RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 4 febbraio 2021 la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Verona aveva condannato alle pene ritenute di giustizia T.R. e C.V. per concorso nei reati di rapina pluriaggravata e sequestro di persona nonché - solo il primo - per possesso di documento falso valido per l'espatrio.
Secondo l'ipotesi accusatoria, i due ricorrenti, unitamente ad altri, avevano sottratto diciassette opere d'arte dal museo di (Omissis) nonché una somma di denaro e il telefono della custode, che avevano minacciato con una pistola dopo averla legata e fatta sdraiare a terra.
2. Hanno proposto ricorso T.R. e C.V., a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l'annullamento della sentenza.
3. Nel ricorso di T. la sentenza viene censurata con tre motivi, previa impugnazione dell'ordinanza con la quale la Corte di appello, omettendo l'assunzione di una prova decisiva e con motivazione mancante e manifestamente illogica, non ha ritenuto necessario acquisire un atto di un altro processo a carico del ricorrente (avviso ex art. 415-bis c.p.p.) che avrebbe consentito una diversa interpretazione di alcune conversazioni intercettate.
3.1. Con il primo motivo la difesa lamenta la manifesta illogicità della motivazione e il travisamento della prova quanto all'affermazione di colpevolezza per i reati di rapina e sequestro di persona, là dove si è affermato che T.: il giorno precedente la rapina, aveva avuto tre contatti telefonici con M.V., uno degli autori materiali; aveva svolto un ruolo di supporto per la fuga dei rapinatori; si era occupato di custodire le tele rubate presso il garage della madre di un altro dei correi.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 110 c.p. in quanto la sentenza impugnata descrive un ruolo dell'imputato quale concorrente morale senza dare alcuna concreta indicazione delle modalità con le quali si sarebbe manifestata la sua partecipazione alla condotta criminosa, che tuttalpiù potrebbe integrare il reato di favoreggiamento reale.
3.3. Con l'ultimo motivo si lamenta la erronea applicazione dell'art. 497-bis c.p., poiché il fatto andrebbe riqualificato nel reato ex artt. 477,482 e 489 c.p., in mancanza della prova che il documento falso esibito fosse valido per l'espatrio.
3.4. La difesa ha poi depositato motivi nuovi ribadendo e precisando in alcuni punti le argomentazioni svolte nel ricorso.
4. Nel ricorso presentato nell'interesse di C. la sentenza impugnata è censurata per violazione di legge (art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 125 c.p.p., comma 3; artt. 110 e 116 c.p.) e vizio motivazionale per travisamento della prova documentale con riguardo al quadro riepilogativo dei contatti fra C. e M..
La valutazione della Corte contrasta con la decisione assunta nella fase cautelare dal Tribunale del riesame, che annullò l'ordinanza genetica per difetto di gravità indiziaria, e con gli accertamenti svolti nei processi svoltisi nei confronti degli originari coimputati separatamente giudicati.
In modo contraddittorio la sentenza attribuisce al ricorrente una partecipazione ai reati di tipo morale e poi un contributo materiale.
Entrambi i giudici di merito hanno erroneamente interpretato i tabulati telefonici riguardanti i contatti fra C. e M. il giorno della rapina e quello precedente, essendo anche incorsi in un errore di lettura sul punto della ordinanza del Tribunale del riesame, che valutò il medesimo materiale indiziario a disposizione nel giudizio di cognizione.
Infine, confermando l'affermazione di responsabilità anche per il reato di sequestro di persona, la Corte di appello non ha esaminato il motivo di gravame riguardante il riconoscimento del concorso anomalo ex art. 116 c.p. e della ulteriore circostanza attenuante ex art. 114 c.p..
5. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, convertito nella L. 25 febbraio 2022, n. 15), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti, il Procuratore generale e le difese hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi generici, non consentiti o manifestamente infondati.
2. La Corte territoriale si è espressamente confrontata con le fondamentali deduzioni difensive e l'omessa specifica valutazione degli altri dati richiamati nel ricorso non configura il vizio denunciato: va ribadito, infatti, che il giudice di appello, in presenza di una "doppia conforme", nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593; Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841; di recente v. Sez. 2, n. 31920 del 04/06/2021, Alampi, Rv. 281811, non mass. sul punto).
Inoltre, la presenza di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227; Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna, Rv. 267723; Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, Giarri, Rv. 253445; da ultimo cfr. Sez. 28729 del 07/07/2022, Labate, non mass.).
Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all'accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all'imputazione, determina la nullità della sentenza d'appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa comunque essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 26870 del 12/05/2022, Gioe', non mass.).
3. Entrambi i ricorsi, pur avendo formalmente espresso censure riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, entrambi i ricorrenti, in realtà, non hanno lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione, alla quale, pertanto, è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova" (così Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 11984 del 27/04/2022, D'Alterio, Rv. 283439, non mass. sul punto).
Anche il travisamento della prova, introdotto quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
Ai fini della configurabilità del vizio del travisamento della prova, dunque, è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto chiaro e definito, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto; va escluso, pertanto, che integri il suddetto difetto un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, Lo Presti, Rv. 264481, non mass. sul punto; Sez. 1, n. 51171 del 11/06/2018, Piccirillo, Rv, 274478; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, Colomberotto, Rv. 271702; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087). Detto vizio, inoltre, può avere rilievo solo quando l'errore sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale (Sez. 6, n. 8610 del 05/02/2020, P., Rv. 278457; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; sul travisamento della prova in caso di "doppia conforme" v., da ultimo, Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, Africano, Rv. 281665).
Da ultimo questa Corte ha precisato che il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica di conformità delle rappresentazioni dell'elemento probatorio nella motivazione e, rispettivamente, nel relativo atto del processo per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Do Santos, Rv. 283370).
In caso di "doppia conforme", poi, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/1.2/2020, Tassoni, Rv. 280155; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 2, n. 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837).
4. Il vizio di travisamento della prova, denunciato in entrambi i ricorsi con riferimento alle risultanze delle operazioni di intercettazione e dei tabulati telefonici, è insussistente.
Dei tabulati, infatti, le difese hanno dato una lettura non solo alternativa (di per sé non decisiva in merito alla durata dei contatti), ma soprattutto parziale, facendo riferimento alle sole telefonate, comunque estremamente significative nella conforme valutazione dei giudici di merito, avvenute il giorno prima e nelle ore precedenti la rapina con M.V., uno degli autori materiali. La difesa di C. ha poi allegato solo un estratto (una pagina) della comunicazione della notizia di reato con un "quadro riepilogativo dei tra C. e M., in violazione del principio di autosufficienza.
Nella ricostruzione della sentenza impugnata, coerente con quella della prima decisione, sono assai rilevanti i contatti avuti dopo la rapina con lo stesso M., durante il suo rientro a Brescia con le opere d'arte trafugate, e in particolare le lunghe conversazioni con T., obliterate dalla difesa.
Con motivazione del tutto logica, la Corte territoriale ha evidenziato che negli stessi frangenti M. parlava anche con Victor Potinga, complice condannato con sentenza divenuta irrevocabile, cosicché andava radicalmente escluso che le conversazioni riguardassero un tema diverso dalla rapina appena commessa, tanto più considerando i contatti del giorno precedente e del giorno stesso, prima dell'irruzione nel museo, necessariamente connessi alla organizzazione del delitto, in ragione delle modalità di tempo e luogo e delle contemporanee telefonate con correi condannati in via definitiva.
Ha poi evidenziato la Corte che M., per parlare con T. e C., si avvalse di una utenza che venne utilizzata solo poco prima e poco dopo la consumazione della rapina, a riscontro ulteriore del coinvolgimento dei due ricorrenti nel fatto criminoso che la sentenza impugnata ha poi ribadito a seguito di una dettagliata analisi (a pagg. 31-53) di numerose conversazioni telefoniche intercettate a distanze di poche settimane (a dicembre 2015 e gennaio 2016).
In proposito va ricordato che l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. In questa sede, dunque, è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164; da ultimo v. Sez. 2, n. 31920 del 04/06/2021, Alampi, Rv. 281811, non mass. sul punto).
E' consolidato anche il principio secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l'imputato costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno, con l'avvertenza che, ove tali elementi abbiano natura indiziaria, essi dovranno essere gravi, precisi e concordanti, come disposto dall'art. 192 c.p.p., comma 2, (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611; Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, Valorosi, Rv. 278314; Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, Ambroggio, Rv. 265747; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260842; da ultimo v. Sez. 3, n. 11313 del 17/02/2022, Ortolani, non mass.).
