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Bancarotta fraudolenta: il dolo del concorrente extraneus

Concorso dell'extraneus

Giugno 2024 - Cassazione penale sez. V, 20/06/2024, n.32070

In tema di bancarotta fraudolenta il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella consapevolezza del fatto illecito e della qualifica del soggetto attivo che ha posto in essere il fatto tipico, nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell"'intraneus", nell'incidenza causale dell'azione dell'extraneus e nella consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Firenze confermava la pronunzia del Tribunale di Livorno del 01.07.2021, che aveva condannato Pe.Pa. alla pena ritenuta di giustizia, per il reato (ascritto al capo A) di bancarotta fraudolenta per distrazione, consistito nell'avere, quale amministratore unico della società "Elitropia Immobiliare Srl", concorso a distrarre dal patrimonio sociale della Desi Invest Srl, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Livorno del 2.12.2009, sette immobili del valore complessivo di circa Euro 1.300.000,00, benché gravati da mutui per Euro 749.257,73, alienati in data 4.04.2008 alla società Entropia Immobiliare Srl, successivamente mutata in Rogi Srl, per un corrispettivo di Euro 308.742,27, pagato con quattro assegni bancari tratti da un conto corrente di altro e diverso soggetto e di fatto mai incassati. 2. Contro l'anzidetta sentenza, il Pe.Pa. propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, affidato a due motivi, qui di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1 II primo motivo di ricorso lamenta violazione dell'art. 606 lett. c) cod. proc. pen. deducendo inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e omessa motivazione in relazione alla causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, per effetto della insussistenza dell'aggravante ad effetto speciale di cui all'articolo 219, comma 1, numero 1 della legge fallimentare; il termine prescrizionale è maturato il 9 ottobre 2023, ovvero in data anteriore alla sentenza di appello. 2.2 II secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, deducendo travisamento della prova per non avere la Corte di merito tenuto conto delle risultanze processuali che avrebbero attestato il pagamento del prezzo della compravendita degli immobili (canoni del mutuo e importi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati nelle sentenze di merito) e della mancanza dell'elemento soggettivo nonché dei presupposti per ritenere sussistente un apporto materiale e morale dell'extraneus nella distrazione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte da tempo ha chiarito che, ai fini della contestazione di una aggravante, non è necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede, né la sua enunciazione letterale, essendo sufficiente la precisa enunciazione "in fatto" della stessa ossia una formulazione della imputazione che riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie, così che l'imputato possa avere cognizione degli elementi che la integrano e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi (Sez. U., Sentenza n. 24906 del 18/04/2019, Rv. 275436 - 01; Sez. 5, n. 23609 del 04/04/2018, Musso, Rv. 273473; ex multis, tra quelle massimate, Sez. 2, n. 14651 del 10/1/2013, Chatbi, Rv. 255793; Sez. 6, n. 40283 del 28/9/2012, Diaji, Rv. 253776; Sez. 2, n. 47863 del 28/10/2003, Ruggio, Rv. 227076). Nella specie, l'imputazione indica la disposizione di legge che prevede la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 219, comma 1, legge fallimentare in relazione agli artt. 216 comma 1 e 3 e 223 RD 267/42) e riporta, in cifra, il valore complessivo degli immobili, oggetto della distrazione, pari a circa Euro 1.300.000,00, senza altra indicazione degli elementi di fatto che integrano la fattispecie dai quali sia possibile evincere che l'aggravante sia stata contestata (Sez. 5, n. 14353 del 14/12/2018, dep. 02/04/2019, Violini, Rv. 275095, che ribadisce quanto già affermato dalla pronuncia della medesima Sezione, non massimata, n. 19427 del 13/02/2015, Cancelliere; Sez. 5, Sentenza n. 34116 del 06/05/2019 Rv. 277300 - 02, Sez. 5, Sentenza n. 14353 del 14/12/2018, Rv. 275095 - 01). Inoltre, l'aggravante in parola non è stata accertata e ritenuta nel primo grado del giudizio (infatti la sentenza di primo grado ha operato una riduzione della pena per le attenuanti generiche senza procedere al giudizio di bilanciamento), sicché, in mancanza di appello sul punto da parte del Pubblico Ministero, la Corte territoriale non ha potuto affrontare il tema della sussistenza della aggravante, incorrendo in caso contrario nella violazione del divieto di reformatio in peius (art. 597 cod. proc. pen.). È, pertanto, fondata la censura mossa sul punto nel ricorso e, in considerazione della data di consumazione del reato, lo stesso risulta estinto per prescrizione. Il termine massimo di prescrizione previsto per la bancarotta fraudolenta di anni 12 anni e 6 mesi, aggiungendo i 494 giorni di sospensione, risulta maturato alla data del 9 ottobre 2023, anteriore alla pronuncia della sentenza di appello. Come è noto, è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 -dep. 2016, Ricci, Rv. 266819 - 01). La sentenza va dunque annullata agli effetti penali senza rinvio per prescrizione. Va rilevato in proposito che, in presenza della causa estintiva della prescrizione, l'obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen. da parte della Corte di cassazione richiede il controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione, che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. deve risultare dal testo del provvedimento impugnato. 