RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 15/12/2020 dal Tribunale di Biella nei confronti di D.L., P.L. e altri non ricorrenti, qualificando il fatto, originariamente contestato come violazione dell'art. 624 bis c.p., quale furto aggravato in concorso, con rideterminazione della pena in anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 300 di multa ciascuno.
2. D.L. propone ricorso censurando la sentenza per violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) con particolare riferimento all'art. 192 c.p.p., comma 2, nonché per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di distinzione tra semplice sospetto, indizio ed elemento di prova.
La difesa aveva eccepito che i dati dei tabulati telefonici fossero l'unico elemento indiziario a sostegno dell'ipotesi accusatoria e che erano, pertanto, probatoriamente insufficienti a determinare la pronuncia di condanna, secondo quanto previsto dal D.L. 30 settembre 2021, n. 132, art. 1, comma 1-bis, conv. dalla L. 23 novembre 2021, n. 178. La Corte di appello ha disatteso D'eccezione ritenendo esistenti più elementi di prova, che tuttavia risultano dal frazionamento dell'unico elemento costituito dai dati acquisiti dai tabulati telefonici, trattandosi di informazioni che discendono da quell'unica fonte.
Con un secondo motivo deduce violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1 lett. b) ed e), con particolare riferimento alle norme di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 58-59 sulle cause di esclusione dell'applicazione delle sanzioni sostitutive. La Corte di appello, nel negare accesso alla richiesta sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, ha travisato il senso e il significato della L. n. 689 del 1981, art. 59 in quanto tale norma prevede che la pena non possa essere sostituita nei confronti di una persona che ha compiuto il reato durante l'esecuzione di un'altra pena sostitutiva, quindi introduce un divieto di accesso solo per lo specifico reato consumato durante l'esecuzione di altra pena sostitutiva mentre nel caso in esame la richiesta attiene a un episodio delittuoso del 2012, estraneo a quello commesso in costanza della libertà controllata.
Anche il riferimento alla revoca della libertà controllata è del tutto inconferente in quanto il divieto normativo è circoscritto temporalmente nei confronti di chi abbia subito la revoca nei tre anni precedenti e si tratta in ogni caso di un divieto relativo, fatta salva la possibilità di applicare una sanzione sostitutiva più grave di quella revocata. La difesa ritiene errato il richiamo alla pericolosità come elemento impeditivo alla sostituzione della pena detentiva in quanto il criterio generale di applicabilità delle nuove pene sostitutive è la previsione che tali sanzioni contribuiscono alla rieducazione e che, anche attraverso opportune prescrizioni, prevengono il pericolo che la persona commetta altri reati. Il concetto di pericolosità utilizzato dalla Corte è estraneo alla cornice valutativa dell'art. 58 e fa riferimento a fatti collocati a distanza di dieci-quindici anni dal giudizio in esame. Nella valutazione della pericolosità la Corte non si è confrontata con il certificato prodotto dalla difesa, ossia la disponibilità della cooperativa ONLUS "(Omissis)", che aveva dato atto della frequentazione costante e senza alcuna soluzione di continuità sin dal 2017 del D. con significativi esiti di risocializzazione.
3. P.L. propone ricorso censurando la sentenza per violazione dell'art. 163 c.p. e per l'erronea indicazione, anche con riferimento alla posizione del P., di una richiesta di sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità mai formulata, posto che il difensore si era limitato a depositare procura speciale per accettare l'eventuale sostituzione della pena, facendo nelle conclusioni esclusivo riferimento al fatto che il P. non avesse mai usufruito della sospensione condizionale. La Corte di appello non ha fornito motivazione adeguata alla propria decisione di non concedere la sospensione condizionale della pena né la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità, essendosi limitata a elencare i precedenti a carico del prevenuto senza specificarne l'epoca e il contesto, ricavandone una prognosi negativa che si basa su fatti accaduti decenni prima senza considerare la condotta dell'imputato nel tempo intercorso sino all'emissione della sentenza. In particolare, la difesa evidenzia come il P. non abbia riportato condanne né abbia procedimenti penali pendenti a suo carico dal 2011 e come, anzi, sia stato ritenuto meritevole di accedere all'affidamento ai servizi sociali dal Tribunale di Sorveglianza di Milano per un residuo di pena per fatti risalenti sempre il 2011.
4. il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Le censure non superano il vaglio di ammissibilità in quanto risultano pedissequamente reiterative di motivi di appello già ampiamente esaminati, con motivazione esente da vizi, dalla Corte di appello nella sentenza impugnata.
