RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il giorno 29 giugno 2021 la Corte di appello di Napoli ha respinto l'appello proposto da D.L. avverso la sentenza in data 13 dicembre 2020 del Tribunale di Torre Annunziata, con la quale il predetto era stato riconosciuto colpevole dei delitti di tentata rapina aggravata in concorso, tentato omicidio aggravato in concorso nonché porto e detenzione di armi comuni di sparo (fatti commessi in (Omissis)) e, riuniti gli stessi sotto il vincolo della continuazione, era stato condannato alla pena di anni diciassette di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede, al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000, nonché alla rifusione delle spese processuali in favore della stessa parte civile.
1.1. La Corte territoriale ha integralmente confermato la valutazione del Tribunale in ordine alla accertata responsabilità del D. circa i fatti oggetto di imputazione.
In particolare, ha ritenuto dimostrato che la sera del (Omissis) M.A., mente si trovava a bordo del suo motoveicolo assieme alla fidanzata P.P.F. in (Omissis), era stato affiancato da tre scooter ciascuno con a bordo due individui, uno dei quali gli intimava "posa il motorino teniamo la pistola". Dopo un breve inseguimento, il M. veniva attinto prima da un colpo di arma da fuoco al piede mentre era ancora a bordo del motorino e poi da altri due colpi (allorquando si era fermato per fare scendere la ragazza), di cui uno all'emitorace posteriore destro e l'altro all'emitorace posteriore sinistro, che gli attraversavano il cavo pleurico, con perforazione del diaframma, lesione alla milza, al pancreas ed allo stomaco e solo il pronto intervento dei sanitari consentiva di evitarne la morte.
Sulla base delle risultanze probatorie costituite dalle dichiarazioni rese dal M. (costituitosi parte civile), dai testi oculari e dal testimone assistito P.M. (già giudicato separatamente per gli stessi reati), dalle intercettazioni ambientali, dalle immagini tratte dagli impianti di videosorveglianza della zona, nonché dai controlli effettuati sulle utenze telefoniche dei coimputati P.M., I.C., V.G., D.N.E. e C.G. (giudicati separatamente), si era giunti alla identificazione del D. come il sesto componente del gruppo ed alla sua successiva condanna in primo grado.
1.2. La Corte territoriale, come detto, ha confermato la valutazione espressa dal primo giudice ed ha respinto integralmente il gravame dell'imputato.
Anzitutto ha ritenuto infondata la richiesta di rinnovazione parziale dell'istruttoria dibattimentale diretta alla nomina di un consulente medico-legale al fine di accertare se il D. si fosse sottoposto ad intervento chirurgico per la soluzione del problema alla dentatura denominato "diastema" avendo lamentato il difensore la mancata certezza del riconoscimento fotografico dell'imputato, effettuato dalla persona offesa il giorno (Omissis), in considerazione della assenza di tale caratteristica dei denti incisivi del soggetto raffigurato nella foto, indicata dal M. come quella di uno dei rapinatori.
Al riguardo la Corte di appello ha osservato che tale richiesta istruttoria - volta a verificare l'eventuale sottoposizione dell'imputato ad intervento chirurgico per la soluzione del sopra indicato problema alla dentatura - era totalmente inconferente rispetto alle finalità che voleva perseguire tenuto conto del tempo trascorso poiché esso non avrebbe consentito di accertare se il D. avesse tale caratteristica all'epoca dei fatti oggetto del processo, visto che per risolvere tale problematica era sufficiente un semplice trattamento di natura ortodontica.
Parimenti infondato è stato considerato il secondo motivo di appello relativo alla dedotta nullità della sentenza di primo grado in quanto il Tribunale di Torre Annunziata avrebbe motivato "per relationem" rispetto alla sentenza emessa, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, nell'ambito del procedimento connesso a carico del coimputato P.M..
La Corte distrettuale ha infatti rilevato che il primo giudice non aveva meramente richiamato l'altra sentenza, ma aveva al contrario argomentato in modo compiuto ed articolato in ordine alla attendibilità del coimputato P. richiamando letteralmente un solo passaggio della citata sentenza del Giudice per le indagini preliminari relativo alla credibilità del predetto coimputato.
E' stato poi respinto anche il motivo di appello tendente alla assoluzione ai sensi dell'art. 530 c.p.p. in quanto, secondo la Corte di appello, esso si fondava su di una visione parcellizzata dell'insieme delle risultanze processuali che non si confrontava con l'impianto motivazionale della sentenza di primo grado, la quale si basa sul raccordo dei vari singoli elementi probatori, i quali - unitariamente considerati - forniscono un ampio riscontro alle dichiarazioni del coimputato P..
