FATTI DI CAUSA
1. Con ordinanza del 27 agosto 2020 il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., annullava il provvedimento del 24 luglio 2020 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva disposto l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei riguardi di Ru.Ga. in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1), 56 e 629 cod. pen., con riferimento all'art. 628, comma 3 n. 3, 61 n. 2 e 416-bis. 1 cod. pen. (capo 76). Tale decisione del Tribunale, in accoglimento di un ricorso del Pubblico Ministero, era annullata da questa Corte di cassazione con sentenza n. 23163 del 12 marzo 2021, con la quale veniva censurata la illogicità delle valutazioni compiute nella ordinanza sia in ordine ai gravi indizi di colpevolezza sia alle esigenze di cautela: veniva, così, richiesta una nuova verifica demandato al giudice di rinvio.
2. In seguito il Tribunale del riesame di Catanzaro si pronunciava, in sede di giudizio di rinvio, per ben quattro volte, ogni volta confermando il primigenio provvedimento cautelare del 24 luglio 2020:
- una prima volta con ordinanza del 21 settembre 2021, con la quale veniva rispristinata l'esecuzione della misura coercitiva inizialmente applicata, che, in accoglimento di un ricorso proposto dalla difesa del Ru.Ga., veniva annullata da questa Corte di cassazione con sentenza n. 2632/22 del 14 dicembre 2021;
- una seconda volta con ordinanza del 31 marzo 2022 che, sempre in accoglimento di un ricorso del prevenuto, veniva annullata da questa Corte di cassazione con sentenza n. 43683 del 27 ottobre 2022;
- una terza volta con ordinanza del 9 dicembre 2022, contro la quale era proposto un ulteriore ricorso nell'interesse dall'indagato Ru.Ga.: su tale ultima impugnazione la Corte di cassazione decideva con sentenza n. 29556 del 23 maggio 2023 con la quale, per un evidente errore, veniva annullato con rinvio non il provvedimento del 9 dicembre 2022, ma quello precedente del 31 marzo 2022, che, come detto, era stato già oggetto di altro annullamento.
Chiamato a pronunciarsi nuovamente in sede rescissoria, il Tribunale del riesame emetteva una quarta ordinanza, quella datata 19 luglio 2023, sempre confermativa dell'originario provvedimento genetico della misura cautelare, che costituisce oggetto del gravame oggi in esame.
3. Avverso tale ultima ordinanza ha, infatti, proposto ricorso Ru.Ga., con atto sottoscritto da suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125,309,623 e 627 cod. proc. pen., 24 Cost., e vizio di motivazione, per mancanza e illogicità, per avere il Tribunale di Catanzaro giudicato, di fatto, come "tamquam non esset" la sentenza di annullamento con rinvio della Cassazione n. 29556 del 2023, riproponendo testualmente la precedente ordinanza dello stesso Tribunale del 9 dicembre 2022 e, così, disattendendo il "dictum" di tale sentenza rescindente dal momento che si è rinunciato ad effettuare un rinnovato giudizio in sede rescissoria.
3.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 16-quater legge n. 82 del 1991, 192, 273 e 627 cod. proc. pen., 416-bis cod. pen., e vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, avendo il Tribunale del riesame omesso di spiegare - come, invece, era stato richiesto dalla Cassazione con la sentenza di annullamento del 27 ottobre 2022 - come fosse giustificabile la contraddizione tra le dichiarazioni accusatorie che il collaboratore di giustizia Fr.Mi. aveva reso nel 2006, al momento dell'inizio della sua collaborazione, e le successive rese nel 2018. Al riguardo, la spiegazione offerta dal Tribunale, che aveva sostenuto di avere parlato del Ru.Ga. solo nel 2018 perché in precedenza non gli era stata fatta alcuna domanda su tale indagato, è risultata smentita dal fatto che le dichiarazioni accusatorie del 2018 sono state formulate spontaneamente e non su richiesta del P.M., non essendo credibile che nel 2006 non avesse ricordato il nome del Ru.Ga. come di uno dei componenti del "piccolo" clan 'ndranghetistico facente capo ad An.. Inoltre, il Tribunale ha valorizzato come riscontri estrinseci alla parola accusatrice concernente la partecipazione del Ru.Ga. al clan An. nel periodo 2003-2006, fatti avvenuti nel 2015-2016, relativi a rapporti tra il Ru.Ga. e To.An. che il collaboratore di giustizia aveva riferito non fossero esistenti nel precedente periodo di quasi dieci anni prima: ciò senza neppure trascurare che i fatti del 2015-2016 riguardano il reato di tentata estorsione oggetto dell'imputazione del capo 76), sul quale il Tribunale del riesame non si è affatto pronunciato, benché la difesa avesse originariamente contestato la sussistenza dei relativi gravi indizi di colpevolezza a carico dell'odierno ricorrente.