2. Essendo stata esercitata l'azione civile con la costituzione della curatela fallimentare, questa Corte deve procedere all'esame dei motivi relativi alla responsabilità del Pe.Pa. 2.1. Va, innanzitutto, rilevato, alla stregua della pronuncia della Corte Cost. n. 182 del 7.07.2021, quando, come nella specie, vi è stata condanna in primo grado anche agli effetti civili, il Giudice dell'impugnazione, pur in presenza di prescrizione del reato, deve conoscere appieno la res iudicanda - ancorché al solo fine di vagliare il diritto al risarcimento del danno della parte civile - anche valutando l'eventuale contraddittorietà o insufficienza della prova rilevante ai sensi dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen., e non solo l'evidenza di cause di proscioglimento di cui all'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273; Sez. 5, n. 3869 del 07/10/2014, dep. 2015, Lazzari, Rv. 262175). La cognizione del giudice dell'impugnazione penale, ex art. 578 cod. proc. pen., è funzionale alla conferma delle statuizioni civili, attraverso il completo esame dei motivi di impugnazione volto all'accertamento dei requisiti costitutivi dell'illecito civile posto a fondamento della obbligazione risarcitoria o restitutoria. Il giudice penale dell'impugnazione è chiamato ad accertare i presupposti dell'illecito civile e non la responsabilità penale dell'imputato, ormai prosciolto per essere il reato estinto per prescrizione. Ne consegue che il giudice dell'impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, anziché verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, deve accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano (art. 2043 cod. civ.). Invero, la mancanza di un accertamento incidentale della responsabilità penale in ordine al reato estinto per prescrizione non preclude la possibilità per il danneggiato di ottenere l'accertamento giudiziale del suo diritto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale, la cui tutela deve essere assicurata, nella valutazione sistemica e bilanciata dei valori di rilevanza costituzionale al pari di quella, per l'imputato, derivante dalla presunzione di innocenza. In tal modo - se, dichiarata la sopravvenuta causa estintiva del reato, l'imputato avrà diritto a che la sua responsabilità penale non sia più rimessa in discussione, mentre la parte civile avrà diritto al pieno accertamento dell'obbligazione risarcitoria - il legislatore ha operato un bilanciamento tra le esigenze sottese all'operatività del principio generale di accessorietà dell'azione civile rispetto all'azione penale (che esclude la decisione sul capo civile nell'ipotesi di proscioglimento) e le esigenze di tutela dell'interesse del danneggiato, costituito parte civile (ex multis, sentenze n. 140 del 2021, n. 278 del 2020, n. 176 del 2019 e n. 12 del 2016). In particolare, il Giudice delle Leggi ha evidenziato come "il legislatore ha voluto evitare che cause estintive del reato, indipendenti dalla volontà delle parti, possano frustrare il diritto al risarcimento e alla restituzione in favore della persona danneggiata dal reato, qualora sia già intervenuta sentenza di condanna, oggetto di impugnazione; finalità questa che si coniuga alla necessità di salvaguardare evidenti esigenze di economia processuale e di non dispersione dell'attività di giurisdizione" (Corte costituzionale, sentenza n. 182 del 2021). Pertanto, come si è detto, essendo stata esercitata l'azione civile con la costituzione della curatela fallimentare, questa Corte deve procedere all'esame dei motivi relativi alla responsabilità del Pe.Pa. 2.2 II secondo motivo di ricorso (che deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della condotta di bancarotta fraudolenta per distrazione per travisamento della prova nonché sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato e della mancanza dei presupposti che consentono di affermare come sussistente un apporto materiale e morale dell'extraneus) è infondato. Va osservato che "eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell'esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l'hanno determinata, dell'assenza di manifesta illogicità dell'esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l'utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, Sentenza n. 17395 del 24/01/2023, Rv 284556 - 01; Sez. 6, n. 5334 del 22/04/1992, Verdelli, Rv. 194203 - 01). Sono, pertanto, inammissibili le deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto con il materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte della Corte di cassazione, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dallo scrutinio delle funzioni di legittimità (Sez. 6, n.13442 dell'8.03.2016, De Angelis; Sez. 6, n.43963 del 30.09.2013, Basile). Il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non