Atti sessuali con minorenne
Atti sessuali con minorenne: integra il tentativo l'offerta di denaro a quattordicenne per compiere atti sessuali
Cassazione penale sez. III, 17/10/2019, n.49722
L'offerta di denaro rivolta ad un minore di anni 14 per convincerlo a compiere atti sessuali, poi non effettivamente compiuti, integra l'ipotesi del tentativo del reato di cui all'art. 609-quater c.p. e non quella del tentativo del reato di cui all'art. 600-bis c.p.
Note
Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 30 ottobre 2018 la Corte di Appello di Roma ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Tivoli il 7 maggio 2014 a R.G. alla pena di 5 anni e 6 mesi di reclusione per i reati (capo 1) ex art. 56,81,609-quater c.p., perchè offrì denaro o la possibilità di giocare al computer in cambio di prestazioni sessuali ad B.A., nato il (OMISSIS), figlio della convivente di suo figlio R.A., e (capo 2) ex art. 609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., comma 2 per avere costretto il nipote di R.R., nato il 5 giugno 1992, figlio di R.A., a compiere e subire atti sessuali (toccamenti delle parti intime, rapporti orali reciproci, un tentativo di penetrazione anale).
Secondo i giudici di merito, i fatti commessi ai danni di R.R. sono avvenuti in (OMISSIS), nell'estate del 2001, nel Natale seguente, a Pasqua e nell'estate del 2002; quelli commessi ai danni di B.A. nell'estate tra la seconda e la terza media.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il difensore di R.G..
2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), di violazione di legge e della motivazione, anche per travisamento della prova, quanto alla dichiarazione di responsabilità dell'imputato per i reati a lui ascritti.
2.1.1. Sarebbe tautologica e contraddittoria la motivazione avverso la risposta della corte territoriale al motivo di appello sull'avere il perito, incaricato di valutare la capacità a testimoniare dei minori, interrogato i minori sui fatti di causa; la Corte di appello avrebbe dato per sussistenti gli accadimenti riferiti dai minori.
Il giudizio del perito sarebbe viziato in origine; se l'indagine del perito, con la quale si chiesero notizie sui fatti, era stata effettuata, come sostiene la corte territoriale, per verificare l'incidenza degli accadimenti sulle capacità cognitive non si comprende come logicamente si possa verificare l'incidenza sulle capacità cognitive di fatti che non sono mai accaduti.
Non sarebbe stato adeguatamente valutato il motivo di appello con cui si sostenne la violazione delle linee guida e che l'accertamento dei fatti spettava esclusivamente all'autorità giudiziaria.
Il metodo del perito avrebbe impedito la verifica della spontaneità e genuinità del racconto.
2.1.2. Si ritiene poi apodittica e tautologica la motivazione della corte territoriale laddove ha ritenuto che le carenze affettive, i vissuti depressivi e lo stato ansioso non hanno interferito sullo sviluppo psico-fisico di un bambino.
La corte territoriale avrebbe implicitamente ammesso l'esistenza di fattori condizionanti ed avrebbe solo ribadito la valutazione di attendibilità effettuata in primo grado; avrebbe apoditticamente ritenuto che le situazioni di disagio familiare, ambientale e psicologico sarebbero il sintomo degli abusi, mentre il perito avrebbe ricondotto le sofferenze psicologiche all'assenza di figure genitoriali stabili.
2.1.3. Sarebbe poi illogica la motivazione, Oltre che priva di fondamento negli atti, laddove ha ricollegato il tono scherzoso con cui uno dei minori, An., ha raccontato il tentativo di violenza sessuale subito, alla condizione psicologica del minore, tenuto conto della presenza di sintomi di stress e disagio psicologici del minore, delle modalità della rivelazione (a scuola, parlando con due compagne di classe) che dimostrerebbero che il minore intendeva attirare l'attenzione su di sè.
Mancherebbero poi riscontri esterni alle dichiarazioni dei minori, come il mancato reperimento di film pornografici.
La Corte di appello non avrebbe risposto alla lettura alternativa proposta, cioè che il tono di scherzo può essere utilizzato anche su qualcosa che non è accaduto.
2.1.4. Non sarebbero poi state valutate le dichiarazioni di An. al perito.
La Corte di appello avrebbe poi letto in maniera solo accusatoria il dato evidenziato nell'appello della rilevanza delle gelosie e diversità di carattere dei minori e l'incidenza sulle rivelazioni.
