Tribunale Napoli sez. III, 28/04/2021, (ud. 28/04/2021, dep. 28/04/2021), n.4043
L'esecuzione di opere edilizie in assenza di titolo abilitativo, nonché in violazione dei sigilli, integra rispettivamente i reati di cui all'art. 44 lett. b) DPR 380/01 e all'art. 349 c.p. Le opere edilizie realizzate in zona sismica senza deposito del progetto presso gli uffici competenti configurano, altresì, l'ulteriore reato previsto dagli artt. 64-71 DPR 380/01. Tali violazioni, se connesse da un unico disegno criminoso, sono avvinte dalla continuazione. La demolizione dell’opera abusiva costituisce misura obbligatoria ai sensi dell’art. 31 del DPR 380/01, e la violazione dei sigilli comporta l’interdizione dai pubblici uffici per un anno in caso di condanna.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli in data 31.12.2019, veniva tratto a giudizio innanzi a questo giudice (...) per rispondere dei reati di cui in epigrafe.
All'udienza del 07.07.2020, si dichiarava procedersi in assenza dell'imputato ex art 420 bis cpp stante la regolarità della notifica del de. All'udienza del 14.04.2021, si procedeva all'apertura del dibattimento con ammissione dei mezzi di prova. Letto il capo d'imputazione, il P.M. chiedeva, quali mezzi di prova, l'escussione dei testi di lista ritualmente depositata, verbali di sequestro del 05.10.2029, e del 31.10.2019, rilievi fotografici ed ulteriore documentazione meglio indicata in atti. La difesa si riservavano il controesame dei testi del P. M. ed esame imputato .
Il giudice, ritenuta la rilevanza e la pertinenza, ammetteva le prove orali e documentali richieste.
Escusso il verbalizzante (...), in servizio presso il Comando VVUU di Napoli, all'esito il PM rinunciava ai testi residuali. Nulla osservando la difesa, il giudice revocava la relativa ordinanza di ammissione i.
All'odierna udienza, ritenuta quindi la causa sufficientemente istruita e matura per la decisione, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili ai fini della decisione tutti gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento, invitate, infine, le parti a concludere, questo giudice dava lettura del dispositivo della presente sentenza con contestuale motivazione.
Motivi della decisione
Alla luce delle acquisite risultanze processuali va affermata la penale responsabilità dell'odierna imputata, (...), in relazione ai reati a lei ascritti in rubrica.
Dalla espletata istruttoria è chiaramente emerso che le opere abusive erano state effettuate dall'odierna imputata nella qualità di committente dei lavori; per cui, tenuto conto dell'effettiva disponibilità del bene, per cui si procede, si può tranquillamente ritenere che la stessa fosse ben consapevole di realizzare opere edilizie abusive e, dunque, penalmente responsabile quale committente dei lavori.
Ed invero, dalla deposizione del teste di accusa, (...), in servizio presso il Comando VVUU di Napoli, è emerso quanto segue; durante dei controlli antiabusivismo, espletati a seguito di specifica segnalazione di lavori in corso, in data 05.10.2019, presso l'abitazione dell'odierna imputata, (...), situata in Napoli alla (...), gli agenti del Comando VVUU di Napoli accertavano l'esecuzione di interventi edili consistiti nella creazione ex novo di uno sporto balcone, delle dimensioni di 3,40 di lunghezza e mt 1,00 di larghezza, realizzato mediante "l'utilizzo di putrelle orizzontali e tavelloni". Il manufatto era sorretto da due putrelle sottostanti l'opera ed ancorate alla parete dell'edificio. Lo sporto risultava munito di ringhiera parapetto in tutte e tre i lati ( cfr verbale di sequestro del 05.10.2019 , doc in atti);
L'opera tutta realizzata in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo ed autorizzazioni previste per le zone soggette a vincolo sismico veniva sottoposta in sequestro; tuttavia, non era possibile affidarla in custodia giudiziaria all'odierna imputata, in quanto, non rinvenuta sui luoghi all'atto dell'accesso.
