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Prove: pedinamento elettronico con GPS, è utilizzabile senza necessità di autorizzazione

Mezzi di prova

Cassazione penale sez. VI, 09/03/2023, n.15422

La localizzazione degli spostamenti tramite sistema di rilevamento satellitare GPS (c.d. pedinamento elettronico) è mezzo di ricerca della prova atipico non implicante un accumulo massivo di dati sensibili da parte del gestore del servizio, sicché le relative risultanze sono utilizzabili senza necessità di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria, non trovando applicazione per analogia la disciplina di cui all'art. 132, comma 3, d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 e successive modifiche, in tema di tabulati, e neppure i principi affermati dalla sentenza della Corte di giustizia Ue, grande sez., 5 aprile2022, causa C-140/2020, relativa alla compatibilità di "data retention" con le direttive 2002/58/Ce e 2009/136/Ce, sul trattamento dei dati personali e la tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni.

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Prove: pedinamento elettronico con GPS, è utilizzabile senza necessità di autorizzazione

Prove: la mancanza del nulla osta del PM all'inserimento nella banca dati nazionale del DNA di reperti biologici non rende inutilizzabile la raccolta di dati

Prove: tabulati telefonici, gli "altri elementi di prova" che devono corroborare i cd. "dati esteriori" possono essere di qualsiasi tipo e natura

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. B.C., C.V., D.C.F.G., D.C.S.G., D.D.A., D.N.G., M.G., R.S., T.A., T.M.F., T.G., per il tramite dei rispettivi difensori, e il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Caltanissetta ricorrono avverso la sentenza della Corte di Assise di appello di Caltanissetta che, per quel che in questa sede rileva, in parziale riforma della decisione resa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta del 25 febbraio 2021: ha ridotto la pena inflitta a B.C., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante della premeditazione e tenuto conto della contestata aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p., dell'aumento per la ritenuta continuazione con il reato di cui all'art. 416-bis c.p., nonché della riduzione per il rito prescelto, in anni venti di reclusione; ha rideterminato la pena inflitta a C.V., tenuto conto della riduzione per il rito prescelto e ritenuto il vincolo della continuazione tra la condotta oggetto del presente procedimento e i più gravi fatti giudicati con sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 13 maggio 2020, in complessivi anni tredici e mesi sei di reclusione; ha rideterminato la pena inflitta a M.G., tenuto conto della riduzione per il rito prescelto e ritenuto il vincolo della continuazione tra la condotta oggetto del presente procedimento e i più gravi fatti giudicati con sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 13 maggio 2020, in complessivi anni sedici e mesi sei di reclusione; confermando nel resto le statuizioni del precedente giudizio; ha confermato nel resto la sentenza nei confronti di D.C.F., D.C.S.G., D.D.A., D.N.G., M.L., R.S., T.A., T.M.F., T.G.. 1.1. L'ipotesi accusatoria vede i ricorrenti B.C., C.V., D.C.S.G., D.D.A., M.G., T.M.F. e T.G. partecipi dell'associazione di tipo mafioso denominata "(Omissis)" e segnatamente dell'articolazione della "famiglia di (Omissis)" (capo A). A tale delitto si ricollegano i reati-fine contestati ex artt. 110,628 e 629 c.p. a D.D.A. (capo C), delitto al quale concorre T.A. che però avrebbe agito al fine di agevolare la "famiglia S." di (Omissis); ex artt. 81,110,575 e 577 c.p. a B.C. (capo D); ex artt. 110,624 e 625 c.p. a D.C.S.G. (capo G) ed ex artt. artt. 56,81,110,628 e 629 c.p. a T.G. e T.M.F. (capo E). Al di fuori del suddetto ambito associativo di carattere mafioso si pongono invece le contestazioni mosse ex artt. 110,628 e 629 c.p. ad T.A., accusato di aver agevolato la famiglia mafiosa S. di (Omissis) (capo C); i delitti ex artt. 110,624,625 e 628 c.p., nonché artt. 2,4 e 7 L. n. 895 del 1967 contestati a D.N.G. (capi G, 1,3 e L); in ordine ai delitti di cui ai capi capi J e L risponde in concorso anche D.C.F.G. ed i delitti ex artt. 110,628 e 648 c.p. contestati a R.S. (capi 3 ed H). 1.2. Le decisioni di merito danno atto, anche attraverso puntuali richiami giurisprudenziali, che l'esistenza e l'operatività della diramazione dell'associazione mafiosa di "(Omissis)" denominata "famiglia di (Omissis)" trovano riscontro in numerose pronunce che, sin dal 1992, accertavano l'intensa attività criminosa della consorteria e delle sue principali vicende interne, che hanno visto mutarne l'aspetto in virtù delle lotte intestine e degli interventi dell'autorità giudiziaria. Da tali pronunce e in special modo dalle decisioni rese nell'ambito del processo cosiddetto "Leopardo", emergeva che la struttura di (Omissis) nel circondario di (Omissis) era contraddistinta dalla presenza di cinque famiglie tra cui, appunto, quella pietrina, al cui vertice risultano, da ultimo, i fratelli M.. Il particolare rilievo della "famiglia di (Omissis)" e', inoltre, confermato dagli esiti delle precedenti operazioni denominate "Kronos" e "Primavera", che indicano nella "famiglia di (Omissis)" il gruppo di riferimento per il territorio ennese, forte di strutturati rapporti con la famiglia S. - E. di (Omissis). La ricostruzione delle vicende della "famiglia di (Omissis)" relative agli anni che vanno dal 2015 al 2018 - poste alla base del presente procedimento - veniva effettuata dai Giudici di merito sulla base di complesse attività di indagine condotta dalle forze di polizia a partire dal 2015 che si avvalevano di intercettazioni, osservazioni e pedinamenti, tanto da consentire, secondo la decisione impugnata, l'individuazione del contributo apportato al sodalizio dei ricorrenti B.C., C.V., D.C.S.G., D.D.A., M.G., T.M.F. e T.G., sarebbe stato realizzato attraverso la messa a disposizione di immobili in cui svolgere gli incontri del gruppo, la realizzazione di suoi reati-fine, l'occultamento di armi, nonché la continua attività di "bonifica" dei mezzi utilizzati dalle microspie (capo A). B.C. è anche accusato del concorso - al fine di agevolare la suddetta consorteria mafiosa - nell'omicidio premeditato in danno di M.F.G., delitto di cui avrebbe curato, insieme ad altri, la fase preparatoria svolgendo attività di sopralluogo e studio delle abitudini della vittima, seppur non prendendo (sulla base di quanto statuito dal primo giudice) alla successiva fase esecutiva (capo D). D.C.F.G. è accusato: del concorso nel reato di rapina in danno D.C. e S.M. perché - insieme a R.S. e D.N.G. - si sarebbe introdotto nella abitazione delle vittime a volto travisato, colpendole ripetutamente con dei bastoni ed impossessandosi di un marsupio contenente diverse centinaia di Euro (capo J); del della detenzione e del porto illegittimo in luogo pubblico - in concorso con D.N.G. e G.G.L., per il quale si è proceduto separatamente - di una pistola ed un fucile di calibro imprecisato (capo L). D.C.S.G. è anche accusato del concorso, in qualità di organizzatore e al fine di agevolare la suddetta compagine mafiosa, nel furto realizzato previa effrazione della saracinesca del locale per mezzo di un'auto usata come ariete - della cassaforte del supermercato "(Omissis)" di (Omissis) contenente la somma di 15.725,00 Euro, (capo G). D.D.A. è anche accusato del concorso - al fine di agevolare la suddetta consorteria - nel reato di estorsione in danno dell'amministratore della società "(Omissis)" s.r.l., C.S.C.G., delitto che sarebbe stato eseguito minacciando l'imprenditore di impedire l'attività di posa di cavi in fibra ottica a lui affidata, laddove egli non avesse versato al sodalizio mafioso somme mensili di importo variabile tra Euro 600 e 1.000 (capo C). D.N.G. è accusato: del concorso, in qualità di esecutore materiale, nel furto della cassaforte del supermercato "(Omissis)" di (Omissis) di cui sopra è cenno (capo G); del furto, ai danni D.C. e S.M., di un sacco contente chilogrammi 30 di mandorle, seguito alla introduzione nella abitazione mediante effrazione di alcune tegole di copertura dello stabile (capo I); del concorso nel reato di rapina in danno D.C. e S.M. perché insieme a R.S. e D.C.F.G. - di cui sopra (capo J); nonché della detenzione e del porto illegittimo in luogo pubblico - in concorso con D.C.F.G. e G.G.L., per il quale si è proceduto separatamente - di una pistola ed un fucile di calibro imprecisato (capo L). R.S. è accusato del concorso nel reato di rapina in danno D.C. e S.M. (capo J), nonché del reato di ricettazione, poiché avrebbe ricevuto, al fine di occultarle e poi cambiarle, parte delle banconote provento del furto della cassaforte del supermercato "(Omissis)" di (Omissis) (capo H). T.A. è accusato, quale partecipe e reggente della "famiglia mafiosa S." di (Omissis), del concorso nel reato di estorsione in danno dell'amministratore della società "(Omissis)" s.r.l., C.S.C.G., di cui sopra (capo C). T.M.F. e T.G. sono accusati anche del concorso - al fine di agevolare la associazione mafiosa - nella tentata estorsione in danno del rappresentante della A.T.I. "(Omissis)" s.r.l. - "(Omissis)" s.r.l., D.C., delitto tentato che veniva perseguito, dapprima, collocando una bottiglia di liquido infiammabile presso il cantiere in cui la ditta svolgeva i lavori di consolidamento della chiesa di (Omissis) e, successivamente, presentandosi e richiedendo di ottenere dei posti di lavoro, quindi facendo rinvenire nel cantiere un lume cimiteriale con due cartucce di fucile, al fine di indurre la società a versare del denaro o sottostare alla assunzione di personale, non riuscendo nell'intento per il rifiuto della parte offesa che risolveva il contratto (capo E). 2. B.C., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A (partecipazione all'associazione mafiosa) e D (concorso nell'omicidio premeditato di M.F.G.), deduce quattro motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione della normativa in materia di dati personali alla luce dell'interpretazione che deve essere assegnata alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e conseguente inutilizzabilità delle risultanze acquisite ex art. 191 c.p.p. con particolare riferimento al tracciato che avrebbe consentito di ricostruire il percorso effettuato dal mezzo monitorato il 9 luglio 2017. 2.1.1. Secondo le difese sono illegittime e, pertanto, inutilizzabili le prove acquisite dagli inquirenti attraverso la collocazione di un localizzatore "GPS" sul veicolo che gli imputati avrebbero impiegato durante la preparazione del delitto di cui al capo D), poiché, trattandosi di attività lesiva del diritto alla vita privata dei soggetti coinvolti quale tutelato dall'art. 8 CEDU, l'assenza di un provvedimento di autorizzazione del giudice dovrebbe risolversi, alternativamente, nell'inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita ex art. 191 c.p.p. o nell'illegittimità costituzionale della normativa nazionale che consente tale operazione in assenza di idonea copertura giurisdizionale. Il ricorrente, a sostegno della rilevanza della questione ai fini dell'ammissibilità del ricorso in parte qua, rileva come l'implicazione di B.C. nell'omicidio di M.F.G. sia stata ricostruita solo grazie a tale mezzo di controllo, senza il quale verrebbe meno il cospicuo patrimonio conoscitivo che ha consentito di ricostruire la condotta del ricorrente nella parte in cui è stato ritenuto significativo il contributo fornito con l'esecuzione del sopralluogo che aveva preceduto il delitto. Le difese, pur dando atto dell'esistenza di giurisprudenza in senso difforme a cui hanno fatto riferimento entrambe le decisioni di merito, ritengono che la stessa non tenga conto degli interventi legislativi (D.L. 30 settembre 2021 che ha apportato modifiche al del D.Lgs. n. 196 del 2003 art. 132 comma 3 in ordine alla disciplina da osservare ai fini dell'acquisizione dei tabulati telefonici) e dei più recenti arresti delle Corti sovrannazionali (il riferimento è alla decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 5 aprile 2022, C.140/2020, p. 34 e p. 45) nella parte in cui è stato assegnato alla direttiva 2002/58 il significato di tutelare, non solo l'acquisizione dei "tabulati telefonici", ma anche delle "comunicazioni e (de)l relativi dati sul traffico o di sottoporre a qualsiasi altro mezzo di intercettazione o di sorveglianza, senza il consenso degli utenti interessati", salvo la legale autorizzazione in conformità all'art. 15, p. 1 della medesima direttiva (p. 34); secondo il ricorrente, esplicito è il riferimento della citata decisione allorché (p. 45) richiama "le abitudini della vita quotidiana, i luoghi di soggiorno permanenti o temporanei, gli spostamenti giornalieri o di altro tipo". Quale paradigma ne discende, pertanto, la diretta inutilizzabilità della prova illegalmente acquisita in violazione dell'art. 8 CEDU, salvo ritenere sussistente l'illegittimità costituzionale della disciplina introdotta con il citato D.L. n. 132 del 30 settembre 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 novembre 2021, n. 178, nella parte in cui ha modificato l'art. 132 D.Lgs. n. 196 del 2003, là dove omette di regolamentare il "tracciamento" della vita privata del cittadino. Sarebbe, pertanto, possibile una interpretazione adeguatrice che preveda l'estensione dell'attuale normativa in materia di acquisizione di tabulati telefonici, tanto più se si osserva che il controllo degli spostamenti non attiene all'acquisizione di dati conservati, ma al monitoraggio diretto di dati parimente sensibili. La decisione della CGEU del 5 aprile 2022 (con particolare riferimento ai p.p. 124 e 125) consente di ritenere egualmente superato il principio di diritto espresso nella sentenza di questa Corte secondo cui la disciplina transitoria introdotta dall'art. 1, comma 1-bis, del D.L. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 novembre 2021, n. 178, - che ha consentito, a determinate condizioni, l'utilizzazione dei dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico e alle chiamate senza risposta pur acquisiti nei procedimenti penali in data antecedente all'entrata in vigore del D.L. citato - è compatibile con l'art. 15, p. 1, Direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni, modificata dalla Direttiva 2009/136/CE, dovendosi pertanto ritenere che gli effetti della citata direttiva debbano decorrere a far data dalla sua entrata in vigore, momento in cui veniva imposto all'ordinamento italiano un adeguamento della normativa interna. 2.1.2. Le difese rilevano come non sia stato consentito loro di accertare direttamente la regolarità anche tecnica delle operazioni e la loro corretta "traduzione" dei percorsi decifrati dalle informative di polizia giudiziaria, deduzione a cui i Giudici di merito hanno fornito risposta inconferente, dando atto delle modalità attraverso cui la polizia giudiziaria avesse proceduto nel rilevamento, risposta che ha lasciato inevasa la dedotta impossibilità, in capo alla difesa, di poter esercitare un controllo su detto materiale perché non messo a disposizione. Osserva il ricorrente, inoltre, che giurisprudenza di questa Corte, pur ritenendo il mancato deposito della documentazione raccolta durante le indagini irrilevante ai fini della validità dell'esercizio dell'azione penale, reputa detta omissione incidente sulla sua utilizzabilità. 2.1.3. I Giudici di merito hanno omesso di motivare in ordine alla deduzione che censurava l'omessa immediata trasfusione del "pedinamento a distanza" nelle relazioni di servizio come richiesto da giurisprudenza di questa Corte. 2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 416-bis c.p., 192, 533 e 546 c.p.p. quanto a ritenuta partecipazione D.C. Bonfirrato all'associazione di tipo mafioso. 2.2.1. Secondo le difese, l'affiliazione mafiosa del ricorrente si risolve in un indebito ragionamento circolare nell'ambito del quale B.C. è stato ritenuto partecipe del sodalizio perché coinvolto nell'omicidio di cui al capo D) e, d'altro canto, ritenuto responsabile dell'omicidio perché facente parte del sodalizio mafioso. Non può essere valorizzato il sopralluogo effettuato il 9 luglio 2017 precedente all'uccisione di M.F.G.', visto che uno dei soggetti presente a tali fatti ( Di.Di.An.) non è stato ritenuto responsabile di partecipazione all'associazione mafiosa; non provata, e comunque compatibile con la sua estraneità al sodalizio, è la presunta opera di dissuasione al pentimento rivolta da B.C. al padre, detenuto, tenuto conto che la frase captata "mi ha detto il dottore (...) non ci scherzare con la salute" non era tesa a veicolare messaggi inviati da M.V. (detto "il dentista" o "il dottore"), ma costituiva una raccomandazione rivolta al genitore le cui condizioni di salute erano realmente compromesse, mentre insignificante risulta la sua presenza ad un bar di (Omissis) in cui si afferma esserci stato un incontro tra vertici mafiosi, illogicamente scartando l'ipotesi che la presenza del ricorrente potesse essere occasionale (a fronte di decine di riunioni monitorate dagli inquirenti ai quali non è mai stata registrata la sua partecipazione) e ben spiegabile con la sua semplice familiarità a quei luoghi. La difesa censura l'incedere per episodi da parte dei Giudici di merito a fronte della necessaria verifica del ruolo eventualmente assunto dal ricorrente all'interno del sodalizio, ricostruito solo a posteriori attraverso le attività che avrebbero portato a ritenere il B. concorrente nel delitto di cui al capo D) in ordine al quale, l'assenza di un individuato movente, se non riferito al generico contesto mafioso, impedisce di intravedere qualsivoglia valenza significativa. I Giudici non hanno, secondo le difese, fornito risposta alle plurime deduzioni che rappresentavano l'occasionale presenza di B.C. presso il "(Omissis)" di (Omissis), all'assenza di ulteriori significativi spostamenti monitorati sull'auto del medesimo, pur sottoposta a controllo con "GPS", all'assenza di attenzione in ordine alla presenza di microspie nell'auto del ricorrente allorché le stesse erano state invece rinvenute in altre autovetture immediatamente sottoposte a bonifica; detto elemento, valutato in malam partem per altri imputati, non viene valorizzato in senso favorevole alla posizione di B.C.. 2.2.1. Insignificante, ai fini della ritenuta aggravante della partecipazione ad associazione mafiosa armata ex art. 416-bis, comma 4, c.p. risulta la conversazione intercettata tra M. ed altro soggetto allorché il primo fa riferimento ad un qualcosa che porterebbe sempre in tasca B.C., che non si esclude possa essere un'arma bianca. La ritenuta partecipazione del ricorrente alla fase prodromica dell'omicidio di cui al capo D), essendo la partecipazione alla fase esecutiva esclusa già dal Tribunale, fa ritenere illogico che "i correi conoscessero o ignorassero per colpa che lo stesso disponesse o potesse disporre di armi". 2.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 575 e 577, n. 3, c.p., 192, comma 2, 533, comma 1, e 546, lett. e), c.p.p. in merito all'omicidio di M.F.G.'. 2.3.1. Il ricorrente premette che la responsabilità è stata desunta dalla partecipazione del medesimo al sopralluogo avvenuto una settimana prima rispetto alla data dell'omicidio. Inidoneo a provare la presenza sul luogo e nel giorno del sopralluogo risulta, invero, il riferimento contenuto nelle trascrizioni a " C." (inteso quale " C."), dai membri della vettura impegnata nel sopralluogo, essendo il dato scaturito da una traccia audio fortemente disturbata e incomprensibile per i rumori di sottofondo e per la posizione dei colloquianti. La Corte di merito non ha preso in esame la consulenza tecnica redatta per conto della difesa ritenendo assente l'elaborato dal fascicolo di primo grado; detta evenienza, qualora conosciuta dalla difesa (che ha potuto apprendere della circostanza solo al momento della lettura della sentenza), sarebbe stata facilmente superabile attraverso la consegna da parte della difesa dell'atto già corrisposto al pubblico ministero, non indifferente il dato a mente del quale il contenuto della consulenza poteva essere valutata previa ricostruzione degli atti mancanti ex artt. 112 e 113 c.p.p.. La domanda formulata nei colloqui intercettati da un interlocutore ad una autovettura di marca BMW, auto posseduta dal padre di B.C. che sarebbe stata riparata, è elemento connotato da scarsa efficacia individualizzante; non significativo è il riferimento ad una autovettura di marca Mercedes a cui accennano gli occupanti dell'auto, anche a causa della scarsa qualità delle registrazioni; arbitrario risulta poi il senso assegnato ad una frase del M. che ha citato tale " C." quale soggetto che avrebbe avuto una proprietà privata, come B.C., nelle vicinanze della casa della vittima; è stata assegnata illogica importanza all'orario in cui veniva effettuato il sopralluogo, al luogo degli incontri e al percorso effettuato, pur avendo le difese fatto notare come non fosse logico partecipare senza poi partecipare al delitto, deduzione rimasta priva di risposta; il riferimento emerso dalle captazioni a persone amanti dei cavalli non è idoneo ad individuare la vittima visto non sono stati rinvenuti equini nella proprietà di costui; così come non vale a denotare un'attenzione nei suoi confronti il riferimento ad una "Mercedes" visto che sul luogo in questione erano presenti vetture corrispondenti a tale marca e, alla data del presunto sopralluogo, la vittima non aveva ancora iniziato ad usare la propria. E' incompatibile con l'asserita presenza del ricorrente sul luogo del sopralluogo la circostanza che il suo telefono avesse agganciato una cella telefonica lontana (47 minuti d'auto) solo quattro minuti dopo il presunto incontro, eventualità che è stata indebitamente pretermessa dai giudici che hanno dato spiegazione non verificabile in ordine alla mera possibilità che fossero state agganciate più celle poste il località differenti, circostanza che la difesa non ha potuto verificare a causa del mancato reperimento dei tabulati a cui rinvia la Corte di merito. Viene censurata l'assenza del necessario coefficiente psicologico del reato così come la sua premeditazione, visto che la data del sopralluogo precede la data in cui, secondo la sentenza di primo grado, era stato deciso l'omicidio. 2.3.2. Quanto alla sussistenza della finalità mafiosa, l'impugnata sentenza è carente in punto di individuazione del movente spiegato attraverso il non conferente riferimento al contesto mafioso che collegava l'omicidio a contrasti tra consorterie, non potendosi certo valorizzare la funzione di autista svolta trent'anni prima dalla vittima in favore di soggetti del rilievo del sodalizio, chiaro errore contenuto in sentenza allorché la condotta viene attribuita al ricorrente e non alla vittima. Quanto al metodo mafioso non si rinvengono motivazioni, mentre le modalità del delitto risultano non dissimili da quelle di un qualsiasi omicidio sorto in ambiente criminale "comune". 2.4. Con il quarto motivo si censura l'inutilizzabilità delle intercettazioni successive al 24 dicembre 2016 e poste a fondamento del capo D) dell'accusa, per carenza di continuità dei provvedimenti autorizzativi successivi alla prima scadenza. 2.5. Con integrazione dei motivi depositata il 5 settembre 2022 la difesa deduce violazione di legge in ordine alla quantificazione della pena accessoria essendo stata confermata (in tal senso il dispositivo) la pena della decadenza della potestà genitoriale e l'interdizione legale oltre che l'obbligo di pubblicazione della sentenza di condanna ex art. 36 c.p.. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Caltanissetta deduce carenza di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alle riconosciute circostanza attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p. in favore di B.C.. Secondo il Procuratore ricorrente non sussistono elementi per giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche in favore di B.C.; la carenza di precedenti non può fondare il beneficio, né può dirsi secondario il contributo apportato alla commissione dell'omicidio ascrittogli; allo stesso modo, il riferimento al contesto familiare del ricorrente, fortemente inquinato dal fenomeno mafioso, appare inconferente e comunque non può sostenersi che abbia esercitato su di questi una forza costringente tale da imporgli la commissione dei reati ascritti; egli, inoltre, non ha ammesso nessuno dei fatti contestatigli. 