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Oltraggio a pubblico ufficiale: la rilevanza della presenza di terzi e dell’esercizio delle funzioni (Giudice Gemma Sicoli)

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Tribunale Nola, 12/05/2022, n.977

In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 341-bis c.p., si configura il reato quando l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale avviene in luogo pubblico o aperto al pubblico, in presenza di più persone, durante l'esecuzione di un atto d'ufficio e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni. L'elemento soggettivo è costituito dalla consapevolezza del reo di interagire con un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso dalla Procura in sede del 27.04.2021, veniva disposto il rinvio a giudizio di Di.Gi. innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica, chiamato a rispondere del reato trascritto in rubrica per l'udienza del 09.11.2021. Dopo un breve rinvio dovuto alla corretta instaurazione del contraddittorio, il Giudice rinviava il processo all'udienza del 23.02.2022.

Alla prenominata udienza, il Giudice dichiarava l'assenza dell'imputato regolarmente citato e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento. Successivamente il Giudice, superata la fase delle questioni preliminari senza che venisse sollevata alcuna eccezione, dichiarava aperto il dibattimento, le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie e la scrivente pronunciava ordinanza ammissiva delle prove attestata la pertinenza e rilevanza delle stesse. Il Giudice acquisiva la documentazione prodotta dal pm ovvero il verbale di contestazione del 21.04.2020 ed allegata dichiarazione e, dopo aver dato atto dell'assenza giustificata della P.O. Cr.Ro., procedeva all'escussione della P.O. Mu.Ge.. All'esito il pm rinunciava all'escussione delle ulteriori e residue PP.OO. Pe.Er. e Ru.Vi. ed il Giudice, sentite le parti ne revocava l'ordinanza ammisiva per manifesta superfluità.

Alla medesima udienza si procedeva altresì all'escussione della P.O. Gr.Gi.. Il processo infine approdava all'udienza del 10.05.2022 per l'esame della P.O. Cr.Ro., dell'imputato e la discussione.

All'odierna udienza - assente l'imputato - si procedeva all'escussione della teste Cr.Ro. ed il Giudice acquisiva le memorie della Corte di Cassazione prodotte dal difensore. Successivamente, il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria utilizzabili gli atti presenti al fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a concludere, sulle conclusioni delle parti, a seguito della deliberazione in camera di consiglio, pronunciava sentenza come da dispositivo letto in udienza.

Motivi della decisione
L'istruttoria dibattimentale ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto.

Ed invero, sulla scorta delle fonti di prova raccolte poste a fondamento della decisione (verbale di contestazione del 21.04.2020 a cura del Corpo di Polizia Metropolitana della città di Napoli/autodichiarazione a cura dell'odierno imputato del 21.04.2020/dichiarazioni del teste Mu.Ge. dichiarazioni del teste Gr.Gi./dichiarazioni della teste Cr.Ro.) la vicenda processuale è stata così brevemente ricostruita.

Dal verbale di contestazione agli atti e dalle dichiarazione rese dai testi escussi in dibattimento, emergeva che gli agenti operanti, Cr.Ro. e Gr.Gi., impiegati in un controllo volto al rispetto della zona rossa istituita con ordinanza del comune n. 35 del 2020 e finalizzata alla prevenzione della diffusione del Covid 19, il 21 aprile 2020 alle ore 16:30, fermavano l'odierno imputato alla guida di una Fiat Panda targata (...) in via (...) del Comune di Saviano. Il predetto dichiarava di essere a conoscenza delle misure di contenimento vigenti in quel periodo ed allo stesso veniva contestata la violazione delle misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica. In particolare il Di. in quella occasione violava le ulteriori e ancora più restrittive misure di contenimento adottate dalla Regione Campania, con ordinanza n. 32 del 12.04.2020 e n. 35 del 19.04.2020 (quest'ultima relativa in particolar modo per il Comune di Saviano) concernenti le limitazioni allo spostamento delle persone fisiche all'interno del territorio nazionale. Nel caso di specie l'odierno imputato circolava alla guida della vettura Fiat panda, senza giustificato motivo, ovvero al di. fuori dei casi espressamente previsti (comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, motivi di salute ovvero situazioni di necessità) all'interno di un comune diverso rispetto a dove lo stesso risedeva, (cfr. verbale di contestazione agli atti) In merito a ciò, il Di. giustificava la presenza all'interno del Comune di Saviano, dichiarando di essere dipendente presso la società "Di. S.p.A. auto" e testualmente riferiva "devo incassare i soldi di un noleggio auto" (cfr. autodichiarazione agli atti).

