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Violazione di sigilli, omissione di denuncia e indebiti crediti fiscali: condanna e continuazione (Giudice Arnaldo Merola)

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Tribunale Nola, 10/01/2022, (ud. 12/11/2021, dep. 10/01/2022), n.2205

La violazione degli obblighi di denuncia di materiali pericolosi, la manomissione di sigilli e l'indebito utilizzo di crediti fiscali, integrano reati contravvenzionali e delitti che, se connessi da vincolo di continuazione, rilevano sotto un unico disegno criminoso, rilevando ai fini del trattamento sanzionatorio la gravità delle condotte e l'entità delle violazioni.

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Violazione di sigilli, omissione di denuncia e indebiti crediti fiscali: condanna e continuazione (Giudice Arnaldo Merola)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP in sede in data 4 luglio 2018, Gi. Fr. veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati in epigrafe indicati.

All'udienza del 28 settembre 2018, accertata la regolare costituzione delle parti e disposto procedersi in assenza dell'imputato, ritualmente citato e non comparso, il processo veniva rinviato, stante l'assenza del giudice titolare impegnato in un corso di formazione.

All'udienza dell'8 febbraio 2019, la difesa avanzava istanza di riunione al presente procedimento di quello n. 1985/18 RG.Dib. e il giudice, letto il decreto Presidenziale, disponeva l'acquisizione degli atti del predetto procedimento per assumere le proprie determinazioni di competenza e rinviava il processo.

All'udienza del 22 febbraio 2019, il giudice disponeva la riunione al presente procedimento di quello n. 1985/18 RG.Dib., sussistendone i presupposti formali e sostanziali. All'esito, il processo veniva rinviato in prosieguo, su richiesta della difesa (con conseguente sospensione del corso della prescrizione per un periodo di 6 mesi e 25 giorni).

All'udienza del 20 settembre 2019 (prima innanzi allo scrivente), intervenuta la nomina di un nuovo difensore, il giudice, su richiesta dell'avv. To., concedeva termini a difesa e rinviava il processo. All'udienza del 13 dicembre 2019, il processo veniva rinviato, stante il legittimo impedimento dell'imputato per malattia (con conseguente sospensione del corso della prescrizione per un periodo di 65 giorni).

Rinviata d'ufficio l'udienza del 13 marzo 2020 per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 (con conseguente sospensione del corso della prescrizione per un periodo di 59 giorni), alla successiva udienza del 26 giugno 2020, il processo veniva rinviato, stante il legittimo impedimento dell'imputato (con conseguente sospensione del corso della prescrizione per un periodo di 63 giorni).

All'udienza del 23 ottobre 2020, il giudice dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva i mezzi di prova orali e documentali richiesti dalle parti. Si procedeva, poi, all'escussione del teste, Ma. Le.. All'esito, il processo veniva rinviato in prosieguo.

All'udienza del 29 gennaio 2021, il processo veniva rinviato, stante l'assenza dei testi.

All'udienza del 26 marzo 2021, si procedeva all'escussione del teste, Di Bi. Al.. A quel punto, il PM rinunciava all'escussione del proprio residuo teste di lista, Ma. Da., e il giudice, nulla osservando la difesa, revocava l'ordinanza ammissiva della relativa testimonianza. All'esito, il processo veniva rinviato in prosieguo.

All'udienza del 2 luglio 2021, il processo veniva rinviato, stante l'assenza dei testi della difesa, regolarmente citati.

All'udienza dell'8 ottobre 2021, si procedeva all'escussione del teste, Am. Lu.. A quel punto, la difesa rinunciava al proprio teste a prova contraria, Ca. Lu., e il giudice, nulla osservando il PM, revocava l'ordinanza ammissiva della relativa testimonianza. All'esito, il processo veniva rinviato in prosieguo.