Da ultimo la Corte territoriale ha ritenuto infondate le censure riguardanti la richiesta di applicazione della disciplina del concorso anomalo di cui all'art. 116 c.p. e di esclusione delle aggravanti contestate, in quanto le stesse erano smentite dall'insieme del materiale probatorio acquisito; infine ha respinto il motivo di gravame riguardante il trattamento sanzionatorio confermando, sul punto, il giudizio espresso dal Tribunale di Torre Annunziata.
2. Avverso la predetta sentenza D.L., per mezzo del difensore di fiducia avv. de Martino Antonio, propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo censura, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la violazione dell'art. 603 c.p.p. (rispetto al mancato espletamento della perizia medico legale sul diastema) con riferimento all'utilizzo - da parte della Corte distrettuale - di una massima di esperienza frutto di considerazioni personali e non già quale regola di comportamento espressione di ciò che avviene nella maggior parte dei casi e ricavabile da casi simili al fatto noto, vale a dire la circostanza indiziante.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la violazione dell'art. 125 c.p.p. rispetto alla motivazione apparente della sentenza di primo grado in ordine alla valutazione della attendibilità del P., essendo la stessa consistita nella pura e semplice ripetizione delle argomentazioni svolte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata sul punto.
2.3. Con il terzo denuncia, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il vizio di motivazione - anche sotto il profilo del travisamento della prova con riferimento alla verifica dell'attendibilità del P., della persona offesa, della teste P.P.F. e degli altri testi oculari in punto di riconoscimento del D. e, comunque, rispetto alla verifica degli elementi probatori in ordine ai delitti di cui ai capi 1, 2 e 3 circa la presenza dell'imputato sul luogo del fatto.
Il ricorrente, infatti, sostiene che gli elementi probatori acquisiti non consentono di ritenere dimostrata la sua partecipazione al reato e nemmeno la sua presenza nei luoghi.
In particolare i controlli sul territorio effettuati l'11 ed il 12 gennaio 2017 (nel corso dei quali il D. era stato trovato, la prima volta, in un gruppo di ragazzi che stazionavano in via (Omissis) vicino a due scooters e la seconda a bordo dello scooter Honda targato (Omissis) assieme a C.G.) non possono rivestire alcun valore essendo postumi all'agguato oggetto del processo.
Inoltre, l'unica intercettazione ambientale riguardante l'imputato non contiene alcun riferimento alla vicenda in esame; quanto poi al tragitto dello scooter condotto da C.G. dopo il fatto e ripreso dalla telecamere di sicurezza esistenti in zona, il ricorrente osserva che l'ultima immagine captata riprende i tre scooters svoltare verso via (Omissis), la quale però non ha come unico sbocco la via (Omissis) dove risiede il D.. A quanto sopra devono aggiungersi le varie contraddizioni in cui è incorsa la parte civile M.A. rispetto alla identificazione del ricorrente, che però non sono state rilevate dalla Corte territoriale nonostante gli specifici motivi di appello.
2.4. Con il quarto motivo si censura la sentenza, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per erronea applicazione della legge penale rispetto alla circostanza aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 1; in particolare, il ricorrente evidenzia che al capo 1) gli è stata contestata l'imputazione di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 1, di talché non poteva essere contestata anche l'aggravante di cui al citato art. 112 c.p..
2.5. Con il quinto motivo il D. lamenta l'erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 133 c.p., lett. b), in quanto la Corte territoriale ha richiamato precedenti penali emersi nella biografia penale del ricorrente successivamente a quelli oggetto del presente processo.
2.6. Infine, con gli ultimi due motivi il ricorrente denuncia l'omessa motivazione rispetto alle censure riguardanti la mancata concessione delle attenuanti generiche e la riduzione della pena non effettuata nella misura massima prevista per il tentativo.
2.7. Il D. ha poi tempestivamente depositato memoria contenente motivi aggiunti, con là quale ha ulteriormente argomentato sulle censure contenute nel ricorso.
3. Infine, alla pubblica udienza, le parti hanno discusso oralmente concludendo nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte osserva che il ricorso è solo parzialmente fondato.
2. Anzitutto deve ricordarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis Cass. Sez. 5, Sentenza n. 48050 del 2/7/2019, Rv. 277758).