3.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 627 cod. proc. pen., per avere il Tribunale catanzarese omesso di pronunciarsi sui motivi di doglianza difensiva che erano stati originariamente proposti con riferimento ai reati dei capi d'imputazione 72), 73) e 74), questioni il cui esame la Cassazione, con la sentenza n. 43683 del 27 ottobre 2022, aveva considerato assorbito nel riconoscimento della fondatezza delle censure formulate con il primo motivo (sui criteri di valutazione della attendibilità del collaboratore di giustizia Mi.): motivi ulteriori che in sede di rinvio sarebbe stato necessario riesaminare, come pure era stato espressamente richiesto dalla Cassazione con la successiva sentenza n. 29556 del 22 maggio 2023.
3.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen. e 416-bis. 1 cod. pen., e vizio di motivazione, per carenza e illogicità, per avere il Tribunale calabrese omesso di chiarire per quale ragione il reato, contestato al Ru.Ga. nel capo 73) - riguardante il caso di un "presunto taglio di pneumatici" - potesse essere "riconducibile al contesto associativo degli An." ed integrare i gravi indizi di colpevolezza anche in relazione alla circostanza aggravante addebitata.
3.5. Violazione di legge, in relazione all'art. 416-bis. 1 cod. pen., e vizio di motivazione, per mancanza e illogicità, per avere il Tribunale del riesame omesso di chiarire per quale ragione per il reato contestato al Ru.Ga. nel capo 74) -riguardante il caso di un "danneggiamento" - sussistano i gravi indizi di colpevolezza anche in relazione alla aggravante della agevolazione mafiosa.
3.6. Violazione di legge, in relazione all'art. 416-bis. 1 cod. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, illogicità e contraddittorietà, per avere il Tribunale calabrese omesso di chiarire per quale ragione per il reato contestato nel capo 72) sussistano i gravi indizi di colpevolezza a carico del Ru.Ga., benché nelle intercettazioni eseguite il giorno successivo al preteso attentato il prevenuto non avesse parlato di quell'episodio con To.An..
3.7. Vizio di motivazione, per mancanza, illogicità e contraddittorietà, per avere il Tribunale di Catanzaro omesso di spiegare perché la condotta contestata al Ru.Ga. nel capo 76) avesse integrato gli estremi di una tentata estorsione e non anche di un tentativo di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (avendo la persona offesa ammesso di essere stato debitore verso il Ru.Ga. ed escluso di avere visto una bottiglia incendiaria); ed ancora perché tale iniziativa fosse stata riferita alla operatività del clan An..
3.8. Vizio di motivazione, per illogicità e contraddittorietà, per avere il Tribunale del riesame
ingiustificatamente sostenuto l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza carico del Ru.Ga. con riferimento al reato associativo contestato al capo 1), in mancanza di elementi di prova di una adesione del prevenuto al clan 'ndranghetistico degli An. ed in presenza di dati sintomatico di una mera "contestualità ambientale" o "territoriale".
3.9. Violazione di legge, in relazione all'art. 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere il Tribunale di Catanzaro omesso di considerare che, dopo l'iniziale applicazione della misura custodiale, il Ru.Ga., che nelle vicende de quibus ha avuto un ruolo marginale, è stato libero per oltre un anno tenendo un comportamento irreprensibile: elementi sufficienti a consentire un superamento della operatività della presunzione dettata dal comma 3 del suddetto art. 273 e a giustificare l'applicazione di una misura cautelare meno afflittiva, se del caso quella degli arresti domiciliari anche con l'impiego di strumenti elettronici di controllo.
4. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni (da ultimo dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall'art. 5-duodecies del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, e modificato dall'art. 11, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 214).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso presentato nell'interesse di Ru.Ga. va accolto, pur nei limiti e per le ragioni di seguito precisate.