2.1.5. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe poi congetturale ed apodittica laddove ha ritenuto che il contrasto esistente tra le dichiarazioni dei minori, sull'offerta di denaro, non sarebbe stata riferita da R. perchè quest'ultimo aveva un'età in cui non avrebbe dato importanza al denaro, mentre poi la corte territoriale avrebbe ritenuto veritiera la dichiarazione di An. sull'offerta di denaro tale da concretizzare il tentativo punibile.
La Corte di appello non avrebbe motivato sulle contraddizioni delle dichiarazioni dei minori, indicate a pagina 10 dell'appello, su aspetti non secondari, in assenza di riscontri oggettivi, relative alla reciproca rivelazione dei fatti; R. avrebbe riferito che il ricorrente aveva toccato An., mentre quest'ultimo avrebbe riferito solo dell'offerta del denaro in cambio di sesso.
2.1.6. Sulla dedotta circostanza che gli altri nipoti minori presenti nell'abitazione non subirono le attenzioni del nonno, la corte territoriale si sarebbe limitata a riproporre le argomentazioni della sentenza di primo grado, ritenendo che i due minori erano indifesi mentre nell'abitazione era presente anche la nonna.
La Corte di appello avrebbe omesso la motivazione sulla prova d'alibi fornita dalla difesa relativa alla presenza costante nell'abitazione della nonna.
Sul punto si propongono critiche alla sentenza di primo grado.
2.1.7. La motivazione sarebbe contraddittoria ed illogica quanto alle circostanze di fatto indicate dalla Corte di appello per giustificare la sussistenza del tentativo di violenza sessuale subito da An., poichè la sola offerta di denaro, in assenza di condotte violente, non integra il reato di violenza sessuale, mancando la costrizione del soggetto passivo del reato il quale è libero di autodeterminarsi.
2.2. Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione; la Corte di appello si sarebbe limitata a confermare la sentenza di primo grado quanto al rigetto della richiesta di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante contestata e alla determinazione della pena base; a fare riferimento all'entità dei fatti, senza prendere in esame i motivi di appello sulla vetustà dei fatti ed il ridimensionamento delle accuse dopo l'esclusione di una delle circostanze aggravanti in contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo ed il secondo motivo, laddove si deduce il vizio di violazione di legge, sono inammissibili ex art. 606 c.p.p., comma 3.
Oltre a non essere state neanche indicate, con il primo motivo, le norme sostanziali che sarebbero state violate, si tratterebbe di violazione di legge non dedotta con i motivi di appello, con i quali la difesa ha contestato esclusivamente la motivazione della sentenza di primo grado nel merito, quanto alla ricostruzione del fatto, ed in relazione al giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche. Nè sono state dedotte questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo o che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.
2. Quanto al vizio della motivazione, in estrema sintesi, secondo il ricorrente il giudizio del perito sarebbe viziato ab origine per avere egli ascoltato i minori anche sui fatti oggetto del processo, e si ritiene viziata la motivazione della sentenza impugnata quanto alla risposta al relativo motivo di appello.
Il motivo, per come articolato, è manifestamente infondato.
2.1. Secondo il costante orientamento, in tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato, l'apprezzamento - positivo o negativo - dell'elaborato peritale e delle relative conclusioni da parte del giudice di merito (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 46432 del 19/04/2017, Fierro, Rv. 271924 - 01).
Ed invero, se - come si prospetta nel ricorso - la perizia ha avuto ad oggetto la capacità a testimoniare, il perito ha espresso un giudizio sull'esistenza dell'idoneità fisica e mentale a rendere la testimonianza, tale essendo la capacità a testimoniare ex art. 196 c.p.p.. Ciò che può mettere in discussione la tenuta logica della sentenza o la contraddittorietà della motivazione è solo l'esistenza di elementi patologici che possano far dubitare della capacità a testimoniare che non siano stati valutati.
Nella motivazione della sentenza impugnata l'adesione al giudizio del perito si fonda sulla considerazione che la capacità a testimoniare è stata determinata sulla base dei colloqui psicologici individuali, secondo il modello della Step Wise Interwiew, sulla somministrazione di testi proiettivi e questionari e sulla valutazione neuropsicologica e cognitiva.
