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Truffa: è un reato istantaneo e di danno


Sentenze della Corte di Cassazione in relazione al reato di truffa

La massima

La truffa è reato istantaneo e di danno che si perfeziona nel momento e nel luogo in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore fa seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente individuato il locus commissi delicti nei luoghi in cui, ai fini dell'immatricolazione di autovetture importate dall'estero e rivendute a clienti nazionali, venivano assolti oneri fiscali a titolo di Iva in misura inferiore al dovuto, con correlativo danno per l'Erario e profitto economico per l'agente, a nulla rilevando il luogo della successiva commercializzazione dei veicoli - Cassazione penale, sez. II , 18/01/2019, n. 17322).

 

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La sentenza integrale

Cassazione penale, sez. II , 18/01/2019, n. 17322

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 10 agosto 2018 il Tribunale del riesame di Teramo ha confermato il decreto emesso dal G.I.P. presso lo stesso Tribunale, con cui è stato disposto il sequestro preventivo sulle somme di denaro nella disponibilità dell'indagato C.E. per un importo pari ad Euro 400.879,13 ovvero, in caso di mancato reperimento del profitto diretto, su altri beni nella sua disponibilità per un valore corrispondente.


C.E. è indagato in ordine ai reati di cui agli artt. 81,110,483 c.p. e art. 640 c.p., comma 2 (capo 1); artt. 81,110,483 c.p. e art. 640 c.p., comma 2 (capo 3); artt. 81,110,483 c.p. e art. 640 c.p., comma 2 (capo 4), per avere posto in essere delitti di truffa ai danni dell'Erario, inducendo in errore i funzionari della Motorizzazione civile di Teramo ed immatricolando in Italia, sulla base di documentazione falsificata, delle autovetture, importate e rivendute ai clienti nazionali senza assolvere all'obbligo di versamento dell'IVA (ovvero effettuando il versamento in misura inferiore a quella dovuta).


Avverso l'anzidetta ordinanza del Tribunale del riesame il difensore di C.E., CI.AL. e SCUDERIA ITALIAE s.r.l.s. ha proposto ricorsi per cassazione, deducendo i seguenti motivi:


1) erronea applicazione della legge con riguardo alla competenza territoriale: secondo i ricorrenti, la consumazione delle truffe sarebbe avvenuta nei luoghi di conseguimento del profitto, ossia presso le sedi delle società alienanti, tutte localizzate nel territorio di Reggio Emilia, ove i singoli acquirenti avrebbero versato il prezzo di acquisto delle vetture, indicate in rubrica. Comunque, pur a volere in ipotesi ammettere che il destinatario finale dell'ingiusto profitto fosse stato l'indagato, la competenza si sarebbe dovuta radicare nel luogo di residenza del medesimo: dapprima, Trento e, di seguito, Pescara. Di contro, l'ordinanza impugnata avrebbe anticipato il momento consumativo dei reati all'induzione in errore dei funzionari della Motorizzazione civile di Teramo, destinatari della documentazione falsificata, senza considerare l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto, con la conseguenza che, apparendo il profitto indeterminato, sarebbero dovute valere le regole suppletive di cui all'art. 9 c.p.p..


2) erronea applicazione della legge penale e motivazione apparente in ordine al fumus commissi delicti, per avere il giudice del merito qualificato i veicoli di importazione come nuovi, nel senso indicato dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 38, comma 4, convertito nella L. 29 ottobre 1993, n. 427, pur in mancanza di accertamenti documentali. La falsità della documentazione acquisita, poi, non sarebbe mai stata oggetto di una consulenza tecnica, finalizzata alla verifica delle sottoscrizioni delle dichiarazioni degli acquirenti finali, che sarebbero coloro che risponderebbero dell'effettivo assolvimento dell'imposta, sicchè il semplice disconoscimento delle menzionate sottoscrizioni sarebbe dovuta essere valorizzata come una dichiarazione etero accusatoria, priva dei necessari elementi di riscontro, da parte di soggetti astrattamente coinvolti nell'ipotesi di reato, per la loro solidarietà nel pagamento degli oneri fiscali non assolti. Mancherebbero poi indici di riferibilità a C.E. ovvero alla società Scuderia Italiae s.r.l.s. delle operazioni di vendita dei veicoli;


3) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e motivazione apparente, per essere il sequestro, finalizzato alla confisca diretta, stato "eseguito su tutti i conti correnti riferibili all'indagato C.E., senza alcuna individuazione, con reale certezza, dell'appartenenza delle somme e questo giustifica, altresì, i motivi del ricorso del terzo interessato Scuderia Italiae s.r.l.s. titolare della provvista oggetto di sequestro sul conto corrente". Inoltre, sarebbero state sequestrate somme senza considerare il profitto conseguito da ciascun coindagato e sarebbero rimaste prive di risposta le doglianze in merito sia al superamento del valore reale dei beni, sottoposti a sequestro, rispetto a quanto richiesto dal P.M. sia alla mancata disponibilità da parte dell'indagato C. dell'immobile, sito in (OMISSIS), intestato alla moglie separata Ci.Al., estranea al reato. Tale immobile sarebbe stato acquistato dalla Ci. in regime di separazione dei beni e sarebbe gravato da un mutuo, i cui ratei sarebbero stati corrisposti con denaro della stessa Ci. o comunque con denaro dell'indagato ma a quest'ultimo restituito dalla Ci..


All'odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell'art. 127 c.p.p., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E' fondato il terzo motivo del ricorso, nella parte concernente il sequestro disposto sull'immobile intestato a Ci.Al., mentre i ricorsi sono inammissibili nel resto.


1.1 Il primo motivo dei ricorsi è manifestamente infondato.


L'eccezione di incompetenza territoriale, reiterata con il ricorso in scrutinio, è già stata disattesa dal Tribunale del riesame di Teramo, che ha rimarcato che i delitti di truffa sono stati posti in essere ai danni dell'Erario, inducendo in errore i funzionari della Motorizzazione civile di Teramo ed immatricolando in Italia, sulla base di documentazione falsificata, delle autovetture, importate e rivendute ai clienti nazionali, senza assolvere all'obbligo di versamento dell'IVA (ovvero effettuando il versamento in misura inferiore a quella dovuta).


In tale prospettiva correttamente il giudice del riesame ha osservato che i delitti di truffa "devono ritenersi consumati nel luogo in cui veniva conseguito il vantaggio fiscale (ossia quello in cui gli oneri fiscali si sarebbero dovuti ottemperare ovvero venivano adempiuti per importi inferiori al dovuto mediante operazioni eseguite presso le locali agenzie di Poste italiane s.p.a.), pacificamente coincidente con il circondario di Teramo, restando irrilevanti il successivo momento e il diverso luogo in cui i veicoli, introdotti nel territorio nazionale ed ivi immatricolati, venivano resi commerciabili e fatti oggetto di transazioni con gli utenti privati (invero nessuna truffa è stata ipotizzata dal rappresentante della pubblica accusa nei confronti degli acquirenti) in difetto della regolarizzazione degli obblighi fiscali".


Siffatte argomentazioni sono scevre da errori di diritto.


Questa Corte (v. Sez. U, n. 1 del 16/12/1998, Rv. 212079; Sez. 2, n. 37855 del 22/9/2010, Rv. 248906) è ferma nel ritenere che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore fa seguito la "deminutio patrimonii" del soggetto passivo.


Si è ritenuto che la truffa non è un reato di pericolo, poichè, a differenza di altre ipotesi criminose, che pure offendono il patrimonio, per le quali basta una situazione di pericolo, l'evento consumativo risulta esplicitamente tipizzato in forma di conseguimento del profitto con il danno altrui; elementi, questi, dell'arricchimento e del depauperamento che sono collegati tra loro in modo da costituire concettualmente due aspetti di un'unica realtà.


Si è in particolare precisato che, essendo la truffa, per la collocazione sistematica della disposizione incriminatrice nel titolo 13^ del libro 2^ del codice penale e per l'oggettività giuridica tutelata, un delitto contro il patrimonio mediante frode, l'elemento del danno - a differenza del requisito del profitto ingiusto, che può comprendere in sè qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico - deve avere necessario contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale, che abbia l'effetto di produrre la perdita definitiva del bene da parte della persona offesa mediante la "cooperazione artificiosa della vittima", che, indotta in errore dall'inganno, ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione.


Alla luce di tali coordinate ermeneutiche è evidente che correttamente il giudice del riesame ha individuato il momento di consumazione delle truffe nei luoghi (ricadenti nel circondario di Teramo) in cui, al fine dell'immatricolazione delle autovetture, venivano versati importi inferiori rispetto a quelli dovuti, con correlati danno per lo Stato, per la diminuzione patrimoniale subita, e vantaggio economico per l'indagato.


E' altresì evidente che i successivi momenti, in cui sono stati stipulati i contratti di vendita delle autovetture, sono irrilevanti, essendo estranei all'integrazione del reato di truffa.


