Se l’appello è prolisso, può essere dichiarato inammissibile? (Cass. Pen. n. 28468/25)
- Avvocato Del Giudice

- 21 set
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Indice:
1. Premessa
2. Il fatto
1. Premessa
Può un atto di appello essere dichiarato inammissibile solo perché prolisso?
La risposta della Cassazione, con la sentenza n. 28468/2025, ci invita a distinguere con rigore concettuale tra ridondanza espositiva e difetto di specificità.
Il rischio, altrimenti, è di confondere la qualità della scrittura con la sostanza del diritto di difesa.
2. Il fatto
Il caso trae origine da un appello proposto dalla difesa di G.M., condannato per tentato furto aggravato e possesso ingiustificato di grimaldelli.
La Corte d’appello di Bologna aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile, ritenendo i motivi aspecifici e formulati in modo dispersivo, quasi a voler punire la prolissità del difensore.
La difesa, in realtà, aveva articolato una censura ben precisa: l’assorbimento della contravvenzione di cui all’art. 707 c.p. nel reato di furto aggravato, richiamando la dinamica fattuale e giuridica.
3. La decisione della Corte
La Cassazione ha colto l’occasione per un chiarimento di sistema: la prolissità non è, di per sé, indice di genericità.
La specificità va misurata non sulla lunghezza o sullo stile dell’atto, ma sulla capacità dei motivi di confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata.
Un atto eccessivamente lungo può risultare poco elegante, dispersivo, persino faticoso da leggere; ma non per questo può dirsi privo di contenuto critico. Dichiarare l’inammissibilità sulla base della prolissità significherebbe confondere il piano della forma con quello della sostanza, sacrificando l’essenza del diritto di impugnazione.
4. Il principio di diritto
L’appello può dirsi inammissibile solo quando i motivi manchino di specificità intrinseca (ossia siano mere affermazioni apodittiche) o estrinseca (ossia non si correlino alle ragioni della sentenza impugnata).
Non è inammissibile un atto prolisso, se contiene comunque una critica intelligibile e pertinente.
La sentenza richiama così l’idea, di matrice garantista, che l’eccesso di parole non annulla il valore dell’argomentazione: il giudice deve andare oltre la forma e valutare la sostanza, poiché il processo non è un esercizio di stile ma il luogo in cui si misura la tenuta dei diritti fondamentali.
5. La sentenza integrale
Cassazione penale sez. V, 08/05/2025, (ud. 08/05/2025, dep. 04/08/2025), n.28468
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 27 gennaio 2025 la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile - per difetto di specificità - l'appello interposto dal difensore di Ga.Mo., avverso la sentenza del 20 maggio 2022 con la quale il Tribunale di Bologna ne aveva affermato la responsabilità per i delitti di tentato furto aggravato, perché commesso con violenza sulle cose e su cose esposte alla pubblica fede (capo 2. della rubrica), e possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli (capo 3.).
2. Con l'unico motivo di ricorso (di seguito esposto, nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) il difensore ha censurato la declaratoria di inammissibilità, contestando il difetto di specificità sia del primo motivo di appello, con cui si era chiesto di ritenere assorbita la contravvenzione di cui al capo 3. nel delitto di cui al capo 2., sia del secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito esposti.
1. La giurisprudenza di legittimità, anteriormente alla novella dell'art. 581 cod. proc. pen. da parte del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha in più occasioni affermato - sia in relazione al disposto degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., nel testo novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, sia nella vigenza del precedente testo dell'art. 581 cod. proc. pen. - che l'appello è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata; fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (cfr. per tutte Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 - 01, nonché Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 - 01, la cui esegesi è stata in sostanza recepita dal Legislatore del 2017). Inoltre, in relazione al disposto dell'art. 581 cit. anteriore alla più recente novella, si era osservato che "il giudice d'appello (...) può dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione solo quando i motivi difettino di specificità, ovvero quando non siano affatto argomentati o non affrontino la motivazione spesa nella sentenza impugnata, ma non quando siano ritenuti infondati, cioè inidonei, anche manifestamente, a confutarne l'apparato motivazionale, dovendo in tal caso confermare la sentenza di primo grado" (Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Oddo, Rv. 281978 - 01; cfr. pure Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, Caruso, Rv. 278859 - 01).
Tale linea ermeneutica è stata ribadita, a seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150 del 2022, affermando che "il giudice d'appello può dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione solo quando i motivi difettino o di specificità "intrinseca", ossia si limitino a lamentare genericamente l'omessa valutazione di una tesi alternativa a quella seguita nella decisione impugnata, o di specificità "estrinseca", ossia non siano correlati alle ragioni spese nella sentenza impugnata, ma non quando i motivi siano ritenuti inidonei, anche manifestamente, a confutare l'apparato motivazionale" (Sez. 5, n. 15897 del 09/01/2025, Jebali, Rv. 288005 - 01); e ciò nel presupposto, che il Collegio condivide, che tali parametri operino anche per il nuovo art. 581 cod. proc. pen.
