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Presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari: il rapporto tra gli articoli 274 e 275 comma 3 c.p.p.

esigenze cautelari

Cassazione penale sez. II, 25/06/2024, (ud. 25/06/2024, dep. 05/07/2024), n.26513

La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale è prevalente rispetto alla norma generale stabilita dall'articolo 274 del medesimo codice. Tale presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, l'attualità e la concretezza del pericolo di recidiva, nonostante il decorso del tempo, se non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a dimostrare un'attenuazione del giudizio di pericolosità.

Presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari: il rapporto tra gli articoli 274 e 275 comma 3 c.p.p.

Misure cautelari: tempo e sussistenza esigenze cautelari

Misure cautelari: sulla presunzione di cui all'art. 275 comma 3 c.p.p.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 29 gennaio 2024, a seguito di giudizio di appello del Pubblico Ministero ex art. 310 cod. proc. pen., il Tribunale di Bari in riforma dell'ordinanza in data 5 aprile 2023 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale ha applicato nei confronti di Sc.Si. la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110 e 644, comma 5, nn. 3 e 4, 416-bis.l cod. pen. (capo 34 della rubrica delle imputazioni) e di cui agli artt. 110, 81, 629, 416-bis.l cod. pen. (capo 35). In estrema sintesi, si contesta all'indagato di avere concorso con altri (Sc.An., Sc.Ga., De.An.e St.Fr.) in fatti di usura ai danni dell'imprenditore An.Da. che si trovava in stato di bisogno nonché di avere, sempre in concorso con i predetti (oltre che con Sc.Ni.), con reiterate minacce ed anche avvalendosi della propria fama criminale derivante dall'appartenenza al clan barese degli Strisciuglio del quale era uno dei maggiori referenti, costretto l'An.Da. a corrispondere il capitale allo stesso prestato maggiorato degli interessi usurari. I fatti sono contestati come consumati nell'arco temporale dal luglio 2014 al marzo 2016. 2. Ricorrono per cassazione avverso la predetta ordinanza i difensori dell'indagato, deducendo con un unico articolato motivo la violazione dell'art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 310, 274, lett. c), 275, comma 3 e 125 cod. proc. pen. Osserva la difesa del ricorrente che l'ordinanza impugnata appare illogica e carente nella parte in cui ha riconosciuto l'operatività della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. II Tribunale, nell'ordinanza impugnata non avrebbe fornito una adeguata e convincente motivazione per superare il dato del decorso del tempo limitandosi a fare richiamo alla presunzione dettata dalla norma citata e desumendo l'esistenza di un concreto ed attuale rischio di recidiva dal coinvolgimento dello Sc.Si. nella commissione di delitti di natura associativa emergente dai precedenti penali e carichi pendenti a carico del ricorrente, il tutto senza tenere conto che l'ultimo reato in contestazione risale al marzo del 2016 mentre la richiesta di applicazioni di misura cautelare e stata avanzata dal Pubblico Ministero solo nel 2023. Il Tribunale non si sarebbe quindi confrontato con i prevalenti principi giurisprudenziali in materia adottando, quindi, una pronuncia caratterizzata da carenza ed illogicità che non ha tenuto in debito conto i requisiti della concretezza ed attualità del pericolo di recidiva richiesti dalla legge, oltre che di adeguatezza dalla misura applicata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Occorre doverosamente premettere che il ricorso verte esclusivamente sulle esigenze cautelari e non mette in discussione la gravità indiziaria. 2. In ordine alle esigenze cautelari il Tribunale, nel ribaltare la decisione del Giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta del Pubblico Ministero di avviamento del trattamento cautelare confermando la gravità indiziaria ma ritenendo che difettassero i presupposti della attualità e concretezza del pericolo di reiterazione delle condotte criminose, così testualmente si è espresso, evidenziando, peraltro, di aver tenuto conto dell'amplissimo lasso di tempo decorso dai fatti "... risulta che Sc.Si., dopo le condotte di usura ed estorsione oggetto dell'imputazione provvisoria, ha commesso ulteriori reati, anche di natura mafiosa. Dal certificato del casellario giudiziale l'indagato risulta condannato più di recente per delitto di oltraggio a pubblico ufficiale commesso a Bologna il 22/7/2022, a riprova della sua attuale e perdurante pericolosità sociale". Inoltre, sempre il Tribunale ha sottolineato come l'odierno ricorrente risulta gravato da carichi pendenti per i reati di cui agli artt. 416-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 8 cod. pen. commessi nel 2007 e nel 2017 (con contestazioni nelle quali si segnala la permanenza attuale) oltre che per estorsione aggravata ex art. 416-bis.1 permanente fino al dicembre 2016 e per violazioni della legge sugli stupefacenti (artt. 73,74 e 80 D.P.R. n. 309/90, 416-bis.1 cod. pen.). Infine, sempre il Tribunale ha rappresentato che oltre alle numerose sentenze divenute definitive per reati anche gravi, vi sono dunque precedenti e carichi pendenti per fatti commessi dall'odierno ricorrente successivamente a quelli per i quali si procede, fra i quali è stata evidenziata la più recente condanna a seguito di rito abbreviato alla pena di 16 anni di reclusione per il reato di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso pluriaggravata, per il reato di estorsione commessa con metodo mafioso e, ancora, per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, aggravata anch'essa ex art. 416-bis.1 cod. pen. Trattasi - osserva in conclusione il Tribunale - di carico pendente per il quale lo Sc.Si. risulta peraltro attinto e tuttora sottoposto a misura cautelare custodiale, che certamente caratterizza in termini di attualità le esigenze cautelari nascenti dalla ritenuta gravità indiziaria per i reati aggravati dal metodo mafioso per cui si procede, pur commessi in epoca alquanto lontana. Da tutto ciò ne deriva, sempre secondo il Tribunale, che la gravità dei reati in contestazione, unitamente alla pluralità dei fatti, anche della stessa specie, da parte di un soggetto risultato componente di un clan ancora in attività, risultano dimostrativi della piena ed ancora attuale intraneità dell'odierno ricorrente alle dinamiche delinquenziali in oggetto. 3. Osserva l'odierno Collegio che nessun vizio di motivazione è rinvenibile nell'ordinanza impugnata che si presenta caratterizzata da congruità e logicità di contenuto. Secondo l'orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l'ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo, la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità 1) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Nel caso in esame, come detto, il Tribunale ha motivato la sussistenza delle esigenze cautelari in ragione della gravità dei fatti, aggravati anche dall'art. 416-bis.l cod. pen. e non ha ritenuto superata in punto di adeguatezza la presunzione relativa di cui all'art. 275 comma 3 cod. proc. pen. In punto di diritto e con riferimento alla problematica legata al lasso temporale intercorso tra il tempo del commesso delitto e quello in cui è stata fatta la valutazione dalla permanenza della attualità e concretezza delle esigenze cautelari deve solo essere ricordato che il Tribunale ha fatto corretto uso del principio enunciato da questa Corte di legittimità e condiviso anche dall'odierno Collegio secondo il quale "La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall'art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un'attenuazione del giudizio di pericolosità)" (ex ceteris / Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Rv. 282766). Quanto detto porta a ritenere la manifesta infondatezza del ricorso proposto nell'interesse di Sc.Si. 4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. Così deciso il 25 giugno 2024. Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2024.
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