1.2 Il secondo motivo non è consentito.


Deve premettersi che questa Corte ha già chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, può essere proposto ricorso per cassazione soltanto per "violazione di legge" (nozione in cui rientrano anche la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali), ma non anche l'illogicità manifesta e la contraddittorietà, le quali possono denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), (così Sez. U., n. 5876 del 28.1.2004, P.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, CED Cass. n. 226710 ss.; conforme, tra le altre, Sez. V, n. 35532 del 25.6.2010, Angelini, CED Cass. n. 248129).


Nel caso in esame, i ricorrenti, sia pure qualificando i dedotti vizi come violazione di legge, hanno di fatto articolato censure aventi ad oggetto la motivazione, adottata dal giudice del riesame in punto di sussistenza del fumus commissi delicti.


Il che comporta che le cennate doglianze non possono essere sollevate in questa sede.


Ad ogni modo, fermo il superiore rilievo, può aggiungersi che le medesime doglianze hanno già trovato risposta esauriente e logica, avendo il Tribunale del riesame osservato come le dichiarazioni etero accusatorie degli acquirenti privati "sono coerenti con la documentazione relativa alle transazioni commerciali, poste in essere in ordine a veicoli contrattualmente qualificati come a chilometro zero o nuovi e si caratterizzano per univocità e convergenza, tali da integrarsi reciprocamente in un tessuto normativo sufficientemente idoneo, allo stato, a suffragare la tesi che i beni mobili registrati compravenduti fossero da intendersi provvisti del requisito della novità, richiesto dalla disciplina di riferimento".


Il medesimo Tribunale ha altresì rimarcato che l'inesistenza di un rapporto diretto tra il C. ed i destinatari finali dei beni importati si giustificava "con la neutralità dell'instaurazione di una relazione commerciale siffatta ai fini della perpetrazione del disegno criminale e, comunque, non si prestava ad infirmare la solidità del costrutto accusatorio nè, tantomeno, a depotenziare il ruolo rivestito dal C. stesso nella fattispecie concorsuale, ricostruito nei termini risultanti dalla complessiva attività di indagine... Non può sfuggire che il pagamento degli importi, indicati nei modelli F24 per coefficienti numerici alterati nel rapporto tra unità intere e unità decimali, è stato realizzato attingendo alle disponibilità presenti sui conti correnti intestati al C. personalmente ovvero alla Scuderia Italia s.r.l.s., dallo stesso legalmente rappresentata, e che la frequenza dei contatti telefonici, intercorsi tra il predetto indagato e gli esponenti delle società concessionarie di veicoli, in particolare quanto alla società Niko Auto s.r.l., va elevato ad elemento di sicura caratura indiziarla".


1.3 Il terzo motivo è, in parte, fondato e, in parte, privo di specificità.


1.3.1 Deve innanzitutto rilevarsi che nessun errore inficia la motivazione del provvedimento impugnato laddove ha ritenuto legittimo il sequestro operato per l'intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di un concorrente, a prescindere dal se le somme illecite fossero state in tutto o in parte incamerate da altri coindagati.


Così argomentando, il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati in sede di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 25560 del 20/05/2015, Rv. 265292), secondo cui è legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all'art. 322-ter c.p., eseguito per l'intero importo del prezzo o profitto del reato nei confronti di un concorrente del delitto di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2, aggravato dalla transnazionalità, nonostante le somme illecite siano state incamerate in tutto o in parte da altri coindagati, salvo l'eventuale riparto tra i concorrenti medesimi, che costituisce fatto interno a questi ultimi, privo di alcun rilievo penale, considerato il principio solidaristico che uniforma la disciplina del concorso di persone e che, di conseguenza, implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente, nonchè la natura della confisca per equivalente, a cui va riconosciuto carattere eminentemente sanzionatorio.


1.3.2 Deve poi rilevarsi che i ricorrenti hanno trascurato di considerare che il provvedimento impugnato ha già dato risposta alla doglianza in merito al superamento del quantum sequestrato rispetto alla richiesta del P.M., avendo sottolineato, in proposito, che l'ammontare delle somme sequestrate era inferiore a quella richiesta del P.M..


1.3.3 Anche la censura, formulata da Scuderia Italiae s.r.l.s. in ordine alle somme del conto corrente sequestrate, non sfugge ad un assorbente rilievo di difetto di specificità.