2. Ai ricorrenti era contestato di essersi impossessati, in concorso con altri complici, di merce caricata sui camion della F.; ognuno dei complici guidava i camion con il carico a bordo, dopo essere usciti dai locali dell'impresa proprietaria previa forzatura della porta del cancello per consentire ai mezzi di partire; cagionando alla parte offesa un danno patrimoniale di rilevante entità con recidiva specifica, reiterata infraquinquennale per D.L. e con recidiva specifica per P.L..
2.1. Il Tribunale aveva accertato che, nella notte tra il (Omissis), erano stati sottratti dal parcheggio della ditta F. in (Omissis) provincia di Biella quattro camion carichi di merce, segnatamente prodotti per animali, pronta per la consegna; un quinto furgone era stato abbandonato con le chiavi inserite perché aveva problemi di accensione; la porta d'ingresso dell'ufficio ove erano custoditi i documenti e le chiavi dei veicoli era stata forzata, così come il cancello elettrico di uscita dei veicoli. Si trattava di merce di valore pari a circa 45.000 Euro, come da querela sporta il 23 ottobre 2012 da A.C., amministratore di F. S.p.A. Dalla visione dei filmati tratti dall'impianto di videosorveglianza era emerso che, verso le 2,15 del 23 ottobre, sei individui si erano avvicinati ai veicoli nel piazzale di posteggio dopo essersi introdotti dal retro dell'azienda sfondando una barriera di recinzione; prelevate le chiavi e i documenti di trasporto, avevano raggiunto nuovamente i veicoli mettendone in moto quattro e, dopo aver forzato il cancello di uscita, si erano allontanati a bordo dei mezzi mentre due di loro erano rimasti all'interno dileguandosi. Dagli accertamenti svolti nell'immediatezza presso la società autostrade (Omissis) si era appreso che i veicoli erano entrati in autostrada al casello di (Omissis) tra le ore 3,19 e le ore 3,22 ed erano usciti tutti al casello di (Omissis) in provincia di Milano tra le 4,10 e le 4,9. Il (Omissis) uno degli autocarri era stato rinvenuto in (Omissis) mentre il (Omissis) altri due autocarri erano stati rinvenuti in (Omissis), parcheggiati davanti a un concessionario di auto; infine, il (Omissis) era stato rinvenuto il quarto autocarro, sempre in (Omissis), a un centinaio di metri di distanza dal luogo di rinvenimento del primo.
2.2. Tra gli autori del furto era stato individuato tale P.C., il quale aveva offerto in vendita al rappresentante della "(Omissis)" di (Omissis) merce proveniente dalla ditta F. a prezzo molto conveniente. L'(Omissis) era stata eseguita una perquisizione nei confronti di D.P., rinvenendosi parte della merce provento di furto custodita in un garage pertinente all'abitazione. D. aveva ammesso di aver partecipato al furto con altre cinque persone a lui sconosciute e l'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico aveva consentito di individuare i soggetti che in orario corrispondente all'esecuzione del furto avevano avuto contatto con M. e D., tra i quali D. e P.. I dati emersi dai tabulati erano corroborati dal rapporto di conoscenza tra D. e D. (i due, pochi mesi prima del furto ai danni della F. avevano commesso un furto in Tradate), dal rapporto di parentela e di frequentazione tra P. e D..
2.3. Con particolare riferimento al P., i giudici avevano evidenziato come fosse pregiudicato per reati contro il patrimonio e legato a tale M.B., indicato quale mandante del furto; la sera del furto la sua utenza aveva agganciato le celle presenti nell'itinerario percorso dei furgoni, da ciò desumendosi che fosse uno degli autisti dei furgoni rubati.
3. E' ben vero che anche la geolocalizzazione costituisce un dato ricavabile dal sistema di intercettazione della telefonia mobile, dunque un dato che promana dalla medesima fonte delle conversazioni intercettate, ma gli altri elementi di prova che devono, ai sensi della norma transitoria di cui al D.L. 30 settembre 2021, n. 132, art. 1, comma 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 novembre 2021, n. 178, corroborare i dati relativi al traffico telefonico, ai fini del giudizio di colpevolezza, possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a confortare le acquisizioni inerenti ai predetti tabulati telefonici (Sez. 5, n. 8968 del 24/02/2022, Fusco, Rv. 282989 - 02).
3.1. In coerenza con tale principio, e contrariamente a quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso del D., che risulta dunque meramente reiterativo di analogo motivo di appello, la Corte territoriale ha diffusamente illustrato quali fossero gli elementi corroboranti i dati provenienti dai tabulati telefonici.
