RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata ordinanza il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse del Ra. avverso il decreto di sequestro preventivo del Gip del locale Tribunale in data 19/7/2020 che, previa riqualificazione del delitto originariamente ascritto nella fattispecie ex art. 640 bis cod. pen., disponeva il sequestro del profitto del reato, consistente nella fraudolenta negoziazione del c.d. bonus cultura.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'indagato, Avv. Carlo De Stavola, il quale ha dedotto:
2.1 la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica della condotta. Il difensore sostiene che il Tribunale cautelare ha immotivatamente ritenuto integrata la fattispecie ex art. 640 bis cod. pen. in luogo del reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all'art. 316ter, comma 2, cod. pen. nonostante i fatti contestati risultino commessi in epoca antecedente l'anno 2020, allorché la normativa vigente in materia di bonus cultura non prevedeva alcuna verifica circa la corrispondenza tra il bene venduto e il contenuto della fattura elettronica emessa. Aggiunge che, alla luce dei DPCM 15/9/2016 n. 187 e 4/8/ 2017 n. 136, non esisteva alcun controllo preventivo rispetto alla liquidazione delle somme corrispondenti al buono speso, essendo a tal fine sufficiente la registrazione sull'apposita piattaforma del buono negoziato e l'emissione della relativa fattura elettronica, procedura innovata solo con il decreto 177 del dicembre 2019.
Le circostanze artificiose valorizzate dai giudici della cautela reale, secondo il ricorrente, sono estranee alla procedura di liquidazione e non potevano essere percepite dall'ente erogatore sicché le condotte dovevano essere inquadrate nella fattispecie di cui all'art. 316 ter, comma 2 cod. pen., priva di rilevanza penale;
2.2 la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione agli artt. 63, comma 2, e 64 cod. proc. pen., avendo il Tribunale ritenuto l'utilizzabilità dei questionari inviati ai fruitori del bonus cultura nonostante gli stessi fossero già indiziati di concorso nel delitto ex art. 640 bis cod. pen. per aver utilizzato i bonus per acquistare beni diversi da quelli consentiti presso l'esercizio del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento siccome infondato. In punto di qualificazione giuridica il collegio cautelare ha richiamato la giurisprudenza di legittimità sul tema (Cass. 2, n. 29563/23 del 8/6/23,P.M. c/Sannino; n. 30627/23, P.m. c/De Luca; n.38717/23; n. 40394/23, tutte n. m.) facendo corretta applicazione dei principi richiamati in ordine alla diagnosi differenziale tra la fattispecie del tutto residuale ex art. 316 ter cod. pen. e quella di cui all'art. 640 bis cod. pen. Con detti argomenti reiettivi il difensore non si rapporta in termini puntuali omettendo di considerare che le pronunzie di legittimità relative al bonus cultura hanno già evidenziato che il decreto P.C.M. 15/9/2016 all'art. 8 prevede che Consap "mediante acquisizione dei dati dall'apposita area disponibile sulla piattaforma informatica dedicata, nonché dalla piattaforma di fatturazione elettronica della pubblica amministrazione, provvede al riscontro delle fatture e alla liquidazione delle stesse", codificando una verifica, che precede la liquidazione richiesta dal soggetto accreditato, circa la corrispondenza tra gli importi fatturati e appostati sulla piattaforma dedicata e i dati relativi alla spendita dei singoli buoni, anch'essi telematicamente ostesi, attività che si inserisce in uno snodo cruciale della procedura amministrativa e che si presta a costituire un concreto indice dell'attitudine fraudolenta della documentazione prodotta e dell'idoneità all'induzione in errore. Non è ultroneo aggiungere che è al complesso dell'attività decettiva che deve aversi riguardo al fine della corretta delimitazione degli ambiti d'operatività delle fattispecie in esame, come già evidenziato in relazione ai bonus introdotti dalla legislazione emergenziale pandemica (Sez. 2, n. 19841 del 12/01/2023, Rv. 285397 - 01).