2. Preliminarmente va rilevato come non superano il vaglio preliminare di ammissibilità il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo del ricorso, in quanto afferenti a questioni relative alla valutazione degli indizi di colpevolezza o alla corretta qualificazione giuridica dei relativi fatti illeciti addebitati all'indagato nei capi di imputazione 72), 73) e 74): reati per i quali, però, non era stato emesso alcun provvedimento applicativo della misura cautelare, come risulta all'evidenza dalla lettura della prima sentenza emessa dalla Cassazione nei riguardi del Ru.Ga., la n. 23162 del 12 marzo 2021, nella quale era stato puntualizzato come il "devolutum" fosse stato perimetrato dal contenuto del ricorso presentato dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva annullato il primigenio provvedimento cautelare), che era stato emesso "limitatamente alle contestazioni di cui al capo 1 (partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso) e al reato di cui a al capo 76 (violazione degli artt. 110,81,56,629, 416-bis. 1 codice penale)".
Analogo discorso vale per l'ottavo motivo del ricorso, avente ad oggetto una questione formalmente estranea al "thema decidendum" fissato dal ricorso presentato dalla difesa del Ru.Ga. contro l'ordinanza del 21 settembre 2021 di "ripristino" della misura cautelare, come si desume agevolmente dai punti 2.1, 2.2 e 2.3. dello "Ritenuto in fatto" della motivazione della successiva sentenza della Cassazione n. 2632/22 del 14 dicembre 2021.
3. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato.
La vicenda procedimentale portata all'odierna attenzione di questo Collegio è certamente peculiare, perché caratterizzata dalla proposizione di reiterati ricorsi cui hanno fatto seguito altrettante sentenze di annullamento con rinvio, con una sequenza decisionale "interrotta" dall'ultima di quelle sentenze, la n. 29556 del 23 maggio 2023: con la quale, benché fosse stata impugnata dalla difesa l'ordinanza adottata in sede di rinvio dal Tribunale di Catanzaro il 9 dicembre 2022, il Supremo Collegio ha esaminato i motivi di doglianza rapportandoli al contenuto motivazionale della precedente ordinanza dello stesso Tribunale del riesame, quella del 31 marzo 2022, che era stata già in annullata.
L'effetto di tale "errore" è stato che l'annullamento derivante dalla decisione della Cassazione del 23 maggio 2023 non ha inciso sulla validità della ordinanza del 9 dicembre 2012, sicché legittimamente il Tribunale catanzarese, chiamato nuovamente ad esprimersi quale giudice di rinvio, ha fatto riferimento al contenuto di un provvedimento formalmente non invalidato.
4. Il secondo e il settimo del ricorso sono fondati.
4.1. Nella già richiamata sentenza n. 2632/22 del 14 dicembre 2021 questa Corte di cassazione aveva censurato la motivazione della ordinanza emessa dal giudice di rinvio, di "ripristino" della misura cautelare, rilevando come l'ipotesi accusatoria fosse fondata essenzialmente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Fr.Mi. - che aveva indicato il Ru.Ga. come "soggetto vicino alla famiglia An." e concorrente nella commissione di alcuni "reati scopo" -evidenziando come fosse mancato "un puntuale giudizio di attendibilità" di quel propalante che, avendo fornito quelle informazioni oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare, doveva essere sottoposto ad una verifica "particolarmente penetrante" della credibilità intrinseca e non solo estrinseca delle sue dichiarazioni, da estendere anche alle ragioni della "tardività" di deposizioni rese "dopo ben dodici anni dal momento in cui (egli aveva) iniziato la collaborazione".
Analoghi vizi erano stati rilevati dalla Cassazione nella successiva sentenza n. 43683 del 27 ottobre 2022, con la quale era stata stigmatizzata la motivazione della decisione del Tribunale del 31 marzo 2022, osservando come nella stessa fosse "carente il giudizio di attendibilità del dichiarante alla luce dell'omessa valutazione della credibilità intrinseca e della ricerca dei riscontri esterni (e) il giudizio di rilevanza ai fini del processo in corso di dichiarazioni concernenti fatti diversi avvenuti ben dodici anni prima dei fatti in contestazione".