Nel caso di specie, il linguaggio utilizzato nelle conversazioni non pare affatto criptico e l'interpretazione alle stesse data dai giudici di merito risulta incensurabile. Poco importa che alcune di esse fossero già state esaminate dal Tribunale del riesame, che escluse la sussistenza della gravità indiziaria nella fase cautelare.
A tale proposito non è pertinente la deduzione svolta dalla difesa di C. in ordine al rapporto fra i gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari e la prova richiesta dall'art. 192, comma 2. Questa ultima disposizione, infatti, prevede che "l'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti", evocando la prova critica, logica, indiretta, contrapposta alla prova diretta, storica o rappresentativa, acquisibile con i mezzi previsti dal secondo titolo dello stesso libro terzo del codice di rito; l'art. 273 c.p.p., comma 1, invece, nel richiedere la sussistenza di "gravi indizi di colpevolezza" quale prima condizione generale per l'applicabilità di misure cautelari, si riferisce alla necessità che vi sia una qualificata probabilità di colpevolezza, indipendentemente dal tipo di prova sino a quel momento acquisita, diretta o indiretta.
5. I giudici di merito hanno poi fatto corretta applicazione del diritto vivente in tema di concorso di persone nel reato: la responsabilità di chi partecipa a un fatto criminoso presuppone che l'apporto di chi coopera sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla commissione del delitto; carattere decisivo riveste l'unitarietà del "fatto collettivo" realizzato, che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, con giudizio di prognosi postuma, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli agenti (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218525; Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Tuccio, Rv. 277773; Sez. 3, n. 44097 del 03/05/2018, I., Rv. 274126; Sez. 1, n. 15860 del 09/12/2014, Crivellari, Rv. 263089; Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2013, Ambrosiano, Rv. 255260).
Pertanto, per la configurabilità del concorso di persone è necessario e sufficiente che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato (cfr., ad es., Sez. 5, n. 43569 del 21/06/2019, P., Rv. 276990; Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, dep. 2018, Raduano, Rv. 271755; Sez. 4, n. 52791 del 08/11/2017, Barbato, Rv. 274521; Sez. 6, n. 1986 del 06/12/2016, dep. 2017, Salamone, Rv. 268972; Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Siesto, Rv. 268177).
Nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata non è affatto contraddittoria, avendo attribuito ai ricorrenti un contributo sia morale, di rafforzamento e agevolazione del proposito criminoso dei correi, con i quali furono in costante contatto nelle fasi preparatorie della rapina, sia materiale, avendo essi consentito l'occultamento della refurtiva per destinarla alla vendita sul mercato clandestino.
Sulla base di questa ricostruzione in fatto, non è affatto configurabile il diverso reato di favoreggiamento personale, che per espressa previsione dell'art. 378 c.p. presuppone un'azione realizzata "dopo che fu commesso un delitto", giammai "durante" o nel corso della permanenza dello stesso (Sez. 2, n. 282 del 22/09/2021, dep. 2022, Aiello, Rv. 282510; Sez. 3, n. 363 del 17/09/2019, Aiello, C., Rv. 278392; Sez. 2, n. 36115 del 27/06/2017, Pacilli, Rv. 271005) ovvero quello di favoreggiamento reale, essendo indiscusso "che si abbia concorso di persone quando un'attività successiva al reato sia stata preventivamente promessa all'autore materiale del fatto" (così Sez. U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, non mass. sul punto).
Pertanto, la promessa di acquistare o smerciare cose provenienti da una rapina materialmente commessa da altri configura un accordo preventivo mediante il quale si realizza una partecipazione psichica nel delitto stesso sotto forma di istigazione, in quanto è volto a creare o rafforzare la determinazione dell'esecutore materiale, sicuro così di conseguire il prodotto del reato (Sez. 2, n. 6382 del 08/05/1996, Arcella, Rv. 205408; in senso conforme v. Sez. 5, n. 15100 del 07/03/2002, Messina, Rv. 221176 nonché, di recente, Sez. 2, n. 30788 del 16/09/2020, Zaccheroni, Rv. 279912, non mass. sul punto)
6. Esaminando ora le residue doglianze proposte nel ricorso di T., risulta infondata quella relativa alla omessa acquisizione di un atto processuale relativo ad altro procedimento, sulla quale la motivazione della sentenza impugnata (pagg. 11-12) è stata tutt'altro che mancante o illogica, considerato che la impossibilità di decidere allo stato degli atti sussiste "unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l'incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza" (così, anche da ultimo, Sez. 5, n. 112 del 30/09/2021, dep. 2022, Martucci, Rv. 282728).
