FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza del 12 dicembre 2022, la Corte di appello di Brescia ha riformato la pronuncia del 23 febbraio 2022 del Tribunale cittadino con la quale l'imputata era stata condannata alla pena di giustizia per il reato di cui all'art. 495 cod. pen. in relazione alle false dichiarazioni rese, in ordine alla mancanza di procedimenti penali a suo carico, al Presidente della Corte di Assise di Brescia nel corso dell'udienza in cui era imputata e sottoposta ad esame.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso l'imputata, attraverso il difensore di fiducia, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti di cui all'art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
È stata denunziata violazione di legge in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo della condotta di cui all'art. 495 cod. pen. Lamenta la difesa che non vi era la prova che l'imputata fosse a conoscenza dei precedenti penali a suo carico e che dunque vi fosse la consapevolezza in capo alla stessa di rendere dichiarazioni mendaci in relazione al suo stato di incensuratezza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
1. La Corte costituzionale con sentenza del 6 aprile 2023 n.111 ha dichiarato:
- l'illegittimità costituzionale dell'art. 64 comma terzo cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che gli avvertimenti ivi indicati siano rivolti alla persona sottoposta alle indagini o all'imputato prima che vengano loro richieste le informazioni di cui all'art. 21 norme att. cod. proc. pen.;
- l'illegittimità costituzionale dell'art.495 comma primo cod. pen. nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato che richiesti di fornire le informazioni indicate nell'art.21 norme att. cod. proc. pen. senza che siano stati loro previamente formulati gli avvertimenti di cui all'art.64 comma terzo cod. proc. pen., abbiano reso false dichiarazioni.
La Consulta ha ritenuto l'assetto normativo e giurisprudenziale "(...) non conforme alle esigenze di tutela del diritto al silenzio come riconosciuto dall'art.24 Cost. che esige invece che la persona sottoposta alle indagini o imputata sia debitamente avvertita, segnatamente del proprio diritto di non rispondere anche alle domande relative alle proprie condizioni personali diverse da quelle relative alle proprie generalità e dalla possibilità che le sue eventuali dichiarazioni siano utilizzate nei suoi confronti(...)".
2. Nel caso di specie l'imputata, sottoposta ad esame nel corso del processo dinanzi alla Corte di assise, ha fornito le false dichiarazioni in relazione al suo stato di incensuratezza senza che fosse stata edotta del suo diritto al silenzio ai sensi dell'art.64cod.proc. pen. anche in relazione alle informazioni di cui all'art.21 norme att. cod. proc. pen.
Conseguentemente la sua condotta non è più punibile e la sentenza va annullata con rinvio perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato alla luce delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale richiamata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma il 17 novembre2023
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.