può, infatti, concernere né la ricostruzione del fatto né il relativo apprezzamento né l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, ma deve limitarsi al riscontro di un logico apparato argomentativo e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della conseguenzialità, le conclusioni tratte, senza la possibilità di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali (S.U. n.47289 del 24.09.2003, Petrella, Rv 226073 -01; Sez. 6, Sentenza n. 5465 del 04/11/2020). La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali può essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il cosiddetto "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che ii dato probatorio, travisato od omesso, abbia ii carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessita di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato, e senza che l'esame abbia ad oggetto, invece che uno o più specifici atti del giudizio, ii fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911). Nel solco del richiamato indirizzo ermeneutico si innesta quello per il quale il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e, d'altro canto, ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando ii limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758). Permane, al contrario, la non deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, "stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito" (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). La mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono, peraltro, conseguire a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché il giudice di merito abbia spiegato le origini del maturate convincimento in modo logico ed adeguato e senza incorrere in vizi giuridici (, Sez. 1, 39846/2023). La Corte di merito con motivazione, corretta ed immune da vizi logico-giuridici, premettendo che le censure formulate non contengono elementi ed argomenti diversi, già disattesi dal giudice di prime cure, alla cui motivazione precisa ed articolata si riportava integralmente, ha fatto buon governo del compendio probatorio valutando in sinergia gli elementi di prova in atti quali gli esiti degli accertamenti compiuti dal curatore sulla scorta delle scritture contabili disponibili unitamente alle ulteriori prove nonché motivando in modo puntuale e confrontandosi sulle deduzioni difensive, ritenute meramente assertive, peraltro prive di alcun supporto probatorio. Va qui ribadito il principio di diritto per cui, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti - con specifica deduzione - che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (così, tre le altre, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 6, Sentenza n. 21015 del 17/05/2021, Africano, Rv. 281665 - 01). Invero, la ricostruzione dei fatti come operata nella sentenza impugnata, in relazione alla quale -si ribadisce- questa Corte non può compiere alcuna valutazione nel merito, consente senza alcun dubbio di ricondurre la condotta del Pe.Pa. nella fattispecie del concorso dell'extraneus nella condotta di bancarotta fraudolenta. Nel ricorso la difesa ripropone in sostanza censure già sviluppate in appello, riconducibili all'assenza dell'elemento oggettivo. Le deduzioni svolte, oltre che meramente reiterative, sono infondate nei termini di cui si dirà, non ravvisandosi vizi rilevanti nel percorso logico-argomentativo dei giudici di appello. Per quanto attiene la vendita di tutti e sette i residui immobili della Desi Invest Srl in favore della Srl Entropia Immobiliare, poi trasformatasi in Rogi Srl, di cui il ricorrente era amministratore unico e legale rappresentante, pacificamente riconducibile a quest'ultimo, deve premettersi il consolidato indirizzo ermeneutico elaborato da questa Corte, secondo il quale nella fattispecie di bancarotta fraudolenta, al fine di individuare la finalità distrattiva perseguita dagli agenti, anche l'esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall'ordinamento (nel caso di specie nel diritto d'iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost.), può costituire uno strumento per pregiudicare le ragioni dei creditori o frodarli, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell'imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all'esito di un accertamento in concreto in relazione alle conseguenze prodotte sui diritti del ceto creditorio (in tal senso, Sez. 5 , Sentenza n. 15803 del 27/11/2019, Rv. 279089; Sez. 5, Sentenza n. 34464 del 14/05/2018, Rv. 273644; Sez. 5, Sentenza n. 24024 del 01/04/2015, Rv. 263943, tutte rese in casi, in sostanza sovrapponibili al presente per le connotazioni fattuali, relativi a cessione di un ramo di un'azienda in stato prefallimentare, che aveva depauperato definitivamente il patrimonio della cedente). Alla luce del principio suindicato, la motivazione della Corte territoriale risulta corretta in diritto ed adeguatamente illustrata, poiché la natura distrattiva dell'intera negoziazione è stata giudicata integrata in riferimento ad una pluralità di elementi che, correttamente valutati in combinazione logico-funzionale, chiariscono senza alcuna incongruità le ragioni della decisione. Si è in primis osservato che il contratto di vendita determinava