1.1 La Corte Costituzionale con l'ordinanza n.95/2004, nel dichiarare manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata in relazione all'art. 316 ter cod.pen., ha sottolineato che "appare ....evidente - alla luce tanto del dato normativo, quanto della ratio legis - come l'art. 316-ter cod. pen. sia volto ad assicurare agli interessi da esso considerati una tutela aggiuntiva e complementare rispetto a quella già offerta dall'art. 640-bis cod. pen., coprendo, in specie, gli eventuali margini di scostamento - per difetto - del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode..........margini la cui concreta entità – correlata alle più o meno ampie capacità di presa che si riconoscano al delitto di truffa, avuto riguardo sia all'elemento degli artifizi o raggiri, in qualunque forma realizzati, sia al requisito dell'induzione in errore - spetta all'interprete identificare, ma sempre nel rispetto della inequivoca vocazione sussidiaria della norma oggi sottoposta a scrutinio; che, in altre parole, rientra nell'ordinario compito interpretativo del giudice accertare, in concreto, se una determinata condotta formalmente rispondente alla fattispecie delineata dall'art. 316-ter cod. pen. integri anche la figura descritta dall'art. 640-bis cod. pen., facendo applicazione, in tal caso, solo di quest'ultima previsione punitiva...".
1.2 La giurisprudenza di legittimità ha integralmente recepito le indicazioni del giudice delle leggi. In particolare Sez. U, n. 16568/2007, Carchivi, Rv. 235962, nel dirimere il contrasto interpretativo insorto in ordine all'esatta perimetrazione delle contigue fattispecie, ha rimarcato che l'interprete deve muovere dalla consapevolezza che, in conformità ai dichiarati intenti del legislatore, l'ambito di applicabilità dell'art. 316 ter c.p. è confinato a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l'autore della disposizione patrimoniale. Ha chiarito, inoltre, che poiché in molti casi il procedimento di erogazione delle pubbliche sovvenzioni non presuppone l'effettivo accertamento da parte dell'erogatore dei presupposti del singolo contributo ma ammette che il riconoscimento e la stessa determinazione del contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le opportune verifiche, in tali casi l'erogazione può non dipendere da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell'erogatore, che in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale dichiarazione del richiedente. D'altro canto, l'effettivo realizzarsi di una falsa rappresentazione della realtà da parte dell'erogatore, con la conseguente integrazione degli estremi della truffa, può dipendere, oltre che dalla disciplina normativa del procedimento, anche dalle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto. E quindi l'accertamento dell'esistenza di un'induzione in errore, quale elemento costitutivo del delitto di truffa, ovvero la sua mancanza, con la conseguente configurazione del delitto previsto dall'art. 316 ter c.p., è questione di fatto, che risulta riservata al giudice del merito.
1.3 Siffatti principi sono stati nella sostanza ribaditi da Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010, dep. 2011, Pizzuto, Rv. 249105, e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte la cui rassegna evidenzia che, in aderenza alle linee ermeneutiche richiamate, i casi di indebita percezione di erogazioni pubbliche sono costituiti da fattispecie connotate da una mera attività di autocertificazione dell'agente o dall'omessa comunicazione di informazioni doverose. Così si è ravvisato il reato ex 316 ter cod. pen. nell'ipotesi di conseguimento di contributi sui fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari regionali, mediante la presentazione di una istanza, corredata da documentazione giustificativa, di rimborso delle spese sostenute per attività comunicative e di formazione non spettanti, senza induzione in errore della struttura amministrativa preposta alla liquidazione (Sez. 6, n. 11341 del 17/11/2022, dep. 2023, Rv. 284577 - 10), ovvero nel caso del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità per malattia, ottenga dall'I.N.P.S. il conguaglio di tali somme (Sez. 6, n. 29674 del 21/06/2022, Rv. 283612 - 01) o, ancora, in caso di conseguimento di un prestito bancario assistito dalla garanzia del Fondo per le PMI, ai sensi dell'art. 13, lett. m), d.l. 23/2020, (c.d. decreto liquidità ), convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, sulla base di una dichiarazione mendace relativa ai ricavi degli anni precedenti e al danno arrecato all'attività di impresa dall'emergenza da Covid-19, atteso che il finanziamento viene erogato sulla base della sola autocertificazione dell'imprenditore senza alcun controllo della sua veridicità da parte dell'Istituto erogatore (Sez. 6, n. 2125 del 24/11/2021, dep. 2022 Rv. 282675 - 01); nell'ipotesi di percezione, da parte di cittadino stabilmente residente all' estero, dell'assegno sociale, la cui erogazione presuppone l'attualità della residenza in Italia (Sez. 6, n. 43554 del 30/06/2021, Rv. 282264 - 01) o di riscossione dei ratei pensionistici di un genitore defunto, in seguito al mancato assolvimento dell'obbligo di comunicare all'Ente previdenziale l'avvenuto decesso (Sez. 6, n. 10790 del 08/01/2021, Rv. 281084-01). Si tratta di condotte in cui la lesione degli interessi della pubblica amministrazione si ricollega, in violazione dei doveri di lealtà e solidarietà sociale, alla mera rappresentazione della sussistenza delle condizioni richieste per l'accesso ad una prestazione pubblicistica di favore ovvero nell'assicurarsene il già conseguito godimento tacendo l'intervenuta modifica delle proprie condizioni soggettive.
