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Abbandono di minori: responsabilità dei garanti per esposizione a pericolo dei figli minori (Giudice Alessandra Zingales)

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Tribunale Nola, 20/05/2024, n.1112

Il delitto di abbandono di minori o incapaci (art. 591 c.p.) si configura quando il soggetto attivo, titolare di una posizione di garanzia nei confronti della persona offesa, volontariamente si sottrae agli obblighi di cura o custodia, anche solo temporaneamente, esponendo il minore a un rischio per la vita o l'incolumità. Il reato è integrato anche in assenza di un effettivo danno, poiché è sufficiente la possibilità concreta di pericolo. La responsabilità non è esclusa dal breve lasso di tempo dell'allontanamento, qualora ciò abbia determinato il presupposto di esposizione al pericolo.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio, il G.U.P. preso il Tribunale di Nola ha disposto il rinvio a giudizio di DE.SE. e FR.Gi. per il reato riportato nella contestazione che precede, disponendone la comparizione innanzi alla scrivente per l'udienza del 26.06.2023.

All'udienza anzidetta, la scrivente, in assenza di questioni preliminari, dichiarava l'apertura del dibattimento e le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie, ammesse con ordinanza; venivano escussi i testi di lista del P.M., Fu.Mi. e Fr.Lu., al cui esito il processo veniva rinviato al 6.5.2024 per il proseguo dell'istruttoria.

In quella data, veniva escusso ai sensi dell'art. 507 c.p. Ma.Ni. e il processo veniva rinviato al 20.5.2024 per la sola discussione.

All'udienza odierna, veniva dichiarata la chiusura del dibattimento e l'utilizzabilità degli atti legittimamente acquisiti, le parti formulavano le rispettive conclusioni, sopra sintetizzate, e la scrivente si ritirava in camera di consiglio per la decisione, al cui esito ha pronunciato la presente sentenza, resa pubblica mediante lettura alle parti presenti, per le motivazioni che seguono.

Motivi della decisione
Ritiene quest'organo giudicante che gli esiti della breve ma completa istruttoria dibattimentale espletata consentano di pervenire con certezza all'affermazione della penale responsabilità degli imputati per il reato a loro ascritto.

Nel merito, occorre evidenziare che il compendio probatorio su cui si fonda la presente decisione è costituito esclusivamente dal narrato dichiarativo reso dai testi escussi, non essendovi stata alcuna produzione documentale, per cui si procederà a ricostruire i fatti per cui è processo alla luce delle deposizioni assunte in dibattimento. Sulla scorta di questo materiale probatorio la vicenda può essere ricostruita nei termini che seguono.

Il primo teste escusso, il Mar. Mi.Fu., all'epoca dei fatti Comandante della Stazione CC di Saviano, riferiva che il giorno 3 settembre 2020, verso le ore 9:00 del mattino, Fr.Lu., sorella dell'odierno imputato, si recava in caserma chiedendo il loro intervento, rappresentando che mentre si recava a casa del padre, situata nel medesimo stabile di quella dei due imputati, e più in particolare sullo stesso pianerottolo, sentiva il figlio della compagna del fratello, De.SE., chiederle aiuto, dicendo che era stato chiuso all'interno della sua cameretta insieme alla sorellina più grande. Subito dopo i militari si recavano presso lo stabile, distante dalla caserma solo pochi metri, per appurare quanto stesse accadendo e nel contempo notava sopraggiungere i due imputati in auto. A quel punto chiedeva loro di entrare per controllare dove fossero i bambini e riscontrava che sia la porta esterna dell'abitazione, che la porta della cameretta ove si trovavano i bambini, erano chiuse a chiave, specificando che la chiave della cameretta era inserita nella toppa dal lato esterno. Il teste, su domanda della scrivente, precisava che all'epoca dei fatti i bambini avevano, rispettivamente 6 e 8 anni e, all'apertura della porta della cameretta, il maschietto era stato trovato solo con le mutandine addosso, i letti erano disfatti ed inoltre si avvertiva un cattivo odore. Aggiungeva che la bambina soffriva di epilessia, tale per cui doveva assumere degli specifici farmaci (come da certificato prodotto in atti). A quel punto tornava in caserma con DE.SE. e la figlia Gi.Er., dava immediatamente notizia al P.M. di turno presso la Procura di Nola nonché al P.M. presso il Tribunale per i Minorenni dell'accaduto, dai quali venivano delegati ad effettuare una perquisizione domiciliare insieme agli assistenti sociali, che effettuavano la mattina stessa, intorno alle ore 11:00. Al sopraggiungere degli odierni imputati riferivano al teste di essersi allontanati per una sola oretta, circa, e di essersi recati al bar a fare colazione, circostanza poi confermatagli dal titolare del bar sentito dai militari.