Tale motivazione è già di per sè sufficiente a giustificare a ritenere affidabile il giudizio del perito.
Il ricorso non prende minimamente in esame tale parte della motivazione sulla correttezza del metodo adoperato e sul punto pertanto è privo del requisito della specificità estrinseca.
2.2. Il ricorso poi non prospetta neanche l'esistenza di elementi patologici non esaminati, ma solo il metodo dell'accertamento, l'avere il perito ascoltato i minori anche sui fatti per cui è processo: tale contestazione è però, come emerge dalla sentenza, del tutto parziale, non essendo stata esaminata e specificamente criticata la parte della motivazione che descrive il complessivo metodo adoperato.
2.3. La Corte di appello ha esplicitamente escluso che il metodo adoperato dal perito abbia inciso sulla genuinità delle dichiarazioni poi rese, tenuto conto del complessivo metodo di analisi del perito, prima descritto ed ignorato con il ricorso, in relazione al grado di sviluppo evolutivo accertato.
Tale argomentazione è del tutto immune da vizi, solo ove si consideri che R.R. è stato esaminato dal perito quando già aveva compiuto (OMISSIS) anni ed è stato escusso nell'incidente probatorio nell'aprile del 2010 quasi al giungere della maggiore età.
La prima rivelazione risale al 2002, mentre il colloquio con l'altro minore è dell'estate del 2008, quando R. aveva già sedici anni.
An. si è invece confrontato con R., nell'estate del 2008, quando aveva (OMISSIS) anni; l'esame del perito e l'incidente probatorio si sono svolti quando aveva (OMISSIS) anni.
Dunque, non si tratta dell'esame di bambini in tenera età ma di adolescenti, di cui uno quasi maggiorenne, in grado di comprendere e discernere, privi di patologie. Solo i fatti ai danni di R. sono stati commessi quando era un bambino di (OMISSIS) anni; An. era invece già un adolescente.
2.4. Anche le altre critiche alla sentenza impugnata, come quelle sulla valutazione delle carenze affettive delle persone offese o dei vissuti non tengono conto della complessiva valutazione del perito e del fatto che l'esame non è avvenuto su bambini.
2.5. La corte territoriale non ha in alcun modo ritenuto esistenti fattori condizionanti, anzi li ha esplicitamente esclusi.
Anche in relazione al tono scherzoso con cui An. raccontò l'episodio alle compagne di classe il ricorso è privo di specificità estrinseca: la corte territoriale ha infatti ritenuto coerente il tono di scherzo con il profilo psicologico del minore, tracciato dal perito, mentre al contrario ha ritenuto la tesi difensiva (il minore voleva attirare l'attenzione su di sè) priva di prova e non coerente con tale profilo. Il ricorrente offre di tali elementi in realtà solo una lettura alternativa.
2.6. Quanto poi all'omessa valutazione delle dichiarazioni rese da An. al perito, oltre a rilevarsi che con il ricorso ci si duole che tali dichiarazioni siano state raccolte, il vizio dedotto concretizzerebbe un travisamento della prova per omissione; oltre a non essere state allegate le dichiarazioni, in ogni caso non è neanche indicato perchè la prova sarebbe decisiva nè perchè tale elemento probatorio, se valutato, sarebbe dotato di una forza esplicativa tale da vanificare l'intero ragionamento del giudice del merito.
2.7. Quanto alla risposta della Corte di appello sul valore del denaro, deve rilevarsi che la questione dedotta è del tutto irrilevante, in quanto il punto in contestazione non è decisivo: i due giovani hanno raccontato diverse modalità di esecuzione dei reati - nell'un caso vi sono state offerte di denaro in cambio delle prestazioni sessuali, nell'altro il compimento degli atti sessuali - senza che ciò incida sull'attendibilità l'uno dell'altro, non dovendo i reati essere stati commessi allo stesso modo. Quella dedotta è una censura che non intacca la struttura e la logica della motivazione.
2.8. Conclusioni analoghe a quelle prima esposte devono ribadirsi quanto all'omessa valutazione dell'affermato contrasto tra le dichiarazioni delle due persone offese sulla natura degli atti subiti da An.: per poter valutare l'incidenza dell'omissione, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, mediante l'allegazione delle dichiarazioni, che il dedotto contrasto sussista, per poi dover dimostrare la decisività della prova e l'incidenza sul complessivo ragionamento del giudice.