3. Ciò posto, rispetto al primo motivo si rileva che esso è inammissibile poiché il ricorrente non si confronta in modo specifico con le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale per dichiarare la richiesta di perizia inconferente. L'imputato infatti nulla dice sulla rilevanza - evidenziata nella sentenza impugnata - che il decorso del tempo avrebbe avuto rispetto all'accertamento richiesto e non giustifica in alcun modo il carattere di decisività della perizia alla luce degli altri riscontri probatori esistenti a carico dell'imputato ed ampiamente evidenziati dal giudice di appello quali, ad esempio, l'avvenuto espresso riconoscimento da parte della persona offesa in udienza e le dichiarazioni accusatorie del coimputato P..
Al riguardo va ricordato che nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603 c.p.p., comma 1, è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata come avvenuto nel caso di specie (ex multis Sez. 6 -, Sentenza n. 48093 del 10/10/2018, Rv. 274230 - 01).
4. Parimenti inammissibile è il secondo motivo (riguardante l'attendibilità del concorrente nel reato P.M.) poiché la Corte territoriale ha escluso, in modo adeguato e non illogico, che il Tribunale avesse motivato, sulla credibilità del predetto coimputato limitandosi a richiamare la motivazione della sentenza del Giudice per le indagini preliminari. Al contrario il primo giudice aveva argomentato in modo compiuto ed articolato circa la credibilità del predetto testimone richiamando unicamente un breve passaggio della decisione del Giudice per le indagini preliminari (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata).
5. Quanto al terzo motivo deve richiamarsi quanto sopra illustrato sub 2 a proposito della ipotesi di c.d. "doppia conforme" e circa il travisamento della prova. Orbene, le critiche esposte dal ricorrente riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa - in tutta evidenza - ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità.
E' costante, infatti, l'insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l'analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell'atto e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità "nuove" attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa (si veda, ex multis, Sez. 6^ n. 11194 dell'8/3/2012, Lupo, Rv 252178). Così come va ribadito che l'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U., n. 24 del 24.11.1999 rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).
Al contrario la Corte distrettuale, con motivazione adeguata e non contraddittoria, richiamando le argomentazioni svolte dal Tribunale, ha dato particolare rilievo all'avvenuto riconoscimento dell'imputato da parte della persona offesa M.A. sia mediante fotografia e poi nel corso del giudizio di primo grado, alle dichiarazioni della P. nonché alla chiamata in correità da parte del P.. In aggiunta a ciò la Corte territoriale ha evidenziato che l'imputato nel corso di un controllo effettuato dalle forze dell'ordine il 12 gennaio 2017 - era stato trovato, a bordo di uno scooter SH bianco targato (Omissis), assieme al C. a conferma dei rapporti esistenti tra i due.
Inoltre, il giudice di appello ha valorizzato l'intercettazione ambientale dell'1 gennaio 2017 circa l'esistenza di una amicizia tra l'imputato e V.G., il quale si era recato a prelevare il D. presso la sua abitazione sita in (Omissis). Quanto poi al percorso dello scooter condotto dal C. (con a bordo l'odierno ricorrente) subito dopo l'agguato, la Corte di appello ha osservato che se è vero che la via (Omissis) (dove le telecamere di sicurezza avevano ripreso per l'ultima volta il mezzo) non sbocca unicamente in via (Omissis) (luogo di residenza dell'imputato), tuttavia ciò non inficia la tesi accusatoria, basata sulle dichiarazioni del correo P.M., secondo la quale gli autori del reato erano diretti proprio verso l'abitazione del D. dove era loro intenzione occultare le armi da loro poco prima utilizzate.
Orbene, a fronte di tali dati - del tutto inequivoci - la tesi difensiva circa la mancanza di prove sulla partecipazione dell'imputato ai fatti appare irragionevole e non assume alcuna forza logica antagonista. Il dubbio, infatti, per determinare l'ingresso di una reale ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, tale da determinare una valutazione di inconsistenza dimostrativa della decisione, è solo quello "ragionevole" e cioè quello che trova conforto nella buona logica, non certo quello che la logica stessa consente di escludere o di superare (in tal senso Sez. 1^, n. 3282 del 2012 emessa il 17.11.2011, nonché, in termini generali, Sez. 1^ n. 31546 del 21.5.2008, Rv. 240763).
