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Riforma Cartabia: Il processo in assenza



1. Principi e criteri direttivi della delega. La ratio della riforma

2. Le ipotesi in cui l’imputato è considerato presente

3. L’assenza: presupposti, conseguenze, rimedi

4. La sentenza di non doversi procedere. Natura ed effetti

5. Gli atti urgenti

6. La revoca della sentenza


1. Principi e criteri direttivi della delega. La ratio della riforma.

La disciplina del processo in assenza introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 è ispirata all’esigenza di una complessiva rivisitazione e rimodulazione della normativa precedente al duplice scopo di rendere più efficiente il processo, evitando che la sua celebrazione sia vanificata dalla attivazione di rimedi per il caso in cui l’imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, ed a quello di adeguare la normativa interna alle indicazioni e ai principi elaborati dalla giurisprudenza europea, ed in particolare al riconoscimento in termini di diritto soggettivo della possibilità per l’imputato di essere presente nel processo che lo riguarda, ai fini dell’esercizio delle prerogative riconosciutegli dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo247.

Al fine di ovviare alle censure mosse dalla Corte EDU248, il legislatore italiano già nel 2005, con un primo parziale intervento, aveva provveduto a riformare l’art. 175 cod. proc. pen. riconoscendo all’imputato la possibilità di rimessione in termini per impugnare la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti, salva la prova che egli abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. Più radicale è stata la modifica introdotta dalla legge n. 67 del 2014, con la quale è stato abolito il processo in contumacia, prevedendo la sospensione del processo per il caso in cui l’imputato sia rimasto assente.

Tuttavia, il sistema di valutazione dell’assenza era imperniato su indici di conoscenza del processo che, ove interpretati come vere e proprie presunzioni, riproponevano le medesime dinamiche censurate dalla giurisprudenza europea.

Le Sezioni Unite, consapevoli della perdurante criticità del sistema, attraverso varie pronunce, hanno interpretato le disposizioni relative al processo in absentia introdotte nel 2014 in termini che fossero coerenti con le indicazioni provenienti dalla Corte EDU, riaffermando innanzitutto il principio per cui, affinché un processo svoltosi in assenza possa considerarsi conforme all’art. 6 della Convenzione EDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, è indispensabile che l’imputato ne abbia avuto conoscenza effettiva.

A tal fine si è ritenuto insufficiente che egli sia stato informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico, dal momento che la consapevolezza del processo è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium contenente l’indicazione dell’accusa formulata, nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio (Sez. U, n. 28912 del 28/2/2019, Innaro, Rv. 275716 - 01). Con la successiva sentenza Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420, le Sezioni unite hanno escluso che gli indici di conoscenza indicati dall’art. 420-bis cod. proc. pen. possano considerarsi come presunzioni, dal momento che una tale interpretazione «non potrebbe mai essere consentita perché in violazione delle disposizioni convenzionali quali interpretate dalla Corte EDU».

Recependo questi approdi della giurisprudenza di legittimità249, e al fine di adeguarsi alle indicazioni europee, ed in particolare alla direttiva (UE) 343/2016 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali), la legge 27 settembre 2021, n. 134 ha rimodellato i presupposti del processo in assenza ponendovi a fondamento, non più la conoscenza legale o presunta del processo da parte dell’imputato, bensì la sua conoscenza concreta ed effettiva, assicurata, a monte, attraverso un rinnovato sistema di notificazioni e a valle dal controllo che il giudice è chiamato ad effettuare in ordine alla reale consapevolezza dello svolgimento del processo.

Ed infatti, il criterio direttivo fondamentale, che permea tutta la riforma del cd. processo in assenza, è quello secondo il quale in tanto il processo può procedere pur in mancanza dell’imputato, in quanto vi sia la certezza che egli ne abbia effettiva conoscenza e che la sua mancata partecipazione ad esso sia frutto di scelta volontaria250.

Il legislatore delegato ha dato attuazione a tali direttive con l’art. 23 del d.lgs. n. 150 del 2022, attraverso una riscrittura, a tratti integrale, degli artt. da 419 a 420-sexies del codice di rito.

La modifica ha altresì riguardato il dibattimento, per l’ipotesi di giudizi nei quali non è prevista l’udienza preliminare (art. 484, comma 2-bis), il giudizio di appello, attraverso l’introduzione dell’art. 598-ter, la disciplina della restituzione nel termine per impugnare attraverso la modifica dell’art. 175, nonché la rescissione del giudicato (art. 629-bis). Per la disamina di tali ulteriori modifiche si fa rinvio ai capitoli ad esse relativi.


2. Le ipotesi in cui l’imputato è considerato presente

Nel nuovo sistema delineato dal d.lgs. n. 150 del 2022, la valutazione in ordine alla possibilità di procedere in assenza è ancora affidata al giudice dell’udienza preliminare, nel caso di procedimenti per i quali essa è prevista, ed anzi quell’udienza costituisce la sede propria e unica in cui tale accertamento deve essere effettuato, atteso che (come rilevato dalla Relazione illustrativa) è in tale momento che si incardina il rapporto processuale e deve essere valutata la piena consapevolezza dell’imputato in ordine alla celebrazione del processo, sicché non è necessario che tale valutazione sia poi rinnovata nelle fasi successive del giudizio, le quali costituiscono, nell’ottica della riforma, una mera prosecuzione del processo.

Diverso, naturalmente, è il caso in cui l’udienza preliminare manchi, spettando allora al giudice del dibattimento ogni accertamento.

L’art. 420, nel nuovo comma 2-bis, delinea il procedimento che il giudice è tenuto a svolgere e che si articola nella preliminare verifica della ritualità della notifica alla quale segue, solo nel caso in cui essa abbia avuto esito positivo, l’accertamento della conoscenza del processo da parte dell’imputato e dunque della sussistenza dei presupposti per poter procedere in sua assenza.

Nel sistema riformato, il primo accertamento riveste un ruolo particolarmente pregnante che si salda strettamente con le modifiche apportate dal medesimo d.lgs. n. 150 del 2022 al sistema delle notificazioni, e rivolte anch’esse ad assicurare la conoscenza reale e certa degli atti introduttivi del giudizio251.

Nel caso in cui le notificazioni siano regolari e l’imputato non sia presente, il comma 2-bis dell’art. 420 stabilisce che il giudice deve verificare se sussista un impedimento legittimo, ricorrendo alcuna delle condizioni indicate nel successivo art. 420-ter. Sul legittimo impedimento il legislatore delegato ha sostanzialmente confermato l’impianto normativo precedente, chiarendo soltanto che la verifica dell’impedimento rileva al fine della partecipazione dell’imputato non solo alla prima udienza, ma anche alle udienze successive.

Ha, inoltre, stabilito che nel caso in cui egli risulti legittimamente impedito e l’udienza sia rinviata, l’ordinanza che ciò dispone deve essere notificata all’imputato, mentre, per tutti i soggetti che sono presenti o che tali devono considerarsi, la lettura del provvedimento sostituisce gli avvisi. Il comma 2-ter dell’art. 420 definisce i casi in cui l’imputato si considera presente. Vengono innanzitutto ribadite le ipotesi tradizionali (in precedenza indicate nell’art. 420-bis, comma 3) per cui l’imputato si considera presente se: a) comparso in udienza, se ne allontana; b) non ricompare alle udienze successive.