In sede di escussione la P.O. Mu.Ge., premetteva che in data 21 aprile 2020, il collega - Gr.Gi. - svolgeva personalmente gli. accertamenti in merito all'ordinanza n. 35 del 2020 (la quale disponeva il divieto di allontanamento e di ingresso nel Comune di Saviano) nei riguardi dell'odierno imputato mentre, 3o stesso sopraggiungeva in un momento successivo. Il Mu. specificava che, rispetto al suddetto collega, lo stesso era posizionato più avanti ed entrambi rispettivamente con altri collegi - quali Ru.Vi., Cr.Ro., Vi.Er. e Mi.Pe. - si trovavano distanti gli uni dagli altri, procedendo ciascuno all'intimazione dell'art. alle vetture che circolavano, atteso che il Comune di Saviano in quel periodo risultava essere in zona rossa a causa della situazione di emergenza epidemiologica. L'agente di pg escusso dichiarava che il Di. veniva sanzionato atteso che il predetto non era residente nel Comune di Saviano, spostandosi in particolare dal Comune di Sant'Anastasia verso Baiano "per cose sue, ma non doveva per niente, al di là. che non poteva andare nemmeno, con l'ordinanza a Baiano, a meno che non c'era mi motivo valido, definito sempre dalla normativa, ma a Saviano che era zona rossa nel modo più assoluto". Nei corso dell'escussione, la P.O. specificava che vedendo il Di. che "in modo molto minaccioso e gridava, e diceva parole insomma un poco vicino al collega che lo stava generalizzando" raggiungeva il Gr., precisando testualmente che l'odierno imputato, si rivolgeva nei riguardi di tutti gli agenti presenti riferendo "siete tutti scemi, fate presto".

L'Agente di pg Mu. dichiarava poi che, il Di. assumeva un atteggiamento scontroso anche nei riguardi della collega - Cr.Ro. - la quale dovendo procedere alla redazione del verbale di elezione di domicilio, gli chiedeva gentilmente di riferirgli il numero di cellulare e lo stesso rispondeva "io il telefono non lo do" spiegando che il Di., in quella circostanza, faceva intendere che la collega avesse un interesse nei riguardi del predetto. Altresì la persona offesa dichiarava che il Di. si rivolgeva alla Cr.Ro. riferendo "io sono sposato Maresciallo, che volete? Il mimerò di telefono?" il teste sul punto chiariva: "fu un episodio molto brutto, nonostante noi ci siamo comportati benissimo".

Su domanda del pm, il Mu. dichiarava che l'atteggiamento poco corretto del Di. durava più di un quarto d'ora atteso che lo stesso, nel mentre gli agenti operanti redigevano i verbali, il citato proferiva diverse parole con un contegno di resistenza specificando che tale atteggiamento durava per tutto il periodo in cui il Di. veniva fermato.

Su domanda della difesa, il Mu. dichiarava che le offese fatte dal Di. nei riguardi dei cinque agenti, non si limitavano a quelle riportate nel capo di imputazione riferendo testualmente "no, non solo questo, era molto minaccioso, nel senso che lui è sceso anche dalla macchina". Proseguendo nel racconto, l'agente di pg riferiva altresì che il Di. "ha detto più di una frase, ha detto:fate presto scemi di merda, muovetevi. Siete tutti scemi, ma poi gridava in un modo molto forte, e la cosa poi che pure è successa, perché poi abbiamo verificato, ha attirato l'attenzione di tutte le persone che sono usciti, ci hanno ripreso con i telefonini, e siamo andati anche a finire sui social".

