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Oltraggio a pubblico ufficiale: lesione del prestigio e esclusione della tenuità del fatto (Giudice Eliana Franco)

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Tribunale Napoli sez. I, 06/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 06/11/2018)

Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall'art. 341 bis c.p., si configura quando, in luogo pubblico o aperto al pubblico, vengono pronunciate espressioni volgari e offensive dirette alla persona del pubblico ufficiale, idonee a ledere il prestigio e l’autorità dell’ufficio. La pubblica diffusione dell’offesa e la gravità del contesto possono escludere l’applicazione dell’attenuante della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), soprattutto in presenza di condotte reiterate e non giustificate.

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La sentenza integrale

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, E.L. veniva tratta a giudizio per rispondere dell'imputazione formulata dal PM e trascritta in epigrafe.

All'udienza del 29 ottobre 2018, dopo alcuni rinvii preliminari per mancata traduzione dell'imputata, non detenuta per altro, accertata la regolare costituzione delle parti e dichiarata l'assenza dell'imputata, ritualmente citato e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento, si rinviava per l'assenza dei testi.

All'odierna udienza, dopo le formalità di apertura del dibattimento, si ammettevano le prove richieste e veniva escusso il teste F.S., quindi, dichiarata chiusa l'istruttoria ed utilizzabili tutti gli atti presenti nel fascicolo del dibattimento, il P.M. e la Difesa concludevano come da verbale e questo Giudice pronunciava il dispositivo e la contestuale motivazione della sentenza mediante lettura in pubblica udienza.

L'istruttoria dibattimentale evidenzia la penale responsabilità dell'imputata con riferimento al reato previsto dall'art 341 bis c.p. per le ragioni di seguito illustrate.

In particolare l'odierna vicenda processuale deve essere ricostruita sulla base delle dichiarazioni rese da F.S. in ordine alla cui attendibilità non possono nutrirsi dubbi, in assenza di ogni elemento di senso contrario, trattandosi di deposizione dal contenuto chiaro, preciso, logicamente coerente proveniente da un pubblico ufficiale (agente dei carabinieri) in merito a fatti dell'ufficio. Orbene in base alle prove prima richiamate risulta che in data 2.9.14 i carabinieri S.F., Z.I., C.P., in esecuzione di attività di perquisizione e sequestro, effettuavano un controllo presso l'abitazione di un congiunto della prevenuta.

In risposta la E.L. - affacciandosi dal balcone ed urlando - rivolgeva ai carabinieri le seguenti frasi: (omissis).

Il teste S. ha precisato che le urla della E.L. erano ascoltate dai passanti sulla pubblica via.

Alla luce della ricostruzione dei fatti sino ad ora illustrati deve ritenersi che l'imputata abbia certamente posto in essere il reato previsto dall'art 341 bis c.p. ed infatti, E.L. in luogo esposto al pubblico ed alla presenza di terze persone, ha espresso in modo volgare e con toni offensivi valutazioni dirette non al merito dell'attività posta in essere dai pubblici ufficiali, ma alla persona dei predetti (ripetutamente appellati "infami infami"), esplicitando considerazioni idonee a ledere il prestigio di cui devono essere circondati i soggetti che esercitano una pubblica funzione (v. tra le altre Cass. Sez. 6, Sentenza n. 8304 del 13/06/1996, Cass. n. 12992 del 1998).

Le modalità dell'intera vicenda fino ad ora illustrata, consentono, poi, di ritenere provata la sussistenza del dolo in capo alla E.L. che ha, ripetutamente, rivolto frasi offensive nei confronti dei carabinieri presenti. All'imputata non possono concedersi le circostanze attenuanti generiche considerato che la sua condotta è priva di qualsivoglia giustificazione, che le offese sono state rivolte nei confronti di tre carabinieri intenti a svolgere il loro ufficio, sono state formulate ad alta voce in presenza di numerose altre persone. Tali circostanze consentono anche di escludere ricorra nel caso di specie un'ipotesi di particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).

In considerazione della risalente ultima condanna (2011) può escludersi la recidiva contestata.

Quanto alla pena, tenuto conto dei criteri espressi dall'art. 133 c.p. il Tribunale ritiene congruo determinarla in giorni venti di reclusione.

Segue la condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che non ricorrono le condizioni previste dagli artt. 163 e 164 c.p ed ancora che avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art 133 c.p. non può presumersi che E.L., visti i suoi precedenti penali (per diverse tipologie di reato - violazione t.u. leggi doganali, fabbricazione abusiva materia esplodenti, ricettazione - si asterrà dal commettere ulteriori).

P.Q.M.
Letti gli artt.533 e 535 c.p.p.

Dichiara E.L. colpevole del reato previsto dall'art 341 bis c.p. e per l'effetto, la condanna alla pena di giorni venti di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Napoli, 29.10.2018

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