All'odierna udienza, il giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale e utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e dava la parola alle parti, che rassegnavano le conclusioni in epigrafe riportate, sulla base delle quali pronunciava la presente sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

Motivi della decisione
Sulla scorta delle risultanze dell'istruttoria dibattimentale, ritiene questo giudicante che vada senza dubbio affermata la responsabilità penale dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ad eccezione delle condotte di cui al capo C) relative all'anno di imposta 2012 per le quali va pronunciata sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Ed invero, dalle deposizioni assunte e dagli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento è emerso che in data 12 gennaio 2017, alle ore 12.00 circa, personale in servizio presso il Nucleo Polizia Tributaria di Napoli della Guardia di Finanza accedeva presso la sede legale e operativa della "(omissis) Lo. Tr. Gi. S.r.l.", sita in (omissis), alla via (omissis), n. (omissis), esercente l'attività di trasporto merci su strada. Alla presenza dell'amministratore unico, nonché rappresentante legale della predetta società, Gi. Fr., odierno imputato, gli operanti di p.g. rinvenivano all'interno dell'aera di esercizio dell'attività di impresa i tre seguenti serbatoi fissi fuori terra di carburante, utilizzati per il rifornimento degli automezzi aziendali:

- un serbatoio di colore bianco della capacità di 8.900 lt e di 9 mc, marca "(omissis)", contraddistinto dal n. di matricola (omissis). Ad esso risultavano collegati un conta-litri (indicante lt-506 per un totale di 866702) e una pistola erogatrice, entrambi privi di matricola. Tanto il serbatoio quanto gli apparati di misura ad esso annessi non presentavano l'apposizione di piombi muniti di sigillo dell'ufficio metrico;

- un serbatoio di colore giallo della capacità di 8.900 lt e di 9 mc, marca "(omissis)", contraddistinto dal n. di matricola (omissis). Ad esso risultavano collegati un conta-litri (indicante lt-000 per un totale di 8245) e una pistola erogatrice, entrambi privi di matricola. Tanto il serbatoio quanto gli apparati di misura ad esso annessi non presentavano l'apposizione di piombi muniti di sigillo dell'ufficio metrico;

- un serbatoio di colore blu della capacità di 8.900 lt e di 9 mc, marca "(omissis)", contraddistinto dal n. di matricola (omissis). Ad esso risultavano collegati un conta-litri (indicante lt-000 per un totale di 869321) e una pistola erogatrice, entrambi privi di matricola. Tanto il serbatoio quanto gli apparati di misura ad esso annessi non presentavano l'apposizione di piombi muniti di sigillo dell'ufficio metrico;

In merito alla quantificazione del prodotto petrolifero giacente all'interno dei serbatoi, il Gi., che attestava si trattasse di gasolio per autotrazione, indicava le seguenti quantità: 940 lt circa nel primo serbatoio, 0 lt nel secondo e 955 lt circa nel terzo.

Su richiesta dei militari, l'odierno imputato non era in grado di esibire alcuna documentazione economico-contabile né le autorizzazioni rilasciate dagli organi competenti. Ed invero, il Gi. produceva solo una relazione tecnica di prevenzione incendi redatta per conto della "(omissis) S.r.l." dall'ing. Fr. Mi. e presa in carico dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco di Napoli, con prot. n. (omissis) del 15 aprile 2011, e due lettere inviate dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco del 14 giugno 2011 e del 17 giugno 2011 in cui, rispettivamente, si evidenziava che l'istruttoria della pratica era in corso di definizione e si esprimeva parere favorevole alla conformità del progetto presentato dalla

società, subordinatamente all'osservanza di alcune condizioni e prescrizioni; tuttavia, non era in possesso del certificato di prevenzione incendi. Per le suddette ragioni, gli operanti ponevano quanto rinvenuto sotto sequestro e apponevano su ogni serbatoio tre fascette: una sul vano contalitri, una sul boccaporto di carico del serbatoio e una sulla pistola erogatrice (cfr. verbale di accertamento e sequestro, in atti).

