RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Palermo ha confermato la condanna di G.F. per i reati pluriaggravati di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati alla autorità giudiziaria (art. 374-bis c.p.), falso materiale del privato in atto pubblico (artt. 476 e 482 c.p.) ed evasione (art. 385 c.p. in relazione all'art. 47 ter Ord. Pen. comma 8). In particolare, all'imputato è contestato di aver presentato, mentre scontava una pena in regime di detenzione domiciliare, un certificato medico falso attestante condizioni di infermità e la necessità di sottoporsi a trattamenti terapeutici. Certificato che veniva allegato ad una istanza presentata al Magistrato di sorveglianza di Palermo per essere autorizzato a recarsi libero nella persona presso struttura medica per eseguire i menzionati trattamenti.
2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando un unico motivo con il quale deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del rapporto di specialità ex art. 15 c.p., tra l'art. 374 bis c.p. e art. 482 c.p., in ragione del quale solo la prima disposizione incriminatrice avrebbe dovuto applicarsi alla fattispecie concreta, risultando il delitto di falso in atto pubblico interamente assorbito in quello di false attestazioni all'autorità giudiziaria. A detta del ricorrente, la motivazione adottata dalla Corte territoriale, che ha escluso l'ipotesi del concorso apparente tra le norme, ritenendo invece sussistente quella di concorso di reati in continuazione tra loro, appare viziata nel momento in cui opera tra queste un confronto di tipo finalistico e non invece logico-formale. Al contrario, il criterio del confronto strutturale tra fattispecie astratte imporrebbe nel presente caso di tenere in considerazione la circostanza per cui le due norme in esame regolano la stessa condotta di materiale ed ideologica falsificazione, specializzandosi la prima esclusivamente per la destinazione dell'atto all'autorità giudiziaria. Ancora, a differenza di quanto sostenuto dai giudici di merito, le due norme tutelerebbero la fiducia nella genuinità dei documenti nell'interesse della collettività e del buon funzionamento della giustizia e, dunque, anche la tesi che nega il ricorso alla disciplina del concorso apparente di norme sulla base della diversità dei beni giuridici tutelati, pure evocata dalla Corte, sarebbe stata comunque erroneamente applicata al caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Anzitutto erronea è l'evocazione da parte del ricorrente di una potenziale situazione di concorso apparente di norme incriminatrici, dal momento che questo presupporrebbe la contestazione di un fatto unico contestualmente integrante le fattispecie previste dagli artt. 374-bis e 476 c.p.. Invece oggetto di contestazione al G. sono due condotte, tra loro autonome e distinte anche cronologicamente: la prima riguarda la materiale formazione del certificato medico falso e l'altra, necessariamente successiva, consistita nella dichiarazione indirizzata al Magistrato di sorveglia di dover sottoporsi ai trattamenti terapeutici indicati nel certificato allegato alla stessa dichiarazione.
La prima condotta realizza pacificamente la fattispecie di falso materiale in atto pubblico commesso dal privato, facendo apparire come venuto ad esistenza un atto che, in realtà, non è mai stato formato (ex multis Sez. 5, n. 15786 del 19/03/2019, Balestra, Rv. 276245), rimanendo irrilevante il successivo uso del documento contraffatto o alterato (ex multis Sez. 5, n. 39981 del 17/05/2018, D'Agostino, Rv. 273844).
La seconda condotta si traduce invece in un falso ideologico commesso dal privato, che corrisponde al tipo di cui all'art. 374-bis c.p., in ragione del mendace contenuto della dichiarazione rivolta dall'imputato all'autorità giudiziaria nella propria istanza di necessitare dei trattamenti terapeutici attestati dalla falsa certificazione medica contestualmente prodotta. Ed infatti la norma citata è finalizzata ad impedire l'adozione di provvedimenti giurisdizionali fondati su dichiarazioni mendaci provenienti da privati e ha ad oggetto, per l'appunto, una ipotesi di falso ideologico, tanto da prescindere da valutazioni in tema di autenticità materiale dell'atto e richiedendo invece la falsità dei contenuti e l'idoneità dello stesso ad adempiere alla funzione probatoria cui è preordinato (Sez. 6, Sentenza n. 2967 del 23/09/2020, dep. 2021, Lafleur, Rv. 280963).
Conseguentemente, risultano fuorvianti anche le conclusioni assunte dal Procuratore Generale, per il quale il fatto sarebbe unico perché falso ideologico e falso documentale sarebbero relativi allo stesso documento. Come invece rilevato, all'imputato non viene contestata ai sensi dell'art. 374-bis c.p. alcuna falsa dichiarazione o attestazione contenuta nel certificato medico allegato all'istanza, bensì, proprio la falsità del contenuto di quest'ultima, nella parte in cui viene prospettata la necessità di essere autorizzato ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura alternativa per sottoporsi ai trattamenti terapeutici indicati nella falsa certificazione medica. Due sono i i falsi di cui si è reso responsabile il G. - uno ideologico e l'altro materiale - perché due sono i documenti attraverso i quali, in tempi diversi, sono stati realizzati.
3. Pertanto correttamente i giudici del merito hanno ritenuto configurabile una ipotesi di concorso materiale di reati, rimanendo irrilevante che la Corte territoriale abbia escluso il concorso apparente di norme incriminatrici evocando la diversa oggettività giuridica degli artt. 374-bis e 476 c.p. in spregio al consolidato insegnamento delle Sezioni Unite (da ultimo, Sez. Un., n. 20667 del 23/02/2017, Stalla e altro, Rv. 269668). Infatti, se pure tale criterio di giudizio è ormai pacificamente ritenuto insostenibile in considerazione delle difficoltà interpretative ad esso connesse, dovendosi ritenere non univoca la individuazione dei beni giuridici protetti dalle singole fattispecie e per questo suscettibile di opposte valutazioni da parte degli interpreti, va comunque rilevato che la Corte d'Appello ha comunque superato la rilevata aporia motivazionale prendendo in considerazione anche un percorso argomentativo alternativo e fondato sul riferimento a Sez. 6, n. 8024 del 11/11/2015, dep. 2016, Taormina, Rv. 266683, la quale espressamente esclude che il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria, previsto dall'art. 374-bis c.p., possa essere applicato a ipotesi di falsità materiale in quanto sanzionante una pluralità di condotte tutte rientranti nello schema della falsità ideologica. Peraltro, avendo correttamente risolto la quaestio iuris affrontata, deve ritenersi comunque irrilevante la motivazione posta a sostegno della relativa statuizione (Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, in motivazione; Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2023