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Indebita percezione del reddito di cittadinanza: falsità dichiarative e inapplicabilità della particolare tenuità del fatto (Giudice Alessandra Zingales)

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Tribunale Nola, 19/12/2023, n.2258

In tema di indebita percezione del reddito di cittadinanza, le omissioni e dichiarazioni false presentate al fine di ottenere il beneficio, integrano il reato previsto dall’art. 7, D.L. 4/2019, laddove risultino decisive per l'erogazione indebita del sostegno economico, e la pluralità e gravità delle omissioni esclude l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone il giudizio del 17.02.2023, il GUP del tribunale di Nola ha disposto la comparizione di PI.Co. innanzi alla scrivente per il reato di cui all'imputazione che precede.

All'udienza del 18.09.2023 veniva dichiarata l'assenza dell'imputata, attesa la regolarità della notifica e la sua mancata comparizione in assenza di alcun legittimo impedimento; la scrivente, in mancanza di questioni o eccezioni preliminari, dichiarava l'apertura del dibattimento, le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie, ammesse con ordinanza, di seguito il processo era rinviato al 6.11.2023 per l'istruttoria.

In quella data, era presente il teste di lista del P.M., Mar. Po.Ma. che veniva escussa, al cui esito il processo era rinviato al 18.12.23 per la sola discussione. All'udienza cosi disposta l'imputata non era presente, né vi erano verbale di interrogatorio da acquisire e il difensore produceva una richiesta di rateizzazione all'INPS da parte dell'imputata, asseritamente riferita alla maggior somma percepita con la richiesta di reddito di cittadinanza, senza tuttavia supportare tale affermazione da ulteriore documentazione, sicché la scrivente, dichiarata la chiusura del dibattimento e l'utilizzabilità delle prove legittimamente acquisite, dava la parola alle parti perché rassegnassero le rispettive conclusioni, sintetizzate nella sezione che precede, quindi si ritirava in camera di consiglio, per poi decidere come dalla presente sentenza, resa pubblica mediante lettura del dispositivo alle parti presenti, il tutto per motivazioni che seguono.

Motivi della decisione
Orbene, le risultanze processuali comprovano pacificamente la penale responsabilità dell'imputata per il reato a lei ascritto in rubrica, dovendosi pertanto emettere una sentenza di condanna nei suoi confronti.

Il compendio probatorio si fonda sulle dichiarazioni rese dal teste di lista del P.M. durante il dibattimento, nonché dalla documentazione prodotta a supporto delle stesse, che corroborano il narrato da lei reso.

La teste, dunque (della cui attendibilità non v'è motivo di dubitare, attesa la qualifica di pubblico ufficiale rivestita nell'esercizio delle funzioni su cui ha reso dichiarazioni e della linearità del narrato), ha dichiarato che nel 2020 la Sezione Operativa di appartenenza, dei CC di Castello di Cisterna, aveva ricevuto dal Comando Provinciale il compito di effettuare controlli circa l'indebita percezione del reddito di cittadinanza, con riferimento particolare a soggetti che erano già stati censiti in occasioni di precedenti controlli.

Nel caso specifico, il controllo era partito dalla situazione del Ci.Pa., coniuge dell'odierna imputata e già conosciuto all'ufficio per precedenti di Polizia Giudiziaria, al fine di verificare se lui personalmente o qualche membro della sua famiglia fosse percettore del beneficio.

Quest'attività veniva effettuata inserendo i dati del Ci. nella piattaforma NIL (Comando di Tutela del Lavoro dei Carabinieri) dal quale era emerso, con nota 46/619-1 del 27.08.2021, che l'uomo era stato percettore del reddito, in qualità di componente del nucleo familiare dell'odierna imputata, dal mese di maggio 2020 a giugno 2021 a seguito di istanza della PI., per un totale di nove mensilità e un importo di 1.716,75 euro. Successivamente (tramite l'INPS) aveva acquisito l'intera documentazione relativa alla domanda di reddito di cittadinanza in questione, compresi gli allegati, quali il modello ISEE e la DSU, e da quest'ultima era emerso che Ci.Pa. era proprietario di un motociclo (...) ed immatricolato in data 12 maggio 2020, in violazione della norma di cui all'art. 2 D.L. 4/2019, il quale prevede che nessun componente deve avere la disponibilità di autovetture o motoveicoli nuovi.

Inoltre, era emerso che nella propria domanda la PI. aveva anche omesso di indicare la titolarità in capo a Ci.Pa. di immobili (nello specifico di 39 millesimi) siti in Napoli, nonché l'esistenza, al momento della domanda, di una misura cautelare di cui lo stesso era destinatario.

Successivamente, controllando la posizione specifica della PI., era emerso anche che l'imputata aveva percepito contributi in qualità di lavoratore, dipendente in congedo di maternità e di cassa integrazione presso la ditta (...) di Ci.Gi., nel medesimo periodo in cui aveva beneficiato del reddito di cittadinanza, ovverosia da maggio 2020 a febbraio 2021.

Su domanda del P.M., la teste riferiva che per tutti e ciascuno dei motivi sopra indica la PI. non era in possesso dei requisiti necessari per poter percepire il reddito di cittadinanza.

Orbene, appare dunque opportuno fare una breve disamina della previsione normativa, specifica, soffermando l'attenzione in particolare sui profili che maggiormente attengono al caso di specie.