Difatti, il nuovo comma 1-bis, inserito da ultimo nell'art. 581 cit. ("L'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione"), correla comunque al difetto di specificità - e non all'infondatezza -l'inammissibile del gravame. E, in effetti, la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022 ha esplicitato che, al "fine di innalzare il livello qualitativo dell'atto d'impugnazione e del relativo giudizio in chiave di efficienza", con il nuovo comma 1-bis si è inteso "codifica(re) il requisito della specificità c.d. "estrinseca" dei motivi d'impugnazione, coerentemente con la funzione di controllo della sentenza impugnata rivestita dal giudizio di appello" (cfr. Relazione illustrativa, p. 333). Tanto che, coerentemente, anche in relazione al testo oggi vigente, si è riferita la valutazione sull'inammissibilità proprio all'aspecificità del gravame, sub specie del suo contenuto critico rispetto alla sentenza impugnata (Sez. 5, n. 15897 del 09/01/2025: "la valutazione sull'inammissibilità dell'atto di appello per aspecificità, prevista dal nuovo art. 581 cod. proc. pen., non rispond(a)e a logiche di tipo "grafico", orientate sul peso "quantitativo" delle parole utilizzate, ma impone l'analisi del loro contenuto critico rispetto alla sentenza impugnata e, qualora di tale critica non vi sia traccia, bensì l'impugnazione si muova lungo direttrici avulse dalla sentenza, il vizio di genericità estrinseca da mancato confronto deve ritenersi integrato").
1.1. Nel caso in esame è dirimente considerare che:
- con il primo motivo di appello si era censurata la decisione di primo grado, poiché non aveva ritenuto assorbita la contravvenzione di cui all'art. 707 cod. pen. nel delitto di furto aggravato;
- in particolare, si era dedotto che l'imputato era stato sorpreso dalla polizia nell'atto di forzare il lucchetto di una bicicletta, utilizzando gli strumenti contestualmente sequestrati;
- la Corte di appello ha escluso la specificità della censura non solo valorizzando la circostanza che la difesa avesse avanzato tale richiesta "per la prima volta" con l'atto di appello - quantunque non ricorresse alcuna preclusione sul punto - ma anche assumendo che la difesa avrebbe ignorato la motivazione della sentenza di primo grado (da cui si trarrebbe che solo dopo esser stato fermato per il tentato furto l'imputato è stato trovato in possesso di quattro oggetti atti allo scasso, nessuno dei quali utilizzato nella specie o, comunque, di certo non tutti utilizzati);
- tuttavia, dalla sintetica motivazione resa dal primo Giudice - cui deve parametrarsi la specificità dell'appello - non si coglie affatto con chiarezza la cronologica articolazione dell'accaduto: essa, difatti, pur esponendo che il Ga.Mo. era stato colto mentre stava per impossessarsi di una bicicletta di cui aveva forzato il lucchetto nonché nella disponibilità di più strumenti, nulla ha esposto in ordine all'impiego di essi per la rilevata effrazione;
- il che esclude il difetto di specificità dell'appello, che conteneva invece allegazioni atte a sollecitare il sindacato di merito della Corte di appello.
1.2. Ne deriva l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio, ad eccezione che per la contravvenzione di cui al capo 3) che si è estinta per prescrizione; deve, pertanto, eliminarsi sin d'ora la pena irrogata per essa ex art. 81, comma 2, cod. pen., di mesi due di reclusione.
Il fatto di cui all'art. 707 è stato contestato come commesso il 5 agosto 2017. Pertanto, trova applicazione la disciplina della sospensione della prescrizione posta dall'art. 159 nel testo modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, proprio perché esso si colloca tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 (all'atto della presente decisione, era stata diramata l'informazione provvisoria n. 19/2024 della decisione con cui le Sezioni Unite, all'udienza del 12 dicembre 2024, si erano espresse in tal senso; la sentenza è stata poi depositata il 5 giugno 2025: cfr. Sez. U, n. 20989 del 12/12/2024 - dep. 2025, Polichetti).
Ebbene, poiché si tratta di contravvenzione, il termine massimo di prescrizione di cinque anni, tenuto conto dell'interruzione e della sospensione di 64 giorni in ragione del differimento dell'udienza del 15 aprile 2020 (al 13 gennaio 2021) a causa della pandemia da Covid 19, è spirato il giorno 8 ottobre 2024. Difatti, l'erronea declaratoria di inammissibilità dell'appello impone di rilevare il decorso del tempo utile per il maturare della prescrizione; e non può operare la sospensione prevista dall'art. 159, comma 2, cod. pen. (nel testo da applicare nel caso in esame, ossia - come anticipato - quello introdotto dalla legge n. 103 del 2017 e senza avere riguardo alle modifiche successive).