In sostanza il D. pretende di mettere in dubbio tale ricostruzione con una prospettazione alternativa che appare, più che altro, esplorativa e congetturale. Anzitutto, egli nulla deduce in modo specifico al fine di confutare l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata in ordine al suo luogo di effettiva residenza (via (Omissis)); non contesta poi la sua frequentazione con il C. e si limita a ribadire che via (Omissis) non sfocia unicamente in via (Omissis), senza però confrontarsi con quanto indicato nella sentenza di appello rispetto alla intenzione del gruppo di occultare le armi utilizzate per l'agguato proprio nei pressi della sua abitazione. Inoltre, il ricorrente non indica elementi concreti dai quali desumere la inattendibilità del M. nonostante quest'ultimo lo abbia riconosciuto, dapprima in fotografia davanti la polizia giudiziaria, e poi direttamente in udienza e che detto riconoscimento ha trovato ampia conferma nelle dichiarazioni auto ed etero accusatorie del P..
6. Al contrario risulta fondato il motivo riguardante l'aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 1.
6.1. Il Collegio, consapevole dell'esistenza di una giurisprudenza di segno opposto (Sez. 2, Sentenza n. 20217 del 6/5/2016, Rv. 266893 - 01: Sez. 2, Sentenza n. 42738 del 20/10/2015, Pg e P.C. in proc. Bidognetti e altro., Rv. 264816 - 01;; Sez. 5, Sentenza n. 26542 dell'8/04/2009, Rv. 244095 - 01, secondo le quali "la circostanza aggravante del reato concorsuale dell'essere i correi in numero pari o superiore a cinque, prevista dall'art. 112 c.p., comma 1, può essere applicata cumulativamente all'aggravante a speciale del reato di rapina delle più persone, prevista, dall'art. 628 c.p., comma 1, perché non richiede, a differenza di quest'ultima, la presenza sulla scena criminosa di tutti i correi, sanzionando la maggiore esplicata dalla dimostrata capacità di riunione ed organizzazione"), ritiene di dare continuità al precedente ed opposto indirizzo ermeneutico secondo cui la circostanza aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 1, esclude l'applicazione della circostanza aggravante comune dell'art. 112 c.p., n. 1. (Sez. 5, Sentenza n. 26542 dell'8/4/2009, Vatiero e altri, Rv. 233095-01).
6.2. In sostanza, secondo l'orientamento condiviso dalla sentenza impugnata, le circostanze in oggetto possono concorrere in quanto prendono in considerazione aspetti diversi della condotta criminosa al fine di prevederne una sanzione maggiormente afflittiva con riferimento a parametri differenti. In particolare, la circostanza aggravante dell'essere i correi in numero pari o superiori a cinque punisce più gravemente la maggior pericolosità insita nella compartecipazione al reato di un numero di persone tale che ne determina una più incisiva manifestazione di capacità criminale anche sotto il profilo della riunione e dell'organizzazione, a prescindere dalla presenza sulla scena criminosa di tutti i correi. La circostanza aggravante prevista dall'art. 628 c.p., comma 3, n. 1, sanziona invece più gravemente la maggiore pericolosità e forza intimidatrice - cui fa riscontro la minorata possibilità di difesa della vittima derivante della violenza e della minaccia portata simultaneamente da più persone, compresenti all'azione. Tra le due aggravanti, pertanto, l'indirizzo che si contrasta delinea un rapporto di "specialità bilaterale"; quella di cui all'art. 112 c.p., n. 1, si distingue dall'altra per la previsione della compartecipazione al reato di un numero di persone (cinque o più) tale da determinare una maggiore manifestazione di capacità criminale dei concorrenti, mentre quella ex art. 628 c.p., comma 3, n. 1 individua nella simultanea presenza sul luogo dell'azione criminosa di più autori, il fattore determinante la più incisiva forza intimidatrice e la conseguente maggiore pericolosità delle condotte dei correi.
6.3. Come detto il Collegio intende, invece, dare continuità al precedente ed opposto indirizzo ermeneutico (Sez. 2, n. 8773 del 27/3/1987, Pesenti, Rv. 146467; Sez. 5 n. 26542 dell'8/4/2009, Vatiero e altri, Rv. 244095-01; Sez. 6 n. 16515 dell'11/32010, Riccio e altro, Rv. 247004-01) secondo cui la circostanza aggravante di cui all'art. 628 c.p., comma 3, n. 1, esclude l'applicazione della circostanza aggravante comune di cui all'art. 112 c.p., n. 1.
