RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 26 febbraio 2024, il Gup del Tribunale di Milano ha rimesso alla Corte di cassazione la questione pregiudiziale concernente l'incompetenza per territorio, a favore del Tribunale di Napoli, tempestivamente eccepita dalla difesa dell'imputato Pr.Ca., nell'ambito del procedimento a suo carico per il reato di cui all'art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, in qualità di legale rappresentante della Adrintec Srl, corrente in Milano, non versava l'IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per il periodo di imposta 2019, entro il termine previsto per il pagamento dell'acconto del periodo di imposta successivo, per un importo complessivo di Euro 277.878,00.
2. Dopo aver effettuato una ricognizione della giurisprudenza civile e penale in materia di domicilio fiscale ed individuazione della sede effettiva di una società, ed avere richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di radicamento della competenza territoriale nei reati tributari, la difesa ha rappresentato davanti al giudice di merito che la competenza per territorio per il reato per cui si procede -avente natura omissiva istantanea, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile per l'adempimento della prestazione tributaria - avrebbe dovuto essere determinata in considerazione della sede effettiva dell'azienda, da intendersi quale centro dell'attività amministrativa e direttiva dell'impresa, e dunque in Napoli, in quanto luogo di effettiva verificazione dell'omesso versamento del tributo ex art. 8 cod. proc. pen., non potendosi ritenere applicabile il criterio di cui all'art. 18, comma 2, del D.Lgs. n. 74 del 2000.
Secondo la prospettazione difensiva, del resto, l'effettività della sede dell'azienda in Napoli, oltre che dalla visura camerale dell'impresa, sarebbe confermata dal fatto che, come dichiarato dall'operante della Guardia di Finanza chiamato a testimoniare in altro procedimento a carico dell'odierno imputato per i reati di cui agli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000, contestati come commessi in relazione alla medesima società Adrintec Srl, lì si troverebbe un capannone di stoccaggio con ufficio annesso. Vi sarebbe, inoltre, la circostanza che, nei confronti di costui, proprio il Gip di Napoli aveva emesso un'ordinanza di accoglimento della domanda di oblazione, per la contravvenzione di cui all'art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 151 del 2011.
3. Il giudice di Milano, ritenendo la questione seria e di non pronta soluzione per la complessità della materia e l'esistenza di un dibattito giurisprudenziale sul tema, ha rimesso gli atti alla Corte di cassazione, per la sua valutazione pregiudiziale in puntoci competenza territoriale.
3.1. Innanzitutto, ha rilevato che il Pubblico Ministero, in ordine allo stesso reato, ha ravvisato la competenza del Tribunale di Milano, facendo leva su un orientamento di legittimità, secondo cui, nei reati come quello per cui si procede, atteso che il pagamento può essere effettuato da ogni luogo in quanto previsto con modalità telematica, la competenza territoriale, laddove non possa essere individuata ai sensi dell'art. 8 cod. proc. pen., è del giudice competente in relazione al luogo di accertamento, come previsto dall'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000.
3.2. In secondo luogo, evidenzia l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, richiamando un primo orientamento, secondo il quale il luogo di consumazione del reato omissivo tributario deve essere individuato ex art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, secondo i canoni di cui all'art. 8 cod. proc. pen., con riferimento al luogo in cui si è consumata l'omissione alla scadenza del termine previsto - solitamente corrispondente a quello dove si trova la sede effettiva dell'impresa - e, solo ove non fosse possibile procedervi attraverso di essi, con riferimento al luogo dell'accertamento del fatto, ovverosia al luogo in cui ha sede l'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate che ha proceduto all'accertamento (Sez. 3, n. 27701 del 01/04/2014, Rv. 260110; Sez. 3, n. 13610 del 14/02/2019, Rv. 275901); indirizzo in applicazione del quale, dunque, la competenza per territorio avrebbe dovuto essere radicata, nel caso di specie, in capo al Tribunale di Napoli.
In contrapposizione a tale posizione giurisprudenziale, il giudice rimettente richiama, poi, un secondo orientamento secondo cui, non potendo inferirsi che la sede effettiva della società sia il luogo di consumazione del reato omissivo tributario per la possibilità, introdotta a partire dal 10 ottobre 2006, di eseguire il versamento dell'imposta non in unico luogo ma presso qualsiasi concessionario o intermediario avente sede sul territorio nazionale, in difetto di una determinazione certa del medesimo, dovrebbe farsi ricorso al criterio suppletivo costituito dal luogo di accertamento del fatto di cui all'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000. Non essendovi, infatti, un unico luogo nel quale possa essere tenuta l'azione doverosa, bensì tanti luoghi alternativi, il locus commissi delicti non potrebbe individuarsi ai sensi dell'art. 8, comma 1, cod. proc. pen.; di talché, all'opposto, la competenza territoriale apparterrebbe al Tribunale di Milano, essendo questo il luogo in cui ha sede l'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate che, nel caso di specie, ha proceduto all'accertamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L'istanza è ammissibile, avendo il giudice rimettente indicato le ragioni del contrasto giurisprudenziale sulla questione concernente l'individuazione della competenza territoriale a giudicare del delitto di omesso versamento dell'IVA, prospettando di fatto l'impossibilità di risolvere la questione sollevata dalla difesa dell'imputato (Sez. 1, n. 20612 del 12/04/2023, Rv. 284720).