Per quel che qui rileva:
- "il corso della prescrizione rimane (...) sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall'art. 544 (cod. proc. pen.) per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall'art. 544 (cod. proc. pen.) per il deposito della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi" (art. 159, comma 2, cit.);
- "i periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l'imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell'art. 604, commi 1, 4, 5-bis cod. proc. pen." (art. 159, comma 3, cod. pen.).
Quindi, in ragione dell'annullamento che qui si dispone, occorre tracciare l'ambito e limiti di applicazione dell'art. 159, comma 3, appena trascritto. La norma prevede che "i periodi di sospensione di cui al secondo comma" - ossia quelli conseguenti alla condanna dell'imputato - debbano essere calcolati ai fini della prescrizione qualora all'esito del grado successivo di giudizio non si ripresenti la causa di sospensione, cioè non ne sia rimasta ferma la condanna (per l'appunto, perché l'imputato è stato prosciolto ovvero la sentenza è stata annullata proprio in ordine all'accertamento della responsabilità ovvero ne è stata dichiarata la nullità, nei termini sopra esposti). In altri termini, come rilevato condivisibilmente in dottrina, si prevede una sopravvenuta perdita dell'efficacia sospensiva dei periodi in questione, quindi il termine di prescrizione, fino a quel momento allungato, torna a contrarsi. Siffatta previsione - che in parte qua reca, per la sospensione, una disciplina difforme a quanto la consolidata giurisprudenza ritiene a proposito dell'idoneità anche degli atti nulli a determinare l'interruzione del termine di prescrizione (Sez. 5, n. 40996 del 01/07/2021, Gabellone, Rv. 282091 - 01) - trova la sua ratio nel sopravvenuto venir meno delle ragioni che giustificavano la sospensione di cui all'art. 159, comma 2, da ravvisarsi nella necessità di accordare alla giurisdizione "tempi supplementari" per verificare la fondatezza della condanna pronunciata nel grado precedente (in questo senso si esprimeva anche la Relazione introduttiva al DDL n. 2798 del 23 dicembre 2014, p. 4). D'altra parte, la lettera dell'art. 159, comma 3, non può che essere interpretata in tal senso, in forza del principio di conservazione delle norme, perché altrimenti non avrebbe alcun contenuto dispositivo distinto rispetto al comma che lo precede.
Quantunque qui si renda una sentenza di proscioglimento per il reato di cui all'art. 707 cod. pen. (cfr. art. 159, comma 3, cit.), è comunque utile puntualizzare che la conclusione cui si è appena pervenuti vale anche quando l'annullamento non abbia ad oggetto una sentenza, provvedimento espressamente menzionato dal medesimo art. 159, comma 3, bensì un'ordinanza che dichiara l'inammissibilità dell'appello (ai sensi dell'art. 591, comma 2, cod. proc. pen.).
Difatti, la giurisprudenza di legittimità ha già affermato che:
- "l'ordinanza di inammissibilità dell'appello, precludendo al giudice di esaminare le ragioni poste a fondamento della decisione, è equiparata ad una conferma della sentenza di condanna" (Sez. 3, n. 14023 del 15/03/2012, Carbone, Rv. 252516 - 01, resa in materia di decorrenza dei termini di custodia cautelare, che così si è espressa: "la dichiarazione d'inammissibilità dell'appello comporta non solo la conferma della condanna (e quindi in questo senso non può non essere a quella pronunzia equiparata) ma addirittura preclude al giudice, di merito o di legittimità, di esaminare le ragioni poste a fondamento della decisione");
- "si tratta di un provvedimento per il quale è normalmente prevista la forma dell'ordinanza", che "imped(isce) la prosecuzione del processo" (Sez. 5, n. 25048 del 30/03/2023, Islami, Rv. 284872 - 01, ove si chiarisce come, ancorché esso venga "emesso con sentenza", nulla muti sotto il profilo processuale nel caso di annullamento da parte della Corte di cassazione; cfr. pure Sez. 3, n. 37737 del 18/06/2014, Bacci, Rv. 259908 - 01);
- peraltro, non ricorre un vizio qualora tale provvedimento assuma la forma della sentenza (cfr. Sez. 6, n. 2888 del 13/11/2002 - dep. 2003, Nasta; Rv. 223300 - 01; Sez. 4, n. 2041 del 03/03/2000, Di Paola, Rv. 217427 - 01; Sez. 5, n. 12507 del 28/03/2025, M., Rv. 287906 -01).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente alla contravvenzione di cui al capo 3), perché estinta per prescrizione, ed elimina la relativa pena a titolo di continuazione, nella misura di mesi due di reclusione.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato nel resto, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.
Così deciso in Roma, l'8 maggio 2025.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2025.