Da ultimo, nella sentenza rescindente n. 29556 del 23 maggio 2023, la Cassazione è tornata a censurare la pronuncia del Tribunale di Catanzaro, rilevando come quel collegio non avesse "adempiuto al mandato conferito", che era quello "di motivare in ordine alle ragioni della tardività delle propalazioni del collaboratore e, inoltre, sulle fonti di conoscenza relative a fatti di molti anni successivi rispetto all'inizio della collaborazione ed al conseguente allontanamento dalle dinamiche associative"; aggiungendo che, in relazione ai riscontri estrinseci, il Tribunale aveva immotivatamente valorizzato alcuni fatti di reato commessi dal Ru.Ga. molti anni dopo l'inizio della condotta partecipativa all'associazione mafiosa, "apoditticamente assu(mendo) tali condotte come ascrivibili al Ru.Ga., giudicandole, inoltre, non soltanto penalmente rilevanti, ma anche riconducibili al contesto associativo": condotte, peraltro, che il Mi. aveva sostenuto riguardasse fatti da lui "direttamente vissuti" e che non era stato chiarito come potessero "risalire a data successiva all'inizio della sua collaborazione".
4.2. Alla luce di tali precise indicazioni, va detto che il Tribunale di Catanzaro ha omesso di spiegare perché le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mi. - che aveva indicato il Ru.Ga. come partecipe, "agli albori della sua carriera criminale", del clan 'ndranghetistico degli An. fin dal 2005-2006 -vanno giudicate intrinsecamente e soggettivamente attendibili, nonostante la loro tardività: tenuto conto che all'inizio della sua collaborazione nel 2006 il Mi. non aveva indicato il Ru.Ga. e non era affatto riuscito a chiarire perché ne avesse parlato solo dodici anni dopo.
Il Tribunale del riesame non ha neppure adempiuto al suo obbligo motivazionale nel momento in cui ha ritenuto che le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia, riferibili a fatti anteriori al 2006, potessero dirsi riscontrate dal coinvolgimento del Ru.Ga. nella commissione di episodi, di molto successivi, asseritamente di matrice estorsiva, di danneggiamento o di intimidazione. E ciò non solamente perché in sede di rinvio per l'ennesima volta si è apoditticamente sostenuto, senza alcuna esplicitazione dei relativi elementi di fatto e delle connesse qualificazioni giuridiche, che il "coinvolgimento" dello stesso Ru.Ga. in altri episodi delittuosi costituisse riscontro alla accusa di essersi associato al gruppo mafioso degli An.; ma anche perché si è omessa la necessaria valutazione di quegli episodi, allo scopo di cercare di individuare le asserite connessioni con la operatività di quel clan 'ndranghetistico, finendo per qualificare astrattamente quei fatti come "elementi inidonei ad attestare la partecipazione dell'imputato in attività illecite riconducibili a (quel) contesto associativo (...) al quale evidentemente era legato sin dalla sua gioventù".
4.3. Con riferimento all'imputazione del reato associativo del capo 1) l'ordinanza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio, in quanto il Tribunale di Catanzaro, benché più volte sollecitato, ha reiteratamente mancato di dare sostanza al quadro indiziario, tanto da rendere oggi palese, allo stato, lo svolgimento di un nuovo giudizio di rinvio.
4.4. Il discorso si pone in termini differenti in relazione al reato di tentata estorsione aggravata, contestato al capo 76), con riferimento al quale la valutazione della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'odierno ricorrente è assente, perché l'esame delle relative doglianze difensive era stato considerato assorbito nell'accoglimento del motivo di ricorso afferente al reato associativo. Per il capo d'imputazione 76) - in relazione al quale la misura cautelare prosegue ad avere efficacia - l'annullamento della ordinanza impugnata va, perciò disposto con rinvio al Tribunale di Catanzaro che, nel nuovo giudizio, porrà rimedio all'indicata lacuna della motivazione.
5. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 1) in relazione al quale dispone la cessazione degli effetti della misura cautelare e la formale rimessione in libertà di Ru.Ga..
Annulla la medesima ordinanza in relazione al reato di cui al capo 76) e rinvia per nuovo giudizio su tale capo al Tribunale competente ai sensi dell'art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Manda alla cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen. nonché per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, cod. proc. pen..
Così deciso il 18 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2024.