Su domanda del Tribunale, la p.o. confermava che, gli agenti presenti, nella suddetta vicenda erano tutti in divisa, con i colori dell'istituto e con le vetture di servizio.

In data 23 febbraio 2022 veniva altresì escussa la p.o. Gr.Gi., il quale confermava che in data 21 aprile 2020 insieme alle forze di Polizia e all'esercito, provvedevano al controllo del rispetto dell'ordinanza nr.35 del 2020 la quale istitutiva la zona rossa per il Comune di Saviano. In particolare il Gr. riferiva che, il Comune di Saviano in quel periodo era blindato da appositi varchi così da evitare che persone non residenti in Saviano potessero farvi ingresso. La persona offesa raccontava che, il collega Ru. nell'intimare l'art. alla vettura Fiat Panda alla cui guida vi era l'odierno imputato, chiedeva al predetto le motivazioni per le quali si trovasse nel Comune di Saviano oltre ai documenti della vettura. A tal proposito, il Gr. riferiva che, il Di. si giustificava con motivazioni non previste dall'ordinanza e, per tale ragione procedevano alla redazione del verbale di constatazione. La persona offesa altresì specificava che "il Di. si è cominciato ad alterare" ovvero inizialmente si rifiutava di esibire i documenti e, successivamente "in modo alterato li ha presentati".

Su domanda del pm, il Gr. riferiva che l'autodichiarazione redatta dall'odierno imputato, conteneva motivazioni non previste dall'ordinanza, in particolare la persona offesa riferiva che lo spostamento del suddetto era da Sant'Anastasia con destinazione Baiano, territori che tuttavia non erano direttamente collegati con la presenza a Saviano, per cui procedevano alla contestazione specificando che "all'atto in cui diciamo così il Di. ha capito che stavano contestando la violazione dell'ordinanza ha cominciato con ingiurie, atteggiamenti anche fisici, diciamo così di un certo tipo". Su domanda del Giudice al fine di specificare la tipologia di ingiurie pronunciate dal Di., il Gr. riferiva testualmente "siete tutti scemi, siete una banda, di scemi, cioè queste cose qua avendo un atteggiamento veemente nei nostri confronti, tant'è che questa cosa ha determinato anche l'attenzione dei cittadini che stavano lì intorno". Altresì il Gr. confermava che la collega Cr.Ro. nel chiedere al Di. il numero di cellulare, al fine di compilare il verbale di elezione di domicilio, lo stesso rispondeva che era spostato facendo intendere che la Cr.Ro. "avesse fatto una avance net suoi confronti; dopodiché sempre tenendo lo stesso atteggiamento, cioè quello di un atteggiamento strafottente e comunque alterato nei nostri confronti, poi alla fine si è messo in macchina, perché l'abbiamo invitato a liberare, gli abbiamo consegnato sia il verbale che il foglio, l'elezione di domicilio, che ripeto, ha rifiutato di firmare, poi è andato via e noi abbiamo continuato il servizio".

Su domanda della difesa, la p.o. specificava che sebbene il contenuto dell'offesa che il Di. rivolgeva nei loro riguardi era sempre dello stesso tenore, non si limitava ad una singola offesa bensì erano più "offese ripetute nel tempo".

Su precisazione del Tribunale, in seguito alla lettura delle frasi riportate nel capo di imputazione, ovvero "siete tutti scemi, scemi di merda, fate presto scemi, fate quello che sfaccimma volete voi" la persona offesa confermava e ribadiva che le suddette frasi venivano ripetute dal Di. diverse volte e "con atteggiamenti fisici", consistiti nel venire verso di loro. Tuttavia, il Gr., specificava che l'atteggiamento fisico posto in essere dal Di. non era da intendersi come un'aggressione aggiungendo che, altrimenti glielo avrebbero contestato.