Successivamente, in data 18 settembre 2017, alle ore 9,30 circa, i militari si portavano nuovamente sul posto per dare esecuzione al decreto di dissequestro temporaneo disposto dal PM con provvedimento del 18 luglio 2017 su istanza dello stesso Gi. e constatavano l'assenza delle fascette apposte in precedenza sulle pistole erogatrici, l'assenza della fascetta apposta in precedenza sul contalitri del serbatoio di colore bianco, la rottura della fascetta apposta in precedenza sul contalitri del serbatoio di colore blu, nonché la manomissione della fascetta apposta in precedenza sul contalitri del serbatoio di colore giallo e di quelle apposte in precedenza sui boccaporti di carico di tutti e tre i serbatoi.

Inoltre, i dati di erogazione rilevabili dai contalitri presenti sui serbatoi risultavano del tutto diversi rispetto a quelli rilevati in occasione del primo accesso. Ed invero, il contalitri presente sul serbatoio di colore bianco riportava all'atto del sequestro un totale di litri erogati pari a 866.702, mentre al momento del secondo accesso riportava un totale pari a 996.674 litri; il contalitri presente sul serbatoio di colore giallo riportava all'atto del sequestro un totale di litri erogati pari a 8.245, mentre al momento del secondo accesso riportava un totale pari a 38.304 litri; il contalitri presente sul serbatoio di colore blu riportava all'atto del sequestro un totale di litri erogati pari a 869.321, mentre al momento del secondo accesso riportava un totale pari a 886.332 litri.

Si registravano delle anomalie anche nella quantità di gasolio presente nei tre serbatori, atteso che con un'asta metrica nel serbatoio di colore bianco venivano rinvenuti circa 500 litri di prodotto petrolifero a fronte dei circa 940 litri presenti in occasione del primo accesso, nel serbatoio di colore giallo circa 150 litri nonostante lo stesso fosse stato trovato vuoto in occasione del sequestro e nel serbatoio di colore blu circa 65 litri a fronte dei circa 955 litri presenti in data 12 gennaio 2017.

A conferma del fatto che i predetti serbatoi fossero stati utilizzati nel periodo successivo all'apposizione dei sigilli, venivano acquisite le fatture con relativi DAS attestanti scarichi di carburante nei serbatoi in questione avvenuti nel periodo successivo al sequestro (cfr. verbale di accertamento e fatture, in atti). In occasione del primo accesso si procedeva anche ad acquisire l'intera contabilità della "(omissis) S.r.l.", al fine di effettuare le necessarie verifiche fiscali. Da tali accertamenti emergeva che negli anni di imposta 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016 la società del Gi. aveva utilizzato in compensazione sia crediti non spettanti, in quanto impiegati prima del decorso del termine normativamente previsto per la formazione del necessario silenzio-assenso, per importi annuali superiori a 50.000,00 Euro (1.074.649,27 Euro per l'anno di imposta 2012, 1.310.938,42 Euro per l'anno di imposta 2013, 985.890,42 Euro per l'anno di imposta 2014, 1.237.229,76 Euro per l'anno di imposta 2015 e 781.130,20 Euro per l'anno di imposta 2016), che crediti inesistenti, in quanto impiegati in misura eccedente rispetto a quelli effettivamente maturati per importi annuali superiori a 50.000,00 Euro (142.906,92 Euro per l'anno di imposta 2012 e 242.812,70 Euro per l'anno di imposta 2013). Inoltre, la "(omissis) S.r.l." aveva provveduto a inserire nelle dichiarazioni prodotte per l'anno di imposta 2016 quattro automezzi non rispondenti ai requisiti di natura ambientale, ottenendo, così, crediti non spettanti per i consumi degli stessi, utilizzati ugualmente in compensazione per un importo pari a 51.278,71 Euro (cfr. processo verbale di constatazione con i relativi allegati e modelli F24, in atti).

Sul punto, è stato escusso in dibattimento il dott. Lu. Am., il quale ha illustrato l'elaborato tecnico da lui redatto su incarico della difesa, chiarendo che il maggior credito rilevato dagli operanti di p.g. per l'anno di imposta 2012 e pari a 142.906,92 Euro poteva essere coperto dal credito di imposta di 197.302,52 Euro maturato nell'anno di imposta 2011 e non utilizzato in compensazione e che in tutti gli altri casi se la società avesse atteso il termine previsto per la formazione del necessario silenzio-assenso avrebbe potuto tranquillamente utilizzare in compensazione i crediti dichiarati, in quanto effettivamente maturati, come attestato dagli stessi organi verificatori.

