RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Salerno ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Nocera Inferiore aveva condannato Av.Fr. per il reato di cui all'art. 95 d.P.R., n. 115 del 2002, contestatogli per avere costui, nell'istanza intesa ad ottenere l'ammissione al beneficio del patrocinio dello Stato per i non abbienti nel procedimento penale n. 4781/2018, falsamente attestato un reddito inferiore a quello accertato a seguito di controlli della Guardia di Finanza (in epoca anteriore o prossima al 10/6/2019). Nella specie, da tali accertamenti, sui quali aveva riferito il teste di PG, era emerso che nel nucleo familiare dell'istante erano presenti due soggetti percettori di pensione d'invalidità , indennità di accompagnamento e assegni sociali, calcolati i quali il reddito ammontava a euro 23.617,62, superando la soglia legale.
La Corte territoriale, richiamato il contenuto del gravame, con il quale la difesa aveva contestato la valutabilità , ai fini d'interesse, degli emolumenti percepiti dai parenti conviventi, ha ritenuto che l'indennità di accompagnamento esulava dal novero dei redditi calcolabili, stante la sua funzione di vero e proprio sostegno diretto alla remunerazione di terzi impegnati nell'assistenza dell'invalido; ma non anche la c.d. pensione sociale, che costituisce invece erogazione stabile e continuativa da inserirsi nel novero dei redditi valutabili per l'ammissione al beneficio di che trattasi. Ha, dunque, ritenuto integrato l'elemento materiale della condotta, data la discrasia tra il reddito dichiarato (euro 1.920,00) e quello accertato (euro 23.617,62). Quanto all'elemento psicologico, poi, il giudice d'appello ha condiviso l'affermazione del Tribunale, secondo la quale lo stesso era dimostrato dalla circostanza che i soggetti i cui redditi erano stati pretermessi erano conviventi dell'imputato e che proprio l'indicazione di quelle voci avrebbe determinato la mancata ammissione al beneficio.
2. Ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo di difensore, formulando un motivo unico, con il quale ha rilevato una violazione di legge per non avere la Corte territoriale valutato la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il dedotto silenzio motivazionale è inesistente: la Corte ha richiamato e fatto proprie, a giustificazione del ravvisato dolo del reato, le considerazioni svolte dal primo giudice, rispetto alle quali la difesa aveva opposto la natura dei redditi non indicati. La motivazione censurata è del tutto coerente con i principi più volte precisati da quésta Corte di legittimità . È già stato precisato, infatti, che - ai fini dell'individuazione delle condizioni necessarie per l'ammissione al patrocinio - rileva ogni componente di reddito, imponibile o non, siccome espressivo di capacità economica (sez. 4, n del 6/3/2019, Leonzio, Rv.
275359). Pertanto, le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio integrano il reato di cui si tratta allorquando riguardino la sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, ma non anche quando cadano su elementi a tal fine irrilevanti (sez. 4, n. 20836 del 16/4/2019, De Vito, Rv. 276088). Nella specie, l'omissione ha certamente riguardato, al netto degli assegni non computabili per la loro natura, componenti di reddito di tipo continuativo e stabile, percepiti da soggetti che convivevano con il dichiarante.
Quanto all'elemento psicologico del reato, poi, esso è costituito dal dolo generico, anche nella declinazione più lieve del dolo eventuale (sez. 4 n. 18103 del 6/3/2017, n.m.; n. 21577 del 21/4/2016, Rv. 267307) e, ai fini della sua integrazione, per il caso di effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, non è sufficiente che l'istanza contenga falsità od omissioni, dovendo il giudice procedere ad una rigorosa verifica dell'elemento soggettivo del reato (sez. 4, n. 45786 del 4/5/2017, Bonofiglio, Rv. 271051). L'effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, infatti, può assumere rilievo con riguardo all'elemento soggettivo dell'illecito, quale sintomo di una condotta dovuta a un difetto di controllo e, quindi, colposa, salva emersione di un dolo eventuale, che deve essere compiutamente dimostrato (sez. 4, n. 4623 del 31/1/2018, Avagliano, RV. 271949; n. 35969 del 29/5/2019, Ariotta, Rv. 276862; sez. 4, n. 7192 del 11/1/2018, Zappia, Rv. 272192; n. 37144 del 5/6/2019, Bonetti, Rv. 277129; sez. 4, n. 21577 del 21/4/2016, Bevilacqua, Rv. 267307, in cui, ai fini dell'integrazione del reato si è affermata la necessità del dolo, che richiede, oltre alla previsione dell'evento, la prova, anche nella forma eventuale, di un atteggiamento psichico che manifesti adesione all'evento previsto).
Nella specie, però, tale verifica è stata condotta sulla scorta di una circostanza, con la quale la difesa non si è confrontata, atteso che le componenti omesse hanno determinato l'ammissione al beneficio stesso, valutata altresì la condizione di convivenza dei soggetti percettori e la continuità degli emolumenti percepiti e non dichiarati.
3. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dì euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso un Roma, il 20 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2024.