Infatti l'aggravante speciale (rapina commessa da più persone riunite, cioè compresenti al momento della condotta tipica) si trova in rapporto di "continenza" rispetto all'aggravante comune ex art. 112 c.p., n. 1, poiché da un lato, già prevede l'applicabilità del relativo e assai rilevante aumento di pena nel caso in cui i soggetti agenti siano cinque o più e, dall'altro, contiene l'ulteriore elemento specializzante della simultanea presenza dei correi al momento e nel luogo di realizzazione delle condotte tipiche. Ciò che giustifica la previsione di un aumento di pena superiore a quello ordinario di 1/3 dell'aggravante comune, confermando peraltro - anche sotto questo profilo - che quest'ultima aggravante (quella ex art. 112 c.p., n. 1) è "contenuta" in quella ad effetto speciale ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio.
6.4.. Per completezza deve aggiungersi che le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 21837 del 29/03/2012, Rv. 252518 - 01, Alberti e altro) non hanno affrontato direttamente il problema della compatibilità fra le citate aggravanti, ma piuttosto la diversa questione se per la sussistenza della circostanza aggravante speciale delle più persone riunite, prevista per il delitto di estorsione, sia necessaria la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento in cui si realizzano la violenza o la minaccia, oppure se sia sufficiente che il soggetto passivo del reato percepisca che la violenza o la minaccia provengano da più persone. A tale riguardo le S.U. hanno affermato il principio di diritto secondo cui nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia.
L'accenno, solo incidentale, operato in tale sentenza alla problematica in esame esclude che nel caso di specie sia operativo il vincolo del precedente di cui all'art. 618 c.p.p., comma 1-bis. Del resto la rimessione facoltativa di una questione di diritto alle Sezioni Unite, prevista dall'art. 618 c.p.p., comma 1, richiede la ravvisabilità di un contrasto sufficientemente consolidato, sicché risulti superata la soglia dell'ordinario svolgimento di una riflessione giurisprudenziale in progressivo affinamento per essere sedimentate posizioni delle quali non è prevedibile l'ulteriore evoluzione (Sez. 4 -, Sentenza n. 39766 del 23/05/2019, Rv. 277559 - 02), e tale soglia non può ritenersi allo stato attinta.
7. Manifestamente infondati risultano poi gli ultimi tre motivi (che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione) considerato che fermo restando l'annullamento come sopra disposto in ordine all'aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 1 e la conseguente rideterminazione della pena che dovrà essere disposta in sede di rinvio per l'elisione della suddetta aggravante - la Corte territoriale non è incorsa nel vizio di omessa motivazione lamentato dal ricorrente. Infatti, i relativi motivi di appello sono stati rigettati non già per mezzo del mero richiamo ai reati commessi dall'imputato dopo quelli oggetto del presente processo, ma invece dando rilievo all'elevato disvalore dei fatti commessi con inaudita violenza, mediante l'utilizzo di due pistole e l'ausilio di vari complici a dimostrazione della accurata pianificazione dei reati, nonché per l'allarmante personalità del D. che ha riportato condanne definitive per violazione della legge stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale (pag. 26 della sentenza impugnata).
Sulla base di tali elementi complessivamente valutati e per l'assenza di dati di segno positivo la Corte di appello, con motivazione adeguata e non contraddittoria, ha quindi ritenuto congrua la pena inflitta dal primo giudice (anche rispetto alla riduzione effettuata per il tentativo) e giustificata la mancata concessione delle attenuanti generiche. Tali profili sono stati quindi motivati da parte della Corte territoriale che si è attestata al limite superiore della forbice edittale, ma ha dato puntuale conto, come in tali casi necessario (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153), degli indici di commisurazione di cui all'art. 133 c.p., richiamando, come detto, la gravità oggettiva delle condotte e del loro disvalore e confermando il mancato riconoscimento delle generiche anche per la assenza di elementi di segno positivo.
Proprio con riferimento alle attenuanti generiche occorre ribadire che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli pur sempre indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899), come parimenti avvenuto nella specie, mediante il puntuale richiamo ai medesimi indici di cui sopra (ben possibile, v. da ultimo Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rechichi, Rv. 264378).
8. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all'aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 1 in relazione al capo 1, aggravante che pertanto va eliminata. Per tale ragione deve essere disposto il rinvio unicamente per la rideterminazione della pena ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, mentre il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto con il conseguente accertamento definitivo della responsabilità del D. per i reati ascrittigli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 1 ritenuta in relazione al capo 1, aggravante che elimina. Per l'effetto rinvia per la rideterminazione della pena ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e definitivo l'accertamento di responsabilità del ricorrente per i reati a lui ascritti.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2022