il trasferimento in blocco di tutti e sette gli immobili residui di proprietà della Desi Invest Srl e che veniva concluso in una fase (4.04.2008) in cui la Desi Invest Srl aveva già manifestato con tutta evidenza difficoltà economiche e patrimoniali (in liquidazione dall'anno 2006) e stava subendo perdite per centinaia di milioni di euro; l'operazione era pregiudizievole per la fallita in quanto le modalità di pagamento pattuite erano del tutto anomale e senza il rilascio di alcuna reale garanzia d'incasso, il pagamento, infatti, doveva avvenire: 1) mediante l'accollo del mutuo contratto dalla Desi senza effetti liberatori per la società venditrice e di cui venivano versate solo le prime rate pari ad Euro 150.000,00; 2) mediante l'incasso di alcuni assegni, in realtà, mai incassati in quanto tratti su un conto corrente non intestato all'Entropia Immobiliare Srl, mentre non riscontrate nell'originale del libro giornale e nei conti correnti bancari e nei libri sociali obbligatori sono rimaste le deduzioni difensive circa l'eventuale scambio degli assegni con altri titoli di credito portati all'incasso; 3) mediante la cessione di un credito nei confronti di Ma.De., futura acquirente di uno degli immobili ceduti. Parimenti, con riferimento alle censure relative all'assenza dell'elemento psicologico dell'extraneus, i giudici di merito hanno desunto la consapevolezza del ricorrente da una pluralità di precisi indici, idonei al fine di dimostrare l'elemento psicologico in capo allo stesso, quali, da un lato, il collegamento tra le due società (deponendo in questo senso i nomi e le qualità dei successivi amministratori), dall'altro, le modalità del tutto anomale di pagamento del prezzo di vendita degli immobili (quali l'accollo del mutuo senza effetti liberatori per la società venditrice, la consegna di assegni scoperti, tratti su un conto corrente di cui l'acquirente non era titolare) considerate dal giudice di prime cure una simulazione finalizzata alla distrazione, il pagamento di una minima parte delle rate di mutuo rispetto alla totalità del credito pari a 1.300.000,00, l'assenza di prova della sostituzione degli assegni, lo stato di liquidazione in cui si trovava la Desi Invest Srl al momento della vendita, la circostanza che uno degli immobili oggetto di cessione risultava abitato da De.Ma., amministratore della Desi Invest Srl, senza corresponsione dei canoni di locazione, il depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori determinato dall'operazione di acquisto degli immobili per effetto del trasferimento in blocco di tutti gli immobili residui della società. Sul punto dei debiti relativi all'azienda ceduta, questa Sezione ha già avuto modo di affermare che integra la bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale, non assumendo rilievo, al riguardo, il dettato dell'art. 2560, comma 2, cod. civ. in ordine alla responsabilità dell'acquirente rispetto ai pregressi debiti dell'azienda, poiché tale garanzia costituisce un "post factum" della già consumata distrazione, circostanza nella specie superata dall'accollo dei debiti senza effetto liberatorio per la società venditrice (Sez. 5, Sentenza n. 34464 del 14/05/2018, Rv. 273644). I giudici d'appello hanno fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta il dolo del concorrente "extraneus" nel reato proprio dell'amministratore consiste nella consapevolezza del fatto illecito e della qualifica del soggetto attivo che ha posto in essere il fatto tipico, nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell"'intraneus", nell'incidenza causale dell'azione dell'extraneus e nella consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori. Nella specie, è corretta la valutazione della Corte territoriale che ha ritenuto il ricorrente, amministratore unico e legale rappresentante della società acquirente, concorrente, in qualità di extraneus, nell'operazione fraudolenta distrattiva, in quanto, consapevole dei propositi illeciti degli amministratori della società in liquidazione, partecipava alla operazione di acquisto, in blocco, della proprietà di tutti gli immobili residui della società venditrice, finalizzata alla dismissione e distrazione del patrimonio della fallita, che prevedeva modalità anomale di pagamento del prezzo di vendita degli immobili (accollo del mutuo senza effetti liberatori per la società venditrice, consegna di assegni scoperti, tratti su un conto corrente di cui l'acquirente non era titolare, pagamento di una minima parte delle rate di mutuo, con la consapevolezza che essa determinava un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori (Sez. 5, Sentenza n. 18677 del 08/02/2021 Rv. 281042 - 01; Sez. 5, n. 17084 del 09/12/2014, Caprara e altri, Rv. 263245; Sez. 5, n. 1341 del 22/10/1986, Sonson, Rv. 175013; Sez. 5, n. 49472 del 09/10/2013, Albasi e altro, Rv. 257566; Sez. 5, n. 569 del 18/11/2003, Bonandrini e altro, Rv. 226973). 3. Va, dunque, annullata senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione. Il ricorso va, invece, rigettato agli effetti civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili. Così deciso in Roma il 20 giugno 2024. Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2024
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