2.9. E' poi inammissibile il motivo anche quanto all'omessa valutazione della prova d'alibi.
Le critiche riportate nel ricorso alla sentenza di primo grado, che ha dedicato un ampio paragrafo (pagine 19-20) alla tesi difensiva sulla possibilità che R. si potesse trovare da solo in casa con il nonno, prendendo in esame e valutando
le dichiarazioni della moglie del ricorrente ( D.), della figlia ( R.K.) e di F.L., non costituiscono motivi di appello, e sono state proposte per la prima volta con il ricorso per cassazione.
A pagina 11 dell'appello si rinvengono solo interrogative volte a contestare la logicità del racconto delle due persone offese.
2.10. E' manifestamente infondato in diritto il ricorso quanto alla sussistenza del tentativo, essendo la motivazione immune da vizi e rispondente ai principi elaborati dalla giurisprudenza.
2.10.1. Va ricordato che l'offerta di denaro ad una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni per convincerla a compiere atti sessuali, poi non effettivamente compiuti, integra il tentativo del reato di cui all'art. 600-bis c.p., comma 2, (cfr. Sez. 3, n. 39433 del 14/05/2014, B., Rv. 260601 - 01, che ha affermato il principio per cui la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui all'art. 600-bis c.p., comma 2 e non al comma 1).
2.10.2. Invece, l'offerta di denaro per il compimento di atti sessuali con un minore di anni 14 concretizza il tentativo del reato ex art. 609-quater c.p..
Cfr. in tal senso Sez. 3, n. 45286 del 25/10/2005, D.L., Rv. 232903 - 01, per cui, in tema di atti sessuali con minorenne, si configura l'ipotesi del tentativo quando, pur in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali.
Nel caso esaminato, la Corte di cassazione ha ritenuto l'idoneità e l'univocità degli atti consistiti nell'offrire in più occasioni ad un bambino, minore di dieci anni, caramelle e denaro con l'esplicita richiesta di compiere atti sessuali e nel tentativo di trascinarlo nel bagno, pur in assenza di toccamenti lascivi.
Si veda anche Sez. 3, n. 27123 del 18/03/2015, S., Rv. 264036 - 01, per cui è configurabile il tentativo del reato di atti sessuali con minorenne quando, pur in mancanza di un contatto fisico tra i soggetti coinvolti, la condotta tenuta dall'imputato presenta i requisiti della idoneità e della univocità dell'invito a compiere atti sessuali, in quanto la stessa è specificamente diretta a raggiungere l'appagamento degli istinti sessuali dell'agente attraverso la violazione della libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale.
Nel caso esaminato la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva ravvisato gli estremi del reato di cui agli artt. 56 e 609-quater c.p., avendo riguardo ad una richiesta rivolta dal padre alla figlia minore di toccargli gli organi genitali, anche facendo riferimento al pregresso compimento di atti sessuali.
3. Il secondo motivo relativo al rigetto della richiesta di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle circostanze aggravanti contestate è manifestamente infondato.
3.1. Le Sezioni Unite hanno affermato con la sentenza n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931, che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.
In motivazione si è affermato che a giustificare la soluzione della equivalenza deve ritenersi sufficiente l'implicito riferimento ad una valutazione complessiva dell'episodio criminoso e della personalità dell'imputato, che si traduce in sostanza in un giudizio di non meritevolezza di un trattamento sanzionatorio ancor più mite.
Nello stesso senso Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450, ha affermato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto.
Uno dei parametri normativi per effettuare il giudizio di bilanciamento è l'art. 133 c.p.; cfr. Cass. Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, Manzari, Rv. 260415 che ha affermato che in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'art. 133 c.p. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto.
3.2. Orbene, con l'atto di appello l'imputato chiese il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in base alla risalenza nel tempo dei fatti, al venir meno di una delle due circostanze aggravanti contestate ed all'età dell'imputato.
3.3. La Corte di appello ha rigettato la richiesta richiamando il parametro della gravità del reato: ha ritenuto che l'entità degli episodi non consentisse di formulare il giudizio di prevalenza, condividendo quindi la valutazione del Tribunale.
Dunque, la corte territoriale ha correttamente rigettato la richiesta facendo riferimento ad uno dei parametri ex art. 133 c.p..
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019