Tribunale Nola, 10/05/2024, n.557
Nel reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza, l’omissione delle informazioni dovute sulla composizione del nucleo familiare e sulle variazioni di residenza integra il delitto quando tali condotte impediscono il controllo sulla sussistenza dei presupposti per l’erogazione, in violazione del principio di lealtà del cittadino verso le istituzioni.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso all'esito dell'udienza preliminare del 10 ottobre 2022 Ma.Gi. venne rinviata a giudizio davanti al Tribunale in composizione monocratica di Nola per rispondere dei reati ipotizzati a suo carico nell'imputazione trascritta in epigrafe. All'udienza del 24 gennaio 2023, dichiarata l'assenza della Gi., regolarmente citata e non comparsa senza addurre alcun impedimento, il giudice, letto il decreto presidenziale n. 4/22, rinviò il processo, in via preliminare, al 9 maggio 2023. Dopo un ulteriore rinvio disposto, nel corso di tale udienza, per l'assenza del magistrato assegnatario del procedimento, trasferito, medio tempore, ad altra sede giudiziaria, all'udienza del 13 novembre 2023 lo scrivente, aperto il dibattimento, ammesse le prove indicate dalle parti e preso atto dell'assenza del teste d'accusa, rinviò il processo, per l'esame dello stesso, al 29 gennaio 2024.
In tale data venne escusso il maresciallo Al.Be., in servizio, all'epoca dei fatti, presso il N.O.R.M. della Compagnia CC di Nola, sentito il quale il p.m. produsse la documentazione sottoposta in visione al teste nel corso dell'esame; il processo venne, quindi, rinviato, per l'esame dei testi a difesa e per la discussione, all'11 marzo 2024. Nel corso dell'udienza odierna, infine, la difesa ha rinunciato all'esame dei propri testi, revocata l'ammissione dei quali lo scrivente ha dichiarato chiusa l'istruttoria di dibattimentale, invitando le parti a formulare le proprie conclusioni, e, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per deliberare, ha reso pubblica la sentenza dando lettura del dispositivo allegato al verbale.
Prima di esporre - e per meglio comprendere - le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione, è senz'altro opportuno richiamare, nei suoi tratti essenziali, la cornice normativa nella quale si inquadra il reato in contestazione.
L'art. 3 della legge n. 26/2019, che aveva convertito con modifiche il decreto legge n. 4 del 2019, disponeva che il reddito di cittadinanza fosse riconosciuto ai nuclei familiari che erano in possesso, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell'erogazione del beneficio, di una serie di requisiti, tra i quali indicava, alla lettera c bis), la mancata sottoposizione del richiedente il beneficio ad una misura cautelare personale.
L'art. 7 del medesimo testo normativo, al comma 1, puniva (e continua a punire, con limitato riferimento ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2023) con la reclusione da due a sei anni "chiunque al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute", sanzionando, invece, con la reclusione da uno a tre anni, al secondo comma, "l'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all'articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11".
Le norme appena richiamate - è opportuno precisarlo - devono considerarsi senz'altro applicabili al caso sottoposto al vaglio di questo Tribunale.
Pronunciandosi a più riprese su vicende analoghe a quella in esame, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, invero, che l'abrogazione, a far data dal 01 gennaio 2024, del delitto di cui all'art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, disposta dall'art. 1, comma 318, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (la legge di bilancio per il 2023), nel far salva l'applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della lex mitior, altrimenti conseguente ex art. 2, comma secondo, c.p., "ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all'indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all'art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per il futuro introdotti in sostituzione del reddito di cittadinanza" (Cass. pen., sez. 3, 24.1.2024, n. 7541).
Tanto premesso sul piano normativo, deve rilevarsi che nel caso in esame l'imputata, nella dichiarazione sostitutiva unica allegata alla richiesta di accesso al reddito di cittadinanza presentata all'I.N.P.S. il 3 marzo 2021, ha attestato di essere la sola componente del proprio nucleo familiare, omettendo di dichiarare che ne facevano parte anche altri due soggetti, Fi.Ca. e Lu.Ta., con i quali la stessa conviveva, sin dal 20 maggio 2020, nell'abitazione di via (…). Tale variazione della composizione del proprio nucleo familiare non è stata comunicata, peraltro, all'I.N.P.S. dalla Gi., come la stessa sarebbe stata tenuta a fare, in quanto già beneficiaria del reddito di cittadinanza, erogatole dall'ente previdenziale in accoglimento dell'istanza da lei presentata il 27 gennaio 2020.
Il maresciallo Al.Be., in forza, come detto, al N.O.R.M. della Compagnia CC di Nola, all'udienza del 29 gennaio 2024 ha riferito, invero, che nell'anno 2021, nell'ambito di un'estesa attività di indagine sui percettori del reddito di cittadinanza, focalizzò la propria attenzione, tra gli altri, su tale Lu.Ta., residente a Nola, in via (…), che risultava sottoposto ad una misura cautelare personale, l'obbligo di presentazione alla p.g. (condizione, questa, che non gli avrebbe consentito di fruire del beneficio).
All'esito degli accertamenti avviati in seguito alla segnalazione ricevuta dagli inquirenti, la sede I.N.P.S. di Nola, nell'ottobre del 2021, comunicò che il Ta. (nei cui confronti si è proceduto separatamente) conviveva con altre due persone, Fi.Ca. e Ma.Gi., e che quest'ultima aveva presentato due domande volte ad ottenere il reddito di cittadinanza, la n. (…) del 27 gennaio 2020 e la (…) del 3 marzo 2021, entrambe accolte dall'I.N.P.S., dichiarando, in entrambi i casi, di essere la sola componente del proprio nucleo familiare.