4. C.V., ritenuto partecipe della associazione mafiosa di cui al capo A), propone tre motivi di ricorso di ricorso. 4.1. Con il primo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine all'art. 416-bis c.p.. La Corte territoriale ha errato a ritenere il ricorrente partecipe dell'associazione mafiosa riconducibile alla "famiglia di (Omissis)", condotta fondata su elementi scarsamente dimostrativi del vincolo associativo. La decisione ha valorizzato il contributo fornito da C.V. nella rimozione dei localizzatori "GPS" dalle auto di alcuni sodali, dato non dimostrato e comunque non idoneo a dimostrare l'intraneità al sodalizio, visto che detta attività interessava anche altri soggetti a cui non è stata contestata la partecipazione alla compagine mafiosa. Il ricorrente premette di essere stato imputato nell'ambito del procedimento cosiddetto "Primavera", unitamente a S.C., in ordine al reato di estorsione ai danni della "COGEN", imputazione da cui venivano assolti entrambi. Osserva, invero, che gli stessi elementi utilizzati in detto procedimento sono stati illogicamente richiamati per provare la partecipazione all'associazione mafiosa valorizzando il dato che vedeva S. e C. continuare a prestare la propria attività lavorativa presso la "(Omissis)" fino al loro arresto avvenuto nel giugno 2016 nell'ambito della cosiddetta operazione "Primavera" e ciò grazie all'intervento di M.G. e M.G.. Risulta contraddittoria, da un lato, la valorizzazione del contenuto della sentenza di assoluzione fondata sulla contiguità mafiosa della "(Omissis)", dall'altro, ritenere che i vertici della stessa fossero influenzabili tanto da impedire il licenziamento del C.. Significativo e', invece, l'estraneità all'accusa di partecipare all'associazione mafiosa D.C. S. nonché l'assenza di elementi concreti che dimostrino la presenza dei vertici della "(Omissis)" e di M.G. alla riunione in cui sarebbe stato deciso di non licenziare C.V.. La sentenza omette - secondo la difesa - di valorizzare la dedotta assenza di contatti con gran parte dei membri della consorteria e di evidenziare un concreto contributo fornito al programma sociale, visto che il contenuto delle conversazioni intercettate era prevalentemente incentrato su tematiche lavorative. La difesa censura l'ampiezza cronologica della contestazione dal novembre 2015 al giugno 2016, a fronte di un "protagonismo" nella vicenda tra il 21 gennaio e marzo 2016 e l'estraneità di C.V. ai reati fine. Erronea risulterebbe la contestazione al ricorrente - in assenza di prova del possesso di armi o della consapevolezza del possesso di armi da parte di altri dell'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma 4, c.p., non potendosi invocare a suo fondamento la sola circostanza che "(Omissis)" sia convenzionalmente un'organizzazione armata e che il ricorrente non potesse ignorare tale circostanza. 4.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alla mancata concessione delle circostanze generiche, in ragione del limitato apporto del ricorrente e della sporadicità delle condotte contestate. 4.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alla determinazione dell'aumento di pena inflitto a titolo di continuazione tra i fatti di cui al presente procedimento e quelli oggetto di condanna da parte della Corte di appello di Caltanissetta del 13 maggio 2020, aumento sproporzionato e svicolato dai presupposti previsti dagli artt. 132 e 133 c.p.. 5. D.C.F.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi J) (rapina aggravata) e L) (detenzione e porto di armi comuni da sparo), deduce tre motivi di ricorso. 5.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p. in ragione della particolare tenuità del danno patrimoniale sofferto dalle persone offese, pari a poche centinaia di Euro. 5.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p. non avendo i Giudici di merito tenuto conto dello spontaneo ed integrale risarcimento delle persone offese, avvenuto prima dell'inizio del giudizio. Illogica e immotivata risulta la decisione della Corte di Assise di appello che ha giudicato tale risarcimento non esaustivo, nonostante le vittime si fossero dichiarate soddisfatte della corrisposta somma di Euro 5.000, somma più che adeguata alla luce dell'impossessamento da parte del ricorrente di poche centinaia di Euro. 5.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle contrapposte aggravanti, deponendo a favore di tale esito l'entità del risarcimento fornito dal ricorrente, accettato dalle vittime. Del pari sproporzionate risultano, a dire della difesa, la pena base e l'aumento di pena inflitto dalla Corte di Assise di appello per il capo L), essendo questa una fattispecie di modesta entità, estranea alle vicende di qualsivoglia sodalizio mafioso. 6. D.C.S.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi A) (associazione mafiosa) e G (furto pluriaggravato di una cassaforte con all'interno la somma di Euro 15.725,00 ai danni del supermercato (Omissis)), formula tre motivi di ricorso. 6.1. Con il primo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla partecipazione del ricorrente all'associazione mafiosa; sarebbe rimasto non dimostrato il ruolo dinamico assunto dal medesimo con particolare riferimento all'asserita messa a disposizione per coadiuvare e supportare i fratelli M., al vertice del sodalizio. La difesa osserva come la partecipazione del ricorrente ai numerosi incontri tra sodali cui fa cenno la sentenza è evenienza contraddetta dalle risultanze probatorie. La circostanza che l'odierno ricorrente avesse accompagnato con la propria autovettura M.V. da D.C.V. non è idonea a fondare un suo coinvolgimento mafioso, in assenza di effettiva partecipazione all'incontro tra i due. La conversazione asseritamente intercorsa tra T., M., D.C.V. e il ricorrente, avente ad oggetto argomenti illeciti, non è idonea a fondare l'accusa alla luce della perizia da cui emerge l'impossibilità di identificare gli interlocutori. Non costituisce - secondo la difesa - esplicita confessione in ordine all'appartenenza di D.C.S.G. alla consorteria mafiosa di (Omissis) il contenuto della conversazione intercorsa con la moglie, intercettata in auto in data 1 settembre 2018, non potendosi escludere che si trattasse di mera vanteria laddove il racconto aveva ad oggetto un contrasto tra due soggetti. Non costituisce prova della partecipazione, ma semmai segna la distanza dalla stessa, il contenuto della conversazione del 27 marzo 2018 tra D.C.V. e D.C.S.G., in cui il ricorrente, contrariamente a quanto enunciato in sentenza, consigliava al cugino di stare lontano dai membri del sodalizio. Non costituisce indizio del coinvolgimento nel sodalizio il tenore della conversazione del 30 marzo 2018 allorché affermava (testualmente) "in questi giorni ne ragionavamo con E.", frase con cui intendeva riferirsi al cugino D.C.V. e non a M.V., circostanza evincibile dal fatto che in altri punti della conversazione il riferimento a M.V. avveniva senza fare uso di termini ambigui. Il valorizzato delitto di furto al supermercato di cui al capo G) non tiene in considerazione la circostanza che il ricorrente ha utilizzato per propri fini il denaro che non è stato destinato, neppure in parte, all'associazione mafiosa. E', altresì, significativo che il ricorrente non fosse ricompreso tra i membri del sodalizio di cui alla operazione "Primavera", né risulta essere stato coinvolto nel traffico di stupefacenti del sodalizio messo in luce nell'operazione "Ultra", tutte circostanze che risultano incompatibili con la partecipazione al gruppo che dal traffico di stupefacenti traeva i maggiori profitti. 6.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. per il reato di furto di cui al capo G). Emerge dagli atti che gli autori del delitto avevano realizzato il furto per personale vantaggio, tenendo per sé la corrispondente refurtiva che tentavano di riciclare autonomamente scambiando il denaro illecitamente ottenuto in diversi distributori di benzina della zona. Da nessun elemento emerge che il delitto ha avvantaggiato la "famiglia di (Omissis)"; nessuna connessione potrebbe attribuirsi all'individuazione di M.V. quale mandante del furto, visto che il provento illecito rimaneva nell'esclusiva disponibilità degli autori materiali. 6.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione all'art. 62-bis c.p., non avendo la Corte di Assise di appello debitamente valorizzato i plurimi indici che avrebbero giustificato la concessione delle circostanze attenuanti generiche, quali, per esempio, l'ammissione di responsabilità del ricorrente in ordine al reato di furto, l'estraneità al traffico di sostanze stupefacenti e l'assenza di pervicacia dell'azione. 7. D.D.A., accusato dei delitti di cui ai capi A) (associazione mafiosa) e C) (estorsione aggravata ai danni di C.S.C.G., responsabile della società "(Omissis)"), deduce quattro motivi di ricorso. 7.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all'art. 416-bis c.p.. 7.1.1. La partecipazione alla cosca di (Omissis) viene fondata sulla attività di rimozione del sistema di captazione posto dalla polizia giudiziaria nell'auto del sodale 24Curatolo Gaetano, senza però apprezzare che il ricorrente, a fronte di una sistematica attività del sodalizio, prendesse parte ad un solo evento in cui nessuna conversazione captata era stata ritenuta significativa, contraddittoriamente escludendo dal contesto il figlio che, secondo l'accusa, aveva preso parte alle operazioni di "bonifica" del mezzo. Vengono illogicamente valorizzati gli incontri (del 2 giugno 2016, del 2 novembre 2016, del 9 gennaio 2017, del 7 giugno 2017) a cui il ricorrente avrebbe presenziato, senza però specificare il ruolo che avrebbe assunto in detti contesti, né spiegare quale fosse l'oggetto delle riunioni durante le quali non risultava interagire con altri partecipi, mostrava il proprio disappunto verso l'evento e non si attivava per accogliere gli altri partecipi (incontro del 7 giugno 2017). La sentenza non fornisce, inoltre, indicazione del contributo casualmente rilevante del D.D. al sodalizio contestato dal novembre 2015 al dicembre 2018 che andava invece circoscritto al periodo novembre 2016 -giugno 2017, né spiega come e quando sarebbe avvenuto il suo ingresso. 7.1.2. L'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma 4, c.p. risulta erroneamente contestata, non potendosi ritenere sussistente per il solo fatto notorio che l'associazione mafiosa denominata "(Omissis)" sia un sodalizio armato, visto che non è stato dimostrato che il ricorrente disponesse di armi o fosse consapevole del possesso di armi da parte degli altri associati. 7.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla presunta partecipazione del ricorrente all'estorsione aggravata di cui al capo C). 7.2.1. Il ricorrente premette di essere stato accusato di aver concorso nella realizzazione di una estorsione aggravata nei confronti della ditta "(Omissis)" s.r.l. costringendo C.S.C.G. a versare periodiche somme di denaro per i lavori eseguiti in sub-appalto per conto della "(Omissis)" s.p.a. nei Comuni di (Omissis) e (Omissis) in favore delle "famiglie" mafiose di (Omissis) e (Omissis); osserva che, sia nell'imputazione relativa al procedimento penale n. 377/16 RGNR per il quale si è proceduto separatamente, sia in quella del presente procedimento non si fa cenno alla specifica condotta contestata in relazione al reato di estorsione ai danni della ditta "(Omissis) s.r.l.". Secondo la difesa non vi è prova che le riunioni a cui avrebbe partecipato con C.G. fossero finalizzate all'estorsione, né che il ricorrente avesse preso parte agli incontri del 6 e 11 novembre 2017. Rileva come il furto di ottobre 2016 non avesse attinenza con l'estorsione che si era realizzata in un diverso periodo - ma connesso alla diversa contestazione afferente al procedimento n. 377/2016 RGNR, mentre il presunto fine estorsivo del "summit" del 7 giugno 2017 risulta contraddetto dal fatto che agli altri partecipi non è stato contestato il reato, né è stato dimostrato il ruolo del ricorrente in detti contesti. La Corte di merito non avrebbe considerato che l'estorsione rientrava nella "competenza" della "famiglia S." di (Omissis) in ragione del luogo ove i lavori erano stati eseguiti e non di quella di (Omissis), evenienza che impedisce di intravedere la realizzazione di arricchimento dei vertici di tale associazione e, a maggior ragione, di un semplice partecipe quale il ricorrente. 7.2.2. La Corte di appello ha, altresì, errato nel ritenere integrate le aggravanti del metodo e dell'agevolazione mafiosa, mancando la prova che i proventi siano stati introitati dalla "famiglia di (Omissis)", né risulta che siano state realizzate condotte evocative del metodo mafioso, visto che il furto dei mezzi dell'impresa costituisce fatto - anche cronologicamente - distinto dalla contestata estorsione. 7.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche; non è stato valorizzato il limitato apporto del ricorrente che, a fronte di una copiosa quantità di reati-fine della consorteria, è accusato di un unico episodio. 7.4. Con il quarto motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla dosimetria della pena base e all'aumento inflitto per la continuazione per il capo C), pene entrambe eccessive rispetto allo scarso contributo dato dal ricorrente. 8. D.N.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi G) (furto pluriaggravato di una cassa(Omissis) con all'interno la somma di Euro 15.725 ai danni del supermercato (Omissis)), I) (furto aggravato ai danni di S.C. e S.M. di circa 30 chilogrammi di mandorle), J) (rapina aggravata con irruzione all'interno della abitazione di S.C. e S.M.) e L) (detenzione e porto di una pistola semiautomatica ed un fucile), deduce cinque motivi di ricorso. 8.1. Con il primo motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione al furto aggravato di cui al capo G). La Corte di appello si è limitata a rinviare alla motivazione resa in ordine alla posizione del concorrente, senza però confrontarsi con le censure formulate in sede di appello. In particolare, nessuna risposta è stata fornita alle critiche rivolte al significato delle intercettazioni in realtà prive di riferimenti al ricorrente o al ruolo dal medesimo svolto, né sarebbe stata giustificata la rilevata discrepanza tra il numero di concorrenti materiali identificato dall'accusa, pari a tre, e la contestazione formulato dalla Corte territoriale nei confronti del solo D.N.. 8.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione al capo I). La decisione ha effettuato un acritico rinvio alle motivazioni del Tribunale, senza confrontarsi con i motivi di gravame. Non emerge dalle risultanze che l'interlocutore di D.C.F.G. fosse effettivamente il ricorrente; nessuna spiegazione è stata fornita circa la rilevata discrepanza tra il quantitativo di mandorle cui è cenno nelle intercettazioni e quello oggetto di furto; né, infine, è stata considerata l'incompatibilità temporale del furto rispetto ai contatti avuti da D.N. con D.C.. 8.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione al capo J), essendosi - anche in tal caso - la Corte territoriale limitata ad effettuare un acritico rinvio alle motivazioni del Tribunale, senza alcun confronto con le censure formulate. Nessuna argomentazione è stata fornita a sostegno dell'asserita presenza del ricorrente nell'autovettura Fiat Punto in uso a D.C.F.G., né in ordine alla dedotta incompatibilità tra la presenza temporale della rapina, stante lo spazio che il ricorrente avrebbe dovuto percorrere per commetterla; né viene spiegato come possa conciliarsi la partecipazione di D.N.G. con la circostanza che la persona offesa non lo indichi tra i soggetti partecipi. 8.4. Con il quarto motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione al capo L) dell'accusa. Erronea risulta l'affermazione di responsabilità del ricorrente fondata sulla parte delle captazioni da cui si sentirebbe lo "scarellamento" di un'arma, non essendo stato dimostrato che quel rumore fosse riferibile ad un'arma da sparo, né che tale arma fosse vera. 8.5. Con il quinto motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non essendo stato spiegato perché gli elementi addotti dalla difesa a sostegno della richiesta - la lievità del danno, l'occasionalità della condotta e il ridotto contributo apportato dal ricorrente - non siano stati ritenuti rilevanti. 9. M.G., ritenuto responsabile del delitto di cui al capo A) (associazione mafiosa), deduce tre motivi di ricorso. 9.1. Con il primo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla ritenuta responsabilità del ricorrente per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p.. Tra le plurime censure la difesa rileva l'assenza di prova in ordine alla "bonifica" da parte del ricorrente delle auto di due presunti affiliati. Illogica risulta la parte della decisione che ha ritenuto la citata condotta posta in essere in favore dell'auto del M. sol perché l'auto si trovava nell'officina del ricorrente; il M. si era limitato ad accertare il guasto presente sul veicolo ed aveva consigliato al cliente, per risolvere il problema connesso all'eccessivo consumo della batteria, di rivolgersi ad un elettrauto. Non è dato rilevare sulla base di quali elementi la sentenza abbia ritenuto che analoga opera sia stata effettuata sull'auto di C.V., soggetto che era in grado di provvedere autonomamente all'esecuzione di simili interventi. Erronea risulta, altresì, l'attribuzione a M.G. del ruolo di mediatore nella vicenda che ha visto C.V. rischiare il licenziamento presso la società "(Omissis)", tenuto conto dell'intervenuta assoluzione di costui per l'ipotesi di estorsione nei confronti dei vertici dell'azienda. I testi M.D. e il Maggiore S.C. hanno escluso che la "(Omissis)" avesse mai subito atti violenti o intimidatori con conseguente impossibilità di valorizzare contegni riconducibili all'associazionismo mafioso. La decisione ha, inoltre, omesso di rispondere al motivo di appello attraverso cui si censurava la prova che il ricorrente avesse partecipato al "summit" del 9 febbraio 2016, evenienza in contrasto con gli esiti del procedimento "Kronos", in cui M. non viene annoverato tra i partecipanti con conseguente assenza di elementi che depongano per l'adesione del ricorrente al sodalizio mafioso venendo meno l'unico contatto del medesimo con gli altri affiliati. 9.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all'accertamento dell'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma 4, c.p.. Erronea risulta la ravvisata sussistenza dell'aggravante del carattere armato dell'associazione mafiosa poiché fondata sul semplice possesso di armi da parte del ricorrente quale accertato nel diverso procedimento "Primavera", né si comprende se tali armi fossero destinate alla consorteria e non, invece, detenute a titolo meramente personale. 9.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena. La Corte di Assise di appello - rappresenta la difesa - ha omesso di spiegare le ragioni ostative alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e di valutare adeguatamente il limitato arco temporale della condotta e lo svolgimento da parte dell'imputato di regolare attività lavorativa. Quanto alla pena, non risulta siano stati applicati i presupposti previsti dagli artt. 133 e 133-bis c.p., operando un aumento in violazione dell'art. 81 c.p., in relazione alle precedenti condanne riportate dall'imputato nei procedimenti cosiddetti "Leopardo" e "Primavera". 10. R.S., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi (rapina ai danni S.C. e S.M.) e H (ricettazione del denaro provento di furto della cassaforte ai danni del supermercato (Omissis)), deduce cinque motivi di ricorso. 10.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. c) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 8,9,21 comma 2, 183 e 458 commi 1 e 2 c.p.p. nella parte in cui la Corte di Assise di appello ha ritenuto implicitamente rinunciata l'eccezione di incompetenza territoriale avanzata dalla difesa in primo grado parallelamente alla richiesta di rito abbreviato. Tale eccezione - secondo la difesa - in quanto strettamente connessa al principio del "giudice naturale", non poteva dirsi caducata allorché veniva fissata l'udienza da parte del Giudice delle indagini preliminari, non essendo necessario che la parte riproduca l'eccezione di competenza la cui sede naturale rimane quella in cui ha richiesto ex art. 538 c.p.p. anche il rito abbreviato. Secondo la difesa, pertanto, nel momento in cui la Corte di Assise di appello ha ritenuto intempestiva l'eccezione non ha adeguatamente ponderato che la stessa non assume alcun rilievo dovendosi ritenere unica sede per la formulazione quella in cui, nei termini, l'imputato ha richiesto il rito abbreviato dopo la notifica del decreto che dispone il giudizio immediato. Da un canto, quindi, nessuna valenza avrebbe potuto assumere un'eventuale revoca della manifestazione di volontà con cui il ricorrente aveva richiesto il giudizio abbreviato, non più nella disponibilità delle parti una volta manifestata l'espressa richiesta nei termini, dall'altro, non può essere ritenuta significativa quale tacita rinuncia dell'eccezione di incompetenza territoriale la mancata reiterazione della stessa visto che, una volta che sia stata tempestivamente proposta, può essere coltivata nel corso del giudizio abbreviato sino a quando non sia intervenuta la pronuncia. 10.2. Con il secondo motivo si deduce mancanza di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione al capo J), poiché l'asserita partecipazione del ricorrente alle principali fasi della rapina (al pedinamento, al sopralluogo, al reclutamento di tale Bavuso, al momento cruciale e alle conversazioni successive) risulta priva di prova; la Corte di merito non si confronta con la testimonianza resa da T.F. il quale ha affermato che al momento del delitto il ricorrente si trovava al cimitero di (Omissis) intento a tumulare una salma, circostanza incompatibile con l'accusa. 10.3. Con il terzo motivo si deduce l'illogicità della motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione al capo H) nella parte in cui si ritiene che l'imputato abbia ricevuto da D.C.S.G. il denaro provento del furto per poi occultarlo. Detta accusa contrasta sia con l'assunto secondo cui il fine di D.C.S.G. fosse quello di impossessarsi del denaro, sia con il contenuto delle intercettazioni da cui emerge che possessore delle banconote fosse in realtà tale " D.". Le conversazioni captate non dimostrerebbero la responsabilità del ricorrente, né si potrebbe attribuire tale forza alle propalazioni di D.C., mancando della necessaria gravità, precisione e concordanza. 10.4. Con il quarto motivo si deduce l'illogicità della motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione al capo H) (ricettazione delle banconote provento del furto effettuato presso il Supermercato (Omissis)) nella parte in cui il dolo del ricorrente viene ritenuto sussistente per il solo fatto di aver ricevuto banconote macchiate d'inchiostro da parte di soggetti stabilmente dediti al crimine dopo che nel paese di (Omissis), anche per il tramite della stampa locale, era circolata la notizia di un furto al supermercato. Dalle captazioni non e', infatti, possibile evincere se e quante banconote fossero state consegnate, né se queste fossero macchiate. Del pari, la diffusione della notizia di furto non sarebbe idonea a dimostrare la consapevolezza del ricorrente circa la provenienza delittuosa del denaro. 10.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza di cui all'art. 114 c.p., pur a fronte del rilevato ruolo marginale svolto dal ricorrente per come riconosciuto dallo stesso Tribunale del riesame. 11. T.A., ritenuto responsabile del reato di cui al capo C) (estorsione pluriaggravata dall'agevolazione, dal metodo e dalla partecipazione di appartenenti ad associazione mafiosa nei confronti di C.S.C.G.), propone tre motivi di ricorso. 11.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. in relazione agli artt. 125 e 544 c.p.p.; la Corte di Assise di appello non hanno motivato avverso i motivi di gravame che tendevano a rilevare la mancanza di autonoma motivazione della decisione di primo grado, di fatto riproducendo asetticamente il materiale probatorio così sottraendosi alla censura. 11.