Su domanda della difesa, il Gr. riferiva che all'atto del controllo, il Di. dichiarava di svolgere un'attività dedita al commercio delle auto e che, quel giorno, da Sant'Anastasia si stava portando a Baiano. Altresì la persona offesa riferiva - su domanda della difesa - che il Di. in quella circostanza non gli riferiva che la suddetta attività fosse presente sul territorio di Saviano, altrimenti avrebbero verificato se tale ipotesi rientrasse o meno nell'ordinanza. All'odierna udienza la p.o. Cr.Ro. confermava quanto suddetto, dichiarando che nella circostanza in cui chiedeva al Di. il recapito telefonico ed altre informazioni al fine di redigere il verbale di elezione di domicilio, il citato ripetutamente e "con tono beffardo" si rivolgeva nei propri riguardi riferendo testualmente "sono sposato maresciallo" come se la predetta avesse un interesse personale nei propri riguardi. Su domanda del pm, la Cr.Ro. riferiva che insieme a quattro colleghi - tutti in divisa e con dispositivi che consentivano il loro riconoscimento - si trovavano ad un incrocio di una pubblica via sita in Saviano, al fine di controllare l'ordinanza che disponeva la zona rossa del citato Comune. Altresì la p.o. raccontava che era il collega Ru. ad intimare all'odierno imputato di fermarsi e che, in secondo momento raggiungeva il predetto atteso che notava il Di. rivolgersi all'agente in modo "agitato, un po' troppo forse". Su domanda del pm, la Cr.Ro. riferiva poi che all'angolo del predetto incrocio, vi erano stabilimenti ed appartamenti dai quali erano affacciate persone che con dispositivi, riprendevano quanto stesse accadendo pubblicando successivamente i video su facebook. Infine la p.o. riferiva - su domanda del difensore - che l'odierno imputato all'atto del controllo forniva la relativa autocertificazione, la quale indicava lo spostamento dell'odierno imputato dal Comune di Sant'Anastasia al Comune di Baiano ed aggiungeva che non verificavano se il predetto avesse dei parenti residenti in Saviano atteso che lo stesso non risiedeva nel predetto Comune.

Queste le risultanze processuali, si ritiene provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto.

In punto di diritto, si osserva che il reato di cui all'art.341 bis c.p. sanziona la condotta di colui che in luogo pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni. La legge 94/2009 ha espunto dal tessuto normativo ogni riferimento alla violenza, con la conseguenza che l'uso della violenza è compatibile con tale delitto soltanto nei ristrettissimi limiti della cosiddetta ingiuria reale, configurabile quando le percosse costituiscano una violenza di inavvertibile entità, che, senza voler cagionare alcuna sofferenza alla parte offesa, evidenzi il proposito di arrecare alla vittima offesa morale, avvilendola con un gesto di disprezzo (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 24630 del 15/05/2012 Imputato: Fi. e altro).

Questo reato, da ritenersi plurioffensivo essendo i soggetti passivi sia il pubblico ufficiale che la Pubblica Amministrazione cui il pubblico ufficiale appartiene, nonché a forma libera (potendo essere integrato con qualsiasi mezzo idoneo suscettibile di arrecare nocumento al decoro ed al rispetto del p.u.), presenta innovazioni significative nella nuova formulazione prevista dalla legge 94/2009. Infatti, in primo luogo l'offesa all'onore ed al prestigio del pubblico ufficiale deve avvenire cumulativamente e non disgiuntamente come in precedenza. Occorre quindi che l'offesa riguardi necessariamente sia le qualità morali del pubblico ufficiale che la sua dignità, con riferimento alla funzione pubblica esercitata sicché non saranno punibili condotte lesive del solo onore del soggetto passivo e non anche del prestigio del pubblico ufficiale in relazione al ruolo istituzionale svolto all'interno dell'ente di appartenenza.

L'offesa all'onore, diversamente dalle disposizioni previgenti, va intesa non solo con riferimento alle qualità morali del pubblico ufficiale ma anche a quelle intellettuali, fisiche ed altre qualità che concorrono a determinare il prestigio dell'individuo nel contesto in cui vive mentre, con riferimento al prestigio, esso va inteso quale dignità e rispetto che connotano la funzione istituzionale esercitata.

In secondo luogo, con la citata riforma, la presenza di più persone è elemento costitutivo del reato laddove in precedenza costituiva una circostanza aggravante speciale. Ne consegue che, nella attuale previsione normativa, il reato deve essere commesso necessariamente alla presenza di almeno due soggetti estranei al fatto ed in tale numero non possono computarsi né il pubblico ufficiale offeso né eventuali complici del soggetto agente.