Orbene, così ricostruita la vicenda, dai sopra indicati elementi istruttori emerge, innanzitutto, piena prova della penale responsabilità dell'imputato per il reato di cui al capo A) della rubrica.

Il Gi., infatti, in quanto amministratore unico e rappresentante legale della "(omissis) S.r.l." e proprietario del materiale rinvenuto, è tenuto a rispondere della detenzione di gasolio per uso autotrazione, da ritenersi intrinsecamente pericolosa attesa la notoria elevata infiammabilità del predetto prodotto petrolifero, per la quale è pacifico che mancasse all'atto dell'accertamento la necessaria previa denuncia all'Autorità competente. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, "il reato di omessa denuncia di materie esplodenti è posto a tutela diretta dell'interesse dell'autorità di pubblica sicurezza ad essere informata della detenzione di sostanze che, in quanto esplosive o infiammabili, potrebbero essere pericolose per la vita o l'integrità fisica di una cerchia indeterminata di persone" (così Cass., Sez. I, 25 febbraio 2011, n. 11464). Ne consegue, pertanto, che la contravvenzione prevista dall'art. 679 c.p. è diretta a rendere edotta l'autorità di pubblica sicurezza dell'esistenza di materiali esplodenti o infiammabili, pericolosi per la loro quantità e qualità, così da metterla in condizioni di intervenire, indipendentemente dal possesso o meno della licenza in capo al detentore. Tale reato, secondo il costante orientamento della Suprema Corte (cfr. da ultimo, Cass. pen. Sez. 1, Sentenza n. 11176 del 13/02/2015), inoltre, si distingue da quello di cui all'art. 678 c.p., che è diretto a salvaguardare la pubblica incolumità in relazione ai pericoli che possono derivare dalla fabbricazione, importazione, trasporto o mera detenzione di materiale esplodente, senza licenza o senza rispettarne le condizioni.

L'obbligo di denuncia sancito dall'art. 679 c.p., quindi, non grava indistintamente su chiunque si trovi ad entrare in contatto con il materiale esplodente, ma solo su chi abbia uno stabile rapporto di signoria con il bene detenuto, come quello sussistente nel caso di specie tra il materiale rinvenuto e l'odierno imputato, alla luce della qualifica dallo stesso ricoperta.

Quanto all'elemento soggettivo, venendo in rilievo una fattispecie contravvenzionale, esso, a norma dell'ultimo comma dell'art. 42 c.p., può consistere anche nella sola colpa, nella specie non esclusa dalla ignoranza della normativa di settore.

Appare, inoltre, provata ad avviso di questo giudicante la sussistenza nel caso di specie di tutti gli elementi costitutivi del reato contestato al capo B) della rubrica a carico dell'odierno imputato, essendo comprovata la sua qualifica di titolare della società esercente l'attività di trasporto merci su strada e detentrice dei tre serbatoi rivenuti dalla p.g. operanti, dalla quale derivava l'onere di ottemperare alle prescrizioni imposte dal d.lgs. 139/2006. Ed invero, tale qualifica è stata accertata dai militari in sede di sopralluogo e mai contestata dal Gi., il quale ha altresì sottoscritto il verbale di sequestro, apponendovi sopra la propria firma.

Ed invero, non esibendo la documentazione richiesta dagli agenti di p.g., relativa al certificato di prevenzione incendi del competente Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, l'odierno imputato dimostrava di non possederla.