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in merito al reato di estorsione pluriaggravata ascritto al ricorrente. La sentenza, a parere della difesa, non individua quale sia il contributo fornito dal ricorrente alla commissione del reato. Viene infatti contestata al T. la partecipazione a due incontri - datati 7 giugno e 6 novembre 2017 - aventi asseritamente ad oggetto la programmazione dell'estorsione in danno della società "(Omissis)" S.r.l., senza però fornire prova di quale fosse l'effettivo fine perseguito in detti incontri, né viene dimostrato il coinvolgimento attivo del ricorrente, che risulta aver intrattenuto una breve conversazione con M.V.. Non ha maggiore consistenza la valorizzazione delle propalazioni di B.S., che aveva riferito di aver appreso da M.L., "responsabile" di (Omissis), che la ditta incaricata di effettuare i lavori di posa della fibra ottica provvedesse a pagare la quota per la cosiddetta "messa a posto", che non assume alcuna incidenza sulla ritenuta responsabilità del ricorrente tanto più che nessuna verifica è stata svolta sull'attendibilità del dichiarante o sulla presenza di riscontri al contenuto di dette dichiarazioni a fronte di contrastanti emergenze. 11.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 416-bis. 1 e 628, comma 3, n. 3, c.p.. 11.3.1. Risulta insussistente, secondo la difesa, la contestata aggravante di cui all'art. 628, comma 3, n. 3, c.p. posto che non risulta provata la partecipazione ad alcun sodalizio mafioso, né vi sono testimonianze di segno contrario. Da nessun elemento emerge la sua partecipazione ad alcuna associazione mafiosa o che abbia fatto ricorso ai metodi tipici di tali consorterie quali violenze, minacce o intimidazioni. 11.3.2. Assolutamente apparente e', invece, la motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata rideterminazione della pena in favore dell'imputato sulla base delle sue precarie condizioni di salute e del ruolo marginale svolto. 12. T.M.F., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A) (associazione mafiosa) ed E) (estorsione aggravata) propone quattro motivi di ricorso. 12.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 416-bis c.p., 192 e 546 c.p.p.. La valutazione degli indizi effettuata dalla sentenza è deficitaria in ordine alla partecipazione del ricorrente alla contestata consorteria mafiosa, non individuando alcun suo contributo materiale. A fronte dei rilievi difensivi circa l'assenza di contatti tra il ricorrente e i vertici dell'associazione e la sua estraneità agli incontri e ai reati-fine del sodalizio, la Corte di Assise di appello ha posto a base dell'affermazione di responsabilità dati inconferenti, valorizzando la presunta volontà di T.M.F. di farsi vedere da M. per dimostrargli il suo rispetto e disponibilità verso la consorteria; tale evento non risulta provato ed è posteriore rispetto alla contestazione del reato. Non è stata assegnata illogicamente valenza liberatoria al colloquio tra M. e il suo difensore in cui il primo affermava di non conoscere T.. Allo stesso modo, vengono citati a sostegno delle accuse contenute sub A) ed E) diversi incontri con T. e M. asseritamente svoltisi il 3, 4 e 20 febbraio 2018, il 27 e 28 settembre 2017, senza che ci sia prova del loro avvenimento o del ruolo svolto dal ricorrente in tali contesti. I Giudici di merito hanno fondato la responsabilità della partecipazione all'associazione mafiosa facendo riferimento alla presunta intimidazione operata nei confronti dell'esercizio commerciale in concorrenza con quello della moglie, nonostante la circostanza, motivata da ragioni meramente personali, non possa avere alcuna attinenza con il sodalizio criminale; la successiva chiusura dell'attività commerciale della moglie fornisce la dimostrazione dell'insussistenza della ventilata forza intimidatoria che avrebbe caratterizzato la condotta del ricorrente. 12.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt. 629 c.p., 192 e 546 c.p.p.. Anche con riferimento alla contestata ipotesi di tentata estorsione, nessun elemento, secondo la difesa, permette di ricondurre al ricorrente l'evento estorsivo che è stato escluso dalle stesse persone offese; è assente la prova che le condotte fossero indicative della preordinazione dell'estorsione ed in ogni caso, queste, difettando di potenzialità costrittiva, non sono idonee ad integrare il reato neanche nella forma tentata, dovendosi semmai ipotizzare la sussistenza del reato di minaccia o violenza privata nei confronti di ignoti. Non è certo che gli atti intimidatori avessero determinato la chiusura del cantiere, in realtà dovuta a ragioni tecniche. E' meramente congetturale la tesi secondo cui il ricorrente cercava M. affinché questi lo aiutasse tramite l'uso della propria forza intimidatoria, tanto più che l'evento estorsivo non è contestato ai vertici del sodalizio. La presenza del ricorrente sul cantiere e', invece, dato irrilevante visto che si era recato per cercare lavoro; ogni diverso fine è smentito dalla testimoniata cordialità dei colloqui avuti in loco e dalla superfluità di un eventuale sopralluogo - il cantiere era al centro del piccolo paese - ipotizzati dalla Corte territoriale. Non può ritenersi che la cessazione dei lavori da parte della società costituisca sintomo dell'avvenuto tentativo delittuoso avendo le stesse parti offese dichiarato di aver abbandonato l'esecuzione dell'appalto per sopraggiunte problematiche tecnico-burocratiche che avevano determinato l'interruzione dell'attività che si era, tra l'altro, verificata a distanza di tempo dalle denunciate minacce. 12.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in ordine alle ritenute aggravanti. Errata, secondo la difesa, risulta la contestazione dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa, in assenza di elementi che possano ricondurre l'azione delittuosa a M. o ad altri membri della consorteria. Allo stesso modo, non potrebbe dirsi sussistente il metodo mafioso, visto che la collocazione di una bottiglia di liquido infiammabile e di un lumino con alcune cartucce di fucile sul luogo del delitto sono modalità ordinarie attraverso cui si realizza l'estorsione, prive del maggiore disvalore richiesto per l'integrazione dell'aggravante. La contestazione dell'aggravante di cui all'art. 628, n. 3, c.p. risulta incompatibile con quella relativa all'"avvalimento del metodo mafioso", che altrimenti si risolverebbe in una duplicazione dell'inasprimento sanzionatorio. Erronea risulta la ravvisata contestazione dell'aggravante dell'associazione armata ex art. 416-bis, comma 4, c.p., contestata sulla base del possibile possesso di armi da parte di altri soggetti, senza accertare se i correi sapessero o ignorassero per colpa la presenza di armi per finalità associative. 12.4. Con il quarto motivo si deducono vizi di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. con riferimento agli artt. 62-bis, 132 e 133 c.p. in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed al complessivo trattamento sanzionatorio. Il ricorrente censura la parte della decisione che non ha tenuto conto del limitato intervallo temporale in cui è stata commessa la condotta, il ruolo di mero partecipe del ricorrente, la sporadicità dei suoi contatti con i membri del sodalizio e l'assenza di reati-fine. In ordine al trattamento sanzionatorio osserva come la determinazione della pena non sia adeguata rispetto alla condotta realizzata. 13. T.G., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A) (partecipazione alla associazione mafiosa) ed E) (estorsione aggravata ai danni dell'imprenditore D.C.), per mezzo del proprio difensore, avvocato Gaetano Giunta, propone cinque motivi di ricorso. 13.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all'art. 416-bis c.p.. Secondo la difesa, la ritenuta intraneità del ricorrente alla contestata consorteria mafiosa risulterebbe infondata, avendo i Giudici di merito valorizzato eventi privi di valenza indiziaria. Non sussistono elementi che depongano per la presenza del ricorrente e di P.S. il 24 agosto 2017 a (Omissis), per incontrare i fratelli M., piuttosto che, come riferito alla moglie, per far visita alla madre; non vi è prova che l'incontro del giorno dopo fra il ricorrente, P.S. e M.G. avesse finalità illecite, trattandosi di un semplice pranzo tra amici che veniva organizzato alla presenza di A.E., soggetto incensurato; nessun elemento permette di attribuire finalità illecita all'incontro del 17 dicembre 2017, avendovi preso parte un soggetto estraneo ad ambienti mafiosi quale P.C.; né risulta provata la partecipazione del ricorrente agli incontri del febbraio e marzo 2018. La sentenza non spiega come sia compatibile con l'appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso il contenuto di una conversazione - la cui valenza era stata evidenziata in sede di gravame - in cui il T. affermava di sentirsi al sicuro in quanto vicino al 31 P. (con cui colloquiava) in quanto costui faceva parte di qualcosa di più grande; la frase, lungi dal dimostrare la sua partecipazione al sodalizio, deponeva, semmai, per la sua estraneità. La decisione non argomenta sulle ragioni alla base della sistematica esclusione del ricorrente dai colloqui tra gli affiliati e sul perché venisse tenuto all'oscuro del loro oggetto. Analoghe lacune sussistono in sentenza in ordine ai motivi per cui M., durante i colloqui con il suo avvocato, non ha menzionato il T. quale sodale, qualificandolo addirittura come uno stupido. 13.2. Con il secondo motivo si deducono mancanza di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in riferimento alla mancata riqualificazione del fatto di cui all'art. 416-bis c.p. nell'ipotesi di reato prevista dall'art. 418 c.p., vista l'assenza di uno stabile inserimento del ricorrente in seno alla consorteria desumibile dalla sua sistematica esclusione dagli incontri del gruppo e l'utilizzo della sua autovettura - in quanto estraneo - per non destare sospetti. 13.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all'art. 416-bis, comma 4, c.p., essendosi erroneamente fondato il riconoscimento dell'aggravante dell'associazione armata sul possesso di armi da parte di altri sodali in altri procedimenti, senza però verificare se tale possesso fosse attribuito a costoro a titolo personale o quali membri dell'associazione. 13.4. Con il quarto motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di cui al capo E). Secondo la difesa non sussistono riferimenti tratti dalle intercettazioni, specie da quelle intervenute il 5 ottobre 2017, da cui potersi ricavare la responsabilità del T. in ordine al delitto di tentata estorsione ai danni dell'impresa dei fratelli D., né vi sono elementi tali da consentire la riferibilità al ricorrente degli avvertimenti intimidatori del 29 novembre 2017. Nessun elemento faceva ritenere che il ricorrente avesse avuto contatti con i M. in costanza del primo atto intimidatorio avvenuto il 9 ottobre 2017, né costoro risultano imputati in ordine all'estorsione. Le stesse persone offese hanno categoricamente smentito di aver ricevuto richieste estorsive affermando di aver lasciato i lavori solo per sopraggiunti problemi tecnici con l'ente appaltante, mentre le intercettazioni danno conferma che T.M.F. si sia presentato presso il cantiere per una richiesta di lavoro. 13.5. Con il quinto motivo la difesa deduce mancanza di motivazione e violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione alla dosimetria della pena e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 14. Il medesimo ricorrente, con atto a firma congiunta degli avvocati Giacomo Tana e Gaetano Giunta, propone cinque motivi di ricorso. 14.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in relazione alla ravvisata partecipazione di T.G. all'associazione ex artt. 416-bis c.p., risolvendosi l'impugnata sentenza in un'acritica riproduzione della decisione del Tribunale e nell'apodittica censura dei rilievi difensivi. Erronea, infatti, risulta la riferibilità al ricorrente del ruolo di intraneo alla consorteria sulla base dei messaggi che egli avrebbe veicolato, non essendoci prova che questi riguardassero fatti illeciti o contenessero direttive dei vertici agli altri affiliati del gruppo. Poiché non è stato accertato un contributo casualmente rilevante per il programma del sodalizio, le azioni potrebbero, al più, considerarsi espressione della sua vicinanza ad alcuni singoli componenti del gruppo, condotta inidonea ai fini della rilevata partecipazione al sodalizio. 14.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge ex artt. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti che, laddove ritenuti rilevanti, dovevano essere qualificati in termini di mera assistenza agli associati ex art. 418 c.p., essendosi l'azione del ricorrente limitata nel fornire comunicazioni nei confronti di un singolo sodale e non dell'organizzazione nel suo complesso. 14.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione della sentenza ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.; costituisce affermazione illogica, meramente congetturale e comunque insuscettibile di riscontro empirico quella secondo cui il ricorrente avesse tentato di contattare M., evenienza comunque inidonea a costituire elemento significativo a carico. 14.4. Con il quarto motivo si deduce mancanza di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in ordine alla ravvisata sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa di cui all'art. 416-bis.1 c.p.. 14.5. Con il quinto motivo si censurano vizi di motivazione ex artt. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, risultando apodittico e meramente apparente il riferimento operato dalla Corte di merito alla gravità dei fatti ed alla negativa personalità dell'imputato. 15. L'avv. Giuliano Dominici, in difesa di B.C., ha depositato il 20 febbraio 2023 "brevi motivi nuovi e note di replica alla requisitoria del P.G." rilevando l'inammissibilità del ricorso presentato dal Procuratore generale, ribadendo l'insussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. (quanto ad "avvalimento del metodo mafioso" e della "agevolazione mafiosa), e censurando quella afferente al carattere armato dell'associazione mafiosa, al contempo deducendo l'irrilevanza, sotto il profilo causale, del ritenuto contributo concorsuale del sopralluogo che ha preceduto l'omicidio; ha allegato, inoltre, le note difensive di udienza in data 8 febbraio 2022 non trasmesse dalla Corte di appello. 16. C.V. ha inviato, per il tramite della Direzione della Casa di reclusione di (Omissis), un memoriale manoscritto ed a sua firma qui pervenuto il 16 febbraio 2022. 17. L'avv. Gaetano Giunta, in difesa di M.G., con atto del 14 febbraio 2023, oltre a ribadire i motivi di ricorso richiedendone l'accoglimento, metteva in evidenza i vizi di motivazione e la violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio. 18. L'avv. Silvia Astarita, in difesa di T.M.F., ha insistito in ordine alle ragioni alla base del ricorso principale con particolare riferimento alla ritenuta partecipazione al sodalizio mafioso, al carattere armato dell'associazione mafiosa, alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio. 19. L'avv. Gaetano Giunta, in difesa di T.G., con atto del 20 febbraio 2023, ribadiva i motivi già formulati con il ricorso principale richiedendone l'accoglimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. In via preliminare si osserva che, a fronte di censure formulate da tutti i ricorrenti, ma in particolare da R.S. e T.A., alla sentenza di primo grado e, per quel che in questa sede rileva, a quella impugnata che avrebbe ripreso il medesimo percorso argomentativo, si rileva che la sentenza impugnata è dotata di un proprio, autonomo e sviluppato apparato motivazionale, dal quale si evince che il giudice di secondo grado ha preso esaustiva cognizione della vicenda processuale, nonché delle salienti e specifiche doglianze formulate nell'atto di gravame, cui ha dato originale risposta. Solo in alcuni passaggi la Corte di Assise di Appello ha riprodotto (testo di intercettazioni ambientali e telefoniche) il provvedimento di primo grado, effettuando al contempo ampia illustrazione del suo contenuto, e delle relative ragioni, recepite in quanto meditate e ritenute coerenti con la decisione adottata. Tale modo di procedere ed argomentare risulta perfettamente legittimo (cfr. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664-01; Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, Salcini, Rv. 274252-01). In ordine ai profili comuni ad una pluralità di ricorsi, il Collegio ritiene opportuno trattare gli stessi allorché se ne rileva la necessità, salvo poi fare rinvio, nel prosieguo, agli stessi anche solo evocando il principio di diritto. 2. Il ricorso di B.C. è fondato limitatamente alla conferma della condanna alla pubblicazione della sentenza ex art. 36 c.p., che deve essere annullata senza rinvio, e va rigettato nel resto. 2.1. La parte del primo motivo con cui si censura la violazione della normativa in materia di dati personali deducendo la conseguente inutilizzabilità dei dati connessi al monitoraggio del percorso effettuato il 9 luglio 2017 è infondato. Al riguardo puntuale e tuttora valida risulta la risposta data dalla Corte di Assise di appello che ha fatto pertinente riferimento a giurisprudenza di questa Corte che non ritiene affatto necessaria l'autorizzazione preventiva del giudice per le indagini preliminari prevista dagli artt. 266 e seguenti c.p.p. per svolgere il pedinamento attraverso il sistema di rilevamento satellitare, poiché considerato mezzo atipico di ricerca della prova e, pertanto, ricompreso tra i compiti istituzionali di cui la polizia giudiziaria fa legittimo uso (Sez. 3, n. 32699 del 27/02/2015, Diano, Rv. 264519; Sez. 2, n. 21644 del 13/02/2013, Badagliacca, Rv. 255542), essendo stato escluso che detta attività costituisca interferenza lesiva del diritto alla riservatezza delle comunicazioni ovvero alla inviolabilità del domicilio (Sez. 4, n. 21856 del 21/04/2022, Bresciani, Rv. 283386; cfr. Sez. 2, n. 23172 del 04/04/2019, M., Rv. 276966). Infondata risulta la pretesa del ricorrente di rimettere in discussione detti consolidati principi, tanto da farne discendere l'inutilizzabilità delle risultanze acquisite dalla polizia giudiziaria, in ragione della decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 5 aprile 2022, C.140/2020 che non sarebbe stata presa in esame dai Giudici di merito in quanto intervenuta successivamente, reputando decisivi i p.p. 34 e 45. Secondo la ricostruzione in diritto effettuato dalle difese, la sentenza in questione avrebbe fornito un'interpretazione della direttiva 2002/58/CE tale da estendere le tutele ivi previste alle ipotesi di intercettazione o sorveglianza delle abitudini della vita quotidiana, dei luoghi di soggiorno permanenti o temporanei, e degli spostamenti giornalieri o di altro tipo, effettuate senza il consenso degli interessati. Erroneo risulta il riferimento alla citata decisione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 5 aprile 2022. La sentenza in esame, invero, intervenuta su rinvio pregiudiziale della Suprema Corte irlandese, attiene al niente affatto sovrapponibile profilo della conservazione generalizzata dei dati di traffico telefonico e di ubicazione con fine di lotta alla criminalità organizzata. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha, invero, evidenziato che il diritto dell'Unione impone che l'accesso ai dati sia preceduto dal controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa, tra l'altro confermando precedenti decisioni sullo stesso tema là dove ha fornito una interpretazione dell'art. 15, p. 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002 e successive modifiche, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. Anche in detto settore - come innanzi evidenziato -, estraneo alla tematica del procedimento in esame in cui è stato seguito il percorso di soggetti grazie a dispositivo di rilevamento della posizione tramite apparato "GPS", la Corte sovrannazionale ha precisato che la verifica dell'ammissibilità degli elementi di prova ottenuti in applicazione delle disposizioni legislative nazionali incompatibili con il diritto dell'Unione è di competenza interna, ferma restando, comunque, l'osservanza dei principi di equivalenza ed effettività. Risulta, infatti, pacifico che il recepimento delle decisioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea non può non tenere conto del contesto in cui le stesse sono state assunte, tanto che, nonostante assumano "un valore generale e di principio, deve essere sempre presa in esame la "concretezza della situazione che l'ha originata" (sentenza n. 49 del 2015 Corte Cost.). La stessa decisione, di cui si invoca la diretta applicazione nel sistema processuale penale interno, precisa i limiti individuando la funzione nell'accertamento del se l'operato dei giudici - nel particolare caso analizzato - abbia condotto a risultati conformi alla Convenzione. Detti principi, contrariamente a quanto ipotizzato dai difensori che hanno estrapolato singoli periodi della sentenza, non risultano neppure inediti visto che si pongono in perfetta continuità con la precedente (e successiva) giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in tema di data retention. Risulta evidente, invero, come l'attività di "pedinamento elettronico" - in tali termini costantemente intesa da questa Corte - non risulta afferente alla conservazione di dati, questione che attiene al diverso profilo del diritto alla riservatezza in ipotesi massivo accumulo di dati sensibili da parte del gestore del servizio la cui futura utilizzabilità da parte di autorità amministrative o giudiziarie per questioni di sicurezza deve essere sottoposta a rigidi principi richiamati specificamente dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea; né risulta pregevole l'operazione, come quella del ricorrente, di parziale estrapolazione di singoli sintagmi della decisione (in tal senso i circoscritti periodo contenuti nei paragrafi 34 e 45 della citata sentenza) epurati dei passi significativi idonei a circoscrivere l'ambito di applicazione della decisione della Corte sovrannazionale. Non consegue migliore risultato il tentativo di sovvertimento dei termini dell'analisi della citata sentenza nella parte in cui le difese reputano (dopo aver tentato di estendere i principi al caso sottoposto a scrutinio) ancor più dirompente la portata della sentenza in casi di rilevamento tramite sistema satellitare "GPS" che - appunto - prevede un utilizzo "in diretta" delle risultanze. La normativa che regola l'acquisizione dei tabulati telefonici, invero, proprio perché afferente alla richiesta di dati conservati in maniera massiva presso il gestore, disciplina - al contrario del cosiddetto pedinamento elettronico che si realizza in diretta - materia diversa da quella presa in esame dalla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Tale difformità, lungi dal rimarcare la violazione delle norme sulla riservatezza privata del ricorrente e la bontà della lettura assegnata alle norme interne in ragione delle decisioni della Corte sovrannazionale, segna solo la distanza tra l'oggetto della decisione che si vorrebbe aver avuto una portata innovativa e la questione che non può essere assimilata per le ragioni sopra espresse. Le stesse ragioni portano a ritenere irrilevante la modifica della legislazione interna introdotta dall'art. 1 del D.L. 30 settembre 2021, n. 132, conv. in L. 23 novembre 2021, n. 178, in ordine alle modalità di acquisizione dei dati contenuti nei tabulati telefonici che invece risultano direttamente coinvolte dal citato filone delle decisioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. 