Inoltre, la condizione è che le persone estranee abbiano effettivamente percepito o siano in grado potenzialmente di percepire il comportamento oltraggioso di talché il reato non può certamente sussistere in caso di scritti ovvero comunicazioni telegrafiche o telefoniche diversamente dalla fattispecie previgente.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 19010 del 28/03/2017 dep. 20/04/2017 Rv. 269828 Imputato: Trombetta Conformi: Cass. Sez.6 sentenza n. 15440 del 2016 Rv. 266546 Imputato SAAD) ha ribadito che, ai fini della configurabilità del delitto, è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, "poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la P.A. di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie".

Ulteriore requisito strutturale del delitto è che l'offesa al p.u. non può avvenire ovunque come accadeva in precedenza, ma è necessario che avvenga in luogo pubblico o in luogo aperto al pubblico tale che è evidente come sia stata notevolmente ridotta la portata applicativa della nuova fattispecie di reato. Infine, risulta necessario il nesso funzionale di contestualità a differenza dell'abrogato art. 341 c.p. prevedendo l'art. 341-bis c.p. che il reato si configura a condizione che l'offesa sia rivolta ad un pubblico ufficiale non solo a causa o nell'esercizio delle sue funzioni ma anche mentre questi compie un atto d'ufficio.

In ragione della diversità ontologica tra le due fattispecie di reato - quella abrogata e quella attuale rimodulata con la legge 94/2009 - la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato come ciò che attualmente rileva ai fini della incriminazione penale non è la mera lesione in sé dell'onore e della reputazione del pubblico ufficiale,quanto la conoscenza di tale violazione da parte di un contesto soggettivo allargato a più persone presenti al momento dell'azione, da compiersi in un ambito spaziale specificato come luogo pubblico o aperto al pubblico e in contestualità con il compimento dell'atto dell'ufficio ed a causa o nell'esercizio della funzione pubblica. In altri termini, il legislatore incrimina comportamenti ritenuti pregiudizievoli del bene protetto a condizione della diffusione della percezione dell'offesa, del collegamento temporale e finalistico con l'esercizio della potestà pubblica e della possibile interferenza perturbatrice col suo espletamento.

Ne consegue che "non può ravvisarsi continuità normativa tra le due figure di illecito penale di oltraggio a pubblico ufficiale, l'una abrogata per effetto dell'art. 18 legge n. 205 del 1999, l'altra introdotta dalla legge n. 94 del 2009, sia per la diversità strutturale e la differente tipologia di azione necessaria ad integrare il reato, sia per il notevole distacco temporale tra abrogazione della precedente fattispecie ed introduzione della nuova" (cfr. Cass. Sez. I, Sentenza n. 42900 del 27/09/2013 Cc. dep. 18/10/2013 Rv. 257160 Imputato: Pr.).

Premesso l'inquadramento normativo e giurisprudenziale della fattispecie criminosa in esame, ritiene il Giudice che i fatti come appena ricostruiti da ufficiali qualificati di P.G., intrinsecamente attendibili, versati negli atti d'indagine ed escussi in sede dibattimentale, sono risultati assolutamente idonei a suffragare l'ipotesi accusatoria, non difettando in alcuno dei requisiti costitutivi indefettibili richiesti dall'art.,341 bis c.p. nella nuova formulazione.

Ebbene, la scrivente ritiene che, nel caso di cui è processo, la fattispecie incriminatrice di cui all'art341 bis c.p. così come contestata si, sia perfettamente configurata sia nell'elemento oggettivo che soggettivo. Sotto il profilo soggettivo, è sufficiente, infatti, che l'agente abbia la consapevolezza della qualità di pubblico ufficiale del soggetto passivo e del fatto che questo stesse compiendo un atto del suo ufficio, senza che sia necessaria una consapevolezza "giuridica" del suo status risultando bastevole che il reo sia consapevole, alla stregua dell'uomo medio, di essere entrato in contatto con un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni (Cass. n. 12981/1998).

