato egli ritualmente citato a comparire mediante notificazione in mani proprie della sentenza.


 

Note:

247

S. QUATTROCOLO, Partecipazione al processo e contraddittorio. In onore di Mario Chiavario, in www.lalegislazionepenale.eu 19.10.2020, p. 107 ss.; G.L. GATTA, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘legge Cartabia’, in www.sistemapenale.it, 15 ottobre 2021, p. 12.

248

Corte EDU, 2.2.1985, Colozza c. Italia; Corte EDU 18.5.2004, Somogyi c. Italia; Corte EDU, 10.11.2oo4, Sejdovic c. italia, poi in parte confermata da Gr. Ch., 1.3.2006, Sejdovic c. Italia; Corte EDU, 9.6.2005, R.R. c. Italia. Si veda in proposito la ricostruzione di tali pronunce operata da A. PROCACCINO, Informazione e consapevolezza dell’imputato per la presenza al suo processo. Suggestioni europee e problemi nazionali, in www.legislazionepenale.eu, 16.02.2022.

249

Sulla forte “impronta pretoria” rinvenibile nelle direttive della legge delega, v. F. CENTORAME, Verso un nuovo processo penale in assenza cit., p.12. Per una critica a tale tendenza del legislatore, v. P. FERRUA, Il giusto processo tra governo della legge ed egemonia del potere giudiziario, in Dir. proc. pen., 2020, p. 5.

250

Rilevano, in particolare, sotto questo aspetto il criterio di cui all’art.1, comma 7, lett. a), l. n. 134 del 2021, che delega il Governo a «ridefinire i casi in cui l'imputato si deve ritenere presente o assente nel processo, prevedendo che il processo possa svolgersi in assenza dell'imputato solo quando esistono elementi idonei a dare certezza del fatto che egli è a conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole», e il criterio di cui alla lett. c): «prevedere che, quando non si abbia certezza dell'effettiva conoscenza della citazione a giudizio o della rinuncia dell'imputato a comparire, si possa comunque procedere in assenza dell'imputato quando il giudice, valutate le modalità di notificazione e ogni altra circostanza del caso concreto, ritenga provato che l'imputato ha conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una scelta volontaria e consapevole».

251

A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, in www.sistemapenale.it; A. NATALINI, Assenza “impediente”, si procede solo se la mancanza è volontaria, in Guida al dir., n. 42 del 2022, p. 75.

252

Si veda il Dossier Senato 30 agosto 2021, p. 24.

253

In tal senso, v. A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, cit

254

V. A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, cit., p. 8.

255

S. QUATTROCOLO, Partecipazione al processo e contraddittorio, cit., p. 113 ss., sottolinea come la giurisprudenza della CEDU ritiene che la sussistenza di rimedi efficaci costituisca un passaggio imprescindibile ai fini della valutazione del rispetto dell’art. 6, §§ 1 e 3 della Convenzione.

256

M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia, www.sistemapenale.it, 2 novembre 2022, p. 33 evidenzia la «portata deflativa della manovra e la significativa incidenza sullo stesso disposition time, posto che tutti i casi di emissione delle sentenza di non doversi procedere, invece di essere computati come pendenti finiranno tra i procedimenti definiti».

257

A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, cit., p. 11, parla in proposito di «sentenza ‘bifronte’».

258

Per tali caratteristiche, questa sentenza si presta ad essere assimilata alla sentenza di non doversi procedere prevista dall’art. 72-bis cod. proc. pen. per il caso di incapacità irreversibile dell’imputato.

259

A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, cit., p. 11.

260

V. A. MANGIARACINA, Alla ricerca di un nuovo statuto per l’imputato assente, cit., p. 12.

261

Severe critiche sono state mosse a tale previsione da F. CENTORAME, Verso un nuovo processo penale in assenza cit., p. 14 ss. la quale ha osservato come la possibilità di assumere prove non rinviabili, mentre si giustificava nell’ipotesi di sospensione del procedimento prevista in caso di assenza dalla legge del 2014, in cui si determinava una mera interruzione dell’iter procedimentale, essa appare distonica nel caso previsto dall’art. 420-quinquies riformulato dal d.lgs. n. 150 del 2022, in cui interviene una sentenza di non doversi procedere che determina la conclusione (sia pure in termini precari) del processo e preclude una decisione nel merito. Si è altresì ritenuta non praticabile l’assimilazione di tale situazione a quella disciplinata dall’art. 346 cod. proc. pen. il quale consente, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, lo svolgimento degli atti di indagine necessari per acquisire prove non rinviabili. A differenza di questa, la situazione contemplata dall’art. 420-quinquies rinnovato attiene ad un’ipotesi in cui l’azione penale è già stata esercitata ed in cui la condizione di procedibilità è costituita dalla perenzione del processo.


 

FONTE: Articolo tratto da "La riforma Cartabia: Relazione su novità normativa dell'Ufficio del Massimario - 2022"


Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg
bottom of page