Com'è noto, il reddito di cittadinanza è una misura che è stata introdotta nell'anno 2019 dal legislatore al fine di contrastare la povertà, la disuguaglianza e l'esclusione sociale ed è volta a garantire il diritto al lavoro e a favorire il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione, alla cultura mediante politiche finalizzate al sostegno economico e all'inserimento dei soggetti a liscino di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro, come recita il preambolo delle disposizioni introduttive alla normativa. Il legislatore, dunque, ha subordinato l'erogazione del beneficio ad una serie di requisiti, di carattere personale e reddituale, che sono stati analiticamente elencati nell'art. 2, dedicato ai beneficiari della misura. L'accesso e l'erogazione al beneficio, in particolare, sono presidiati dalla legge da apposite sanzioni: l'art. 7, comma 1 e 2, del decreto prevede alcune specifiche ipotesi delittuose, pelle ipotesi di falsità o omissioni rilevanti in sede di presentazione della domanda o mancato adempimento degli obblighi di aggiornamento imposti dalla disciplina stessa. Trattasi di due reati di condotta e di pericolo, la cui ratio si rinviene nella tutela dell'amministrazione contro affermazioni mendaci o omissioni relative all'effettiva situazione patrimoniale, reddituale e personale dei soggetti che vogliano accedere o abbiano già avuto accesso al reddito di cittadinanza.

Al beneficiario attuale o futuro - del reddito di cittadinanza, la legge impone, nello specifico, due obblighi informativi, diversi per oggetto e collocazione temporale, e ad essi ricollega due differenti sanzioni. Da una parte, infatti, il comma 1 punisce chi "al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute"; si tratta di un reato connotato da dolo specifico e realizzabile attraverso una pluralità di condotte, attive e omissive, riferite alle informazioni dovute in sede di presentazione della domanda di accesso al beneficio.

Dall'altra, il comma 2 incrimina il "mancato aggiornamento" consistente nella "omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio".

Peraltro, la giurisprudenza di legittimità è già intervenuta più volte a delimitare l'ambito di operatività della fattispecie incriminatrice con riguardo all'aspetto omissivo, essendosi delineati due orientamenti sul punto. Secondo il primo, più formalistico e restrittivo, "il reato di cui al D.L. n. 4 del 2019, art. 7, convertito, con modificazioni, con L. n. 26 del 2019, è integrato dalle false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del "reddito di cittadinanza", indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio in questione" (Cass. Sezione III, Sent. n. 5289 del 10 febbraio 2020; Cass., Sezione III, sent. n. 33431 del 9 settembre 2021); tale impostazione richiama i principi formatisi in applicazione della normativa in materia di ammissione al patrocinio giudiziario a spese dello Stato dei soggetti non abbiente ritiene, in particolare, che tale regola sarebbe espressione del generale principio antielusivo che si incardina sulla capacità contributiva del cittadino ai sensi dell'art. 53 della Costituzione. Sulla base di tale rilievo la predette pronunce sono partite dal presupposto che le fattispecie incriminataci previste dal D.L. n. 4 del 2019, art. 7, trovino applicazione indipendentemente dall'accertamento della effettiva sussistenza delle condizioni per l'ammissione al beneficio e in particolare, dall'accertamento del superamento delle soglie reddituali di legge, in quanto il legislatore ha inteso creare un meccanismo di riequilibrio sociale, il cui funzionamento presuppone necessariamente una leale cooperazione fra cittadino ed Amministrazione, che sia ispirata alla massima trasparenza.

Diversamente opinando, altro orientamento afferma che appare più in linea con t principi di ordine costituzionale - in tema di necessaria offensività del reato - il ritenere che con la espressione "al fine di ottenere indebitamente il beneficio" il legislatore abbia inteso (...) in termini di concretezza il pericolo che potrebbe derivare dalla falsità ovvero dalla omissività delle dichiarazioni presentate per il conseguimento del "reddito di cittadinanza", nel senso che la loro rilevanza penale sarà sussistente nei soli casi in cui intensione dell'agente era il conseguire, attraverso di esse, un beneficio diversamente non dovuto (Cass., Sezione III, Sent. n. 44366 dell'10.12,2021). Così delineata la cornice legislativa e l'interpretazione giurisprudenziale formatasi su di essa ed applicando i principi da ultimo richiamati al caso di specie, deve evidenziarsi che l'imputata, nella propria richiesta di fruizione del beneficio, ha omesso di dichiarare non solo la percezione di contributi in qualità di lavoratore dipendente ed in congedo, ma anche il possesso di un motoveicolo nuovo intestato a Ci.Pa., componente del nucleo familiare, e la titolarità di quest'ultimo di frazione di immobili, oltre al fatto di essere gravato da misura cautelare, ma anche di essere ella stessa percettrice di ulteriori benefici previdenziali, tutte circostanze che avrebbero influito sull'ammissibilità del beneficio in maniera negativa.

Può pertanto concludersi, al di là di ogni ragionevole dubbio, in ordine alla sussistenza del reato contestato alla PI., integrato sia sotto il profilo oggettivo, in quanto la condotta da lei tenuta le ha consentito di percepire un beneficio economico altrimenti non dovutole, che sotto quello soggettivo, non potendosi dubitare che le omissioni delle indicazioni sopra contestate sia stata finalizzata proprio all'ottenimento del beneficio. La pluralità e gravità delle omissioni dichiarative impedisce di considerare il fatto di speciale tenuità e di applicare l'art. 131 bis, così come richiesto dal difensore.

Affermata, dunque la penale responsabilità dell'imputata, il trattamento sanzionarono deve prendere le mosse dai criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., in ragione dei quali stimasi equo irrogare la pena anni due di reclusione, applicata comunque nel minimo edittale, non essendo emersi clementi cui ancorare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendone la donna già più volte beneficiato.

Al riconoscimento della penale responsabilità segue per legge la condanna alla refusione delle spese processuali.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,

dichiara PI.Co. colpevole del reato a lei ascritto e, per l'effetto, la condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Nola il 18 dicembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2023.

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