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Reati Fallimentari

Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione chiarisce i confini tra dolo specifico e generico

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Avv. Salvatore del Giudice - Avvocato penalista Napoli

La sentenza n. 42546/2024 della Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, affronta il tema della bancarotta fraudolenta documentale, delineando un importante chiarimento sugli elementi soggettivi che caratterizzano le diverse fattispecie previste dall'art. 216 della legge fallimentare.

Il caso riguarda l'amministratrice unica di una società a responsabilità limitata, accusata di bancarotta fraudolenta documentale (art. 216, comma primo, n. 2, legge fall.).

La decisione in esame, annullando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Roma, si sofferma sulle condizioni necessarie per qualificare il reato alla luce del dolo specifico o generico richiesto.


Il contesto normativo e giurisprudenziale

L'art. 216 della legge fallimentare distingue due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.

La prima, definita come “specifica”, riguarda condotte quali la sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture contabili, sostenute da dolo specifico.

Questo implica che l'agente persegua lo scopo di arrecare un ingiusto profitto a sé o ad altri oppure di pregiudicare i creditori.

La seconda ipotesi, detta “generale”, si configura quando la tenuta della contabilità impedisce la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società fallita; in tal caso, è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza della condotta illecita senza un fine specifico.

La giurisprudenza di legittimità ha da tempo tracciato una netta linea di demarcazione tra queste due fattispecie, con decisioni che evidenziano le peculiarità delle condotte richieste e i differenti requisiti soggettivi.

Ad esempio, la Corte di Cassazione (Sez. 5, n. 5081/2020, Montanari) ha chiarito che la falsificazione contabile nella bancarotta “specifica” può consistere in manipolazioni materiali o ideologiche di documenti già formati, mentre nella bancarotta “generale” essa si realizza contestualmente alla tenuta della contabilità, mediante omissioni o annotazioni false.


I motivi del ricorso

Nel caso di specie, la difesa dell'imputata ha sollevato due motivi di ricorso.

Il primo contestava la qualificazione dell'elemento soggettivo, sostenendo che la condotta contestata rientrasse nella fattispecie “generale”, che richiede dolo generico, anziché in quella “specifica”.

La difesa argomentava che l'assenza di un fine diretto a recare pregiudizio ai creditori, dimostrata dall’assoluzione per bancarotta fraudolenta distrattiva, escludesse il dolo specifico.

Il secondo motivo denunciava l'intervenuta prescrizione del reato, basandosi sulla durata decennale prevista per tale fattispecie e contestando l'idoneità degli atti interruttivi considerati dal giudice di merito.


Le argomentazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo, evidenziando come la sentenza d'appello non avesse adeguatamente specificato se la condotta dell'imputata consistesse nella mancata istituzione di libri contabili, totalmente privi di annotazioni, oppure in una tenuta parziale e frammentaria.

Tale omissione impediva di qualificare con certezza la condotta come “specifica” o “generale”.

La Corte ha ribadito che, nel caso di bancarotta “generale”, la fraudolenza è intrinseca nella condotta di alterazione contabile, rendendo sufficiente il dolo generico, mentre nella bancarotta “specifica” è necessario provare l'intenzionalità di arrecare danno ai creditori o di ottenere un ingiusto profitto.

Quanto alla prescrizione, la Corte ha rigettato il secondo motivo, ritenendo validi gli atti interruttivi quali le sentenze di condanna di primo e secondo grado e il decreto di rinvio a giudizio. Ha sottolineato che il termine massimo di prescrizione, pari a dodici anni e sei mesi, non era ancora decorso alla data della sentenza impugnata.


Riflessioni a margine

La decisione assume rilevanza sotto diversi profili. Innanzitutto, chiarisce ulteriormente i confini tra le due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, richiamando l’attenzione sull'importanza di una precisa qualificazione giuridica da parte del giudice di merito. In secondo luogo, ribadisce la necessità di un'analisi accurata delle scritture contabili per distinguere le condotte rilevanti e identificare il dolo richiesto. Questa attenzione è fondamentale per gli avvocati e i curatori fallimentari, i quali devono valutare con precisione le condotte dei debitori per impostare al meglio le strategie difensive o le azioni di tutela dei creditori.

Infine, la pronuncia contribuisce a consolidare il principio secondo cui la qualificazione dell'elemento soggettivo non può prescindere da un'indagine fattuale puntuale e dettagliata, offrendo agli operatori del diritto un riferimento chiaro per orientarsi in casi complessi.


Principio di diritto

“Nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, la qualificazione della condotta come ‘specifica’ o ‘generale’ richiede un’analisi accurata delle scritture contabili e delle modalità della loro tenuta; il dolo specifico è necessario solo laddove la condotta sia diretta a procurare un ingiusto profitto o a recare pregiudizio ai creditori, mentre il dolo generico è sufficiente qualora la fraudolenza sia intrinseca nella condotta materiale di alterazione.” Per esempio, nella sentenza Montanari (Cass. Sez. 5, n. 5081/2020), si è ritenuto sufficiente il dolo generico in un caso in cui la contabilità era tenuta in modo frammentario e falsificata ideologicamente, impedendo la ricostruzione dei flussi finanziari, mentre in altri casi analoghi, come quello di Rossi (Cass. Sez. 5, n. 43966/2017), si è richiesto il dolo specifico laddove l’alterazione era finalizzata a sottrarre risorse per beneficio personale, dimostrando l’intenzionalità di arrecare danno ai creditori"




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