Da successivo sopralluogo effettuato il 31.03.2019, il verbalizzante del VVUU di Pozzuoli, (...), accertava la prosecuzione dell'attività edile con ultimazione dei lavori consistita nella pavimentazione dello sporto balcone "inoltre la finestra al cui servizio era stata realizzato lo sporto era stata trasformata in vano finestra con posa in opera del relativo infisso a doppia anta ( cfr verbale di sequestro del 31.10.2019).
In tale sopralluogo, gli agenti del Comando VVUU di Napoli riapponevano nuovamente i sigilli affidando la custodia giudiziaria all'odierna imputata, (...), presente in loco.
La testimonianza del verbalizzante, precisa e dettagliata, deve ritenersi attendibile sia perché proveniente da Pubblico Ufficiale che ha deposto su atti del proprio ufficio, sia perché confermate dal contenuto dei verbali di sequestro in atti e non contrastata da elementi probatori di segno contrario.
In punto di diritto i fatti accertati integrano compiutamente gli estremi dei reati contestati.
Le opere realizzate hanno infatti modificato lo stato dei luoghi in quanto si sono concretizzate in interventi edili finalizzati alla modifica del prospetto di un immobile adibito ad uso abitativo da parte della prevenuta.
Pertanto, detti interventi edili necessitavano di permesso di costruire ai sensi dell'art. 10 del T.U n. 380/2001.
L'aver realizzato detta opera in assenza del prescritto titolo abilitante integra il reato ex art. 44 lett. b del DPR 380/01. Va precisato che il reato di costruzione abusiva ha natura di reato formale e di pericolo presunto, connesso con il suo inserimento in un sistema di tutela basato sulla pianificazione amministrativa dell'attività urbanistica del territorio, rispetto al quale ogni abuso edilizio costituisce, comunque ed obiettivamente, una lesione, con conseguente sottrazione al giudice di un qualsiasi sindacato in ordine alla concreta pericolosità della condotta (cfr. Cass. pen., Sez. III, 18/05/2001, n.33886, (...)).
Tanto integra il reato di cui al capo a).
Inoltre, non vi era un progetto redatto da tecnico abilitato sebbene l'opera fosse stata realizzata con l'utilizzo di putrelle in ferro e cemento armato sorretto, dal basso, da due putrelle in ferro poste ai lati del rettangolo ed ancorate alla parete esterna dell'edificio.
Sul punto, va rilevato - come chiarito anche di recente dalla Suprema Corte - che la sfera di applicabilità della normativa di cui agli artt. 64-71, e 65-72 del DPR n. 380/01 è definita da tutte le strutture in conglomerato cementizio (normale o precompresso) e in metallo che assolvono ad una funzione statica del manufatto, senza che assuma rilievo l'entità dell'elemento materiale, atteso che non è necessario che questo sia costituito da un complesso di strutture, poiché dal complesso delle norme si evince che l'elemento rilevante per il legislatore è quello funzionale: diversamente si confliggerebbe con la "ratio legis", che è quella di assicurare la stabilità del fabbricato in tutti i casi nei quali siano comunque adoperate strutture in cemento armato o in metallo in funzione statica (cfr. Cass. pen., Sez. III, 22/11/2002, n.2101. (...)).
Ogni qual volta si costruiscono o si montano strutture di tal genere, siano esse semplici o complesse, singole o plurali, purché assolvano ad una funzione statica del manufatto, deve essere rispettata la disciplina stabilita dalla prefata legge (cfr. Cass. pen., Sez. III, 29/11/2000, n.5220. (...)). Nel caso in esame, appare evidente che lo sporto di balcone con Sussiste pertanto il reato sub c).
Detta opera, tra l'altro, veniva realizzata in zona dichiarata normativamente sismica e, per la condotta tenuta dal reo, si può ragionevolmente ritenere che non venivano depositati, prima dell'inizio dei lavori, gli atti progettuali presso il competente ufficio del genio civile, può dirsi dunque integrato il reato sub B).