Al riguardo va, infatti, evidenziato che "in materia di prevenzione incendi, anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 30.07.2011 n. 151, integra il reato di cui all'art. 20 del D.lgs. n. 139 del 2006 la condotta di chi, in qualità di titolare di una delle attività contemplate alle categorie A, B e C dell'allegato I, D.lgs. cit., ometta di richiedere ai vigili del fuoco il rilascio o il rinnovo del certificato di prevenzione antincendi" (Cass., Sez. III, 23 novembre 2016, n. 13201). Ebbene, essendo l'odierno imputato titolare dell'attività contemplata al n. 13, lett. a), categoria a) dell'allegato I del d.lgs. 139/06 ben può ritenersi integrato il profilo oggettivo del reato in contestazione.

Quanto all'elemento soggettivo, anche in questo caso, venendo in rilievo una fattispecie contravvenzionale, esso, a norma dell'ultimo comma dell'art. 42 c.p., può consistere anche nella sola colpa, nella specie non esclusa dalla ignoranza della normativa di settore.

Analoga responsabilità va ravvisata in relazione al reato di cui al capo C) della rubrica, essendo emerso pacificamente dall'istruttoria dibattimentale che il Gi., in qualità di amministratore unico e rappresentante legale della "(omissis) S.r.l." abbia indebitamente utilizzato in compensazione tra il 2012 e il 2016 crediti inesistenti, in quanto impiegati in misura eccedente rispetto a quelli effettivamente maturati e risultanti dalla contabilità della predetta società, e/o non spettanti, o in quanto impiegati prima del decorso del termine normativamente previsto per la formazione del necessario silenzio-assenso, come confermato dallo stesso consulente delle difesa, o in quanto relativi ai consumi di automezzi non rispondenti ai requisiti di natura ambientale. Il tutto per importi sempre superiori alla soglia normativa dei 50.000 Euro annui.

E', quindi, pacifico, da un lato, che i crediti impiegati per la compensazione fossero qualificabili come "inesistenti" e/o "non spettanti", categoria quest'ultima coincidente con "quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nell'ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l'Erario" (Cass., Sez. III, n. 36393/2015); dall'altro, che le circostanze fattuali emerse depongono in maniera univoca nel senso della consapevolezza e della volontarietà della condotta e dei suoi effetti da parte dell'imputato.

Tuttavia, il tempo trascorso dai fatti impone una pronuncia di non doversi procedere in relazione alle condotte relative all'anno di imposta 2012, dal momento che alla data odierna, pur considerando le sospensioni intervenute nel corso del processo, deve ritenersi completamente decorso il termine massimo di prescrizione, da considerarsi pari ad anni sette e mesi sei per il reato in contestazione ai sensi dell'art. 157 c.p.

Infine, per quanto attiene al reato di cui all'art. 349, co. 2, c.p. è emersa con solare evidenza la prova della penale responsabilità dell'imputato anche per la condotta di violazione dei sigilli, essendo stati i serbatoi e il gasolio posti sotto sequestro utilizzati illecitamente previa rimozione, manomissione o danneggiamento dei sigilli apposti dalla p.g. operante, come riscontrato dalle fatture e dai relativi DAS attestanti scarichi di carburante nei serbatoi in questione avvenuti nel periodo successivo al sequestro (cfr. verbale di accertamento e deposizione dei testi).

Anche in tale caso è pacifica la riconducibilità della condotta al Gi. che era stato nominato custode del materiale sequestrato in data 12 gennaio 2017 e, quindi, risulta certamente integrata la circostanza aggravante di cui al comma 2 dell'art. 349 c.p.

Ed invero, il soggetto nominato custode giudiziario deve esercitare sulla cosa una custodia continua ed attento, potendosi esonerare da responsabilità per l'avvenuta violazione dei sigilli solo fornendo la prova che l'omessa vigilanza è stata dovuta a caso fortuito o forza maggiore e non adducendo di aver affidato i propri compiti di custodia ad altra persona. Sul punto, infatti, la giurisprudenza di legittimità, ha chiarito che "risponde del reato di violazione di sigilli, in concorso con terzi, il custode del bene in sequestro che non abbia adeguatamente vigilato sull'integrità dei sigilli apposti, a nulla rilevando il fatto che risiedesse in luogo diverso da quello ove era sito il bene in sequestro, non potendo valere detta circostanza come forza maggiore impeditrice dell'esercizio del dovere di vigilanza" (Cass., Sez. III, 22 settembre 2010, n. 35956). Ebbene, nel caso di specie, il Gi. non ha fornito né nell'immediatezza né nel corso del processo alcuna valida giustificazione, che assurga a dignità di esimente e che lo esoneri da un giudizio di colpevolezza.