Ed invero nel caso di specie, l'espressione rivolta dall'imputato ai pubblici ufficiali "siete tutti scemi. ..scemi di merda...fate presto scemi...fate quello che sfaccimma volete voi" accompagnata dal portarsi fisicamente verso gli agenti in servizio costituisce offesa sia all'onore dei pubblici ufficiali intesi nella loro dignità di persone sia al prestigio della pubblica funzione svolta. Altresì l'espressione "sono sposato maresciallo" che il Di., per ben due volte, rivolgeva all'ufficiale Cr.Ro. la quale si limitava semplicemente a richiedere allo stesso un recapito telefonico da apporre sul verbale di elezione di domicilio, faceva alludere ad un qualche interesse personale dell'agente nei suoi riguardi, offendendone l'onore ed il prestigio.

Rispetto alla prima frase, la scrivente ritiene che si tratta, di un'espressione obiettivamente offensiva e denigratoria in sé secondo il comune sentire e secondo un criterio di valutazione ex ante ed obiettivamente percepita e percepibile nel suo contenuto ingiurioso e dispregiativo. Va poi rilevato che la frase è stata rivolta ai pubblici ufficiali tutti in divisa, con i colori dell'istituto e con le relative vetture di servizio, in un luogo aperto al pubblico, ovvero presso una strada comunale, nella contestualità dell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, dunque, nel momento in cui stavano compiendo un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle loro funzioni. In particolare I pubblici ufficiali si trovavano impegnati a controllare la corretta osservanza, da parte dei cittadini, dell'ordinanza n. 85 del 19,04.2020 la quale istitutiva la zona rossa per il Comune di Saviano. In particolare l'agente di pg escusso - Gr.Gi. - riferiva che il Comune di Saviano in quel periodo era blindato da appositi varchi così da evitare che persone non residenti in Saviano potessero farvi ingresso o circolarvi al di fuori di comprovati ed autorizzati motivi. Nel caso di specie, il Di. violava la suddetta ordinanza atteso che lo stesso, circolava alla guida della vettura Fiat panda, senza giustificato motivo ovvero al di fuori, dei casi espressamente previsti dall'ordinanza (comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, motivi di salute ovvero situazioni di necessità) all'interno di un comune diverso rispetto a dove lo stesso risedeva, (cfr. verbale di contestazione agli atti)

Orbene, il citato giustificava la propria presenza all'interno del Comune di Saviano, in quanto dipendente presso la società "Di. S.p.A. auto" e testualmente dichiarava "devo incassare i soldi di un noleggio auto" (cfr. autodichiarazione agli atti); tuttavia l'agente Gr. escusso, riferiva che l'autodichiarazione redatta dall'odierno imputato, conteneva motivazioni non previste dall'ordinanza, in particolare lo spostamento del suddetto era dal Comune di Sant'Anastasia con destinazione in Baiano, territori che, tuttavia non erano direttamente collegati con la presenza in Saviano.

In ogni modo, il Di. non si limitava semplicemente a violare l'ordinanza, bensì all'atto in cui lo stesso comprendeva che gli ufficiali procedevano alla contestazione della violazione dell'ordinanza, il citato assumeva per circa 15/20 minuti, un atteggiamento poco corretto proferendo diverse parole in un'ottica di resistenza. In particolare, il Gr. in sede di escussione dichiarava che, il Di., dapprima si rifiutava di esibire i documenti e successivamente "ha cominciato con ingiurie, atteggiamenti anche fisici, diciamo così di un certo tipo".

Altresì, il pubblico ufficiale Mu. in sede di escussione, dichiarava che le offese fatte dal Di. nei riguardi dei cinque agenti, non si limitavano a quelle riportate nel capo di imputazione atteso che il citato riferiva testualmente "no, non solo questo, era molto minaccioso, nel senso che lui è sceso anche dalla macchina.

Similmente l'odierno imputato - come riferiva l'agente di pg. Mu. - assumeva un atteggiamento scontroso anche nei riguardi, della collega Cr.Ro., la quale dovendo procedere alla redazione del verbale di elezione di domicilio, gli chiedeva il numero di cellulare e lo stesso rispondeva "io il telefono non lo do" facendo intendere che l'agente avesse un interesse nei suoi riguardi "io sono sposato Maresciallo, che volete? Il numero di telefono?".