Successivamente veniva sentito anche il Gi., papà dei due minori, dal quale apprendevano che lui stesso aveva sporto varie denunce nei confronti della DE.SE. per maltrattamenti (che i militari reperivano ed allegavano all'informativa), specificando però di non aver avuto modo di verificare l'esito di tali procedimenti.

Su domande delle parti il teste concludeva dicendo che il padre del FR. abita sullo stesso pianerottolo del figlio, ma in un appartamento distinto e separato. La teste Fr.Lu., sorella dell'odierno imputato, riferiva che quel giorno si trovava nell'abitazione del padre, situata sul medesimo pianerottolo dell'abitazione del fratello, e scesa per prendere la posta, chiamava i due bimbi, figli di DE.SE., compagna e convivente del FR. (cui lei di solito portava dolci e giocattoli), per farli giocare, ma i due bambini le riferivano di esser stati chiusi dentro la loro cameretta e che la madre era scesa in garage, dove lei non si era recata per controllare, andando subito dai carabinieri. Su specifica domanda del P.M., la teste riferiva che era stata la prima volta a trovare i barn bini chiusi dentro e di essersi recata immediatamente dai Carabinieri della Stazione di Saviano per chiedere un loro intervento.

Non appena rientravano presso l'abitazione, sopraggiungeva la DE.SE. che riferiva di essersi allontanata dall'abitazione per andare in garage, ma vedeva che la porta d'ingresso dell'abitazione era chiusa a chiave. Inoltre, riferiva che a seguito della vicenda i bambini erano stati prelevati e portati presso una casa-famiglia di Ci.

Su domanda del P.M., la teste riferiva che era la prima volta che accadeva un fatto del genere e di essere stata infastidita dal fatto che i bambini erano stati lasciati da soli; precisava che quando era giunta presso l'abitazione del padre, una mezz'oretta prima di andare dai Carabinieri, aveva notato i due imputati in giardino, ma di non essersi avvicinata loro perché non ha un buon rapporto con il fratello.

Il teste Ma.Ni., escusso ai sensi dell'art. 507 c.p.p., riferiva di essere il titolare di un bar-tabacchi di Saviano, dove il FR. si recava spesso la mattina a prendere il caffè e le sigarette; dichiarava di no ricordare con esattezza se il giorno 3 settembre 2020 vi si era recato, poiché era passato molto tempo, ma rammentava che il Comandante Fu. dei (…) quello steso giorno gli aveva posto la stessa domanda, dicendogli che in quel periodo il FR. frequentava il suo esercizio.

Il teste M.llo Fu., che nel corso della propria escussione aveva dichiarato di non ricordare se fossero state assunte le immagini dei sistemi di videosorveglianza del bar, per verificare se i due conviventi quel giorno vi si fossero recati nell'orario indicato, faceva pervenire una nota nella quale dichiarava che non vi erano state acquisizioni.

Tali essendo gli esiti dell'istruttoria dibattimentale, deve concludersi per la penale responsabilità dei due imputati per il reato loro contestato.

In punto di diritto, integra la condotta del reato di abbandono di minori qualunque comportamento che contrasti con il dovere giuridico di cura o di custodia gravante su di un determinato soggetto. Può consistere non solo in un'azione o una omissione ma anche nella interruzione o inadeguatezza dell'assistenza prestata. L'abbandono di minore o incapace è un reato c.d. "di pericolo" in quanto la legge sanziona non l'effettivo danno causato al minore, ma la semplice possibilità che questo danno possa realizzarsi e, dunque, viene punita la semplice condotta che metta a repentaglio la vita o l'incolumità del soggetto debole, a prescindere dal fatto che il minore o l'incapace abbiano effettivamente riportato una lesione. Conseguentemente, la giurisprudenza costante esclude che possa configurarsi il reato in oggetto quando tale pericolo può essere escluso.

Quanto al soggetto attivo, si tratta di un reato proprio; infatti, sebbene l'art. 591 c.p. faccia riferimento genericamente a "chiunque", occorre precisare che il soggetto attivo dell'illecito penale deve trovarsi in una particolare relazione con la parte lesa, in termini di dovere di cura e custodia. Il legislatore ha inteso infatti circoscrivere l'ambito di applicazione della disposizione ai casi nei quali sia individuabile un soggetto titolare di una specifica posizione di garanzia.

"Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci, previsto dall'articolo 591 cod. pen., è un reato propri che può essere commesso solamente da parte di un soggetto che riveste una posizione di garanzia nei confronti del soggetto passivo, sia esso un minore o un incapace; e la condotta incriminata consiste nell'abbandono della vittima, cioè nella volontaria sottrazione anche solo parziale o temporanea ai propri obblighi di custodia o di cura, nella consapevolezza della esposizione a pericolo della vita o dell'incolumità individuale del soggetto incapace di attendervi da solo (Sez. 5, n. 7974 del 19/10/2015); tale condotta è intesala da qualunque anione od omissione, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o per l'incolumità del soggetto passivo (Sez. 1, n. 5945 del 15/01/2009, Sez. 5, n. 15245 del 23/02/2005; Sez. 5, n. 10126 del 21/09/1995); tanto che risponde del delitto anche colui che, pur non allontanandosi dal soggetto passivo, ometta dì far intervenire persone idonee ad evitare il pericolo stesso (Sez. 5, n. 7974/2015; Sez. 2, n. 10994 del 06/12/2012). Inoltre, in tema di abbandono di persone minori o incapaci, il dovere di custodia implica una relazione tra l'agente e la persona offesa che può sorgere non solo da obblighi giuridici formali, ma anche da una sua spontanea assuntone da parte del soggetto attivo nonché dall'esistenza di una mera situatone di fatto, tale per cui il soggetto passivo sia entrato nella sfera dì disponibilità e di controllo dell'agente, in ciò differenziandosi dal dovere di cura, che ha invece unicamente ad oggetto relazioni scaturenti da valide fonti giuridiche formali (Sez. 5, n. 18665 del 03/02/2021)", (Cfr., Cassazione sent. n. 22588/2022).

Per quanto attiene all'elemento soggettivo del delitto in oggetto, questo è costituito dal dolo generico, ovvero dalla coscienza e volontà di provvedere all'abbandono del soggetto incapace, accompagnato dalla consapevolezza di esporre a pericolo il medesimo a causa della situazione di abbandono.

Ebbene, calando questi principi al caso di specie, deve concludersi che il reato risulta integrato da in tutti i suoi elementi costitutivi.

Sussiste, innanzitutto il presupposto della condotta, l'obbligo di garanzia gravante sulla madre e sul compagno, convivente, di lei; sussiste la condotta, non potendosi dubitare che lasciare due bambini chiusi a chiava in una stanza all'interno di un'abitazione del pari chiusa a chiave, espone 1 minori - nella fattispecie di 6 e 8 anni e la bambina anche affetta da una malattia che avrebbe potuto manifestarsi in qualsiasi momento, trattandosi di epilessia - ad un serio pericolo per la loro incolumità. La circostanza, più volte affermata nel corso del dibattimento che la DE.SE. fosse nel garage non è stata in alcun modo riscontrata dagli esiti dibattimentali; infatti sono stati i bambini a dire alla Fr. che la mamma fosse in garage ma appare evidente che, essendo chiusi a chiave nella stanzetta, non avevano avuto modo di accertarsene e, verosimilmente, era stata la madre che, allontanandosi, aveva detto loro che si trovava in garage. Al contrario, il Mar. Fu. riferiva che i due imputati sopraggiungevano presso l'abitazione subito dopo di loro in auto, risultando pertanto evidente che il loro allontanamento ha determinato quell'esposizione a pericolo per i bambini, presupposto della norma, in quanto non avrebbero mai potuto intervenire tempestivamente se fosse stato necessario.

Che, infine, la condotta sia stata volontaria è stato riscontrato dalle dichiarazioni dei testi escussi, i quali hanno visto rientrare i due imputati a casa dopo essersi, molto verosimilmente, recati al bar, come facevano ogni mattina.

Ritenuta, pertanto, la penale responsabilità di entrambi, esclusa la possibilità di un'assoluzione ai sensi dell'art. 131 bis c.p. in considerazione della particolare rilevanza della condotta, non potendosi in alcun modo valutare la lieve entità atteso il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice e venendo al trattamento sanzionatorio, non emergono elementi cui ancorare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Si stima equa, pertanto, la pena di mesi 9 di reclusione, di poco superiore al minimo edittale, in considerazione della brevità del lasso di tempo in cui i due imputati si sono allontanati dall'abitazione, desumibile dalle dichiarazioni dei testi, pena che, essendo i due imputati incensurati, può essere sospesa.

Alla condanna segue per legge quella al pagamento delle spese del processo. Le motivazioni sono contestuali.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara FR.Gi. e DE.SE. colpevoli del reato loro ascritto e, per l'effetto, li condanna alla pena di mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese del processo.

Pena sospesa. Motivazioni contestuali.

Così deciso in Nola il 20 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2024.

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