2. Alla stregua dei criteri generali e di legge speciale afferenti alla determinazione della competenza territoriale - artt. 8 e 9 cod. proc. pen. e 18 del D.Lgs. n. 74 del 2000 - risulta preliminarmente necessario stabilire in quale momento avviene la consumazione del delitto omissivo tributario in esame e, conseguentemente, individuare il luogo che radica la competenza.
2.1. Premesso che l'art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000 punisce chi non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo, giova, in primo luogo, osservare che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 18, detta le regole per la determinazione della competenza per territorio dei reati tributari e, al comma 1, stabilisce che - fatta eccezione per i c.d. reati in dichiarazione (previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2,3,4,5 e 7) e fatta eccezione per il reato di cui all'art. 8, comma 2 (reato di emissione di più fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) - la competenza per territorio per tutti gli altri reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, compreso quindi il reato di cui all'art. 10-ter, si determina a norma dell'art. 8 cod. proc. pen. Solo qualora non sia possibile determinare la competenza sulla base di tale ultima disposizione, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato. La competenza per territorio in relazione al reato dell'art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000 è, dunque, determinata, stando al contenuto letterale della disposizione, dal luogo in cui il reato è consumato (art. 8, comma 1, cod. proc. pen.).
Sul punto, va peraltro precisato che il reato di cui all'art. 10-ter è stato introdotto dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Si tratta, perciò, di ipotesi di reato che, al pari dell'art. 10-bis (introdotto con legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 414) è stata inserita nel D.Lgs. n. 74 del 2000, in epoca successiva alla disposizione dell'art. 18 che regola la competenza per territorio. Pur avendo, infatti, analogie con i reati in dichiarazione, le fattispecie di cui agli artt. 10-bis e 10-ter non possono partecipare alla disciplina del comma 2 dell'art. 18, il quale riserva solo ai reati del capo I una disciplina diversa da quella radicata sulla base del locus commissi delieti e, in subordine, sulla base del luogo di accertamento del reato (Sez. 3, n. 27701 del 01/04/2014, Rv. 260110).
2.2. Ebbene, posto che il reato di omesso versamento dell'IVA si consuma nel momento in cui scade il termine utile per il pagamento, il luogo di consumazione del reato coincide con quello in cui si compie, alla scadenza del termine previsto, l'omissione del versamento imposto dal precetto normativo e, dunque, trattandosi di condotta omissiva, con quello in cui si sarebbe dovuta compiere l'azione doverosa, vale a dire il versamento all'Erario dell'imposta.
3. Ora, come correttamente rilevato dal Gup di Milano nell'ordinanza di rimessione, in ordine alla precisa individuazione del locus commissi delicti in materia di reati tributari, esiste, in seno alla giurisprudenza di legittimità, un aperto dibattito giurisprudenziale.
3.1. Secondo un primo orientamento, in tali casi, il luogo in cui si verifica l'omissione del versamento del tributo ex art. 8 cod. proc. pen. deve ritenersi coincidente con il luogo ove si trova la sede effettiva dell'azienda, nel senso di centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione dell'impresa, coincidente o meno con la sede legale, dovendo aversi riguardo al principio di effettività e potendosi ricorrere al criterio suppletivo previsto dall'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000 del luogo di accertamento del fatto, soltanto qualora non sia possibile determinare il luogo di consumazione del reato (Sez. 3, n. 13610 del 14/02/2019, Rv. 275901; Sez. 3, n. 23784 del 16/12/2016, dep. 2017, Rv. 269983; Sez. 3, n. 27701 del 01/04/2014, Rv.260110; Sez. 3, n. 20504 del 19/02/2014, 259783). La sede effettiva, del resto, si identifica con il luogo deputato o stabilmente utilizzato per l'accentramento dei rapporti interni e con i terzi in vista del compimento degli affari e della propulsione dell'attività dell'ente e nel quale, dunque, hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti (Cass. civ. Sez. 5, n. 2869 del 07/02/2013, Rv. 625688).