Infine il Gr. in sede di escussione spiegava che il Di. oltre a proferire offese, "fisicamente c'era un comportamento che andava verso di noi, e quindi, non con un atteggiamento regolare di quand'urto fornisce i documenti, prende una contestazione saluta e se ne va, c'è un comportamento condito con questi epiteti".

Osserva il Giudice che la condotta posta in essere dall'imputato trattandosi, all'evidenza, di una esternazione offensiva e specificamente indirizzata alle qualità dei pubblici ufficiali senza alcuna motivazione, catturava altresì l'attenzione di terze persone nella misura in cui come le pp.oo. testualmente riferivano "tutte le persone che sono usciti, ci hanno ripreso con i telefonini, e siamo andati anche a finire sui social".

In definitiva, sia in relazione al profilo della apprezzabile rilevanza penale del fatto in sé e dell'offensività, concreta, sia in relazione al profilo della percezione dell'offesa da parte di una pluralità di persone quale requisito essenziale richiesto dalla norma incriminatrice nella attuale formulazione che richiede necessariamente la conoscenza della lesione all'onore e prestigio dei pubblici ufficiali da parte di un contesto soggettivo esteso diverso dalla vittima, si ritiene perfettamente configurato il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nella formulazione della fattispecie come delineata dall'art341 bis c.p..

L'imputato, da parte sua, non ha sollevato né in fase di indagini né nel corso del processo, assumendo una totale inerzia, deduzioni di segno contrario e/o liberatorio rispetto alla ricostruzione accusatoria.

Essendo stata pertanto dimostrata la realizzazione da parte dell'imputato di una condotta integrante tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa prevista e punita dall'art. 341 bis c.p., va certamente affermata la sua responsabilità penale in ordine a tale reato.

Tanto premesso in ordine alla responsabilità dell'imputato, occorre determinare il trattamento sanzionatorio da irrogare nei suoi confronti.

Va esclusa la recidiva, di cui all'art. 99 c.p., contestata a carico di Di.Gi.. Secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 20798/2011, imp. In.) la recidiva - la cui applicazione risulta oggi sempre facoltativa - è una circostanza pertinente al reato che richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il fatto che deve risultare sintomatico, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all'epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosità sociale.

In sostanza la recidiva diviene produttiva di effetti unicamente se il giudice ne accerti i requisiti costitutivi e la dichiari, verificando non solo l'esistenza del presupposto formale rappresentato dalla previa condanna, ma anche del presupposto sostanziale, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo, da accertarsi discrezionalmente. Ebbene, nella specie, il nuovo episodio delittuoso qui in contestazione non appare esprimere, in concreto, una maggiore colpevolezza e, soprattutto, una maggiore pericolosità sociale dell'imputato; avuto riguardo alla eterogeneità dei reati commessi e alla cesura temporale che separa le precedenti condanne rispetto alla condotta delittuosa in esame (cfr. Corte Costituzionale, sentenza 14/06/2007 n. 192).

Non si apprezzano né sono stati dedotti elementi suscettibili di positivo apprezzamento, ai fini della concessione, in favore dell'odierno imputato, delle circostanze attenuanti generiche, di cui all'art. 62-bis c.p. (sul punto, cfr. Cass. Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018 Ud. (dep. 04/03/2019), PG C/VI.CL., Rv. 275640 - 01: "Le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo"; conforme: Cass. Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Ve., Rv. 260054 - 01, a mente della quale: "Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena".

Devono, infatti, valorizzarsi, in chiave ostativa, le modalità del fatto, e la durata dello stesso. Valutati, pertanto, i criteri direttivi di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo irrogare la pena di mesi sei di reclusione.

Segue per legge il pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara l'imputato colpevole del reato allo stesso ascritto in rubrica e, escluso l'aumento per la contestata recidiva, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione, oltre spese processuali.

Così deciso in Nola il 10 maggio 2022.

Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2022.

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