2.2. Generica e manifestamente infondata si rivela la censura tesa a rimarcare l'inutilizzabilità dei dati a causa del dedotto omesso deposito della documentazione relativa al tracciamento operato nel corso delle indagini preliminari. Innanzitutto si osserva come II giudizio di primo grado si sia svolto nelle forme del rito abbreviato, rito che presuppone l'accettazione dei risultati oggetto delle indagini; nel caso di specie il ricorrente, lungi dal rilevare anomalie ovvero inesattezze, si limita a censurare la circostanza di non avere avuto accesso alle modalità attraverso cui si era stata effettuata la geo-localizzazione, mostrando di nutrire dubbi in ordine allo svolgimento degli accertamenti tecnici; la deduzione in questione, pertanto, assume il carattere di mera petizione di principio e di generalizzata sfiducia nei confronti dell'operato degli inquirenti non supportata da dati oggettivi ed in palese contraddizione con la scelta processuale operata. La deduzione si presenta anche manifestamente infondata in quanto in contrasto con consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte che ha rilevato come l'assenza del supporto informatico contenente l'originale dei tracciati della intervenuta localizzazione mediante il sistema di rilevamento satellitare (c.d. GPS), non infici l'attendibilità probatoria dei dati concernenti le coordinate degli spostamenti di una persona sul territorio allorché gli stessi siano stati trasferiti nelle annotazioni e nelle relazioni di servizio (Sez. 3 n. 36364 del 02/04/2019, Giuliani, Rv. 276883; Sez. 4, n. 48279 del 27/11/2012, Lleshi, Rv. 253954; Sez. 4, n. 21856 del 21/04/2022, Bresciani, non massimata in ordine alla specifica questione). Il ricorrente insiste nel formulare censure che presuppongono l'applicazione della normativa in materia di intercettazioni telefoniche e la conseguente inutilizzabilità nonostante la disciplina non risulti esportabile, tenuto conto delle difformi regole che presidiano la materia della prova atipica quanto a localizzazione del soggetto tramite sistema "GPS". 2.3. Sullo stesso solco si muove la censura che rileva l'asserita omessa tempestiva trasfusione dei dati nelle relazioni di servizio che risulta manifestamente infondata nella parte in cui reputa che detta omissione possa incidere sull'utilizzabilità del dato, questione per nulla affrontata dalla giurisprudenza indicata nel ricorso (citata in forma parzialmente errata a pag. 11) che ha solo messo in evidenza come non fosse necessario acquisire al procedimento il tracciato e non anche assegnare valenza in termini di utilizzabilità o meno alla cronologica trasfusione dei dati (Sez. 1, n. 9416 del 07/01/2010, Congia, Rv. 246774 - 01) 2.4. Riproduttivo di doglianze adeguatamente confutate dalla Corte di merito è il rilievo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge per la ritenuta partecipazione di B.C. al sodalizio mafioso della "famiglia di (Omissis)". Contrariamente a quanto rilevato dal ricorrente, la Corte di Assise di appello non si è limitata ad effettuare un ragionamento circolare con cui B.C. è stato ritenuto partecipe dell'associazione mafiosa in quanto coinvolto nell'omicidio di cui al capo D) e viceversa. Ed infatti, al fine di assegnare la corretta rilevanza al reato-fine contestato si osserva che questa Corte ha osservato, ai fini dell'integrazione del reato di partecipazione a un'associazione di tipo mafioso, che seppure la commissione di reati-fine non si riveli presupposto essenziale (Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Scarcello, Rv. 280703; Sez. 5, n. 32020 del 16/03/2018, Capraro, Rv. 273571), la commissione di detti reati può essere legittimamente valorizzata proprio perché attraverso il loro manifestarsi si palesa all'esterno l'operatività dell'associazione medesima (Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, Cinalli, Rv. 218376; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670). 2.4.1. La Corte territoriale, fedele ai citati principi, dopo avere riportato tutti gli elementi valorizzati dal Tribunale, ha osservato che, seppure l'omicidio di M.F.G.', si inserisca a pieno titolo nel contesto mafioso di riferimento in quanto rilevante e significativo in ordine alla rilevata partecipazione, detto aspetto non costituisca un elemento isolato. Ampia rilevanza è stata, infatti, assegnata dai Giudici di merito alle conversazioni avvenute tra B.C. ed il padre in carcere, la cui interpretazione a mente della quale il ricorrente avesse inteso nell'occasione veicolare messaggi provenienti da M.V., capo della "famiglia di (Omissis)", e finalizzati a far desistere il padre del ricorrente da intenti di futura collaborazione con l'autorità giudiziaria, viene confermata dalla Corte di Assise di appello che ha argomentato con logicità e completezza sul punto. La Corte territoriale ha analiticamente dato conto delle ragioni che facevano propendere per il riferimento a M.V. allorché faceva riferimento al "Dottore", nome con cui costui, odontotecnico, era appellato, al contempo fornendo ampia motivazione sul perché detto termine non potesse essere riferito al medico che aveva in cura il padre del B. (pagg. da 44 a 47 sentenza impugnata). Deve farsi rinvio, al riguardo, ad orientamento ormai consolidato ribadito da questa Corte nel suo massimo consesso secondo cui, "in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità" (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). La decisione ha valutato con logicità il contesto di riferimento, in uno al senso delle parole utilizzate, la cautela nell'occasione dimostrata, giungendo ad effettuare una ricostruzione del senso delle captazioni che, pertanto, non è sindacabile in sede di legittimità. In linea con quanto sopra osservato si pongono, pertanto, i valorizzati assidui diretti contatti senza alcuna intermediazione con M.V., soggetto al vertice dell'articolazione mafiosa di (Omissis) e punto di riferimento delle famiglie delle altre province per la provincia di (Omissis), che dalle indagini emergeva incontrasse solo soggetti di assoluta fiducia onde evitare controlli da parte degli investigatori. Rilievo è stato assegnato alla partecipazione all'incontro avvenuto, unitamente a M.V., con P.S., esponente di primo piano della famiglia mafiosa di (Omissis) con cui nessuna parentela o conoscenza sussisteva, con il quale veniva osservato parlare in disparte. I Giudici di appello hanno, inoltre, ritenuto rilevante la conversazione captata con D.C.S.G. e M.V., facendo pertinente riferimento alla conoscenza profonda di B.C. da parte del M. (allorché avvisava il suo interlocutore che il ricorrente fosse solito girare armato), rilevando come proprio la sua appartenenza alla medesima compagine aveva portato D.C.S.G. a chiedere al M., al vertice del sodalizio, se potesse intervenire duramente sul B., così confutando con motivazione priva di lacune l'alternativo significato che - secondo il ricorrente - avrebbe invece smentito l'intraneità al sodalizio. A fronte di adeguata motivazione che confuta le plurime censure rivolte alla decisione di primo grado, il ricorso si risolve in una mera reiterazione di critiche a cui la Corte di Assise di appello ha fornito ampia, completa e logica risposta a cui la difesa ribatte senza alcun effettivo confronto con la decisione impugnata, parcellizzando i diversi elementi complessivamente analizzati dai Giudici di merito che portano invece a ritenere sussistente la partecipazione del B. al sodalizio. 2.4.2 Infondato e prevalentemente generico risulta la parte del motivo che rivolge critiche alla ritenuta aggravante del carattere armato dell'associazione mafiosa. Deve al riguardo farsi rinvio al principio di diritto secondo cui, ai fini della integrazione dell'aggravante prevista dall'art. 416-bis, comma 4, c.p., è necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo da quale specifico soggetto o da quale specifica articolazione abbia la concreta disponibilità delle armi. Poiché in relazione ad associazioni per delinquere di stampo mafioso, quali "(Omissis)", la ‘ndrangheta e la camorra, la stabile dotazione di armi è fatto notorio non ignorabile, l'aggravante in questione, una volta accertata la disponibilità di armi, è configurabile in capo ad ogni singolo partecipe al sodalizio criminoso (cfr., ad es., Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, A., Rv. 276831; Sez. 6, n. 44667 del 12/05/2016, Camarda, Rv. 268677). L'estensione, in ragione della natura oggettiva del disposto dell'art. 59, comma 2, c.p. della citata aggravante, si realizza non solo in capo a chi, sia consapevole del carattere armato della associazione, ma anche nei confronti di chi ne ignori tale carattere per colpa (tra le tante, Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010; Sez. 1, n. 7392 del 12/09/2017, dep. 2018, Di Majo, Rv. 272403; Sez. 1, n. 44704 del 05/05/2015, Iaria, Rv. 265254). Detto principio, pertanto, non ipotizza un'automatica estensione della aggravante a tutte le articolazioni comunque appartenenti alle cosiddette "mafie storiche" radicate su un determinato territorio, ovvero alle sue articolazioni territoriali anche diversamente dislocate, richiedendo, invece, quale elemento necessario ai fini della estensione dell'aggravante, che tale dotazione armata emerga dalle risultanze processuali. A tali fini, inoltre, non è richiesta l'esatta individuazione delle armi, rivelandosi sufficiente l'accertamento, in fatto, della disponibilità delle stesse, desumibile dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni (Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, Macrì, Rv. 271743; Sez. 1, n. 14255 del 14/06/2016, dep. 2017, Ardizzone, Rv. 269839). La Corte di Assise di appello ha ritenuto determinante il dato (di cui si tratterà in seguito) che vedeva il ricorrente aver partecipato alla fase prodromica all'omicidio M.' compiuto con armi da sparo (pistola e fucile), elemento che è stato ritenuto determinante ai fini della consapevolezza in capo al ricorrente - che aveva preso parte alla fase precedente all'esecuzione dell'omicidio proprio al fine di programmare il letale agguato - della disponibilità di armi da parte del sodalizio mafioso. Inconferente sul punto risulta il riferimento effettuato al colloquio di M. con D.C.S.G. che accennano ad armi possedute dal ricorrente (che il ricorrente non esclude possano essere armi bianche), dato che viene superato dalla stessa Corte di Assise di appello nella parte in cui esplicitamente rileva come non possa dirsi integrata l'aggravante quando le armi risultino detenute per un uso esclusivo, tanto da ribadire la valenza assorbente assegnata alla partecipazione all'omicidio. 2.5. Generico, declinato in fatto e riproduttivo di identici motivi confutati dalla Corte di Assise di appello risulta la parte del ricorso con cui il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge quanto alla valutazione della prova in ordine all'omicidio premeditato di M.F.G.. 2.5.1. Deve preliminarmente osservarsi come, secondo l'accusa, B.C., in concorso con M.G., M.V., C.G., D.C.V., Di.Di.An. per i quali è proceduto separatamente, sarebbe responsabile dalla Corte di merito dell'omicidio di M.F.G., il quale veniva attinto con colpi di arma da fuoco, segnatamente un fucile calibro 12 ed una pistola calibro 7.65, al volto ed al corpo. Sulla base dei giudizi di merito, infatti, è emerso che il 16 luglio 2017, alle ore 6,30 circa, in località (Omissis), agro del comune di (Omissis), M.F.G. veniva rinvenuto cadavere - attinto al viso e all'addome da colpi d'arma da fuoco e segnatamente da un fucile ed una pistola - dalla moglie S.M. riverso nei pressi di una autovettura Fiat, modello Idea, parcheggiata presso il deposito ove era solito occuparsi delle automobili che commercializzava in un terreno nelle vicinanze dell'abitazione in cui viveva. Secondo l'accusa, M.V. e M.G., in qualità di mandanti, a seguito di plurimi incontri e riunioni tra i sodali che si realizzavano anche all'interno dell'ovile di proprietà di D.C.V., partecipe che partecipava alle stesse, dopo un attento e minuzioso sopralluogo che teneva conto delle abitudini della vittima eseguito dal ricorrente, da C.G. e da Di.Di.An. unitamente ad altri soggetti non identificati, prendevano parte, con esclusione del ricorrente (in tal senso la decisione del Tribunale), alla fase esecutiva del delitto. I Giudici di merito hanno ritenuto determinante il contributo fornito dal B. rispetto all'omicidio realizzato con le modalità sopra evidenziate, proprio a cagione di un sopralluogo eseguito anche da costui in data 8 luglio 2017, monitorato attraverso la ricostruzione del tracciato "GPS" dell'autovettura sulla quale viaggiava, in quanto giudicato quale atto prodromico indispensabile per la successiva esecuzione del delitto, valorizzando il ruolo di accompagnatore dei soggetti sul posto dal medesimo ben conosciuto in ragione della proprietà di un terreno posto pressi. 2.5.2. Ciò premesso, si rileva innanzitutto come i rilievi formulati in ordine alla traduzione del file audio risultano irrilevanti oltre che generici visto che non si confrontano con l'essenziale e determinante dato che vede il ricorrente essere stato individuato direttamente dagli operanti che eseguivano le intercettazioni telefoniche ed ambientali; gli investigatori che, ormai da lungo tempo monitoravano il B., avevano infatti acquisito le abilità che consentivano loro la certa attribuzione della voce al ricorrente; chiara si presenta sul punto la decisione impugnata nella parte in cui rievoca gli elementi che avevano portato all'individuazione del soggetto che effettuava il sopralluogo il mattino presto del 9 luglio 2017, svolgendo pertinente riferimento alle complessive captazioni a carico del ricorrente (significative quelle in carcere con il padre detenuto) che avevano consentito l'individuazione del medesimo durante il sopralluogo (pag. 52 sentenza Corte di Assise di appello). Deve, nondimeno, ritenersi coerente e per nulla illogica la risposta fornita dalla Corte territoriale alle deduzioni delle difese nella parte in cui ha comunque rilevato come la partecipazione del ricorrente al sopralluogo effettuato il 9 luglio 2017 emergesse anche dalla lettura congiunta di conversazioni ambientali del 6 luglio 2017, ma soprattutto da quelle avvenute in data 8 luglio 2017 in cui i fratelli M., soggetti ritenuti al vertice del sodalizio, faceva riferimento ad un incarico molto delicato che aveva affidato a " C." per il quale non erano ammessi errori, lettura degli elementi istruttori che dava conto della presenza di B.C. proprio la mattina seguente. Costituisce ius receptum, infatti, il principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui, ai fini dell'identificazione degli interlocutori coinvolti in conversazioni intercettate, il giudice può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così come qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l'onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario (Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017, De Cicco Rv. 269900 - 01). La Corte di merito ha, al riguardo, rilevato come nessun effetto sul riconoscimento vocale effettuato dagli operanti potesse assumere la trascrizione operata dal consulente tecnico (non costituente perizia fonica come pur affermato sia nei motivi di gravame che nel ricorso) in cui emergeva solo che il professionista incaricato non era riuscito ad ascoltare quanto invece contenuto nei brogliacci redatti dalla polizia giudiziaria (che si era avvalsa di sistemi di filtraggio dai rumori delle captazioni, v. pag. 369 sentenza Tribunale), risultanze che, pertanto, costituivano elementi utilizzabili in ragione del rito abbreviato prescelto. 2.5.3. Per il resto il ricorso, previa confutazione di ogni singolo elemento preso in considerazione dalla Corte di Assise di appello, come già in precedenza effettuato dal Tribunale, mira a sottoporre a questa Corte di cassazione un alternativo ragionamento probatorio, ritenuto maggiormente plausibile, fondato su una diversa lettura delle emergenze processuali, notoriamente precluso in questa sede (tra le tante, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482); operazione non consentita che il ricorrente effettua tentando, da un canto, di sminuire i singoli elementi che attribuiscono la corretta valenza al sopralluogo preliminare al delitto, dall'altro, di assegnare agli stessi o una valenza neutra, alternativa o comunque differente rispetto a quella resa dai Giudici di merito. Deve, infatti, essere ribadito il principio di diritto secondo cui è escluso che possa configurare il vizio di motivazione, anche nella forma del cosiddetto travisamento della prova, un presunto errore nella valutazione del "significato" probatorio della prova medesima (ex multis, Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087), dovendo l'errore percettivo avere ad oggetto il risultato di una prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo (tra tante, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406). La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46, che ha riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad atti processuali specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell'ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (tra tante, Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099). La decisione impugnata ha dimostrato di valutare il compendio probatorio a disposizione in forma non frammentaria e parcellizzata (cfr. quanto a motivazione della prova indiziaria (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 28060502) come invece fa il ricorrente che, inoltre, prospetta - e reitera - una differente interpretazione delle intercettazioni di conversazioni captate dagli investigatori: il riferimento all'auto posseduta dal ricorrente, ai mezzi visti o utilizzati dalla vittima di cui viene messa in discussione addirittura l'esatta individuazione in ragione delle precise modalità e degli orari (non indifferente il dato che vedeva eseguire il sopralluogo di domenica, stesso giorno della settimana in cui sarebbe stato compiuto l'omicidio) che lo avrebbe portato ad essere presente in un determinato orario ed in una determinata zona a causa dell'abitudinarietà delle condotte di M.' confermata anche dalla moglie di costui. La Corte di Assise di appello si è soffermata su ogni singolo aspetto oggetto di censura reiterata in sede di legittimità (censure già risolte dal primo giudice in quanto coincidenti con i rilievi posti in quella sede), rappresentando la coincidenza dei percorsi effettuati con l'autovettura, il contenuto dei colloqui intercettati prima, durante e dopo il sopralluogo, per dimostrare, con analisi complessiva e logica di tutti gli elementi a disposizione, come B.C., proprio perché esperto dei luoghi, avesse collaborato con il sodalizio del quale faceva parte al fine di programmare nei minimi dettagli l'uccisione del M.. 2.5.4. La decisione ha messo in rilievo l'inconferenza del dato secondo cui durante il sopralluogo del 9 luglio 2017 non fosse stata rilevata la presenza del cellulare del B. nella zona, invece attivo - secondo il ricorrente - in zona ed orario incompatibile con essa, vista la frequenza con cui gli apparati mobili non venivano portati indosso dai sodali in occasioni salienti, evenienza accertata essersi verificata nel caso di specie in cui nessuno dei presenti faceva rilevare l'attivazione delle utenze mobili, motivazione logica resa dopo aver comunque rilevato che le modalità di collegamento con le "celle" telefoniche non poteva in ogni caso consentire di escludere che fosse stata agganciata una cella più lontana rispetto al luogo in cui si trovava l'apparato. 2.5.5. Generica risulta la parte del motivo che rileva come non possa essere riconosciuto l'elemento soggettivo in ordine al contributo causale e la premeditazione (i due aspetti nel ricorso sembrano confondersi, v. pag. 23) in ragione della decisione in ordine all'omicidio che sarebbe stata presa solo in data successiva rispetto al sopralluogo del 9 luglio 2017. Il ricorrente, attraverso la citata deduzione, rinvia genericamente ai motivi di appello ed alla asseritamente conforme ricostruzione operata dal Tribunale, senza specificare in base a quale elemento la decisione di uccidere il M.', che trovava la sua genesi, programmazione e ricostruzione in giorni precedenti al sopralluogo, potesse essere stata presa solo successivamente allo stesso. Deve, nondimeno, osservarsi che la sentenza del Tribunale, a cui il ricorrente genericamente rinvia, dà atto di come nei giorni successivi al sopralluogo effettuato il 9 luglio 2017, le captazioni tra i sodali, tra i quali non figurava il B., avessero riguardato unicamente, in perfetta continuità, gli aspetti logistici connessi al parcheggio dei mezzi ed il percorso da effettuare per giungere nella zona onde evitare la presenza di impianti di video sorveglianza. Declinata in fatto risulta, pertanto, la parte del motivo, anche ribadita attraverso i motivi aggiunti, in cui si è dedotta l'irrilevanza del contributo causale nel concorso del delitto, critica che tende a sminuire la portata del sopralluogo operato in prima persona dal ricorrente; le difese non si confrontano con la complessiva motivazione della decisione nella parte in cui ha assegnato alla previa verifica dei luoghi la giusta rilevanza osservando come la stessa, per orario, giorno della settimana (domenica), tragitto e luoghi ispezionati, esame delle abitudini della vittima, cronologico riferimento alla data in cui si sarebbe provveduto ad eseguire l'omicidio (da cui la coerenza e corrispondenza della frase "stanotte...otto giorni avanti" che evoca il modo di dire "oggi otto" per indicare il corrispondente giorno della settimana immediatamente successiva, e ciò a prescindere dalla spiegazione parimenti logica fornita dalla decisione di primo grado sul punto, v. pag. 397 sentenza del Tribunale) costituivano palese dimostrazione dell'accurata programmazione ed organizzazione del delitto tale da confermare la rilevanza dell'apporto fornito, logicamente necessario alla sua premeditata realizzazione. 2.6. Quanto alla sussistenza della aggravante della "agevolazione mafiosa" e del "metodo mafioso" determinante risulta la motivata genesi del delitto in ordine al quale la Corte territoriale ha fornito ampia argomentazione facendo specifico riferimento alla partecipazione del ricorrente al reato associativo specie là dove ha valorizzato i riscontrati contrasti tra diverse fazioni nell'ambito del medesimo territorio, così inserendo il delitto in detto specifico contesto come anche emerso dalla decisione e programmazione ricondotta ai vertici della famiglia mafiosa (fratelli M.) ed altri personaggi di vertice in ambito mafioso quale il D.C.V., C.G. e Di.Di.An. (pag. 43 della sentenza impugnata), circostanze tutte che depongono per l'assorbente sussistenza della agevolazione della intera famiglia di (Omissis) che in tal modo vedeva rafforzato, giocoforza, il predominio sul territorio di riferimento. In tal senso depone giurisprudenza di questa Corte che ha avuto modo di valorizzare, ai fini della contestata aggravante sia sotto il profilo del cosiddetto "avvilimento del metodo mafioso" che sotto quello "agevolativo" dell'associazione mafiosa, la perpetrazione di un omicidio posto in essere per ragioni collegate alla volontà di potenziare l'efficienza dell'organizzazione criminale ed il conseguimento di un incontrastato controllo criminale su un determinato territorio, in vista dello sfruttamento illecito dello stesso attraverso ulteriori attività delinquenziali di tipo mafioso (Sez. 1, n. 2884 del 20/01/2000, Ferrara, Rv. 215504 - 01). 2.7. Generico e', invece, il quarto motivo con cui il ricorrente deduce l'inutilizzabilità delle intercettazioni successive al 24 dicembre 2016 e poste a fondamento del capo D) dell'accusa, per carenza di continuità dei provvedimenti autorizzativi successivi alla prima scadenza nella parte in cui sarebbe erroneamente indicata al 25 dicembre 2016 anziché al 24 dicembre 2016. La deduzione risulta all'evidenza generica (in tal senso si è espressa la Corte di Assise di appello nel confutare identica critica) nella parte in cui non viene indicato quale degli innumerevoli provvedimenti autorizzativi risulti inutilizzabile non essendo certo sufficiente fare riferimento all'oggetto delle stesse, tenuto conto, tra l'altro, che la rilevanza delle captazioni tutte, inizialmente finalizzate all'accertamento dell'esistenza della compagine mafiosa, sono state decriptate solo successivamente con valutazione ex post in ragione dell'intervenuta conoscenza del perpetrato delitto. L'assenza di indicazione da parte del ricorrente del singolo frammento eventualmente determinante e tale da non consentire la ricostruzione operata dai Giudici di merito del delitto di cui al capo D), implica l'indeducibilità del motivo anche in questa sede. Costituisce principio di diritto consolidato quello secondo cui, allorché in sede di legittimità venga eccepita l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, indicare specificamente l'atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato e la rilevanza degli elementi probatori desumibili dalle conversazioni, posto che l'omissione di tali indicazioni incide sulla valutazione della concretezza dell'interesse ad impugnare (Sez. 5, n. 25082 del 27/02/2019, Baiano, Rv. 277608 - 02). La Corte territoriale fornisce, nondimeno, ampia motivazione in ordine alla utilizzabilità della captazione facendo pertinente riferimento all'adeguata motivazione contenuta in ogni provvedimento di proroga che consente di ritenere ogni segmento di proroga ex se utilizzabile (Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, Ambroggio, Rv. 265746 - 01). 