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Falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza: configurazione di reati tra falsità ideologica e indebita percezione di erogazioni pubbliche (Giudice Napolitano Tafuri)

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Tribunale Napoli sez. IV, 10/02/2011, (ud. 28/01/2011, dep. 10/02/2011)

La falsa dichiarazione resa in un atto pubblico finalizzata all'ottenimento indebito di un'erogazione pubblica integra il reato di falsità ideologica ex art. 483 c.p. e di indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter c.p., salvo che la condotta non sia accompagnata da ulteriori malizie idonee a configurare la truffa aggravata ex art. 640-bis c.p.

Falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza: configurazione di reati tra falsità ideologica e indebita percezione di erogazioni pubbliche (Giudice Napolitano Tafuri)

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La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto che dispone il giudizio emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli veniva tratta a giudizio di questo Tribunale la nominata in oggetto per rispondere dei reati in epigrafe indicati. All'udienza dibattimentale, dichiarata la contumacia, ammessa la costituzione di parte civile, esaminate le questioni preliminari, data lettura del capo di imputazione, il PM indicava i fatti oggetto di prova e chiedeva l'ammissione di documentazione e l'esame dei testi di lista. Le difese se ne riservavano il controesame.

Verificata la tempestività del deposito della lista, il Tribunale ammetteva le prove indicate dalle parti.

Espletata l'istruttoria dibattimentale con l'acquisizione di documenti e con l'escussione del teste F.A., le parti concludevano come da verbale.

Il Tribunale decideva dando lettura del dispositivo e riservandosi il deposito dei motivi nel termine di trenta giorni.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che l'istruttoria espletata abbia evidenziato la penale responsabilità dell'imputata in ordine ai reati a lei ascritti.

Invero, l'esame della dichiarazione indicata in contestazione sub a) (inserita nel fascicolo dibattimentale ai sensi dell'art. 431 c.p.p. in quanto documento costituente il corpo del reato) evidenzia che trattasi di una dichiarazione resa in data 1/12/04 dall'imputata ai sensi della legge 4/1/68 n. 15 a funzionario del Servizio attività assistenziali del Comune di Napoli, sottoscritta dall'imputata e corredata dall'allegazione di copia di un documento di identità (cfr. documentazione in atti).

Quanto al merito, con detto atto l'imputata chiedeva l'erogazione di un contributo, denominato reddito di cittadinanza, per nucleo familiare, avente un ISEE non superiore a euro 5000,00; in tale domanda 1'imputata dichiarava che il proprio nucleo familiare era composto di quattro membri ed aveva prodotto nell'anno 2003 un reddito pari a euro 0,00, omettendo di indicare la presenza quale familiare convivente di A.V., percettore per lo anno 2003 di un reddito di euro 18.648,00 in quanto dipendente comunale.

La teste F.A. ha poi riferito di aver accertato la falsità di quanto attestato dall'imputata, atteso che là presenza nel nucleo familiare dell'istante, accertata con certificazione anagrafica, di A.V., portava ad un valore dell'indicatore della situazione economica familiare eccedente la soglia di euro 5000,00; ha altresì precisato che per effetto di tale falsa dichiarazione l'imputata otteneva per un anno l'erogazione di un contributo di sostegno al nucleo familiare per un importo di circa Euro 4200,00 (importo puntualmente riscosso), a lei non spettante.

Tali essendo gli elementi di fatto, emergendo con tutta evidenza la difformità dal vero di quanto dichiarato dall'imputata, deve affermarsi la responsabilità della stèssa, sussistendo tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato in contestazione sub a).

Indubbia in primo luogo risulta la qualifica di atto pubblico, propria delle dichiarazioni rese ai sensi della legge 15/68.

E, invero, l'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) postula, di norma, l'esistenza di disposizioni extrapenali integratrici che concorrono a determinare il contenuto delle dichiarazioni del privato e attribuiscono al pubblico ufficiale il potere-dovere di" documentarle in atti aventi ex lege una determinata funzione probatoria. In tale ambito rientra la legge 4 gennaio 1968 n. 15 che agli arti. 2 e 4 facultizza il privato alla dichiarazione sostitutiva di certificato o di atto di notorietà, la quale diventa atto pubblico per il solo fatto della sottoscrizione autenticata dal "funzionario competente a ricevere l'atto, q da un notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario incaricato dal Sindaco" e che all'art. 26 commi 1 e 2, stabilisce che tali dichiarazioni "sono considerate come fatte a pubblico ufficiale" (Cass. pen. sez. V 98/212403).

Nel caso di specie, la dichiarazione del privato risulta ricevuta e protocollata da un pubblico funzionario, che provvedeva ad autenticare la firma del sottoscrittore a norma dell'art. 38 D.P.R. n. 445/00, il cui terzo comma testualmente recita "le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia foto statica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo."

Ne consegue, la qualificazione della dichiarazione quale atto pubblico.