3.2. Altra giurisprudenza, invece, si discosta da tale posizione, allorché statuisce che, essendo impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, siccome l'adempimento può essere effettuato presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato, indicato dall'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 34652 del 16/06/2021; Sez. 3, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278597; Sez. 3, 17060 del 10/01/2019, Rv. 275942; Sez. 1, n. 44274 del 24/09/2014, Rv. 260801). Nello specifico, ritiene questa parte della giurisprudenza di legittimità che, se è ben vero che, "di regola", il versamento viene effettuato nel luogo in cui si trova la sede operativa del soggetto IVA, tale soluzione tuttavia non ha valenza obbligatoria, potendo questi adempiere l'obbligo, quantomeno dal 1 ottobre 2006, presso qualsiasi concessionario o intermediario avente sede sul territorio nazionale. Ne consegue che, non essendoci un unico luogo in cui sia possibile effettuare il versamento dell'IVA, risulta impossibile individuare il locus commissi delicti ai sensi della regola generale di cui all'art. 8, comma 1, cod. proc. pen.; di talché, non essendo stato previsto il ricorso alle regole suppletive contenute nell'art. 9 cod. proc. pen., deve farsi riferimento al criterio residuale stabilito in materia penale tributaria del luogo di accertamento del reato; criterio, del resto, funzionale, all'opportunità di radicare il processo ove ha sede l'ufficio tributario o di polizia che ha effettuato l'accertamento.
4. Fatte queste premesse, nel decidere la controversia ex art. 24-b/s cod. proc. pen., è opportuno muovere, preliminarmente, dal richiamo della disciplina fiscale attualmente in vigore, dettata dall'art. 37, comma 49, del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248 del 4 agosto 2006, secondo cui "a partire dal 1 ottobre 2006, i soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad utilizzare, anche tramite intermediari, modalità di pagamento telematiche delle imposte, dei contributi e dei premi di cui all'art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997, e delle entrate spettanti agli enti ed alle casse previdenziali ex art. 28, comma 1, dello stesso decreto legislativo".
Tale disciplina - che ha integrato il disposto dell'art. 38 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 - prevede, dunque, il pagamento delle imposte unicamente a mezzo del c.d. modello F24 telematico, direttamente dal contribuente, attraverso qualsiasi sportello delle aziende di credito abilitate, oppure attraverso gli intermediari di cui all'art. 3 del D.P.R. n. 322 del 22 luglio 1998, che, oltre a provvedere all'inoltro delle dichiarazioni, sono altresì autorizzati ad effettuare i versamenti. Il delineato quadro normativo ha dunque cristallizzato la definitiva dematerializzazione del pagamento ed ha altresì precluso l'individuazione di un unico luogo in cui l'obbligo penalmente sanzionato vada telematicamente adempiuto.
Ne consegue che è condivisibile l'orientamento secondo cui, con riguardo anche al delitto in esame, ai fini della individuazione della competenza per territorio, in assenza di elementi certi in ordine all'avvenuto principio di pagamento dell'imposta che possa consentirne l'individuazione dell'effettivo focus commissi delicti, non possa farsi riferimento al criterio della sede effettiva, dovendosi piuttosto ricercare il luogo di consumazione del reato ai sensi dell'art. 8 cod. proc. pen.; con la conseguenza che, laddove tale determinazione sia effettivamente impossibile, dovrà farsi riferimento al luogo dell'accertamento del fatto di reato, sussidiariamente previsto dall'art. 18 del D.Lgs. n. 74 del 2000 e prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 cod. proc. pen. Esigenze di certezza del diritto postulano, del resto, la necessaria svalutazione della portata del criterio della sede effettiva, il cui accertamento, in assenza di elementi concreti afferenti all'avvenuto principio di pagamento dell'IVA, comporterebbe un inutile aggravio per l'azione amministrativa, perché ancorato al dato fattuale dell'effettività della sede legale.
5. Ebbene, nel caso di specie, se, sulla base di quanto prospettato dallo stesso imputato, appare concreta la possibilità di collocare la sede effettiva della Adrintec Srl in N, non risulta tuttavia fornita alcuna prova dell'esistenza di un elemento sintomatico dell'avvenuto principio di pagamento dell'imposta presso la relativa circoscrizione campana. Ed invero, dalla comunicazione d'irregolarità prodotta dall'Agenzia delle Entrate di Milano, risulta soltanto che parte del debito è stato versato dal signor Ve.An., con luogo di esercizio/domicilio in N, con procedura telematica, in data 29 giugno 2020, a firma dell'odierno imputato, senza alcuna specificazione del luogo in cui il principio di pagamento sarebbe stato effettivamente eseguito. All'opposto, le stesse interlocuzioni del ricorrente risultano essere intercorse proprio con l'ufficio territoriale di M dell'Agenzia delle Entrate.
Sulla base di tali considerazioni, ritiene pertanto il Collegio che sussista l'effettiva impossibilità di individuare il locus commissi delicti secondo la regola generale di cui all'art. 8 cod. proc. pen.; di talché, dovendosi applicare il criterio, richiamato in via sussidiaria dall'art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2009,del luogo di accertamento del fatto di reato, la questione sulla competenza territoriale, oggetto del rinvio pregiudiziale, va definita affermando la competenza del Tribunale di Milano, presso il quale gli atti del procedimento già si trovano.
P.Q.M.
Dichiara la competenza del Tribunale di Milano.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria l'8 agosto 2024.