2.8. Infondato risulta il motivo dedotto attraverso l'integrazione del ricorso principale del 5 settembre 2017 in cui il ricorrente censura la quantificazione della pena accessoria essendo stata confermata (in tal senso il dispositivo) la pena della decadenza della potestà genitoriale e l'interdizione legale. La Corte di appello, seppure in forma sintetica, dà conto dell'adeguatezza della loro durata (pag. 60 sentenza impugnata) ritenendole congrue all'esito del precedente giudizio espresso in ordine alla quantificazione della pena, così rendendo palese la valutazione dei presupposti per la loro irrogazione e quantificazione. 2.9. Fondata, invece, risulta la parte del motivo che censura l'irrogazione della pena accessoria dell'obbligo di pubblicazione della sentenza di condanna ex art. 36 c.p. che era seguita alla condanna all'ergastolo prevista dalla sentenza di primo grado. Venuta meno la pena dell'ergastolo, sostituita e determinata in anni venti di reclusione, deve ritenersi erronea la parte della decisione che ne ha disposto la conferma con la conseguente necessità di provvedere all'annullamento senza rinvio in parte qua della decisione ed il rigetto nel resto del ricorso. 3. Il ricorso del Procuratore Generale, che censura le riconosciute circostanze attenuanti generiche al B., è infondato e deve essere rigettato. Ed invero, adeguata risulta la parte della decisione che, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ha assegnato preponderante valenza alla complessiva portata del contributo offerto dal B., consistito nella partecipazione di una singolo segmento della fattispecie di reato, ponendolo al cospetto e raffrontando lo stesso con le posizioni di coloro che avevano partecipato alla concreta esecuzione dell'omicidio; in tal modo i Giudici di merito hanno reso motivazione non illogica nella valorizzazione di aspetti della condotta che risulta conforme a costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui dette attenuanti hanno la funzione di adeguare la sanzione finale all'effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, esaminando nella loro globalità gli elementi oggettivi e soggettivi, necessitando la specificità della vicenda un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell'art. 3 Cost., e della finalità rieducativa, di cui all'art. 27, comma 3, Cost., di cui la congruità costituisce elemento essenziale (Sez. 2, n. 5247 del 15/10/2020, dep. 2021, P., Rv. 280639 - 01; Sez. 6, n. 7946 del 10/04/1995, Faletto, Rv. 202165-01). Poiché la motivazione della Corte di appello non risulta illogica e dà conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione, il giudizio di fatto su cui sono state fondate è insindacabile in sede di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 - 01). 4. Il ricorso di C.V., ritenuto partecipe dell'associazione mafiosa di cui al capo A), in quanto infondato deve essere rigettato. 4.1. Generico e riproduttivo di identica censura formulata in sede di gravame risulta il primo motivo con cui il ricorrente contesta, deducendo vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge, la partecipazione al sodalizio mafioso che sarebbe fondata sulla valorizzazione del solo apporto fornito nell'opera di "bonifica" da microspie e rilevatori occultati dalla polizia giudiziaria nei mezzi in uso ai sodali della "famiglia di (Omissis)" ed il pregresso coinvolgimento nell'operazione cosiddetta "Primavera", unitamente a S.C., per l'estorsione ai danni della "(Omissis)", imputazione da cui erano stati assolti entrambi. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, che deduce la presenza di limitati elementi che possano assumere valenza significativa ai fini della ritenuta partecipazione al sodalizio mafioso della "famiglia di (Omissis)", la Corte di appello ha dimostrato di aver fatto corretto uso del compendio probatorio a disposizione, effettuando una complessiva valutazione dello stesso che solo apoditticamente C.V. afferma essere di non decisiva valenza. La Corte territoriale ha apprezzata la ritenuta significativa condotta assunta in occasione della vicenda afferente al pericolo di licenziamento del C. dalla "(Omissis)", ritenendo la stessa significativa, alla luce della tutela e sostegno che, nell'occasione, il ricorrente avevano ricevuto da M.G. e da M.V., quest'ultimo al vertice della locale "famiglia" di mafia; ha rilevato come costoro avessero partecipato ad una riunione finalizzata alla soluzione di problemi che si erano creati proprio con C.V., riunione confermata anche da quella immediatamente successiva effettuata tra i tre ( C., M. e M.) per discutere i relativi esiti. I Giudici di merito hanno, inoltre, reso ampia motivazione in ordine alle ragioni per cui nessuna rilevanza assumessero gli esiti del giudizio di assoluzione per estorsione di C.V. nei confronti dei vertici della "(Omissis)", che i testimoni sentiti in detto procedimento avevano dichiarato fosse completamente a disposizione e condizionata dalla associazione mafiosa (testualmente: "una ditta istituzionalmente a disposizione dell'organizzazione mafiosa"), escludendo che i fatti in argomento fossero gli stessi di cui al procedimento "Primavera", anche alla luce del diverso periodo di tempo che interessava gli stessi (gli uni, risalenti al 2012, quelli di cui al presente procedimento, verificatisi nel 2016). La Corte di Assise di appello ha contestualizzato l'attività di continua bonifica delle autovetture effettuata nei giorni 10, 24 e 29 marzo 2016, al fine di individuare sistemi di localizzazione "GPS" e apparecchiatura di captazione ambientale che C.V. svolgeva per il sodalizio, facendo emergere come la stessa fosse tesa alla specifica tutela di M.G. che, unitamente al fratello, era a capo del sodalizio e con il quale sussisteva un rapporto fiduciario adeguatamente dimostrato, così confutando le doglianze che tendevano ad una riduttiva ricostruzione del ruolo. Generico, invero, risulta il motivo che vorrebbe assegnare scarso peso alle risultanze probatorie nella parte in cui la sentenza ha ripercorso il profilo criminale di C.V., già condannato per la partecipazione alla stessa "famiglia" mafiosa sino al febbraio 2013; la Corte di Assise di appello ha messo in evidenza come non pregevoli fossero le censure che intendevano circoscrivere ad alcuni mesi la sua partecipazione, ponendosi le condotte in logica e stretta continuità con quelle già accertate con sentenza passata in giudicato tanto da deporre per una persistenza del vincolo associativo. Egualmente inammissibile risulta la parte del ricorso in cui il ricorrente assegna alle captazioni un differente significato, costituendo la doglianza questione involgente il merito, avendo i Giudici di merito fornito una non illogica lettura, sorretta da un coerente utilizzo delle massime di esperienza non sindacabile in cassazione (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, cit.). 4.2. Manifestamente infondata oltre che generica risulta la dedotta censura in ordine alla sussistenza del carattere armato dell'aggravante ex art. 416-bis, comma 4, c.p. poiché l'unico fatto di sangue sarebbe stato commesso in periodo successivo alla contestazione che lo interessava. Richiamati i principi di diritto sopra espressi, adeguata e pertinente risulta la parte della motivazione che ha rilevato come C.V. fosse certamente a conoscenza del carattere armato del sodalizio di cui già faceva parte, tenuto conto della precedente condanna proprio per delitti in materia di armi, risposta che il ricorrente afferma essere apodittica e preconcetta, senza però spiegare le ragioni che, in siffatta situazione, sarebbe idonea a smentire la consapevolezza del carattere armato del sodalizio per come ricostruito dal Giudici di merito, così incorrendo nella genericità della relativa deduzione. 4.3. Manifestamente infondata risulta la dedotta sussistenza di vizi di motivazione e violazione di legge per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale, con motivazione non illogica, condiviso il giudizio espresso dal Tribunale che aveva effettuato pertinente cenno alla gravità della condotta pervicacemente posta in essere nonostante la precedente condanna, al contempo osservando come nessun elemento positivamente apprezzabile fosse stato addotto dal ricorrente. 4.4. Il terzo motivo con cui il ricorrente censura la quantificazione della pena in ordine all'aumento inflitto a titolo di continuazione per i fatti di cui al presente procedimento e quelli oggetto di condanna da parte della Corte di appello di Caltanissetta del 13 maggio 2020, è infondato. La Corte di appello ha, invero, accolto la richiesta di continuazione ex art. 81 c.p. con i fatti di cui alle precedenti condanne passate in giudicato, così pervenendo ad una notevole riduzione rispetto alla precedente pena di otto anni di reclusione disposta dalla decisione di primo grado. La corretta valutazione dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. da parte della Corte di Assise di appello emerge dalle modalità attraverso cui è pervenuta alla determinazione della pena in anni tre di reclusione, ulteriormente ridotta ad anni due di reclusione per il rito abbreviato, lasciando invariate la pena base relativa alla precedente condanna per reato associativo e le pene già ivi calcolate in continuazione, così dando conto, in concreto, di aver adeguatamente apprezzato i presupposti di legge ai fini dell'adeguata determinazione del trattamento sanzionatorio. 5. Il ricorso di D.C.F.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi 3) (rapina pluriaggravata nei confronti S.C. e S.M.) e L) (detenzione e porto di armi comuni da sparo) è inammissibile in quanto riproduttivo di identiche censure adeguatamente confutate dalla Corte di Assise di appello. 5.1. Ed infatti, quanto alla dedotta tenuità del danno patrimoniale alla base del richiesto riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p., la Corte territoriale ha escluso la rilevanza del mero dato economico, osservando come non sia sufficiente avere riguardo al valore venale del corpo di reato se del caso conseguito, ma anche al pregiudizio complessivo e al disvalore sociale recati con la condotta dell'imputato, in termini effettivi o potenziali (Sez. 3, n. 18013 del 05/02/2019, Loussaief Boulbaba, Rv. 275950; Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Di Giorgio, Rv. 280615). Proprio al fine di assegnare la giusta rilevanza al fattore economico allorché si tratta di giudicare reati che implicano condotte con uso di violenza o minaccia alla persona, questa Corte ha precisato che l'attenuante del danno di speciale tenuità non è configurabile quando, seppur sia derivato dalle azioni violente o minacciose un pregiudizio patrimoniale di modesto valore economico, lo stesso sia accompagnato da pesanti conseguenze sulla libertà e integrità fisica e morale della vittima (in riferimento al delitto di estorsione, cfr. Sez. 2, n. 46504 del 13/09/2018, B., Rv. 274080 - 01). La Corte di merito, invero, ha messo in evidenza che durante l'efferata rapina le due persone offese vennero pesantemente picchiate e riportarono consistenti lesioni, così escludendo che potesse assumere rilevanza determinante la sola quantificazione della somma di denaro di alcune centinaia di Euro sottratta che, in ogni caso, non poteva ritenersi di tenuità tale da consentire il riconoscimento dell'invocata attenuante. 5.2. Egualmente generico e già correttamente confutato dalla Corte territoriale si rivela il secondo motivo con cui si rivolgono critiche al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p. in ragione del risarcimento spontaneo di Euro 5.000 versato a ciascuna vittima. Con motivazione logica e completa, non sindacabile in sede di legittimità, i Giudici di merito hanno ritenuto come la consegna della somma accettata dalle vittime, condotta apprezzata ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non potesse ritenersi idonea quanto ad attenuante del risarcimento del danno proprio a cagione dell'estrema violenza subita dalle vittime. La argomentata esclusione risulta coerente ma ancora una volta oggetto di critiche attraverso la dedotta rilevanza assegnata dal ricorrente alla sola quantificazione economica della somma consegnata a titolo di risarcimento, senza prendere in esame e confutare la reale ragione alla base del diniego nella parte in cui si rileva la non esaustività della cifra corrisposta per il danno morale e fisico cagionato alle vittime che avevano subito una rilevante aggressione. Ne' può assegnarsi valenza ex se vincolante alle dichiarazioni delle persone offese che hanno rilasciato quietanza ritenendosi soddisfatte, essendo rimesso al sindacato del giudice di merito l'apprezzamento dell'avvenuto ravvedimento del reo e della neutralizzazione della sua pericolosità sociale che l'integrale risarcimento del danno implica (Sez. 5, n. 116 del 08/10/2021, dep. 2022, Maier Liuk, Rv. 282424 - 01) e che se con logicità escluso, come nel caso di specie, è insindacabile in cassazione (Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368 02). 5.3. Parimente riproduttivo e generico risulta il motivo che censura il bilanciamento in termini di equivalenza delle attenuanti generiche e la complessiva determinazione della pena; il giudizio in ordine al trattamento sanzionatorio complessivamente apprezzato, in quanto motivatamente ribadito sulla base di valutati profili connessi alla gravità del fatto cui ha fatto reiterato riferimento in ordine alle doglianze formulate in sede di gravame, risulta insindacabile in sede di legittimità. 6. Il ricorso di D.C.S.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi A (associazione mafiosa) e G (furto pluriaggravato di una cassaforte con all'interno la somma di Euro 15.725,00), in quanto complessivamente infondato deve essere rigettato. 6.1. Il primo motivo di ricorso in cui si contesta un ruolo dinamico in capo al ricorrente, è in linea con le sovrapponibili censure formulate nel presente procedimento allorché rievocano doglianze già correttamente confutate dalla Corte di Assise di appello e prima ancora dal Tribunale; il ricorrente tenta di assegnare ai dati probatori nel loro complesso analizzati e valorizzati una parcellizzata valenza onde assumerne la non rilevanza, la difforme interpretazione, inclusa quella emersa dal contenuto delle intercettazioni che nel caso di specie risultano essere state determinanti per ricostruire il ruolo di partecipe al sodalizio mafioso. La Corte territoriale, dopo avere nel dettaglio ripercorso tutti gli elementi probatori già vagliati dal Tribunale, non prima di aver inquadrato l'ambito familiare del ricorrente, composto da soggetti affiliati o deceduti per motivi connessi alla comune appartenenza mafiosa, facendo esplicito rinvio a conversazioni in cui il ricorrente unitamente a T.M.F. ed al cugino D.C.V. faceva preciso riferimento alla comune partecipazione al sodalizio mostrandosi a conoscenza delle dinamiche criminali e dei rapporti tra i gruppi, ha messo in evidenza il ruolo di collegamento con la criminalità comune di (Omissis) e (Omissis) di D.C.S.G., i plurimi incontri con i sodali e il non trascurabile intervento su un teste nell'ambito del processo cosiddetto "Primavera" (pagg. da 84 a 89 sentenza impugnata); la Corte territoriale ha sinteticamente apprezzato gli stessi, ha confutato tutti i rilievi posti nei motivi di gravame (pagg. da 91 a 93), identici a quelli riproposti in sede di ricorso, ritenendo di fatto assorbente, in ordine alle ragioni dell'intraneità al sodalizio, il contenuto delle intercettazioni con la moglie ed il cugino D.C.V. a cui il ricorrente attribuisce un precluso difforme significato (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, cit.). Alla luce delle valorizzate plurime e convergenti circostanze, inammissibile risulta la questione afferente all'omessa considerazione della perizia svolta dal Giudice delle indagini preliminari che avrebbe accertato l'impossibilità di individuare i colloquianti presenti ad un incontro in cui la polizia giudiziaria affermava essere presenti T.G., M.G., D.C.V.: lo stesso ricorrente non indica quale portata determinante potrebbe assumere nel complesso delle risultanze in cui, di fatto, risulta essere stato valorizzato copioso materiale. L'intervenuta perizia sul punto non è idonea a far venir meno, in assenza di utili elementi, i dati probatori a disposizione del Giudice di primo grado e legittimamente utilizzati in ragione del rito abbreviato prescelto. 6.2. Infondato risulta il secondo motivo con cui si censura la sussistenza della dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. per il reato di furto di cui al capo G). Il motivo risulta infondato ai limiti della genericità nella parte in cui non prende in considerazione il dato rilevante a mente del quale la Corte di Assise di appello ha ricondotto il mandato di operare il furto al soggetto che era al vertice del sodalizio, M.V., circostanza che depone per l'inequivocabile valenza agevolatrice della compagine. Il ricorso, sotto altro aspetto, risulta attingere al merito allorché tenta di accreditare la tesi secondo cui tutto il ricavato del furto della cassaforte fosse utilizzato direttamente dal ricorrente e dai concorrenti materiali, avendo invece rilevato i Giudici di merito come in realtà solo parte del denaro sottratto (con particolare riferimento alle banconote macchiate di inchiostro) fossero state cambiate, tanto da ritenere, pur in assenza di prove che tutta la refurtiva fosse stata destinata al mandante, che la stessa si potesse logicamente ricavare proprio in ragione del mandato iniziale proveniente da M.V. (pag. 95 sentenza impugnata). 6.3. Inammissibile risulta il motivo con cui si deducono vizi di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti ex art. 62-bis c.p.. La Corte territoriale, dopo aver ritenuto non valorizzabili l'incensuratezza e i gravi motivi di salute, elementi giudicati non rilevanti rispetto alla richiesta attenuante, ha dato conto delle ragioni che ne facevano escludere il riconoscimento attraverso il pertinente riferimento alla gravità della condotta delittuosa ed alla valutazione complessiva in ordine alla determinazione della pena. 7. Il ricorso di D.D.A., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi A) (associazione mafiosa) e C) (estorsione aggravata ai danni della società "(Omissis)" s.r.l.), è infondato e deve essere rigettato. 7.1. Il primo motivo con cui sono rivolte censure alla parte della decisione che avrebbe valorizzato una limitata condotta posta in essere da D.D.A. a fronte di una sistematica attività realizzata dal sodalizio mafioso, si risolve in una lettura riduttiva ed alternativa delle risultanze probatorie che risultano, invece, logicamente e con completezza analizzate dalla Corte di Assise di appello. I Giudici di merito, dopo aver ripercorso gli elementi nel complesso valorizzati dalla sentenza di primo grado per come emersi dalle indagini, hanno smentito ogni censura: hanno valutato essere irrilevante che il figlio di D.D.A., egualmente occupato insieme al padre nell'opera di "bonifica" dell'auto del C., non fosse stato ritenuto partecipe del sodalizio, osservando come determinante fosse la valorizzata condotta del ricorrente letta in uno con gli altri elementi; hanno smentito la censura che intendeva assegnare valenza neutra alle numerosi riunioni che vedevano la partecipazione di altri sodali e dei vertici del sodalizio e dei rappresentanti di altra cosca quale quella riconducibile alla "famiglia E.- S." di (Omissis), dando conto delle ragioni e del contesto in cui tali riunioni si svolgevano specie allorché, in un momento delicato per la vita del sodalizio della "famiglia di (Omissis)", si registrava un riavvicinamento del vertice della cosca rappresentata dai fratelli M. alla cosca della città etnea; hanno assegnato una logica rilevanza all'utilizzo di linguaggio criptico, il cui contenuto veniva compreso proprio grazie a conversazioni con cui si esplicitava il significato di alcuni termini pedissequamente utilizzati nel corso dei vari colloqui captati tanto da fornire una lettura chiarificatrice dei vari legami tra i sodali e, in particolare, per quel che concerne D.D.A., lo stretto legame con il C.. Rilevanza è stata attribuita all'estorsione nei confronti dell'impresa "(Omissis)" s.r.l. (che verrà trattata in seguito), interessata ai lavori relativi alla rete in fibra ottica, evento delittuoso che, proprio per le caratteristiche operative utilizzate dai sodali e per la gestione anche territoriale della vicenda risultava altamente significativo, unitamente agli stretti contatti con i vertici dell'associazione mafiosa, di una pregressa e stabile partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso. Privo di fondamento, pertanto, risulta il tentativo del ricorrente di ridurre il periodo oggetto della contestazione ad un ambito coincidente con le sole attività monitorate dagli investigatori, rilievo che non tiene conto del contenuto e della valenza assegnata agli elementi acquisiti, corrispondenti con una partecipazione almeno coincidente con quella oggetto di contestazione; anche la decisione di primo grado aveva apprezzato la stabilità dell'inserimento del D.D. all'interno del sodalizio, deponendo in tal senso, oltre alle risultanze investigative, l'esame dei rapporti familiari risalenti e posti a conferma dei dati processuali acquisiti. Deve, infatti, osservarsi che, una volta che sia stata accertata una stabile partecipazione attraverso una effettiva contribuzione alla vita e dinamiche del sodalizio mafioso, non è necessario, in ragione della natura permanente del reato, dimostrare una quotidiana perpetuazione manifesta di tale contributo, che deve ritenersi, proprio a causa della storicamente dimostrata stabilità del vincolo associativo, valida e produttiva di effetti fino al recesso (Sez. 2, n. 1688 del 26/10/2021, dep. 2022, Giampà, Rv. 282516 - 03). Alla luce delle considerazioni sopra espresse in ordine alla rilevanza assegnata dai Giudici di merito alla condotta posta in essere in favore dell'associazione mafiosa, apodittica risulta l'affermata natura marginale del contributo che il ricorrente vorrebbe accreditare attraverso una lettura parziale e parcellizzata dei singoli elementi correttamente apprezzati nella competente sede di merito. 7.1.2. Infondato risulta il motivo con cui si nega anche solo la colpevole conoscenza del carattere armato del sodalizio mafioso da parte del D.D.. Seppure le captazioni che interessano specificamente il ricorrente non facciano specifico riferimento al possesso di armi da parte del medesimo, corretta risulta la motivazione nella parte che ha valorizzato, proprio nel periodo interessato dalla contestazione a carico del ricorrente, il possesso di adeguata dotazione armata della compagine necessaria per il compimento di un omicidio (omicidio M. che veniva realizzato con pistola e fucile). Ed infatti, dal procedimento emerge in maniera netta il carattere armato della associazione mafiosa, non perché lo stesso debba ritenersi notoriamente armato facente parte della più ampia associazione mafiosa denominata "(Omissis)", ma proprio per l'accertato utilizzo di armi, sia in occasione dell'esecuzione dell'omicidio citato, sia per il tentativo di estorsione ai danni della A.T.I. "(Omissis)" s.r.l. - "(Omissis)" s.r.l. posto in essere attraverso l'intimidazione realizzata con cartucce di fucile; i citati elementi, sia in ragione del ristretto ambito territoriale in cui risiedevano tutti i sodali, sia per lo stretto rapporto del D.D. con i vertici dello stesso non lasciano dubbi circa la consapevolezza in ordine al possesso di armi in capo all'associazione mafiosa riferibile alla "famiglia di (Omissis)". 7.2. Infondato risulta anche il secondo motivo attraverso il quale il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla contestata estorsione aggravata nei confronti di C.S.C.G., responsabile della "(Omissis)" s.r.l., impresa che eseguiva lavori per conto della "(Omissis)" s.p.a. nei Comuni di (Omissis) e (Omissis) (capo C). 