Si è infatti testualmente affermato in ricorso che il sequestro, finalizzato alla confisca diretta, era stato "eseguito su tutti i conti correnti riferibili all'indagato C.E., senza alcuna individuazione, con reale certezza, dell'appartenenza delle somme e questo giustifica, altresì, i motivi del ricorso del terzo interessato Scuderia Italiae s.r.l.s. titolare della provvista oggetto di sequestro sul conto corrente".


Con siffatte deduzioni, invero generiche, pare che la società abbia inteso dolersi del sequestro, operato su tutto le somme del conto corrente dell'indagato, senza l'individuazione delle somme spettanti a quest'ultimo e di quelle riferibili ad essa società.


In tale situazione deve ricordarsi che questa Corte (Sez. 2, n. 36175 del 07/06/2017, Rv. 271136) ha già avuto modo di affermare che, ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all'art. 322-ter c.p. della somma di denaro, depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, la misura preventiva reale si estende ai beni comunque nella disponibilità dell'indagato, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834 c.c.) per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la possibilità nel prosieguo di procedere ad un effettivo accertamento dei beni di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato.


1.3.4 Fondato è invece il rilievo concernente l'immobile intestato a Ci.Al..


Il Tribunale del riesame, nel disattendere la doglianza della terza interessata Ci., ha affermato che "l'individuazione specifica dei beni da apprendere e l'accertamento dell'eventuale impossibilità, anche temporanea, di sottoporre a cautela i beni direttamente o indirettamente riferibili al profitto dei reati non va necessariamente eseguito dall'emittente il decreto di sequestro, che è tenuto soltanto ad indicare l'importo da sequestrare, ma può essere rinviato ad una fase successiva. Pertanto, il provvedimento genetico, limitandosi ad indicare l'entità del sequestro, senza specificazioni qualificanti ulteriori, e a prevedere un rapporto di sussidiarietà tra la forma di ablazione diretta e per equivalente, resta immune da ogni censura, da rivolgere semmai alla fase attuativa del vincolo reale imposto".


A fronte di tali argomentazioni deve rimarcarsi che non vi è dubbio che il sequestro preventivo, prodromico alla confisca dell'immobile, è legittimo anche se avente come oggetto beni appartenenti a terzi estranei al procedimento penale, poichè il vincolo in esame, diretto a rendere indisponibile la "res", è imposto per più generali esigenze di giustizia, quali sono quelle relative alla tutela della collettività (Sez. 2, n. 2296 del 15/05/1992, Rv. 190789; Sez. 6, n. 42819 del 22/10/2008, Rv. 241878).


In siffatta eventualità, tuttavia, come questa Corte ha già avuto modo di osservare (Sez. 2, n. 47007 del 12/10/2016, Rv. 268172), il giudice è chiamato a soddisfare un preciso onere motivazionale consistente in una pregnante valutazione del requisito del "periculum in mora"; deve ossia accertare, sia pure in termini di semplice probabilità, l'esistenza di un collegamento di tali beni con l'indagato, sulla base di elementi che appaiano indicativi della loro effettiva disponibilità da parte di quest'ultimo, per effetto del carattere fittizio della loro intestazione, ovvero di particolari rapporti in atto tra il terzo titolare e l'indagato.


Tale onere motivazionale non è stato soddisfatto dal provvedimento impugnato.


Ciò si è tradotto, come censurato con il terzo motivo di ricorso, nell'adozione di un provvedimento carente di motivazione riguardo ai presupposti necessari per disporre la misura cautelare reale; presupposti rimessi alla valutazione del giudice della cautela, la cui mancanza non può essere colmata con un'integrazione in fase esecutiva. Difatti, la disponibilità del bene intestato al terzo da parte dell'indagato non attiene alla mera esecuzione della misura, ma deve essere valutata come presupposto di legittimità della stessa (in questo senso cfr.: Cass., Sez. 2, n. 20685 del 21/03/2017 Rv. 270066).


Ne discende che il provvedimento impugnato, inficiato dalla violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, ed il decreto di sequestro, emesso in data 2 luglio 2018, limitatamente all'immobile intestato a Ci.Al. vanno annullati, con conseguente restituzione del predetto immobile all'avente diritto. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili nel resto.


2. La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, proposti da C.E. e Scuderia Italiae srls, comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali nonchè - apparendo evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto dell'entità della colpa della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro emesso in data 2 luglio 2018 limitatamente all'immobile intestato a Ci.Al. e ne dispone la restituzione. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p.. Dichiara inammissibili i ricorsi di C.E. e Scuderia Italiae s.r.l.s. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, nella Udienza camerale, il 18 gennaio 2019.


Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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