Tanto premesso in ordine alla responsabilità dell'odierno imputato, occorre determinare il trattamento sanzionatorio da irrogare nei suoi confronti.

Innanzitutto, i plurimi reati dei quali l'imputato è stato ritenuto responsabile possono essere riuniti sotto il vincolo della continuazione, in considerazione della contiguità temporale delle condotte, che appaiono espressive di un medesimo programma delinquenziale.

Deve, inoltre, osservarsi che appaiono sussistere nel caso di specie ragioni di meritevolezza tali da consentire il riconoscimento al Gi., in misura equivalente alla contestata aggravante, delle circostanze attenuanti generiche, dovendosi all'uopo valutare il corretto comportamento processuale dello stesso e la concreta gravità del fatto.

Pertanto, valutati tutti i criteri cui agli artt. 133 e 133 bis c.p., pare congruo condannare Gi. Fr. alla pena finale di mesi dieci di reclusione ed Euro 500,00 di multa, così determinata: pena base per il più grave reato di cui all'art. 349 c.p. mesi sei di reclusione ed Euro 103,00 di multa (minimo edittale), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo A) alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 125,00 di multa (operando l'aumento, in considerazione della gravità del fatto, solo sulla pena pecuniaria, essendo tale reato satellite punito con pena alternativa - cfr. Cass., Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40983), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo B) alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200,00 di multa (operando anche in questo caso l'aumento, in considerazione della gravità del fatto, solo sulla pena pecuniaria, essendo tale reato satellite punito con pena alternativa), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo C) relativamente all'anno di imposta 2013 alla pena di mesi sette di reclusione ed Euro 275,00 di multa (operando l'aumento su entrambe le pene previste per la violazione più grave, essendo tale reato satellite punito con sola pena detentiva - cfr. Cass., Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40983), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo C) relativamente all'anno di imposta 2014 alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 350,00 di multa (operando anche in questo caso l'aumento su entrambe le pene previste per la violazione più grave, essendo tale reato satellite punito con sola pena detentiva), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo C) relativamente all'anno di imposta 2015 alla pena di mesi nove di reclusione ed Euro 425,00 di multa (operando anche in questo caso l'aumento su entrambe le pene previste per la violazione più grave, essendo tale reato satellite punito con sola pena detentiva), aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo C) relativamente all'anno di imposta 2016 alla pena inflitta (operando anche in questo caso l'aumento su entrambe le pene previste per la violazione più grave, essendo tale reato satellite punito con sola pena detentiva).

Alla condanna segue per legge l'obbligo per l'imputato di pagare le spese processuali.

Non appaiono sussistere, alla luce delle risultanze del certificato del casellario giudiziale in atti, motivi ostativi al riconoscimento in favore dell'imputato del beneficio della sospensione condizionale della pena, permettendolo l'entità della sanzione irrogata e l'assenza di precedenti penali specifici in capo al Gi., che consente la formulazione di un positivo giudizio prognostico in ordine alla futura

astensione dalla commissione di reati (cfr. certificato del casellario giudiziale, in atti).

Alla luce dei carichi di lavoro, si fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Gi. Fr. colpevole dei reati a lui ascritti ai capi A), B) e C), limitatamente alle condotte relative agli anni di imposta 2013-2014-2015-2016, e, ritenuti gli stessi avvinti dal vincolo della continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, lo condanna alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Concede all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Letto l'art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di Gi. Fr. in ordine al reato di cui al capo C), limitatamente alle condotte relative all'anno di imposta 2012, perché estinto per intervenuta prescrizione.

Fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola, il 12 novembre 2021

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2022

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