Di tali reati deve ritenersi responsabile l'odierna imputata, risultata essere colui che deteneva di fatto l'immobile su cui insistevano le opere de quibus.
La stessa era, pertanto, soggetto interessato alla relativa realizzazione ed ultimazione stante la palese destinazione a civile abitazione, come emerge dall'aver rinvenuto ella stesso che abitava con il proprio nucleo familiare l'immobile in esame all'atto del secondo accesso in cui gli agenti di PG riscontravano la violazione di sigilli.
L'accertata prosecuzione dei lavori (cfr. dichiarazioni del teste e verbale di sequestro) integra poi gli estremi del reato di violazione di sigilli.
Quanto a quest'ultimo reato, si osserva che per giurisprudenza costante, il divieto di cui all'art.349 c.p. (violazione di sigilli) mira non soltanto ad assicurare l'identità della cosa, ma anche ad assicurarne la conservazione; in assenza di una specifica definizione legislativa, il sigillo può essere costituito da qualsiasi segno esteriore e percettibile (bollo, timbro in ceralacca, strisce di carta, cartelli, fili di ferro) che in modo anche simbolico, e quindi senza necessità di rendere inaccessibile o di racchiudere in congegni materiali la "res serbanda", valga a manifestare la volontà pubblica di intangibilità di una determinata cosa mobile o immobile al fine di assicurarne la conservazione, l'identità e la consistenza oggettiva. Pertanto, il reato si perfeziona non solo nel caso di rottura o di rimozione dei sigilli propriamente detti, ma anche quando si infrange il divieto che i sigilli simboleggiano e, cioè, con qualsiasi condotta che sia idonea a rendere frustranea l'assicurazione della cosa e ad escludere il vincolo di immodificabilità che su di essa è imposto. Ne consegue che risponde del reato ex art. 349 c.p. l'autore di una costruzione abusiva che, nonostante il sequestro disposto dall'autorità, prosegua indebitamente i lavori, in quanto questi mutano l'identità del manufatto e ne alterano la stessa conservazione. (Cass. Pen., sez. Ili n.3325 del 26.3.91; Cass. pen., Sez. VI n.3009 del 8.3.91).
Nel caso in esame, è emerso che realizzando ulteriori opere edilizie erano stati violati i sigilli apposti dall'autorità giudiziaria, in data 05.10.2019, al fine proprio di conservare l'identità delle opere: nessun dubbio che detto reato debba essere additato all'odierna imputata la quale, in qualità di responsabile dei lavori, tra l'altro, domiciliata nell'immobile oggetto di attività edile abusiva e dalla stessa abitato, si presenta come soggetto avente un diretto interesse all'ultimazione dei lavori.
Quanto all'elemento soggettivo del reato, la sua sussistenza emerge dalla stessa condotta tenuta dall'imputata ( la quale volontariamente proseguiva i lavori violando i sigilli apposti nel primo sequestro ).
Del resto, l'imputata non ha in alcun modo provato di non essere stata in grado di avere conoscenza del fatto della esistenza dei sigilli per caso fortuito o forza maggiore.
Nulla la difesa ha provato in tal senso né ha addotto fatti e circostanze diverse.
Tanto premesso, tutti i reati sopra individuati, stante l'intima connessione esistente, evidente manifestazione di un medesimo disegno criminoso, vanno comunque avvinti dal nesso della continuazione, sotto il più grave reato di cui all'art 349 I cp.