Anche di recente le Sezioni Unite hanno ribadito che nell'art. 603 sono previste evenienze procedimentali "che si traducono nella previsione di poteri, non già di doveri, di rinnovazione in capo al giudice d'appello, valorizzando il metodo dell'oralità nelle specifiche ipotesi della non decidibilità allo stato degli atti (comma 1), ovvero della assoluta necessità di provvedere ex officio all'integrazione del quadro probatorio (comma 3)" (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430, non mass. sul punto).
Va poi considerato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, "nel giudizio abbreviato d'appello, le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell'art. 603 c.p.p., comma 3, atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e più ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado" (così, da ultimo, Sez. 2, n. 5269 del 30/11/2021, dep. 2022, Granato, Rv. 282585).
Anche in ordine alla sussistenza del reato di possesso di documento falso valido per l'espatrio, contestato al capo C), la Corte territoriale si è conformata all'orientamento secondo cui, poiché la carta di identità è titolo valido per l'espatrio negli Stati membri dell'Unione Europea e idonea a consentire al suo possessore di lasciare il territorio dello Stato che lo ha apparentemente emesso, a fronte della contestazione del reato di cui all'art. 497-bis c.p., "e' interesse del ricorrente alla dimostrazione dell'elemento specializzante degradante della fattispecie, in applicazione del generale principio per cui grava sul medesimo un onere di allegazione, in virtù del quale è tenuto - senza inversione alcuna dell'onere della prova - a fornire all'ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore" (Sez. 5, n. 25218 del 13/07/2020, Rv. 279473).
La inammissibilità del ricorso principale si estende ai motivi nuovi, come disposto dall'art. 585, comma 4.
7. Priva di rilievo, infine, è l'omessa risposta della sentenza impugnata alla richiesta, peraltro generica, proposta nell'atto di appello di C., intesa a ottenere il riconoscimento delle circostanze attenuanti ex artt. 114 e 116 c.p. per il reato satellite di sequestro di persona.
Infatti, secondo il diritto vivente, il mancato esame, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di appello non comporta l'annullamento della sentenza quando la censura, se valutata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, in quanto l'omessa motivazione sul punto non arreca alcun pregiudizio alla parte, risultando in concreto inidonea ad incidere sugli esiti decisori (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265878; Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015, Dell'Utri, Rv. 263980; Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, Bianchetti, Rv. 263157).
Alla luce della descritta ricostruzione in fatto effettuata dai giudici di merito, risultava priva di ogni fondamento la deduzione svolta in ordine al diniego delle suddette attenuanti.
Quella prevista dall'art. 114 c.p. è configurabile solo quando l'apporto del concorrente - diversamente dal caso di specie, considerato il ruolo svolto da C. - abbia assunto una importanza obiettivamente minima e marginale ossia di efficacia causale così lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso (Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081; Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, Barbato, Rv. 266461; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Caradonna, Rv. 264455; Sez. 1, n. 26031 del 09/05/2013, Di Domenico, Rv. 256035; Sez. 2, n. 9743 del 22/11/2012, dep. 2013, Cannavacciuolo, Rv. 255356).
In secondo luogo, la responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ordinario ex art. 110 c.p. e non quello anomalo, se il compartecipe ha previsto e accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave (ex plurimis v. Sez. 2, n. 29641 del 30/05/2019, Rhimi, Rv. 276734; Sez. 2, n. 49443 del 03/10/2018, Jamarishvili, Rv. 274467; Sez. 2, n. 48330 del 26/11/2015, Lia, Rv. 265479; Sez. 5, n. 44359 del 18/03/2015, Sisti, Rv. 265728; Sez. 2, n. 49486 del 14/11/2014, Cancelli, Rv. 261003; cfr. anche Sez. 2, n. 3167 del 28/10/2013, dep. 2014, Sorrenti, Rv. 258604, proprio in tema di rapina e sequestro di persona).
Le modalità della rapina (irruzione con armi in un museo custodito), ben note a C., comportavano la necessità di neutralizzare e rendere inoffensiva la custode, la cui privazione della libertà per un tempo apprezzabile era circostanza che costituiva un naturale mezzo per portare a termine con successo il delitto progettato.
8. Alla inammissibilità delle impugnazioni proposte segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria, il 20 dicembre 2022