RAGIONI DELLA DECISIONE
1. C.S. il giorno (OMISSIS) ha esploso un colpo d'arma da fuoco (una pistola giocattolo alterata) colpendo volontariamente alla coscia sinistra P.P., cagionandogli lesioni giudicate guaribili in 8 giorni.
Quattro i reati ascrittigli: artt. 582, 585, 576 n. 2, art. 61 c.p., n. 1 (capo A); art. 81 c.p., L. n. 497 del 1974, artt. 12 e 14 (capo B); art. 81 c.p., art. 23, comma 3 e L. n. 110 del 1975, art. 4 (capo C); art. 612 c.p. (capo D).
Con sentenza del 26.1-20.4.2011 la Corte d'appello di Messina ha confermato la condanna inflitta dal locale GIP in data 29.3.2010.
2. Due i motivi di ricorso:
- violazione della L. n. 110 del 1975, art. 3, in ragione dell'originaria natura di arma giocattolo, per ciò stesso sottratta ad ogni onere di punzonatura: si sarebbe perciò trattato di "arma bianca alterata", con la conseguente applicabilità della norma appena richiamata;
- violazione dell'art. 62 c.p., n. 6, perchè erroneamente i Giudici del merito avrebbero ritenuto non satisfattiva la somma da lui tempestivamente offerta alla persona offesa, che nulla di più aveva sollecitato.
3. Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi.
Come già ripetutamente insegnato da questa Corte suprema (Sez. 1, sent. 4606 del 26.9-11.10.1995; Sez. 1, sent. 1323 del 18.3- 18.4.1991), la L. n. 10 del 1975, art. 3 è configurabile solo quando lo strumento sul quale vengono apportate le alterazioni sia già originariamente un'arma da fuoco. Nel caso della pistola giocattolo, invece, delle due l'una: o ci si trova in presenza di una vera e propria trasformazione in arma da sparo - ed allora è applicabile la L. n. 110 del 1975, art. 23, perchè, come correttamente argomentato dalla Corte distrettuale, ogni arma da fuoco in quanto tale è, per la legislazione nazionale, incompatibile con la "clandestinità" - ovvero non è stata realizzata alcuna arma da sparo - ed allora non è configurabile alcun reato della pertinente legislazione speciale -.
Il secondo motivo è inammissibile per genericità (la Corte argomenta della messa a disposizione della somma di 500 Euro, il ricorrente parla di 700 Euro senza confrontarsi in alcun modo con la diversa somma ripetutamente richiamata dal Giudice d'appello) e manifesta infondatezza (perchè è costante l'insegnamento per il quale la congruità della somma di risarcimento è valutata dal giudice penale e non dalla parte (Sez. 1, sent. 18440 del 28.4- 25.5.2006; Sez. 1^, sent. 11207 del 29.9-9.11.1994-, e neppure dal giudice tutelare, nel caso di minorenni Sez. 1^, sent. 35187 del 10.7- 21.10.2002) . Nella fattispecie vi è specifica motivazione sulle ragioni per le quali la somma offerta (anche a prescindere dalle modalità della messa a disposizione della somma) è stata giudicata non congrua.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000, equa al caso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 agosto 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011