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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: sul nesso di causalità tra condotta distrattiva e fallimento

Reati Fallimentari

La giurisprudenza di legittimità ha delineato un quadro interpretativo chiaro riguardo alla configurazione del reato di bancarotta fraudolenta, in particolare per quanto riguarda la necessità o meno di individuare un nesso causale tra la condotta distrattiva e lo stato di insolvenza dell’impresa.


L’orientamento prevalente: la bancarotta come reato di pericolo

Secondo la linea interpretativa consolidata, nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, la condotta assume rilevanza penale indipendentemente dal momento in cui essa è stata posta in essere, e non è richiesto che l’impresa fosse già in stato di insolvenza al momento del compimento dell’atto distrattivo. Tale orientamento si fonda sul principio che la bancarotta fraudolenta è un reato di pericolo concreto: la lesione degli interessi dei creditori può derivare non solo da un danno attuale, ma anche dalla semplice esposizione a un rischio di pregiudizio futuro, qualora l'impresa venga successivamente dichiarata fallita (Cass., Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Pisani).

Pertanto, non è necessario che l'agente fosse consapevole dello stato di insolvenza al momento della distrazione; ciò che rileva è la destinazione del patrimonio sociale a finalità diverse dalla garanzia delle obbligazioni contratte dall’impresa. L'offesa si concretizza con la dichiarazione di fallimento, ma la condotta distrattiva, anche se posta in essere in una fase precedente e quando l’impresa appariva solida, può comunque essere sanzionata penalmente.


Il nesso di causalità tra condotta e dissesto

Un’opposizione a tale interpretazione è rappresentata dalla sentenza Corvetta (Cass., Sez. 5, n. 47502 del 24/09/2012), che ha stabilito che nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza dell’impresa deve costituire un elemento essenziale del reato. Secondo questo orientamento, la bancarotta è un reato di evento e richiede che lo stato di insolvenza sia preveduto e accettato dall’agente come conseguenza della sua condotta depauperativa.

In altre parole, deve esistere un nesso causale tra l’atto distrattivo e il dissesto dell’impresa, il quale dev’essere voluto almeno a titolo di dolo eventuale.

Questa prospettiva mette l'accento sul principio di responsabilità penale personale, affermando che l'imprenditore non può essere punito per atti commessi in epoche remote, quando lo stato di crisi dell'impresa non era prevedibile, o se la bancarotta è stata causata da fattori esterni e successivi alla sua gestione.


Il ritorno all’orientamento tradizionale

Successivamente alla pronuncia Corvetta, la giurisprudenza è tornata a sposare l'interpretazione tradizionale, ribadendo che ai fini della configurazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra gli atti di distrazione e il successivo fallimento (Cass., Sez. 5, n. 7545 del 25/10/2012, Lanciotti). La Corte ha confermato che la bancarotta fraudolenta patrimoniale è un reato di pericolo, e non richiede che l’agente preveda o voglia il dissesto dell’impresa al momento dell’atto distrattivo.


Conclusioni

In definitiva, la giurisprudenza prevalente considera la bancarotta fraudolenta patrimoniale un reato di pericolo, in cui l’efficacia della tutela penale risiede nella protezione degli interessi dei creditori anche a fronte di atti che, seppur non immediatamente correlati a una situazione di dissesto, espongono comunque il patrimonio dell’impresa a rischi futuri.

Consulenza bancarotta fraudolenta

 

Fonte: Cass. pen. n.33256/17



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