Tribunale Napoli sez. I, 15/10/2018, (ud. 15/10/2018, dep. 15/10/2018), n.11592
La violazione di sigilli e la sottrazione di beni sottoposti a sequestro si configurano quando il custode giudiziario, cui è affidata la conservazione del bene, agisce o consente a terzi di agire in modo da alterare l'integrità dei sigilli o rimuovere i beni, senza giustificazione o denuncia di furto. L'elemento soggettivo si individua nel dolo specifico, consistente nella consapevolezza della violazione e nella volontà di sottrarre la res al vincolo del sequestro.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, depositato il 21.06.16, B.A. veniva tratta a giudizio innanzi a questo Giudice per rispondere dei reati ascritti alla rubrica del presente provvedimento.
All'udienza del 15.10.08. assente l'imputata, verificata l'assenza di questioni preliminari,il Giudice, dichiarava aperto il dibattimento ed invitava le parti ad illustrare i mezzi istruttori.
Ammesse le prove, così come richieste dalle parti, procedeva all'escussione del teste M.llo D'A.D., in servizio presso la guardia di finanza di Napoli.
Esaurita l'istruttoria dibattimentale, il Giudice, previa declaratoria di utilizzabilità dei mezzi istruttori, dichiarava chiuso il dibattimento, invitava le parti a rassegnare le conclusioni, e decideva come da sentenza con contestuale motivazione letta in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Alla luce delle risultanze dibattimentali questo Giudicante ritiene provata la penale responsabilità di B.A. in relazione ai reati a lei ascritti nella rubrica del presente provvedimento.
In tal senso, il teste M.llo D'A. - con una deposizione chiara e coerente con gli atti irripetibili acquisiti al fascicolo dibattimentale e della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare - riferiva che in data 5.09.13 nel corso di un'operazione volta alla repressione dei reati contro la contraffazione, avendo avuto notizia che all'interno di un cortile sito in Napoli alla Via A. potesse esservi un opificio dedito alla contraffazione di capi di abbigliamento, si recava sul posto per effettuare un controllo.
All'atto del sopraluogo il militare rinveniva all'interno del locale tre donne identificate in D.R.R., D.R.A. e B.A. intente a cucire a macchine parti di camicie.
All'interno dell'opificio veniva rinvenuto un contratto di locazione del locale (tra il proprietario, S.A. che concedeva in locazione l'immobile a tale P.A., non rinvenuto sul posto).
A seguito di tali operazioni si procedeva, poi, al sequestro del locale mediante apposizione di un cartello monitorio alla porta di ingresso e dello spago e piombo, oltre che dei macchinari ivi rinvenuti (un ferro da stiro e quattro macchine da cucire) e della merce oggetto di contraffazione (per cui si procedeva con separato processo).
Al momento del sopraluogo B.A. veniva nominata custode giudiziario del locale e dei macchinari.
Il militare riferiva che a seguito di accertamenti in merito alla titolarità del locale (avendo ivi rinvenuto il contratto di locazione) escuteva a SIT il proprietario, S.A.; ed a seguito di ciò, previi accordi con il S. e con la B.A., convocata in qualità di custode, in data 19.09.15 si recava nuovamente presso l'opificio al fine di procedere al dissequestro del locale ed alla restituzione dello stesso al S. nonché al fine di effettuare lo spostamento del luogo di custodia dei macchinari ivi custoditi.
Ivi giunto l'operante notava che vi era un cancello in ferro chiuso con un lucchetto del quale sia il S. sia la B.A. non erano in possesso della chiave; divelto il catenaccio, l'operante si dirigeva con il S. e con B.A. nei pressi della porta di ingresso del locale, constatando che il cartello monitorio era ancora presente sulla porta ma che lo spago ed il piombo che chiudevano l'ingresso risultavano tagliati ma non risultava forzata la serratura: poiché la B.A. si era recata sul posto non portando con sé la chiave del locale, a lei consegnata all'atto del sequestro del 5.09.13, l'operante entrava all'interno del locale da una finestra laterale il cui vetro risultava aperto, verificando che il predetto manufatto risultava già vuoto non essendo ivi presenti i macchinari caduti in sequestro.
Da accertamenti effettuati nessuna denuncia di furto risultava sporta da B.A. né risultava agli atti alcuna richiesta di modifica del luogo di custodia.
Alla luce di quanto sopra risultano integrati gli elementi costitutivi dei reati ascritti in rubrica a B.A. in quanto risultano integrati gli elementi costitutivi delle fattispecie astratte: quanto all'elemento materiale, B.A., nominata custode giudiziaria dei macchinari caduti in sequestro in data 5.09.13 (un ferro da stiro e quattro macchine da cucire) e del locale ove gli stessi venivano custoditi. essendo alla stessa affidate le chiavi del locale, violava (o lasciava che altri violassero) i sigilli apposti in data 5.09.13 e sottraeva al sequestro i macchinari affidati alla sua custodia che non veniva più ritrovati.
D'altronde nessuna denuncia di furto della merce né alcuna richiesta di mutamento del luogo di custodia risultava presentata dalla B.A. che era l'unica ad avere il possesso delle chiavi della porta di ingresso del locale: porta di ingresso i cui sigilli risultavano violati essendo stato tagliato lo spago ed il piombo che ne assicuravano l'integrità non risultando, di contro, alcuna effrazione sulla serratura.
Quanto all'elemento psicologico del reato esso si individua nella coscienza e volontà da parte dell'imputata, nella sua qualità di custode, di violare i sigilli (o lasciare che altri li violassero) apposti alla porta del locale per assicurare l'integrità dello stesso, e nel dolo specifico individuato nella coscienza e volontà di sottrarre la res al sequestro anche al fine di favorire il proprietario dei macchinari caduti in sequestro in data 5.09.13.
Questo Giudice ritiene di poter riconoscere le attenuanti generiche in favore dell'imputata in considerazione dello stato di incensuratezza dell'imputata ed al fine di adeguare la pena in concreto irrogata all'effettivo disvalore del fatto; attenuanti da ritenere prevalenti sulla contestata aggravante.
I reati per la contestualità dei fatti e per l'univocità del disegno criminoso possono ritenersi avvinti sotto il vincolo della continuazione ritenendo più grave in concreto il reato sub b).
Tutto ciò premesso, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 cp appare equo irrogare a B.A. la pena di mesi cinque di reclusione ed Euro 450,00 di multa, così determinata: ritenuto più grave il reato di cui all'art. 349 cp, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, pena mesi quattro di reclusione ed Euro 300,00 di multa, aumentata a mesi cinque di reclusione ed euro 450,00 di multa per la continuazione con il reato sub a).
Consegue per legge, ai sensi dell'art. 535 cpp la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali.
Questo giudicante esprime un giudizio di prognosi favorevole circa il futuro comportamento di B.A. ed applica in suo favore il beneficio di cui all'art. 163 cp. e quello della non menzione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 cpp, dichiara B.A. responsabile dei reati a ascritti in rubrica e, ritenute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, ritenuto più grave il reato di cui all'art. 349 c.p. unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, la condanna alla pena di mesi cinque di reclusione ed euro 450,00 di multa, oltre le spese processuali. Pena sospesa e non menzione.
Napoli, 15 ottobre 2018