7.2.1. Il motivo risulta riproduttivo di identica censura già confutata dalla Corte di Assise di appello allorché ha rilevato le ragioni che deponevano per il coinvolgimento del D.D. nell'estorsione, valutando la piena consapevolezza del ricorrente circa la finalità degli incontri tenutisi in sua presenza e a ridosso della vicenda estorsiva ai danni dell'imprenditore C.. La motivazione della sentenza enuncia i plurimi elementi alla base della decisione, mentre declinate in fatto risultano le censure formulate dal ricorrente allorché, attraverso una lettura parcellizzata delle risultanze, tenta di accreditare una versione tesa a riduttivamente apprezzare il compendio probatorio ed a fornire una lettura alternativa delle stesse, operazione preclusa in sede di legittimità. La decisione, infatti, ha adeguatamente apprezzato la cronologica sequenza delle riunioni a cui il medesimo partecipava assiduamente e della significativa presenza del L.D. alle stesse. La Corte di appello ha osservato come costui, sulla base delle emergenze processuali correttamente valutate dal Tribunale, lungi dall'essere vittima del delitto di estorsione, costituiva in realtà il tramite tra il C., responsabile della "(Omissis)" s.r.l., e le cosche di (Omissis) e (Omissis): C., infatti, aveva in detto frangente estromesso il L.D. dalla citata società nella quale risultava essere "socio di lavoro ("sociu do travagliu, no sociu de l'impresa", pag. 204 sentenza di primo grado)", in tali termini definito nelle captazioni allorché aveva invece ribadito come il L.D. non fosse un socio di capitali. La Corte di appello ha richiamato la parte della decisione di primo grado che aveva analiticamente evidenziato gli elementi che portavano a ritenere come le varie riunioni fossero funzionali alla gestione dell'estorsione nei confronti della "(Omissis)", specie nella parte in cui è stato osservato che il D.D. si fosse recato alla riunione che riguardava la cosiddetta "messa a posto" del C. insieme a C.G., personaggio di primo piano della "famiglia di (Omissis)", che nell'occasione era stato appunto delegato a rappresentare proprio i fratelli M.; detta riunione si rendeva necessaria - così fornendosi risposta implicita alla deduzione in ordine alla competenza oggetto di rilievo da parte della difesa - proprio per dirimere questioni di "competenza territoriale" assumendo rilievo sia il luogo in cui insisteva la società sia quello in cui venivano dalla stessa realizzati i lavori per conto della "(Omissis)" s.p.a., tenuto conto che il vertice della "famiglia pietrina" costituiva punto di riferimento delle famiglie della provincia di (Omissis) (pagg. 8, 9 e 10 sentenza impugnata). La sentenza ha dato conto delle modalità attraverso cui si era svolta l'intimidazione dei confronti del C., la cui società veniva dapprima depredata, cui seguiva la pesante minaccia subita da costui allorché aveva fatto intendere (rendendo palese detta volontà al L.D.) di non essere più disposto a pagare la cosiddetta "messa a posto", il cui ammontare veniva deciso all'esito degli intervenuti accordo tra le due compagini criminali (pietrine e catanesi). 7.2.2. La deduzione che tende a confutare la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. si presenta generica e manifestamente infondata. La Corte di Assise appello ha evidenziato sia i dati che facevano ritenere che l'estorsione fosse stata portata a compimento ed eseguita con modalità mafiosa, determinante in tal senso la modalità con cui era stato intimidito il C. allorché aveva palesato al "socio" poi estromesso la volontà di non voler più sottostare al pagamento di somme di denaro, sia quelli da cui si desumeva come l'estorsione, in quanto gestita da distinte famiglie, rendeva evidente come il versamento delle somme mensili andasse a favore sia della cosca catanese che di quella pietrina (pag. 346 e 347 sentenza Tribunale), alla base dei plurimi incontri tesi proprio a regolare detto aspetto. 7.3. Infondati risultano, altresì, il terzo ed il quarto motivo di ricorso con cui D.D.A. rivolge censure in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla quantificazione della pena. La Corte di Assise di appello ha ritenuto congrua la pena per come determinata dal Tribunale valorizzando il ruolo assunto nella compagine mafiosa oggetto del procedimento anche in ragione della certamente rilevante fiducia nutrita dal sodalizio che lo riteneva meritevole di poter partecipare, non solo a riunioni di vertice tra sodali ma anche a quelle tese ad accordi con altre compagini (nel caso di specie la famiglia catanese facente capo alla "cosca S."); detta valutazione in ordine alla gravità della condotta partecipativa è stata ritenuta determinante per giustificare anche la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, in mancanza di elementi positivi da valorizzare al riguardo. 8. Il ricorso di D.N.G., ritenuto responsabile dei delitti di cui ai capi G) (furto pluriaggravato di una cassa(Omissis) con all'interno la somma di Euro 15.725 ai danni del supermercato (Omissis)), I) (furto aggravato ai danni D.C. S. e S.M. di circa 30 chilogrammi di mandorle), 3) (rapina aggravata con irruzione all'interno dell'abitazione D.C. S. e S.M.) e L) (detenzione e porto di una pistola semiautomatica e di un fucile), è inammissibile. 8.1. Il primo motivo, con cui la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al furto aggravato di cui al capo G), è generico e manifestamente infondato. La Corte di Assise di appello, nell'esaminare la posizione del D.N., ha rinviato alle valutazioni già espresse in occasione della confutazione dei motivi di gravame formulati da D.C.S.G., dando atto del contenuto univoco delle intercettazioni ambientali. Chiara risulta la motivazione espressa dalla decisione (pagg. 89 e 90 della sentenza impugnata) ove vengono enunciate le ragioni che aveva portato il Tribunale a ritenere sussistente la responsabilità del D.C.S.G. proprio in base al contenuto della intercettazione con il D.N., che troverà conferma nelle corrispondenti concrete modalità di esecuzione del furto. Generico e manifestamente infondata è la censura con cui si deduce la mancata risposta in ordine al numero dei partecipi che il ricorrente afferma fosse stato imputato dal Tribunale al solo D.N. quale autore del furto, rilievo che non trova conferma nella decisione che fa invece pertinente riferimento ad un numero di almeno tre persone coinvolte, tra mandanti ed esecutori materiali del delitto. Il motivo in questione, formulato in maniera ambigua, non risulta criticare con la necessaria specificità la ritenuta aggravante di cui all'art. 625, n. 5, c.p. del numero delle persone (in ordine all'inammissibilità dei motivi generici, ovvero non contenenti la precisa prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da sottoporre a verifica, tra le tante, cfr. Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, Cecco, Rv. 246980), tentando piuttosto di incrinare le evidenze che portano a ritenere il ricorrente responsabile del delitto contestato, esito non riuscito in ragione della corretta e completa ricostruzione della vicenda da parte dei Giudici di merito che hanno valorizzato i chiari riferimento contenuti nelle intercettazioni. 8.2. Il secondo motivo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al furto ai danni dei fratelli S. di cui al capo I) è riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di Assise di appello, che invece rileva come il ricorrente fosse stato con certezza identificato dagli investigatori di polizia giudiziaria che conoscevano il timbro di voce a causa della lunga attività di intercettazione a cui era stato sottoposto dai medesimi operanti. Risposta esaustiva è stata fornita dalla Corte di Assise di appello anche in ordine al rilievo secondo cui D.N. non avrebbe potuto commettere il furto il giorno in cui era stata captata la conversazione proprio perché in compagnia del D.C., essendo stato rilevato come nessuna incompatibilità vi fosse proprio perché si trattava di un'azione posta in essere prima che i due si incontrassero, visto che D.N. aveva rappresentato l'intenzione di voler ritornare nell'abitazione per prendere altri due sacchi di mandorle e una motosega (pag. 13 sentenza impugnata). 8.3. Analoga inammissibilità presenta il terzo motivo con cui il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta responsabilità per la rapina aggravata (capo J) nei confronti delle parti offese di cui sopra. I rilievi non prendono in esame l'adeguata motivazione che ha fatto pertinente rinvio alla decisione di primo grado (i cui tratti essenziali sono stati riprodotti preliminarmente dal Collegio di appello) anche con riferimento all'identificazione dei colloquianti, nella parte in cui mette in luce la chiarezza delle conversazioni captate in ordine alla fase organizzativa, preparatoria ed esecutiva della commissione della rapina ai danni degli Stoppia e non trascura l'intimazione ricevuta da tutti i responsabili della rapina (compreso il D.N.) da parte di D.C.V. che li aveva redarguiti dicendo loro di non permettersi in futuro di assumere simili iniziative delittuose (il riferimento alla rapina emerge con chiarezza dalle complessive intercettazioni) in totale autonomia come quella posta in essere e senza previa autorizzazione. La Corte di Assise di appello, a fronte di tali evidenze, ha dato conto della non incidenza sulla valorizzazione del complessivo compendio probatorio dei dubbi manifestati da S.C. che riferiva che uno dei rapinatori avesse circa quaranta anni, sia a causa della concitazione del momento dovuta all'efferatezza della violenza utilizzata, sia perché il citato passaggio delle dichiarazioni non era chiaro si riferisse proprio all'unico malvivente a cui era stato strappato il cappuccio o ad altro soggetto, motivazione logica in ordine alla esclusa rilevanza e valutazione del complessivo compendio indiziario non incrinato dalle generiche deduzioni che non mettono in evidenza come tale dettaglio possa disarticolare le ragioni della ritenuta responsabilità per come resa palese dal contenuto delle captazioni. 8.4. Declinato in fatto nella parte in cui rivolge critiche alle valutazioni di merito operata dalla Corte territoriale risulta il quarto motivo con cui il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione ai delitti in materia di armi di cui al capo L). Anche in tal caso la motivazione dei Giudici di merito è strettamente legata sia all'evidenza del contenuto delle intercettazioni sia al contenuto di quanto direttamente ascoltato dagli investigatori nella parte in cui hanno rappresentato di aver sentito con certezza il rumore del caricamento dell'arma, apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità. 8.5. Inammissibile risulta anche il quinto motivo che deduce vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche avendo la Corte di merito correttamente motivato la esclusione delle stesse in ragione della gravità del reato e per l'assenza di elementi positivamente apprezzabili, valutazione che, in quanto non illogica si sottrae al sindacato di legittimità. 9. Il ricorso di M.G., ritenuto responsabile del delitto di cui al capo A) (associazione mafiosa), è inammissibile sotto plurimi profili. 9.1. Il primo motivo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta responsabilità del ricorrente per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p., riproduce identiche censure già analiticamente confutate dai Giudici di merito che hanno con correttamente apprezzato il compendio probatorio al fine di ritenere esistenti i presupposti della partecipazione al sodalizio mafioso; è stato evidenziato il ruolo dinamico e di spessore assunto in detto contesto dal M. che risultava attivo nelle dinamiche del gruppo con particolare riferimento alle relative riunioni; il ricorrente metteva a disposizione i locali della propria officina, si interessava alle problematiche del sodalizio a tutela dei partecipi (vicenda "(Omissis)") effettuando opera di continuativa "bonifica" dei mezzi. Il motivo si presenta, inoltre, generico nella parte in cui nulla deduce in ordine alla valorizzata precedente condanna per associazione mafiosa la cui partecipazione viene ritenuta essersi protratta sulla base delle ulteriori risultanze emerse nel presente procedimento; la decisione ha, infatti, messo in risalto come le condotte fossero in linea e senza soluzione di continuità con gli accertati trascorsi associativi rendendo palese la persistenza del relativo vincolo. Quanto all'attività di bonifica, la Corte di Assise di appello ha fatto espresso riferimento al chiaro contenuto delle intercettazioni ascoltate "in diretta" dagli investigatori allorché personalmente M.G., con l'ausilio del figlio, disinstallava le microspie presenti sul mezzo di M.G., dando conto dell'inconferenza dei motivi di gravame che tendevano ad accreditare la tesi secondo cui l'opera di "bonifica" fosse stata attribuita al ricorrente solo perché il mezzo si trovasse presso la sua officina. La Corte di merito ha spiegato il motivo per cui non fosse determinante la circostanza che C.V., che si era avvalso, analogamente a M., dell'opera di M.G., fosse in grado di provvedere direttamente alla verifica della presenza di microspie sul mezzo, visto che la necessità di chiamarlo e di provvedere ad una immediata "bonifica", che ha parimenti interessato la propria autovettura, scaturiva proprio dal rinvenimento di microspie sull'auto di M., a nulla rilevando che C. avesse la propria attrezzatura e che fosse pertanto in grado di operare in autonomia; la citata occasione non impediva di valorizzare il contesto, l'apporto e la rilevanza che detta attività, nello specifico, aveva assunto per la compagine associativa. Quanto alla valorizzata condotta posta in essere in occasione della vicenda che vedeva il rischio per C.V. di essere licenziato dalla "(Omissis)", come già effettuato quando ha dovuto analizzare la posizione di costui, la Corte di Assise di appello ha evidenziato che la vicenda fosse significativa, alla luce della tutela e sostegno che nell'occasione avevano ricevuto da M. (che non aveva alcun titolo all'interno di quella società) e da M. in qualità di capo della locale cosca; ha rilevato come costoro avessero partecipato ad una riunione finalizzata alla risoluzione di problemi che si erano creati proprio con C.V., che detta riunione era stata confermata anche da quella immediatamente successiva effettuata tra i tre per discutere i relativi esiti (pagg. 78-79 decisione impugnata), non sussistendo dubbi circa la presenza anche di M. di cui gli investigatori ben conoscevano il timbro di voce ascoltata nella captazioni. I Giudici di merito hanno, inoltre, reso corretta ed ampia motivazione circa le ragioni per cui nessuna rilevanza assumessero gli esiti del giudizio di assoluzione per estorsione del C. nei confronti dei vertici della "(Omissis)", che i testimoni sentiti avevano dichiarato fosse completamente a disposizione e condizionata dalla associazione mafiosa (testualmente: "una ditta istituzionalmente a disposizione dell'organizzazione mafiosa"), escludendo che i fatti in argomento fossero gli stessi di cui al procedimento "Primavera" anche alla luce del diverso periodo di tempo che interessava gli stessi (gli uni, risalenti al 2012, quelli di cui al presente procedimento, al 2016). Quanto alla riunione che si è tenuta a (Omissis) il 9 febbraio 2016, unitamente a C.G. su delega dei fratelli M., la Corte di merito, dopo aver evidenziato la rilevanza dell'incontro che ha visto la partecipazione dei vertici delle cosche di più province proprio per definire le strategie e le azioni e fare il punto dell'attuale situazione dei rapporti tra le stesse, ha fornito ampia risposta in merito all'irrilevanza di quanto contenuto nella decisione del procedimento denominato "Kronos", osservando come la circostanza che il nominativo di M. non comparisse in detta sentenza, non assumesse alcuna valenza poiché costui non era imputato in quel procedimento, mentre vi erano plurime ragioni che deponevano per l'attiva e rilevante partecipazione a detta riunione desunta proprio dalle stesse dichiarazione del ricorrente che aveva ammesso di trovarsi al (Omissis) a (Omissis) pur giustificando la presenza adducendo motivi di lavoro. A fronte di precisa motivazione che ha valorizzato i dati sopra evidenziati quanto a persistenza della condotta illecita attiva nelle dinamiche del sodalizio mafioso, che ha smentito le deduzioni formulate in sede di gravame, risulta precluso in sede di legittimità ogni tentativo di accreditare una differente lettura delle risultanze tale da attribuire un significato alternativo alle stesse correttamente esaminate dai Giudici di merito che hanno apprezzato i dati processuali a disposizione, dando atto della sussistenza dei presupposti alla base della ritenuta perdurante partecipazione alla "famiglia mafiosa" di (Omissis). 9.2. Manifestamente infondato e riproduttivo di identica censura correttamente confutata dalla Corte territoriale risulta il secondo motivo con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al carattere armato dell'associazione mafiosa. La Corte di merito ha correttamente valorizzato le precedenti condanne in ordine al possesso di armi da parte del ricorrente nell'ambito dello stesso contesto associativo nonché l'accertata capacità della compagine mafiosa di eseguire omicidi con l'uso di armi da fuoco (in tal senso l'omicidio di M.F.G.'), circostanze che rendono palese come, da un lato, l'associazione fosse senz'altro armata, dall'altro, che il dato non potesse sfuggire al ricorrente quantomeno a titolo di colpa. 9.3. Inammissibile risulta, altresì, il terzo motivo di ricorso che deduce vizi di motivazione e violazione di legge per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e in ordine alla determinazione della pena. Completa risulta la sentenza che ha fatto riferimento alla protrazione della condotta illecita ed alle due precedenti condanne per giustificare il diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo sub-valente, ai fini della loro concessione, lo svolgimento di attività lavorativa; apodittica si presenta la dedotta violazione dell'art. 81 c.p., la cui applicazione - secondo la difesa - sarebbe stata vanificata con la determinazione della pena in aumento determinata in tre anni (quattro anni e sei mesi di reclusione ridotti di un terzo per il rito abbreviato), a fronte della precedente condanna ad otto anni di reclusione complessivi inflitti dal Tribunale. 10. Il ricorso di R.S., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi J (rapina ai danni D.C. S. e S.M.) e H (ricettazione del denaro provento di furto della cassa(Omissis) ai danni del supermercato (Omissis)), è infondato e deve essere rigettato. 10.1. Il primo motivo attraverso cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 8,9,21 comma 2, 183 e 458 commi 1 e 2 c.p.p. nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto implicitamente rinunciata l'eccezione di incompetenza territoriale avanzata dalla difesa in primo grado, è infondato. 10.1.1. Ed invero, sulla base degli atti cui questa Corte può accedere allorché vengono dedotte questioni in rito e, comunque, in ragione degli allegati atti al ricorso e del contenuto delle due sentenze di merito - che al riguardo non risultano essere state contraddette - si desume la sequenza procedimentale di seguito indicata. Il 13 settembre 2019 veniva emesso decreto di giudizio immediato con eccezione di incompetenza depositata il 16 ottobre 2019, unitamente alla tempestiva richiesta di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato; non irrilevante, come anche emergente dall'allegazione operata dal ricorrente, risulta che la richiesta prevedesse, in primo luogo l'eccezione di incompetenza territoriale in quanto i fatti, realizzatisi a (Omissis), dovevano essere sottoposti alla competenza territoriale del Tribunale di Enna, in subordine ed espressamente condizionando la richiesta al mancato accoglimento dell'eccezione di incompetenza, veniva formulata richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'esame del teste T.F., e solo in ipotesi di "mancato accoglimento della superiore richiesta di abbreviato condizionato, voglia ammetterlo secco", così - in definitiva - condizionando complessivamente la richiesta di giudizio abbreviato al mancato accoglimento dell'eccezione di incompetenza territoriale. All'udienza del 25 novembre 2019 il Giudice delle indagini preliminari procedeva agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; all'udienza del 10 febbraio 2020 formulava richiesta di costituirsi parte civile la persona offesa C.S.C.G. e le parti formulavano eccezioni preliminari; il 2 aprile 2020 il giudice differiva la trattazione in ossequio alla legislazione emergenziale per "COVID - 19"; il 13 maggio 2020 il giudice ammetteva la richiesta di parte civile e rigettava le eccezioni in ordine all'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e le eccezioni di illegittimità costituzionale; all'udienza del 25 giugno 2020 veniva reiterata da tutte le parti l'istanza ex art. 438 c.p.p., ma non anche l'eccezione di incompetenza da parte del R.; all'udienza del 16 luglio 2020 la difesa del ricorrente veniva ammesso al rito alternativo e anche in tale data nulla deduceva il difensore in ordine all'eccepita incompetenza territoriale. Alla successiva udienza del 1 ottobre 2020 l'eccezione veniva riformulata e rigettata dal Giudice delle indagini preliminari perché ritenuta tardiva, giudicando la stessa implicitamente rinunciata alla luce della ribadita richiesta di celebrazione del giudizio abbreviato. 