In tema di continuazione nel reato, l'identità del disegno criminoso non consiste, infatti, in una unità dell'elemento volitivo, ma in una unità di ordine intellettivo, per effetto del quale più reati sono riconducibili ad un programma unico, rivolto al raggiungimento di un determinato fine. Pertanto è sufficiente che i singoli reati siano individuati nelle loro linee essenziali e concepiti anche in termini di eventualità, giacché il momento volitivo si pone, di volta in volta, nella concreta realizzazione di ciascuno di essi (Cass. pen., Sez. VI, 02/12/1993, (...)) e, alla luce dei dati di comune esperienza, chi ha deciso di realizzare una costruzione abusiva si prefigge, sin dall'inizio, di portarla a termine, travolgendo qualunque ostacolo di carattere giuridico e, quindi, anche la apposizione di sigilli. Ciò perché il sequestro del manufatto in costruzione costituisce un evento tutt'altro che occasionale e, pertanto, rientra nella preventiva rappresentazione del programma criminoso in termine di alta probabilità.
E', dunque, conforme alla logica ritenere che colui il quale si determina a realizzare una costruzione edilizia in violazione delle disposizioni vigenti in merito, ben può preventivamente proporsi di aggiungere, alle violazioni necessarie per pervenire allo scopo finale, anche quella di non tener conto di eventuali sequestri del manufatto e relative apposizioni di sigilli pur di proseguire e completare la costruzione" (Cass. Sez. 6 n.2996 del 26.3.93).
In ordine al giudizio di colpevolezza, avuto riguardo alla gravità dei fatti, all'intensità del dolo ed alla personalità dell'odierna imputata possono alla stessa essere concesse le circostanze attenuanti generiche valutate, nel giudizio di comparazione ex art. 69 c. p., prevalenti alla contestata aggravante, al fine di meglio adeguare la pena all'effettivo disvalore del fatto-reato.
Quanto alla pena, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 c. p., e tenuto conto in particolare delle dimensioni delle opere abusivamente realizzate, stimasi equo applicare all'odierna imputata, (...), la pena di mesi cinque di reclusione ed euro duecentocinquanta,00 di multa.
A tale determinazione di pena si è così pervenuti; pena base per il più grave reato ex art. 349 c.p., punito con pena edittale più severa, mesi sei reclusione ed euro 250,00 di multa; ridotta per la concessione delle attenuanti generiche ex art 62 bis cp alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa; aumentata per la continuazione ex art. 81 cp alla pena in concreto irrogata.
Alla condanna consegue per legge a carico dell'odierna imputata il pagamento delle spese processuali.
Come conseguenza della condanna per il delitto di cui all'art. 349 cp l'imputata va poi dichiarata interdetta dai pubblici uffici per la durata di anni uno: detta pena accessoria dell'interdizione consegue ad ogni condanna per il delitto di violazione dei sigilli commesso dal custode, rientrando questo tra i delitti commessi con l'abuso dei poteri o con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio per i quali l'art. 31 c.p. prevede la detta interdizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 4 dicembre 1997, n. 1508).
Va disposto, comunque, il dissequestro delle opere e la restituzione delle stesse all'avente diritto da individuarsi sulla base degli atti amministrativi emessi dal Comune di Pozzuoli.
A norma di legge (art. 31, comma 9, del Dpr 6.6.2001 n. 380), va ordinata la demolizione delle opere in sequestro per cui è intervenuta condanna, se ancora non sia stata altrimenti eseguita, quale pena amministrativa ordinata dal giudice in via suppletiva .
Sussistono i presupposti per la concessione all'odierna imputata della sospensione condizionale della pena in quanto l'incensuratezza della stessa fa prevedere la sua futura astensione dal crimine.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 cpp dichiara (...) colpevole dei reati a lei ascritti , unificati dal vincolo della continuazione, ritenuto più grave il reato di cui al capo D), concesse le attenuanti generiche la condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 250,00 di multa, oltre spese processuali. Pena sospesa
Ordina il dissequestro delle opere in sequestro e la restituzione all'avente diritto come per legge.
Ordina la demolizione delle opere abusive
Dichiara (...) interdetta dai PPUU per la durata di anni uno
Così deciso in Napoli il 28 aprile 2021.
Depositata in Cancelleria 28 aprile 2021.