2. Nella specie il provvedimento impugnato ha evidenziato (pag. 4 e segg.) che l'indagato attraverso una serie di società e ditte a lui riconducibili aveva simulato la vendita di e.book ai beneficiari del bonus cultura, ai quali invece, previa decurtazione di una percentuale dell'importo pari al 15%, venivano consegnati buoni spesa per l'acquisto di prodotti informatici presso esercizi del ricorrente mentre sull'apposita piattaforma veniva documentata, attraverso false fatture, la cessione di libri in formato digitale. L'architettura della frode, che ha portato al conseguimento di indebiti rimborsi pari a 2.248.014,44 nell'arco temporale compreso tra il dicembre 2017 e l'ottobre 2020, attesta un'accurata preordinazione attraverso il coinvolgimento dì più società (Omega Srl, Teknotrend Srl, Shop 2 Srl), con brevissima operatività o sconosciute al fisco, intestate a prestanomi dopo il drenaggio delle risorse incamerate, come avvenuto per la Omega, ed utilizzate esclusivamente per il rastrellamento dei bonus, le illecite conversioni e la predisposizione della documentazione falsa a supporto delle richieste di liquidazione indirizzate alla CONSAP, elementi tutti dotati di spiccata attitudine decettiva e finalizzati ad eludere i controlli preventivi dell'Ente erogatore.
La riconduzione invocata dalla difesa di siffatto collaudato e protratto sistema illecito alla residuale fattispecie ex art. 316 ter cod. pen. contraddice la "vocazione sussidiaria" della stessa facendo leva su un dato di discrimine, ovvero il controllo preventivo della P.A., che si assume erroneamente inesistente, non potendo, peraltro, confondersi la previsione di meccanismi di verifica cartolare dei dati prodotti con l'intensità e penetrazione dei controlli da parte dell'ente erogatore, non decisivi ai fini della qualificazione del fatto ex art. 640 bis cod. pen. in quanto l'idoneità all'induzione in errore va ravvisata in qualsiasi immutazione del fatto idonea al conseguimento del profitto ingiusto laddove connotata dalla strumentalità efficiente rispetto al risultato perseguito.
3.Il secondo motivo è privo di specificità censoria giacché il ricorrente non si rapporta criticamente alla motivazione rassegnata dai giudici cautelari a pag. 8 nella quale si dà conto delle circostanze di fatto che sostengono la ritenuta utilizzabilità dei questionari controversi indirizzati ai fruitori del bonus, solo assertivamente contestate. Il Collegio cautelare, inoltre, ha opportunamente rammentato che le dichiarazioni in questione, equiparabili a quelle rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ove di carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, posto che la garanzia di cui all'art. 63, comma 1, cod. proc. pen. è posta a tutela del solo dichiarante (Sez. 2, n. 28583 del 18/06/2021, Rv. 281807-01; n. 5823 del 26/11/2020, dep. 2021, Rv. 280640-01; Sez. 2, Ord. n. 30965 del 14/7/2016, Rv. 267571 - 01).
4. Alla luce della complessiva infondatezza dei motivi, il ricorso deve essere rigettato con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 2 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 aprile 2024.