10.1.2. L'art. 538 c.p.p. nella formulazione vigente al momento del giudizio, al comma 1 dispone che "l'imputato, a pena di decadenza, può chiedere il giudizio abbreviato depositando nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta, con la prova della avvenuta notifica al pubblico ministero, entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 438, comma 6-bis. Con la richiesta l'imputato può eccepire l'incompetenza per territorio del giudice". Il comma 2, d'altro canto, disciplina la scansione processuale disponendo che "Il giudice fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Qualora riconosca la propria incompetenza, il giudice la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. Nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 438, commi 3 e 5, 441, 441-bis, 442 e 443 (...)" Secondo l'art. 21, commi 2 e 3, c.p.p., l'incompetenza per territorio e l'incompetenza derivante da connessione sono rilevate o eccepite, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, qualora questa manchi, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, del codice di rito; termine entro il quale deve essere, inoltre, riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare. Il tenore della disciplina prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 458 comma 1 e 2,438, comma 6-bis, e 21 c.p.p., consente all'imputato destinatario del decreto di fissazione del giudizio immediato, contrariamente a quanto avveniva in passato in cui si dubitava del termine e la sede in cui formulare l'eccezione di incompetenza territoriale (se all'atto della richiesta o nell'iniziale fase dell'udienza camerale disposta a seguito della richiesta di giudizio abbreviato formulata all'atto della notifica del decreto di fissazione del giudizio immediato la cui disciplina non coincide in toto con quella prevista per l'udienza preliminare) di effettuare la richiesta solo entro il termine di quindici giorni dalla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato. Risulta pertanto superato, sulla base della modifica normativa seguita alla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 46, che con la introduzione del secondo periodo dell'art. 458, comma 1, c.p.p., ha appunto individuato il momento entro il quale formulare l'eccezione di incompetenza territoriale, il precedente indirizzo espresso da questa Corte nel suo massimo consesso secondo cui l'eccezione di incompetenza territoriale è proponibile "in limine" al giudizio abbreviato non preceduto dall'udienza preliminare che, in assenza di una fase dedicata alla soluzione delle questioni preliminari, individuava il termine con quello corrispondente alla verifica della costituzione delle parti (Sez. U, n. 27996 del 29/03/2012, Forcelli, Rv. 252612 - 01). Se ciò consente di condividere le argomentazioni evidenziate dal ricorrente là dove afferma che nessuna reiterazione dell'eccezione di incompetenza territoriale si rendeva necessaria allorché la stessa fosse stata formulata, come nel caso di specie, nell'esatta sede e nei termini di cui all'art. 458 comma 1, secondo periodo, c.p.p., sotto altro profilo non può invece condividersi la parte del motivo che vorrebbe far discendere dalla modifica normativa che ha ora previsto la giusta sede processuale in cui formulare la relativa eccezione per territorio una presunta impossibilità del ricorrente di effettuare una successiva rinuncia alla stessa. La stessa sentenza a Sezioni Unite Forcelli (al riguardo significativo si presenta il punto 4.3 del "considerato in diritto"), implicitamente ritiene comunque possibile una rinuncia per facta concludentia, rilevante ex art. 183 c.p.p., ravvisabile quando dal comportamento degli interessati possa inoppugnabilmente desumersi la rinuncia definitiva a contestare il vizio, specie quando afferenti questioni di competenza per territorio (il cui regime è modellato in punto di rilevabilità e decadenza su quello delle nullità c.d. intermedie) rientranti nella sfera di disponibilità degli interessati. Le Sezioni Unite Forcelli escludono che nell'ipotesi sottoposta ad esame (cosiddetto "abbreviato atipico") una rinuncia possa essere direttamente desunta dalla sola richiesta di abbreviato, ma non anche che ogni comportamento, successivamente all'eccezione formulata, possa ritenersi indifferente rispetto alla dedotta questione, sempre rinunciabile dalla parte e non rilevabile d'ufficio. Ciò premesso, si osserva che proprio la modalità attraverso cui l'eccezione di incompetenza territoriale veniva prospettata in occasione della richiesta di giudizio abbreviato deponeva per una sua implicita rinuncia. Il ricorrente, invero, non si era limitato, allorché ebbe a ricevere la notifica del decreto che disponeva la citazione per il giudizio immediato, a prospettare l'eccezione per territorio e, al contempo, richiedere il giudizio abbreviato ma, come segnalato nella ricostruzione sopra operata, aveva dapprima formulato l'eccezione di incompetenza territoriale, in ipotesi di mancato accoglimento aveva richiesto, in subordine, il giudizio abbreviato condizionato all'esame di un teste e, solo qualora tale ulteriore richiesta non fosse stata accolta, aveva richiesto, in ulteriore subordine, che si procedesse con il rito abbreviato cosiddetto "secco". La reiterazione ed insistenza con cui il ricorrente nella camera di consiglio fissata per il giudizio ha unicamente richiesto il giudizio abbreviato, implica allora la logica rinuncia all'eccezione di incompetenza territoriale, dovendosi ritenere che la stessa fosse, seppur tempestivamente proposta, rinunciata tacitamente e, pertanto, la nuova richiesta ormai preclusa ex art. 458, comma 1, c.p.p.. 10.2. Riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di Assise di appello è il secondo motivo con cui si deduce la mancanza di motivazione in relazione al capo J). La decisione, con coerente riferimento alla decisione di primo grado, evidenzia come nessun dubbio emergesse dalle risultanze istruttorie e segnatamente dal contenuto delle captazioni ambientali: rileva che il ricorrente aveva concorso nella realizzazione della rapina nei confronti dei fratelli S., partecipando alla fase ideativa e preparativa dimostrando particolare nervosismo durante il sopralluogo e svolgendo il ruolo di autista (già in primo grado il Tribunale aveva escluso che potesse aver svolto il ruolo di autista inconsapevole come affermato in quella sede dalla difesa, pag. 491 sentenza Tribunale); osserva che le circostanze erano rese palesi anche dai commenti successivi al fatto di reato in cui descrivevano dettagli del delitto appena portato a termine (in tal senso chiare le pagine da. 471 a 491 della sentenza di primo grado). Quanto al rilievo secondo cui non sarebbero state adeguatamente valutate le dichiarazioni del teste T.F., che secondo il ricorrente avrebbe scagionato il R. che si assume fosse presente presso il cimitero in orario corrispondente a quello della rapina, determinante risulta il rinvio operato alla decisione di primo grado - possibile anche per l'identità delle censure già adeguatamente vagliate dallo stesso Giudice - allorché il teste è stato giudicato inattendibile, tanto da trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica alla luce delle dichiarazioni rese all'udienza del 22 ottobre 2020. Il teste aveva ammesso di essere stato sollecitato proprio dal padre del ricorrente, collega di lavoro ed entrambi addetti ai servizi cimiteriali del Comune di (Omissis), con il quale aveva controllato i registri del cimitero onde appurare se effettivamente ci fosse stata una tumulazione nel giorno della rapina. 10.3. Attinge al precluso merito il terzo motivo con cui si deduce l'illogicità della motivazione in relazione all'accusa di aver ricevuto le banconote oggetto del furto presso il supermercato (Omissis) di cui al capo H). La difesa tenta di accreditare, in maniera tra l'altro generica, una lettura alternativa delle risultanze probatorie, con particolare riferimento al contenuto delle captazioni che sul punto sono state apprezzate per la loro chiarezza. Le stesse sono state giudicate tali da far ritenere che il ricorrente fosse stato individuato come uno dei soggetti che aveva il compito di cambiare le banconote oggetto del furto presso il supermercato (Omissis), elemento emergente dalla conversazione tra il D.C. ed il cugino D. R.. 10.4. Manifestamente infondato e generico è il quarto motivo con cui si deduce, sempre in relazione al capo H), l'illogicità della motivazione quanto all'elemento soggettivo della ricettazione. Apodittica, infatti, si presenta la censura in considerazione della motivazione adeguata resa dalla Corte di merito nella parte in cui ha rappresentato vi fossero plurime ragioni che facevano ritenere che il R. fosse a conoscenza della origine delittuosa di banconote che dovevano essere "ripulite" in quanto macchiate di inchiostro e consegnategli da soggetti che ben sapeva essere dediti a delitti, alcuni dei quali, come la rapina ai danni dei fratelli S., compiuti in concorso. 10.5. Inammissibile risulta il quinto motivo con cui si rivolgono censure alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza di cui all'art. 114 c.p.. Le critiche sono riproduttive di identiche doglianze adeguatamente confutate dalla Corte di Assise di appello nella parte in cui hanno rilevato la congruità della pena per come determinata dal Tribunale anche in ragione dell'assenza di elementi positivamente valorizzabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche, al contempo rilevando il decisivo contributo fornito dal ricorrente in ordine ad entrambi i reati contestati che pertanto non consentivano di ritenere il ruolo del R. - come dedotto dalla difesa - irrilevante. 11. Il ricorso di T.A., ritenuto responsabile del reato di estorsione pluriaggravata dalla "agevolazione", dal "metodo" e dalla partecipazione di appartenenti ad associazione mafiosa nei confronti di C.S.C.G., di cui al capo C), è infondato e deve essere rigettato. 11.1. Il primo motivo con cui si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125 e 544 c.p.p. è generico. La censura non prende in esame la corretta risposta in diritto fornita dalla Corte di Assise di appello nella parte in cui, in ordine alla dedotta mancanza di motivazione della decisione di primo grado, ha osservato come il materiale analizzato dal Tribunale fosse di fatto coincidente con quello apprezzato in sede cautelare, utilizzato in ragione del rito abbreviato prescelto, ma rilevando al contempo come il Tribunale non avesse mancato di apprezzare e di fare propri i singoli elementi valorizzati ai fini della dichiarazione di responsabilità. Sotto questo profilo, fuorviante risulta la deduzione che fa riferimento alla necessità di una "autonoma valutazione" della sentenza, requisito che, non a caso, viene richiesto a pena di nullità, a mente dell'art. 292, comma 1, lett. c) e c-bis), c.p.p., per l'ordinanza di custodia cautelare che, per sua natura, viene adottata inaudita altera parte. Proprio per tale ragione si è sempre ritenuto che la disposizione non possa essere applicata ai casi in cui la decisione del giudice segue al contraddittorio tra le parte, dovendo la stessa avere quali requisiti quello della completezza, adeguatezza e logicità diversamente graduati sulla base del contesto in cui la motivazione viene assunta. In tali termini si è già espressa la decisione impugnata, che il Collegio condivide, nella parte in cui osserva che il requisito che si deduce essere carente e previsto dall'art. 292 c.p.p. non è ricompreso tra quelli di cui all'art. 546 c.p.p., mentre la sentenza presuppone il necessario previo contraddittorio tra le parti, del cui contenuto il Giudice deve dare conto ai fini della decisione assunta. Detto principio risulta conforme ad orientamento di questa Corte che ha osservato come l'eventuale sovrapponibilità della sentenza di primo grado rispetto all'ordinanza adottata in sede cautelare non implichi di per sé solo la nullità della sentenza, in quanto il requisito dell'autonoma valutazione non è invece contemplato dall'art. 546 c.p.p., sicché l'adesione acritica alla decisione adottata in fase cautelare potrà integrare il vizio di mancanza di motivazione solo ove comporti la carente giustificazione delle ragioni colà accolte, anche sotto l'aspetto della omessa considerazione delle opposte ragioni emerse all'esito del contraddittorio (Sez. 6, n. 38060 del 04/04/2019, Ancora, Rv. 277286). La deduzione secondo cui neppure la Corte di merito avrebbe fornito risposta ai motivi di gravame, si rivela invece generica non avendo il ricorrente evidenziato rispetto a quale aspetto della vicenda che riguarda il ricorrente si rivolga tale critica, essendo il motivo vieppiù riproduttivo di identica censura già rivolta alla decisione di primo grado a cui la Corte di merito ha comunque fornito adeguata risposta. 11.2. Il secondo motivo con cui si deducono vizi di motivazione in merito al reato di estorsione pluriaggravata nei confronti di C.S.C.G., di cui al capo C) è riproduttivo di identica censura adeguatamente smentita dai Giudici di merito La sentenza ha reso completa e logica motivazione in merito alla valorizzata presenza di plurimi elementi che deponevano per un determinante contributo causale offerto da T.A.: ha messo in evidenza la rilevanza dei due incontri la cui ricostruzione e funzione era stata adeguatamente valorizzata allorché è stata presa in esame la posizione del D.D.A., rilevando come proprio la presenza del L.D. costituisse palese dimostrazione di quale fosse l'oggetto delle riunioni, realizzate dal T. quale esponente delle cosche catanesi che si accordavano con quelle pietrine per la gestione, anche territoriale, dell'estorsione; non indifferente è stato valutato il fatto che l'ultimo incontro fosse avvenuto proprio quando il L.D. veniva allontanato dalla società dal C. e poi, a seguito di detto incontro, indotto a recedere per mezzo di gravi minacce dall'intenzione di non pagare la somma mensile in favore delle cosche interessate (pagg. 107, 108 e 109 sentenza impugnata). A fronte di precisa risposta fornita dalla Corte territoriale, generica e declinata in fatto risulta la censura che tende, previa estrapolazione di passi della decisione, tra l'altro non decisivi in quanto afferenti alla sintesi che la Corte di appello ha fatto della motivazione della sentenza di primo grado, ad assegnare al compendio una riduttiva ed alternativa valenza, operazione non consentita in questa sede. 11.3. Infondato risulta il terzo motivo in ordine alle riconosciute aggravanti ed al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. 11.3.1. Le censure rivolte all'applicata aggravante di cui all'art. 628, comma 3, n. 3, e 416-bis. l c.p. risultano generiche nella parte in cui neppure confutano la parte della decisione che ha valorizzato l'appartenenza del ricorrente alla "famiglia mafiosa S." di (Omissis), facendo pertinente riferimento, quanto all'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p., al dato che vedeva le somme percepite dall'imprenditore confluire nelle casse dell'associazione (essendo proprio queste le finalità degli incontri intervenuti tra i rappresentanti delle cosche pietrine e catanesi), nonché alle modalità mafiose portate avanti per la realizzazione dell'estorsione già a partire dal preliminare furto dei mezzi, quale avvertimento intimidatorio nei confronti della parte offesa, e dal tenore delle minacce rivolte dal motociclista per conto degli "esattori" allorché C. aveva fatto intendere al D.D. di non essere più disposto a pagare. 11.3.2. Adeguata risulta la motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche; la decisione ha fatto corretto riferimento alla sua congruità, alla luce della gravità dei fatti e all'assenza di elementi positivamente valorizzabili quanto alle attenuanti generiche, ritenendo sub-valenti, ai fini di una loro concessione, le addotte condizioni di salute e la durata della condotta, sotto tale profilo ritenuto irrilevante. 12. Il ricorso di T.M.F., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A) (associazione mafiosa) ed E) (estorsione aggravata ai danni del A.T.I. "(Omissis)" s.r.l. - "(Omissis)" s.r.l. i fratelli D.), è infondato e deve essere rigettato. 12.1. Il primo motivo, attraverso cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta partecipazione al sodalizio mafioso, è riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate da parte della Corte di Assise di appello. 12.1.1. La sentenza ha fatto pertinente e consentito riferimento alla decisione di primo grado, di cui in sintesi ha evidenziato i passaggi salienti, specie nella parte in cui ha ritenuto di condividere la lettura del contenuto delle intercettazioni ambientali e la ragione alla base degli incontri tra membri di primo piano del sodalizio mafioso, apprezzamento effettuato con adeguato raccordo delle complessive emergenze istruttorie, insindacabile in sede di legittimità. La Corte di appello ha, infatti, assegnato un preciso significato ai plurimi incontri attuati con ogni cautela in occasione dei contatti con i fratelli M., ai vertici del sodalizio, allorché il ricorrente faceva riferimento alla necessità di non farsi riprendere da telecamere poste sul tragitto. Il Collegio di merito ha escluso che potesse assumere determinante valenza la produzione documentale effettuata dalla difesa dell'ordinanza del Tribunale della libertà che aveva annullato per carenza di gravi indizi di colpevolezza l'ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti del predetto in quanto afferente a distinti reati senza alcuna connessione rispetto ai fatti di cui al presente procedimento; ha rinviato alla sintesi dei plurimi elementi già apprezzati dal Tribunale allorché ha ritenuto che gli stessi deponessero per la partecipazione certa del ricorrente al sodalizio, escludendo la lettura riduttiva ed alternativa prospettata dalla difesa secondo cui i colloqui intercettati con D.C. avrebbero costituito degli sfoghi per vicende personali, evidenziando come, a prescindere dalla natura personale della questione relativa al contrasto con un commerciante in concorrenza con l'attività della moglie, la condotta fosse prevaricatrice e portata avanti con l'ostentazione del proprio ruolo tale da impedire a chiunque di maltrattare suoceri. La Corte di Assise di appello ha ritenuto improduttivo di effetti il tentativo della difesa di sminuire il significato assegnato al contenuto delle altre captazioni da cui emergeva la natura del rapporto tra T.M.F. e i fratelli M. e, soprattutto, come le intercettazioni avvenute mentre conversava con T.G. fossero indicative dell'inserimento del ricorrente nella locale compagine mafiosa, anche per la conoscenza delle relative dinamiche criminali e dei contrasti interni al sodalizio, tanto da sentirsi a rischio per la propria vita. A fronte di specifica motivazione che, prendendo le mosse dal chiaro tenore delle conversazioni captate che trovavano plurime conferme attraverso il loro cronologico divenire, precluso risulta il tentativo della difesa di T.M.F. di analizzare singolarmente i numerosi dati processuali, a cui si vorrebbe assegnare un diverso significato, alternativo, lecito o neutro, analogamente a quanto già effettua con riferimento al contenuto delle captazioni, invece apprezzato nel loro incedere e nella combinata analisi degli eventi nell'ambito dello specifico contesto territoriale e criminoso nella competente sede di merito. 12.1.2. Non rilevante risulta l'omessa risposta in ordine alla rilevata valenza a favore del ricorrente delle captazioni che avrebbero riguardato un colloquio tra M. e il suo difensore in cui il primo dice di non conoscere T.. In disparte ogni problema afferente l'utilizzabilità di simili colloqui pertanto correttamente non posti alla base della decisione qualora fossero stati realmente riprodotti in atti, si deve ribadire il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il vizio di motivazione che denunci la mancata risposta alle argomentazioni difensive, può essere utilmente dedotto in Cassazione unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisività, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo l'intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata (Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, Giarri, Rv. 253445). Contrariamente a quanto evidenziato dal ricorrente in ordine alla decisività del dato secondo cui M. avrebbe dichiarato al proprio difensore di non conoscere il ricorrente, si deve ribadire l'ormai consolidato principio di diritto secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l'imputato, costituiscono fonte di prova diretta soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, previsto dall'art. 192 comma 1, c.p.p., senza la necessità di un riscontro esterno, ma allorché tali elementi abbiano natura indiziaria, essi devono possedere i requisiti di gravità, precisione e concordanza in conformità del disposto dell'art. 192, comma 1 c.p.p. (Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260842). Proprio in ordine alla prova della partecipazione all'associazione per delinquere di tipo mafioso, la giurisprudenza di legittimità ha puntualizzato che le intercettazioni vanno valutate verificando che: a) il contenuto della conversazione sia chiaro; b) non vi sia dubbio che gli interlocutori si riferiscano all'imputato; c) per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell'ambito dell'associazione di cui fanno parte, non vi sia motivo per ritenere che parlino non seriamente degli affari illeciti trattati; d) non vi sia alcuna ragione per ritenere che un interlocutore riferisca il falso all'altro (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa Giusy Mariarco, Rv. 278611 - 02). Ciò premesso, l'eventuale colloquio tra soggetti che non risultano avere un rapporto stretto ed intimo eventualmente connotato dalla solidarietà tipica della comune appartenenza al sodalizio (che nel caso di specie non è stata neppure ipotizzata) non hanno valenza significativa tale da confutare i plurimi elementi posti a sostegno della ritenuta partecipazione mafiosa, costituendo dato di comune esperienza quello secondo cui solo allorché si possa apprezzare una comunanza di interessi ed un forte e stretto legame tra colloquianti, specie in ambito mafioso ove prevale l'omertà ed il silenzio più assoluto sui soggetti e le condotte del sodalizio, porta a ritenere le dichiarazioni rese come genuine, veritiere e tali da poter essere valorizzate ai fini di una decisione. La valutata non decisività (oltre che inutilizzabilità) di simili confidenze con soggetto terzo (soggetto terzo non solo rispetto all'imputato ma anche rispetto al sodalizio del quale è estraneo), da parte di M.V., porta a ritenere come la censura rivolta all'omessa motivazione sul punto sia irrilevante in quanto originariamente manifestamente infondata proprio perché inidonea a compromettere la valutazione operata attraverso la complessiva analisi di tutte le emergenze processali sopra indicate. 12.2. Infondato risulta il secondo motivo attraverso cui la difesa deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla tentata estorsione nei D.C., rappresentante della A.T.I. "(Omissis)" s.r.l. - "(Omissis)" s.r.l.. Anche con riferimento a tale motivo il ricorrente, pur deducendo - in linea astratta - violazioni di legge in ordine alla valutazione della prova indiziaria effettuata dai Giudici di merito, di fatto deduce questioni che attengono al precluso merito rivolgendo critiche ad ogni segmento della completa e logica motivazione da cui si evincono le ragioni che hanno fatto ritenere come dietro gli episodi che erano tesi ad intimidire i fratelli D., a capo della A.T.I. "(Omissis)" s.r.l. e "(Omissis)" s.r.l. ed incaricata di eseguire dei lavori presso la chiesa di (Omissis) - al fine di far assumere persone vicine alla cosca ovvero a pagare la cosiddetta "messa a posto" -, ci fosse la figura del T.M.F., unitamente a T.G.. La Corte di appello ha dato atto delle ragioni che facevano ritenere le dichiarazioni rese dai fratelli D. non collimanti con quanto emerso dalle intercettazioni allorché avevano rilevato di non aver subito alcuna richiesta estorsiva e rilevato l'inconferenza della mancata contestazione al M. del medesimo reato, risposta che il ricorrente non reputa adeguata senza però enunciare quale incidenza avrebbe sulla specifica posizione del ricorrente. La decisione impugnata ha messo in evidenza come non determinante, ai fini dell'ipotizzato tentativo di estorsione, fosse il fatto che l'impresa avesse deciso di lasciare l'incarico risolvendo il contratto con l'ente committente per le pesanti intimidazioni subite piuttosto ovvero per questioni burocratiche (pur rilevando che proprio la lettura delle intercettazioni facessero rilevare che l'incarico venne lasciato a causa delle intimidazioni), essendo sufficiente che la condotta di intimidazione fosse percepita come intimidatoria dalle vittime e fosse comunque idonea e funzionale alla realizzazione dello scopo ricondotto, con motivazione logica, all'assunzione di uomini della cosca ovvero al pagamento della "messa a posto" da versare alla stessa. Il ricorrente censura la sussunzione delle condotte nell'ipotesi tentata di estorsione, ritenendo che le stesse, a cagione della motivazione che aveva spinto l'impresa ad abbandonare l'incarico, potessero al più integrare un'ipotesi di minaccia o violenza essendo la condotta rimasta allo stato iniziale. Il rilievo, oltre che generico, in quanto non confuta la precisa motivazione resa sul punto dalla Corte di merito che ha fornito corretta risposta in diritto all'identica censura formulata in sede di gravame, è manifestamente infondato. Al riguardo, pacifico risulta il principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui solo allorché, secondo una valutazione ex ante, la condotta di violenza o minaccia posta in essere per ottenere un profitto ingiusto, sia oggettivamente impossibile realizzare non integra il delitto di estorsione tentata (Sez. 2, n. 50733 del 06/12/2019, Montesarchio, Rv. 277718); principio di diritto, quello enunciato, a cui i Giudici di merito si sono attenuti vista l'apprezzata finalità dell'intimidazione rivolta agli imprenditori e la sua valutata idoneità ex ante ad essere percepita dalle persone offese quale minaccia alla luce dei chiari segnali inviati, dapprima, facendo trovare una bottiglia con liquido infiammabile e, successivamente, dei lumi da cimitero unitamente a due cartucce da fucile. La decisione impugnata dà conto dei tentativi del ricorrente, unitamente al T., di contattare i M. - adottando ogni cautela al fine di evitare di essere ripresi dai sistemi di video sorveglianza predisposti sul tragitto - in costanza della condotta estorsiva; ha valorizzato la determinante conversazione tra i due nella quale T.M.F. riferiva di avere appreso le generalità dell'imprenditore e della richiesta di lavoro formulata a costui proprio perché (e solo perché) non aveva trovato il fratello. Infondata risulta la critica rivolta alla non apprezzata dichiarazione resa dall'ex sindaco di (Omissis) che aveva affermato di aver accompagnato personalmente il T. per chiedere pacificamente un lavoro presso il cantiere dei D.; rilevante risulta la parte della risposta della Corte di Assise di appello che ha messo in evidenza come, alla luce del compendio probatorio (il riferimento è chiaramente rivolto alle intimidazioni avvenute facendo rinvenire il liquido infiammabile e il cero per defunti con le cartucce da fucile ed alle conversazioni captate in auto con il T. circa la identità del titolare dell'impresa), il dato fosse privo di rilevanza. Il ricorrente vorrebbe confutare detta operata valutazione rivolgendo censure alla parte della risposta che ha ipotizzato che proprio questa potesse aver costituito l'occasione in cui T.M.F. aveva potuto notato il cantiere, precisazione congetturale della Corte territoriale, certamente non illogica, che non assume nessuna valenza in ordine all'apprezzamento delle plurime e decisive risultanze probatorie adeguatamente illustrate. 