3.2. In particolare, i giudici hanno ritenuto che i legami di tale imputato con soggetti individuati quali partecipi dell'azione criminosa, segnatamente con P., D. e D., in assenza di plausibili spiegazioni alternative, comprovasse la partecipazione dell'imputato al furto. Circa l'asserita violazione del disposto del D.L. n. 132 del 2021, art. 1, comma 1-bis, vari elementi di prova sono stati ritenuti idonei a comprovare la fondatezza dell'ipotesi di accusa: i dati emersi dalla visione dei filmati e degli accertamenti svolti presso la società autostradale, indicativi del numero dei soggetti coinvolti nell'esecuzione del furto e del percorso seguito dai furgoni; le dichiarazioni di D., che avevano consentito di ricostruire le modalità del furto e di definire anche la destinazione finale dei furgoni trafugati; i dati ricavati dai tabulati e i contatti nel frattempo intercorsi tra D. e P. nell'imminenza dell'orario concordato per l'esecuzione del furto, nonché la collocazione dell'utenza del D. in zona contigua al luogo del furto in orario prossimo all'uscita dei furgoni dal parcheggio della F.. Tali elementi sono stati valutati unitamente alle dichiarazioni rese da P. sulle frequenti visite a (Omissis) del cugino D. e sull'abitudine di andare in giro insieme, nonché alle dichiarazioni rese dal rappresentante della "(Omissis)" comprovanti la disponibilità in capo al P. di parte della refurtiva e all'accertato rapporto di conoscenza tra D. e D., altro soggetto coinvolto nel furto. Ulteriore elemento di prova è stata considerata la condivisione di imprese criminose tra D. e D., anch'egli dichiaratamente partecipe del furto. Sono stati ritenuti, con motivazione congrua, elementi sufficienti a comprovare la responsabilità dell'imputato.
4. Con riguardo al secondo motivo di ricorso del D. e al motivo unico di ricorso del P., la Corte ha messo in luce un giudizio di rilevante pericolosità degli imputati, emergente dal certificato penale, tale da costituire valido argomento ostativo tanto all'applicazione di sanzione sostitutiva quanto al beneficio della sospensione condizionale della pena.
4.1. In tema di sostituzione di pene detentive brevi, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58, di una pena sostitutiva, è legata ai medesimi criteri previsti dall'art. 133 c.p. per la determinazione della pena, tra i quali rientra la capacità a delinquere del colpevole desumibile dalla vita anteatta.
4.2. Con riguardo al beneficio della sospensione condizionale della pena, occorre, inoltre, ricordare che, pur non sussistendo le condizioni ostative previste dagli artt. 163 e 164 c.p., cionondimeno rientra nella discrezionalità dell'autorità giudiziaria valutare se il colpevole si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati (Sez. 4, n. 4073 del 23/02/1996, Avena, Rv. 205188). Nel valutare la concedibilità del beneficio, inoltre, il giudice di merito non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell'art. 133 c.p., potendo limitarsi a menzionare quelli ritenuti prevalenti (Sez. 2, n. 37070 del 18/06/2015, Cortopassi, Rv. 264802; Sez. 3, n. 30562' del 19/03/2014, Avveduto, Rv. 260136; Sez. 3, n. 6641 del 17/11/2009, dep.2010, Miranda, Rv. 246184; Sez. 3, n. 9915 del 12/11/2009, dep.2010, Stimolo, Rv. 246250; Sez. 4, n. 9540 del 13/07/1993, Scalia, Rv. 195225).
4.3. La decisione impugnata, che ha formulato per entrambi i ricorrenti una prognosi negativa elencando precedenti condanne per 14 episodi di furto a carico di D., rimarcando che quest'ultimo ha commesso il fatto per cui si procede un mese dopo aver terminato di espiare la pena per altro reato di furto commesso il (Omissis), e sottolineando le condanne precedenti inflitte a P. per violazione della normativa in materia di armi, simulazione di reato e quattro episodi di furto, nonché per partecipazione ad associazione per delinquere, presenta, dunque, una motivazione congrua e conforme al dettato normativo per cui il giudice deve concedere o negare la pena sostitutiva o la sospensione condizionale sulla base dei criteri di politica criminale che governano l'istituto, e cioè deve concederlo ogni volta che, sulla base dei parametri di cui all'art. 133 c.p., ritenga che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e che la pronuncia favorevole possa costituire per il condannato una controspinta al delitto, essendo conseguentemente congrua la motivazione del diniego fondata sui medesimi parametri, dai quali al contrario il giudice abbia desunto. un giudizio prognostico sfavorevole.
5. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", i ricorrenti vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2023