Di tutta evidenza risulta alla luce delle dichiarazioni del teste, pienamente attendibile per la linearità e coerenza della deposizione la difformità dal vero di quanto dichiarato.

Parimenti deve dichiararsi la responsabilità dell'imputata in ordine al reato contestato sub b), sussistendone tutti gli elementi oggettivi e soggettivi.

Invero la dichiarazione mendace sopradetta integra una omissione di informazioni dovute, grazie alla quale 1'imputata conseguiva indebitamente. dal Comune di Napoli un contributo pari a euro 4200,00.

Pienamente condivisibile appare la sussunzione del fatto nella fattispecie incriminatrice indicata sub b), essendo stato posto in essére il reato attraverso una mera omissione di informazioni doverose.

In tal senso è orientato ir più recente orientamento giurisprudenziale, a mente del quale "integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, di altri Enti pubblici o delle Comunità europee, previsto dall'art: 316 ter cod. pen., e non quello di cui all'art. 640 bis cod. pen. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), la condotta di mero mendacio (nella specie consistita nella presentazione di un'istanza tendente all'erogazione pubblica nella quale veniva rappresentato il possesso del requisito richiesto del cosiddetto reddito minimo, tacendo la disponibilità di beni) non accompagnata da ulteriori modalità ingannevoli (Cass. Pen sez. VI n. 39761/2003)"; il reato di cui all'art. 316 ter cod. pen. si configura nell'ipotesi di indebita percezione di erogazioni pubbliche conseguita dal mero utilizzatore o presentatore di documenti o dichiarazioni false ò contenenti attestazioni contro verum circa là presenza dèi presupposti per la pubblica sovvenzione, dovendo invece l'agente rispondere del più grave reato di cui all'art. 640 bis cod. pen. laddove egli stesso sia anche l'artefice delle suddette falsità (la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata fatta rientrare nella previsione dell'art. 640 bis cod. pen., e non in quella di cui all'art. 316 ter cod. pen., la condotta consistita nella presentazione, a sostegno di una richiesta di contributo comunitario per l'abbandono di superficie vitate, di una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà rilasciata dall'agente, dalla quale risultava una superficie maggiore di quella reale, previa iscrizione dei vigneti per tale superficie al catasto vitinicolo)

(Cass. Pen. Sez. V n. 41480/2003; il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, di altri Enti pubblici o delle Comunità europee, previsto dall'art. 316 ter cod. pen., con l'espressa salvezza dell'eventualità'che il fatto costituisca il più grave reato di cui all'art. 640 bis cod. pen. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), si configura, con riguardo all'ipotesi dell'utilizzo" di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, a condizione che tale condotta non sia accompagnata da ulteriori malizie dirette all'induzione in errore del soggetto passivo. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, respingendo un ricorso del PM, ha ritenuto che correttamente fosse stato fatto rientrare nelle previsioni dell'art. 316 ter, comma II, cod. pen.- sanzionate, in ragione dell'entità'della somma indebitamente percepita, solo invia amministrativa - la condotta consistita nella presentazione, a sostegno di una richiesta di contributo della provincia per l'acquisto di un autoveicolo industriale, di una fattura recante l'indicazione di un prezzo maggiore di quello effettivo) (Cass. Pen. Sez. II n. 23083/2002).

I reati in contestazione si reputano legati dal vincolo della continuazione, in quanto contestualmente commessi nella chiara esecuzione del medesimo disegno criminoso.

All'imputata appaiono tuttavia concedibili le attenuanti generiche, in considerazione della giovane età e dello stato di incensuratezza.

Stimasi equa la pena di mesi sei di reclusione, così determinata, pena base per il reato sub b), più grave, mesi sei di reclusione, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche in mesi quattro di reclusione, aumentata nella misura inflitta ex art. 81 e.p.

Alla condanna segue per legge l'obbligo di pagare le spese processuali.

Sussistendone i presupposti di legge si concedono all'imputata i benefici di cui agli artt. 163 e 1,75 c.p., nella previsione presuntiva che si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati.

La condotta posta in essere dall'imputata è altresì generatrice di un danno per la parte civile costituitasi in giudizio, che si liquida equitativamente nella somma complessiva di euro 4500,00.

Alla condanna segue, infine, anche l'obbligo per l'imputata di rifondere alla parte civile le spese sostenute per la costituzione, rappresentanza e difesa nel giudizio penale, spese che vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara B.V. colpevole dei reati a lei ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche è ritenuta la continuazione tra i reati^ la condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa e non menzione.

Condanna B.V. al risarcimento dei danni prodotti alla costituita parte civile che si liquidano equitativamente in complessivi euro 4500,00, nonché al pagamento delle spese di rappresentanza, costituzione e difesa di parte civile, che liquida in complessivi euro 850,00, oltre IVA e CPA.

Motivi in trenta giorni.

Napoli 28/1/11

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