12.3. Infondato è il terzo motivo con cui T.M.F. deduce vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alle ritenute aggravanti dell'"avvalimento del metodo mafioso", della "agevolazione mafiosa" e quella prevista dall'art. 628, comma 3 n. 3, richiamata dall'art. 629, comma 2, c.p.. 12.3.1. Per quel che in questa sede rileva, l'integrazione dell'aggravante nella declinazione del "metodo mafioso" necessita di un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare sulle vittime del reato la particolare coartazione psicologica evocata dalla norma menzionata e non può essere desunta dalla mera reazione delle stesse vittime alla condotta tenuta dall'agente (Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015, Capuozzo, Rv. 264900). La sua realizzazione non è esclusiva di colui che faccia parte dell'associazione mafiosa, dovendosi ritenere significativa anche la sola condotta minacciosa tale da evocare al soggetto passivo quella comunemente ritenuta propria di chi appartenga ad un sodalizio mafioso (Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013 De Paola, Rv. 257065); assumono, quindi, concreta rilevanza i profili costitutivi dell'azione propria dell'associazione di tipo mafioso, consistenti nell'impiego della forza di intimidazione del vincolo associativo e nella condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, con la conseguenza che gli ulteriori aspetti presi in considerazione dall'art. 416-bis c.p. non assumono valore qualificante (Sez. 6, n. 1783 del 29/10/2014, dep. 2015, Barilari, Rv. 262093). La Corte territoriale ha correttamente ritenuto sussistente il "metodo mafioso", oggi previsto - nelle due declinazioni - dall'art. 416-bis.1 c.p., unico aspetto oggetto del gravame (pagg. 27 e 28 dei motivi di appello) rinviando alle modalità attraverso cui era stato realizzato il reato (bottiglia con liquido infiammabile e cero con cartucce da fucile) ed alla loro formidabile valenza intimidatoria, motivazione che dà conto degli elementi di intimidazione nei confronti della vittima che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, sono evocativi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo in quanto funzionale alla perpetrazione del crimine. Indeducibili risultano, invece, sia le critiche rivolte alla ritenuta aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. che viene declinata nelle forme della "agevolazione mafiosa", sia quelle tese a confutare la contestata aggravante ex art. 629, comma 2, con riferimento all'art. 628, comma 3, n. 3, c.p., visto che nessuna censura era stata dedotta in merito nei motivi di appello che erano tesi a contrastare la valenza intimidatoria mafiosa della condotta di estorsione. Si rinvia, al riguardo, al consolidato principio di diritto secondo cui non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione (tra le tante, Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632). Nondimeno si osserva che, in ordine all'agevolazione mafiosa, sia la decisione di primo grado che la sentenza di appello, si sono soffermate (nella parte generale in occasione dell'analisi del capo A da parte del Tribunale) in ordine alle modalità operative ai danni degli imprenditori da parte del sodalizio mafioso, specie allorché operavano sul territorio di "competenza", facendo riferimento alla cosiddetta "messa a posto", imposizione di periodico pagamento in favore del sodalizio a cui non potevano sfuggire in considerazione delle ferree regole imposte della compagine mafiosa che in tal modo veniva finanziata; sul punto esaustiva risulta la vicenda connessa alla estorsione di cui al capo C) nei confronti dell'amministratore della "(Omissis)" s.r.l. che vedeva più articolazione di "(Omissis)" effettuare plurimi incontri al fine di definire le rispettive "competenze" e spettanze. Ma a prescindere da tali generali valutazioni, già il Tribunale (significative le pagg. 436 e 437 della sentenza del Tribunale) aveva osservato come per la sussistenza della aggravante nella sua declinazione "agevolatrice" del sodalizio mafioso deponeva sia l'appartenenza alla compagine mafiosa dei responsabili materiali T. e T. (soggetti che costituivano nel territorio di (Omissis) un saldo collegamento con la cosca della famiglia di (Omissis)) sia l'aumentato prestigio che la realizzazione della estorsione, qualora portata a termine, avrebbe portato alla cosca pietrina tanto da necessitare della previa interlocuzione con i fratelli M. a capo della compagine. Quanto alle censure attraverso cui la difesa deduce l'incompatibilità tra l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p. e 628, comma 3, n. 3, per come richiamato dall'art. 629, comma 2, c.p., deve nondimeno rilevarsi, fermo restando che la deduzione - come anticipato - è inammissibile perché non posta in sede di appello, la manifesta infondatezza del motivo alla luce della ormai pacifica giurisprudenza secondo cui "in tema di rapina ed estorsione, la circostanza aggravante di cui all'art. 7, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203 può concorrere con quella di cui all'art. 628, comma 3, n. 3, richiamata dall'art. 629, comma 2, c.p., in quanto la prima presuppone l'accertamento che la condotta sia stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l'agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisce alla provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazione mafiosa, senza che sia necessario accertare in concreto le modalità di esercizio di tali violenza e minaccia, né che esse siano state attuate utilizzando la forza intimidatrice derivante dall'appartenenza all'associazione mafiosa" (Sez. 1, n. 4088 del 06/02/2018, dep. 2019, Poerio, Rv. 275131 - 02). 12.4. Infondato risulta anche il quarto motivo con cui la difesa deduce vizi di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed al complessivo trattamento sanzionatorio Quanto alle ragioni che hanno portato la Corte di merito a confermare il giudizio sul punto del Tribunale, si osserva come adeguata risulti la motivazione resa allorché ha fatto adeguato pertinente rinvio all'assenza di elementi positivamente apprezzabili ed all'inconferenza della dedotta incensuratezza. Il motivo con cui si censura il complessivo trattamento sanzionatorio, cui fa cenno in maniera generica il ricorso, è invece indeducibile poiché non dedotto in sede di appello allorché la difesa ha contestato la sola determinazione della durata della misura di sicurezza che, con motivazione che ha fatto corretto riferimento alla gravità dei fatti ed alla negativa personalità del T., deve ritenersi adeguata. 13. Il ricorso di T.G., ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A) (associazione mafiosa) ed E) (estorsione aggravata ai danni dell'imprenditore D.C.), in quanto infondato, deve essere rigettato. 13.1. Il primo motivo dell'avvocato Gaetano Giunta con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 416-bis c.p. è infondato. Si premette che la difesa analizza singolarmente i dati processuali tanto da ritenere le plurime riunioni a cui era presente T.G., spesso in compagnia di P.S., con i fratelli M., tali da escludere una valenza significativa ai fini della ritenuta intraneità al sodalizio; la difesa pone in risalto come quella di T.G. fosse una mera presenza passiva visto che veniva sistematicamente escluso dalle conversazioni; al contempo evidenziava come il contenuto di alcune conversazioni non assumessero il significato assegnato dalla decisione di primo grado che esprimeva mere congetture e che in conclusione (secondo motivo di appello) la condotta potesse, semmai, essere sussunta nella più idonea fattispecie di cui all'art. 418 c.p.. Quella del ricorrente, invero, costituisce una lettura e conseguente ricostruzione parcellizzata ed atomistica dell'intera vicenda. A confutazione delle censure rivolte alla valutazione operata in ordine alle singole riunioni con i fratelli M., a cui T.G. si recava spesso accompagnando P.S., la Corte di Assise di appello ha con precisione evidenziato tutti i dati già indicati nella decisone di primo grado che davano atto della complessiva natura del contributo fornito dal ricorrente; ha ripercorso singolarmente gli incontri a cui aveva fornito un rilevante apporto anche e soprattutto per la caratura dei personaggi coinvolti, le accortezze utilizzate per la loro organizzazione, l'interpretazione di conversazioni da cui emergeva la conoscenza da parte di T.G. di vicende interne e dei rischi per l'incolumità personale dei sodali, la consapevolezza di agire in un contesto di tensioni e contrasti tra gruppi poi emerso nel corso delle ulteriori indagini. Egualmente significativa è stata ritenuta la partecipazione alla tentata estorsione ai danni dei fratelli D., valutato costituire elemento coerente con la già significativa attività di partecipe. La Corte di merito ha, pertanto, convenuto con quanto rilevato dal Tribunale in ordine alla funzione concreta ed attiva svolta dal ricorrente, il quale aveva svolto la rilevante funzione, per conto del M., di collegamento con il gruppo di (Omissis) di cui P.S. costituiva elemento di spicco, provvedendo non solo ad accompagnare costui da M., ma ponendosi quale elemento di collegamento necessario tra le due famiglie "competenti" sui rispettivi territori viciniori. Sotto questo profilo la Corte territoriale ha spiegato le ragioni che portavano ad escludere che nel colloquio avuto con P., ambito in cui lo stesso - di fatto - si metteva a disposizione dell'"amico", T.G. avesse manifestato la sua estraneità a sodalizi mafiosi. Detta evenienza, prospettata dalla difesa, deve ritenersi manifestamente infondata nella parte in cui non valorizza il complessivo contenuto del colloquio in cui metteva al corrente P.S. delle ragioni che lo facevano sentire al sicuro, elemento su cui, correttamente si è focalizzata l'attenzione delle decisioni di merito allorché hanno rilevato, in quel contesto, forti contrasti tra gruppi verificatisi nel territorio di (Omissis). Deve, inoltre, osservarsi come il motivo che persegue il tentativo di accreditare un differente significato del contenuto delle intercettazioni è possibile in sede di legittimità solo in ipotesi di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Napoleoni, Rv. 259516). A fronte di precisa motivazione che assegna e delinea il ruolo dinamico assunto dal ricorrente che organizzava gli incontri tra i vertici delle due famiglie, conferendo alle captazioni un senso più aderente alla logica in quanto frutto di unitaria analisi di tutti i dati processuali a disposizione, infondato si rivela il primo motivo di ricorso allorché insiste su una interpretazione riduttiva delle emergenze probatorie e, previa loro parcellizzata analisi e confutazione (operazione già percorsa in sede di gravame e superata con correttezza dalla Corte di merito), assegna una preclusa valenza alternativa alle risultanze. Non rilevante risulta l'omessa risposta in ordine alla rilevata valenza a favore del ricorrente delle captazioni che avrebbero riguardato un colloquio tra M. e il suo difensore in cui il primo avrebbe sminuito la figura del ricorrente, deduzione identica a quella formulata dalla difesa del T. alla quale in toto si rinvia (sub punto 12.1.2. del considerato in diritto). 13.2. Infondato risulta, anche sulla base degli elementi valorizzati ai fini della partecipazione a sodalizio di T.G., il secondo motivo dell'avvocato Gaetano Giunta nonché il secondo motivo a firma congiunta dell'avvocato Giacomo Iaria e Gaetano Giunta, che rivolgono censure in merito all'omessa riqualificazione della condotta nel delitto di cui art. 418 c.p.. La Corte di merito ha dato atto del servizio reso dal ricorrente al sodalizio, come il motivo fosse manifestamente infondato, presupponendo l'ipotesi di reato di cui all'art. 418 c.p.. l'estraneità al sodalizio, presupposto in tal caso assente. La fattispecie delittuosa di cui all'art. 418 c.p. presuppone, come reso palese dalla locuzione "fuori dei casi di concorso nel reato", una condotta favoreggiatrice, specialmente qualificata come "assistenza agli associati", posta in essere da persona estranea al sodalizio mafioso, condotta che resta assorbita dall'art. 416-bis c.p. quando sia invece prestata da un aderente a vantaggio dell'intera consorteria, nell'ambito dei "doveri" solidaristici incombenti sui compartecipi, secondo il "pactum sceleris" (Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259484 - 01) Il motivo si presenta manifestamente infondato nella parte in cui ritiene che la semplice trasmissione di messaggi al sodalizio non implichi una partecipazione del soggetto agente, affermazione che, oltre a non essere in tali limitati termini corrispondente alla complessiva valutazione operata dalla Corte di Assise di appello che ha preso in esame ben più significativa condotta, è in realtà esclusa da parte di consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui anche l'attività che consiste nel solo "veicolare messaggi indirizzati all'esponente apicale di un'organizzazione criminale, o da lui provenienti, costituisce un incarico essenziale per i fini dell'organizzazione e non può che essere attribuito ad una persona interna al sodalizio e pienamente consapevole dell'importanza dell'incarico per il regolare funzionamento della struttura associativa e della delicatezza del contributo da lui fornito, contributo che, peraltro, non potrebbe essere accettato dagli altri sodali, a cominciare dai vertici dell'organizzazione, se non fosse proveniente da soggetto ritenuto affidabile per la pregressa esistenza di solide relazioni e rapporti con i suoi esponenti mafiosi" (così Sez. 6, n. 15664 del 17/03/2015, (Omissis), Rv. 263080; in senso conforme, successivamente, v. Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M., Rv. 274077, nonché, di recente, Sez. 2, n. 7872 del 28/01/2020, Pellicanò, Rv. 278425). Anche se la sola veicolazione dei messaggi, sulla base delle risultanze evidenziate dai Giudici di merito, risulta - come detto - dato riduttivo, significativo deve ritenersi il fatto che il ricorrente, per conto dei fratelli M., intrattenesse i rapporti con il corrispondente soggetto al vertice della famiglia di (Omissis), costituendo elemento di collegamento in un periodo in cui le lotte interne allo stesso sodalizio costituivano motivo alla base della necessità di un operare un raccordo tra sodalizi che esercitavano la propria influenza sui territori dei comuni viciniori. 13.3. Infondato risulta il terzo motivo dell'avvocato Gaetano Giunta con cui si censura la ritenuta aggravante del carattere armato dell'associazione mafiosa, avendo la Corte di merito, seppure richiamando profili di coimputati la cui posizione risulta sovrapponibile, dato conto degli elementi che facevano ritenere conosciuto il carattere armato del sodalizio, in considerazione del contestato reato di omicidio portato a termine per mezzo di armi da fuoco nell'interesse del sodalizio, che portavano a ritenere detta aggravante correttamente ritenuta. La stessa decisione, come anche rilevato per altri ricorrenti, mette in evidenza la realizzazione di ulteriori delitti commessi dal sodalizio mafioso che depongono per il possesso di armi (significativa l'intimidazione rivolta proprio ai fratelli D. con cartucce di fucile di cui il ricorrente è stato ritenuto responsabile), evenienza che rende palese, anche in ragione della circoscritta base territoriale della provenienza dei partecipi della compagine, la conoscenza in capo a T.G. della circostanza che l'associazione fosse armata. 13.4. Il quarto motivo del ricorso dell'avvocato Gaetano Giunta, con cui si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla condanna del ricorrente per la tentata estorsione ai danni dell'impresa dei fratelli D., oltre che declinato in fatto, nella parte in cui tende ad assegnare alla ricostruzione operata dai Giudici di merito una diversa interpretazione, è altresì infondato. Le risultanze sinteticamente enunciate dalla Corte di Assise di appello che, in generale, ha fatto pertinente - seppur implicito - rinvio a mezzo richiamo alla decisione di primo grado (il riferimento utile è alle pagine 425 e seguenti con particolare riferimento alle pagine 430 e 431 della decisione del Tribunale), hanno fatto emergere che in costanza dell'inizio dei lavori da eseguirsi presso la Chiesa di (Omissis), T.G. e T.M.F. cercassero M.V., soggetto ritenuto a capo del sodalizio mafioso della famiglia di (Omissis); il dato è stato accertato, sia attraverso il monitoraggio dell'autovettura su cui viaggiavano i due, sia in ragione della interpretazione assegnata al contenuto delle dichiarazioni intercettate. Sulla base di identiche valutazioni, la condotta monitorata ed i dialoghi captati venivano interpretati nel senso che, a seguito di tentativi andati a vuoto di rintracciare M.V., ciò fosse comunque avvenuto in seguito. In detto contesto, il Tribunale e la Corte di Assise di appello hanno assegnato determinante rilevanza, per un'esatta interpretazione di tutte le conversazioni effettuate, alle modalità ed alla terminologia attraverso cui avvenivano i colloqui, alle cautele adottate per evitare di essere ripresi da telecamere ed al contenuto delle captazioni, ritenendo significativa la parte dei colloqui in cui T.M.F. riferiva a T.G. di aver appresso il nome di una persona che era identico a quello di un carabiniere in pensione, soggetto che veniva con certezza individuato in D.G., in quanto persona molto nota in quel territorio (il Tribunale ne enuncia le ragioni collegate alla sua attiva e nota posizione di Presidente della locale Associazione dei Carabinieri in Congedo) ben conosciuto da entrambi gli interlocutori ed omonimo del titolare dell'impresa che eseguiva i lavori presso la (Omissis). Egualmente determinante è risultata che T. abbia riferito subito dopo a T.G. di essersi recato presso detta impresa e, riscontrata l'assenza del reale titolare, aver formulato una richiesta di assunzione al fratello del titolare. Sulla base di tali elementi, e valutato il contesto territoriale di riferimento e la incidenza del gruppo in ordine agli appalti che venivano eseguiti sul territorio per come nel dettaglio descritto nella parte iniziale della decisione impugnata (com particolare riferimento alla gestione modalità ricostruite tenendo conto di plurime decisioni passate in giudicato e di dichiarazioni di collaboratori di giustizia), le azioni di intimidazione poste in essere ai danni della impresa incaricata dei lavori, dapprima collocando nei pressi del cantiere una bottiglia infiammabile, successivamente un cero per i defunti con due cartucce, veniva attribuita a T. ed al ricorrente. Ciò premesso, si osserva che il ricorso si presenta generico nella parte in cui, nonostante proprio la citata captazione avesse consentito di accertare l'attenzione di T.G. e di T.M.F. in ordine al citato appalto, le modalità non limpide dell'accertamento del nome del titolare, il riferimento indiretto alla sua identità al fine di impedire di far comprendere a terzi l'oggetto del discorso, risultino aspetti trascurati nel motivo di ricorso, limitando invece la critica ad un solo aspetto della conversazione captata: quello in cui la Corte territoriale ha assegnato alla conversazione captata tra T. e T. il senso a mente del quale la richiesta di lavoro da parte del primo fosse stata rivolta solo perché non fosse presente il fratello, reale titolare dell'impresa; detta circostanza ricostruita in fatto dalla Corte di Assise di appello allorché ha analizzato nella sua interezza il tenore della conversazione, non viene smentita da quanto dichiarato dalle parti offese che si sono limitati a riferire di non aver ricevuto minacce. La Corte di appello, infatti, nonostante il ricorrente riproponga identica censura, ha fornito ampia spiegazione del perché le dichiarazioni dei fratelli D., titolari dell'impresa che aveva subito gli atti intimidatori di chiara valenza mafiosa, hanno dichiarato di non aver ricevuto richieste estorsive, rilevando come il contenuto della testimonianza in ordine a timori di altri attentati non aveva trovato conferma nelle captazioni allorché le stesse facevano emergere, invece, le preoccupazioni dei fratelli D. in ordine a quanto avvenuto, ritenendo al contempo irrilevante la mancata richiesta espressa di denaro, in ragione della intervenuta integrazione del delitto nella forma tentata quale conseguenza degli atti con valenza intimidatoria oggetto di denuncia. Risulta evidente, pertanto, come il ricorrente riproduca censure già adeguatamente confutate dalla Corte di merito che ha fornito, dando atto dei principali passaggi della decisione di primo grado, una chiave interpretativa al complessivo ed articolato compendio probatorio con motivazione priva di fratture logiche e completa, ricostruendo le fasi del tentativo di estorsione ai danni dell'impresa. 13.5. Manifestamente infondato risulta il quinto motivo dell'avvocato Gaetano Giunta con cui si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche e l'omessa mitigazione di pena, avendo la Corte territoriale, dopo aver escluso in fatto la rilevanza della prospettata cronologicamente incidenza della condotta posta in essere e della rappresentata attività lavorativa svolta, rappresentato come preminente dovesse ritenersi la gravità dei fatti contestati in uno alla personalità dell'imputato. 13.6. Il primo motivo a firma congiunta dell'avvocato Giacomo Iaria e Gaetano Giunta risulta generico risolvendosi, dopo ampia discettazione in merito ai presupposti necessari per ritenere sussistente il contributo partecipativo in capo all'agente, in censure rivolte a singoli e parziali frammenti della motivazione senza alcun concreto riferimento alle complessive ragioni della decisione. 13.7. Anche il terzo motivo a firma congiunta dell'avvocato Giacomo Iaria e Gaetano Giunta, che ritiene meramente congetturale e insuscettibile di riscontro empirico il dato secondo cui i tentativi del ricorrente di contattare M. costituirebbero elemento a carico, risulta connotato da genericità, limitandosi le difese ad estrapolare una singola frase, assegnando una rilevanza decisiva all'illustrazione della dedotta illogicità ed omettendo ogni concreto confronto con la complessiva parte motiva della decisione. 13.8. Il quarto ed il quinto motivo a firma congiunta dell'avvocato Giacomo Iaria e Gaetano Giunta con cui rivolge critiche in ordine alla ravvisata sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa di cui all'art. 416-bis.1 c.p. e in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche è indeducibile in quanto costituiscono censure non sottoposte al vaglio del Collegio di merito. 14. Al rigetto dei ricorsi di C.V., D.C.S.G., D.D.A., R.S., T.A., T.M.F. e T.G. consegue la condanna dei medesimi al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, c.p.p.. 15. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorsi di D.C.F.G., D.N.G., M.G. consegue la condanna dei medesimi al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616, comma 1, c.p.p.. 16. Deve disporsi la condanna D.D.A. e T. Antonino alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla costituita parte civile C.S.C.G. che si liquida come da dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B.C. limitatamente alla pena accessoria di cui all'art. 36 c.p., che elimina. Rigetta il suo ricorso nel resto. Rigetta il ricorso del Procuratore generale. Rigetta i ricorsi di C.V., D.C.S.G., D.D.A., R.S., T.A., T.M.F. e T.G. e li condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di D.C.F.G., D.N.G., M.G. e li condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, D.D.A. e T. Antonino alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile C.S.C.G. che liquida in complessivi Euro 3.686 oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 9 marzo 2023. Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2023
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