Il maresciallo Be. ha precisato, più in particolare, che la Gi. risultava essersi trasferita da San Gennaro Vesuviano a Piazzolla di Nola, in via (…), entrando a far parte, in tal modo, del nucleo familiare della Ca. e del Ta., il 20 maggio 2020, e non aveva mai comunicato all'I.N.P.S. il cambiamento di residenza (nè, quindi, la variazione della composizione del proprio nucleo familiare e la presenza, al suo interno, di un soggetto, il Ta., appunto, sottoposto ad una misura cautelare), percependo indebitamente, in tal modo, 8.400 euro a titolo di reddito di cittadinanza. Sulla scorta degli elementi di prova appena passati in rassegna, l'imputata va riconosciuta senz'altro colpevole, innanzitutto, del reato di cui all'art. 7, comma 1, legge 26/2019 a lei ascritto al capo b) della rubrica.
Appare evidente, infatti, sulla base delle circostanze emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale, che la Gi., al fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, nella D.S.U. allegata alla domanda di erogazione del beneficio inoltrata all'I.N.P.S. il 3 marzo 2021 abbia reso false dichiarazioni in ordine alla composizione del proprio nucleo familiare, attestando di essere la sola a farne parte e omettendo di riferire, quindi, che lo stesso era composto anche da altre due persone, Fi.Ca. e Lu.Ta., sottoposto, in quel momento, alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla p.g. e anch'egli beneficiario, ciononostante, del reddito di cittadinanza. Allo stesso modo, può dirsi accertata in modo del tutto univoco la penale responsabilità dell'imputata per il reato a lei ascritto al capo a), per aver omesso di comunicare tempestivamente all'I.N.P.S., come sarebbe stata tenuta a fare, nella sua veste di beneficiaria del reddito di cittadinanza, la variazione della composizione del proprio nucleo familiare, intervenuta a partire dal 20 maggio 2020, in seguito al suo trasferimento da San Gennaro Vesuviano a Piazzolla di Nola, in via (…9, presso l'abitazione della Ca. e del Ta.
Tali condotte integrano senza alcun dubbio, sul piano oggettivo e soggettivo, i reati in contestazione.
Pronunciandosi sul tema, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, invero, che la disciplina legislativa è correlata, nel suo complesso, "al generale principio antielusivo" che "s'incardina sulla capacità contributiva ai sensi dell'art. 53 Cost., la cui ratio risponde al più generale principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.", ragion per cui "la punibilità del reato di condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalle quali riceve un beneficio economico". E' lo stesso legislatore, infatti, ad indicare "i dati che sono rilevanti ai fini del controllo, da parte dell'amministrazione erogante, sulla sussistenza dei presupposti per la concessione e il mantenimento del beneficio e a differenziarli da quelli irrilevanti, senza che possa essere lasciata al cittadino beneficiario la scelta su cosa comunicare e cosa omettere" (Cass. pen., sez. Ili, 25.10.2019, n. 5289).
Non può riconoscersi all'imputata, tenuto conto della spregiudicatezza di cui ha dato prova nella consumazione dei reati e dell'importo (decisamente apprezzabile) delle somme indebitamente percepite dalla stessa (e, dunque, dell'entità del danno correlativamente arrecato all'I.N.P.S.), l'invocata esimente della particolare tenuità del fatto, non ravvisandosi, nella condotta tenuta dalla Gi., i tratti costitutivi della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis c.p.
Possono, viceversa, riconoscersi all'imputata, tenuto conto del suo stato di incensuratezza e della non particolare gravità dei fatti, le circostanze attenuanti generiche.
L'evidente identità del disegno criminoso sotteso ai due diversi reati commessi dalla Gi. induce ad affasciare gli stessi nel vincolo della continuazione, individuando nel reato di cui al capo b) la violazione più grave in relazione alla quale determinare la pena base.
Ciò posto, considerati i criteri di commisurazione del trattamento sanzionatorio enunciati nell'art. 133 c.p., si ritiene equo condannare la Gi. alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, così determinata: pena base per il delitto di cui al capo b) due anni di reclusione, ridotta ad un anno e quattro mesi di reclusione in virtù del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, elevata alla misura finale sopra indicata per la continuazione con il reato di cui al capo a).
All'affermazione della penale responsabilità dell'imputata segue la condanna della stessa, secondo legge, al pagamento delle spese processuali.
Può riconoscersi alla Gi. - a tutt'oggi, come detto, incensurata - l'invocato beneficio della sospensione condizionale della pena, apparendo presumibile che la stessa si asterrà, per il futuro, dal commettere reati.
Tenuto conto della complessità delle questioni di fatto e di diritto sottese alla definizione del presente processo e (soprattutto) del carico di lavoro che grava sul ruolo dello scrivente, si ritiene opportuno fissare in sessanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara Ma.Gi. colpevole dei reati a lei ascritti e, riconosciute alla stessa le circostanze attenuanti generiche, riuniti i reati nel vincolo della continuazione, la condanna alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Letti gli artt. 163 e ss. c.p., ordina che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni.
Letto l'art. 544, 3 comma c.p.p., fissa in sessanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola l'11 marzo 2024.
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2024.