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La legittimazione dell’erede a proporre querela per invasione di terreni non può essere valutata incidentalmente nel giudizio penale

Invasione di terreni ed edifici

Cassazione penale sez. II, 29/11/2023, n.3125

Ai fini della procedibilità del delitto di cui all'art. 633 c.p., nel caso in cui la querela sia presentata da un erede del proprietario dell'immobile illecitamente invaso od occupato, l'accettazione tacita dell'eredità da parte sua o la prescrizione del suo diritto ad accettarla ex art. 480 c.c. non possono formare oggetto di valutazione incidentale in sede di giudizio penale, posto che tale accertamento necessita dell'instaurazione del contraddittorio con la parte interessata a dimostrare di aver accettato tacitamente l'eredità o comunque che il suo diritto ad accettare non si è prescritto. (Fattispecie in cui gli imputati hanno eccepito che il querelante non fosse legittimato a proporre querela per il delitto in oggetto, in quanto non aveva accettato l'eredità e il suo diritto si era prescritto ex art. 480 c.c., sicché non sarebbe mai divenuto proprietario dell'immobile arbitrariamente invaso).

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La sentenza integrale

FATTI DI CAUSA 1. Con sentenza del 30 novembre 2022 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, confermava la condanna degli imputati Lo.Gr. e Tr.Fa. per il solo delitto di cui agli artt. 110 - 633 cod. pen. (dal 19/10/2015 in permanenza), rideterminando la pena in mesi 1 di reclusione ed Euro 90 di multa, con concessione dei doppi benefici. 2. Entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza chiedendo l'annullamento della stessa perché viziata sotto diversi profili. I due ricorsi sostanzialmente sovrapponibili sono articolati in tre distinti motivi. 2.1 Con il primo motivo si eccepisce la violazione di legge in relazione agli artt. 366 cod. proc. pen., 480 cod. civ., e 633 cod. pen., rilevando la mancanza di una valida querela, in quanto il soggetto che presentò querela, tale An.Da., all'epoca non sarebbe stato titolare del bene da essi occupato, in quanto pur avendolo ereditato dal padre Fr., deceduto nel 1998, non aveva successivamente accettato l'eredità o compiuto alcun atto di accettazione implicita della stessa, da cui, perciò, l'intervenuta prescrizione ex art. 480 cod. civ. del suo diritto di accettare l'eredità stessa. La sentenza impugnata avrebbe, perciò, errato sul punto in quanto, ad avviso dei ricorrenti, la prescrizione del diritto ad accettare l'eredità opera a favore di chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredità, quindi poteva essere eccepita anche da parte degli imputati che avevano dedotto, già con l'atto di appello, la mancanza di legittimazione del Davi a sporgere querela per le ragioni suddette. 2.2. Con il secondo motivo gli imputati lamentano la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'esimente dello stato di necessità di cui all'art. 54 cod. pen., ricorrente, ad avviso della difesa, nel caso di specie in relazione al comprovato disagio abitativo della famiglia Tr.Fa. - Lo.Gr., in evidente situazione di difficoltà economica (mancanza di un alloggio, mancanza di attività lavorativa, presenza di due minori nel nucleo familiare, di cui una in stato di gravidanza). 2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata perché i giudici di appello hanno omesso di motivare sulla sussistenza della causa di non punibilità di cui all'art. 131 - bis cod. pen., malgrado tale causa possa essere rilevata d'ufficio anche in difetto di una specifica richiesta della parte interessata (nel ricorso del Tramontana si afferma che l'esimente dell'art. 131 - bis cod. pen. non è stata invocata nell'atto di appello, ma tuttavia richiamata in sede di conclusioni). RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 ricorsi, sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibile perché proposti con motivi non consentiti o manifestamente infondati. Essi verranno trattati in maniera unitaria, come fosse un unico ricorso. 2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. I ricorrenti deducono che la querela sporta da An.Da., il quale ereditò dal padre la proprietà dell'immobile occupato abusivamente, sarebbe invalida in quanto il querelante non avrebbe mai accettato l'eredità; inoltre eccepiscono che il suo diritto di accettare l'eredità sarebbe prescritto ai sensi dell'art. 480, comma 1, cod. civ., essendo decorsi più di dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, risalente al 1998, data di decesso del padre Fr., senza che vi fossero atti di accettazione tacita dell'eredità. Ne conseguirebbe il difetto della condizione di procedibilità, poiché An.Da. non sarebbe, quindi, mai divenuto proprietario dell'immobile oggetto dell'illecito penale. La doglianza è stata oggetto anche del ricorso in appello, ed è stata rigettata dalla Corte territoriale ritenendo che gli imputati non fossero legittimati ad eccepire la prescrizione del diritto del querelante ad accettare l'eredità, in quanto soggetti non titolari di un interesse ereditario da far valere. Inoltre, la sentenza ha sostenuto che la presentazione della querela rappresentasse, in ogni caso, una manifestazione tacita di accettazione dell'eredità da parte del Davi stesso. I ricorrenti, nel motivo di ricorso per cassazione, deducono che, a dispetto di quanto sostenuto dalla Corte di appello, la prescrizione del diritto di accettare l'eredità, ex art. 480 cod. civ., opera a favore di chiunque vi abbia interesse, come affermato da una pronuncia della Cassazione civile da essi richiamata (precisamente l'ordinanza Sez. 2, n.9980 del 23/04/2018, Rv. 648159 - 01). In realtà la doglianza è manifestamente infondata, anche se per ragioni diverse da quelle enunciate dalla Corte di appello. Come è noto il combinato disposto degli artt. 474 e 476 cod. civ., consente di accettare l'eredità anche in forma tacita. Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte: "L'accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dai comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o siano concludenti e significativi della volontà di accettare; pertanto l'accettazione tacita dell'eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato all'eredità che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione di per sé sola inidonea a comprovare l'accettazione tacita, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale che rileva non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto civile per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi" (Sez. 2 civ., n,7075 del 7/0/1999, Rv. 528409 - 01). Risulta evidente che si tratta di un accertamento in fatto, da compiersi in sede giudiziaria nel contradditorio tra le parti interessate, di cui non vi è traccia in atti poiché trattasi di questione che esula completamente dall'ambito del presente procedimento penale nei confronti dei ricorrenti (cfr. Sez. 2 civ., n.2663 del 22/03/1999, Rv. 524414 - 01). Va peraltro, sottolineato che " ..la sola constatazione del decorso del termine decennale di cui al comma 1 dell'art. 480 c.c., infatti, non basta a produrre l'effetto estintivo del diritto di accettare l'eredità, in quanto questo deve essere sempre accertato nel contraddittorio di tutte le parti interessate, dovendo l'atto con cui si solleva l'eccezione di prescrizione, per il suo carattere recettizio, essere partecipato al titolare del diritto stesso (così Sez. 2 civ., ord. n.39340 del 10/12/2021, Rv. 663170 - 01). Da questi principi, che il Collegio intende qui ribadire, va perciò affermato che l'accettazione tacita dell'eredità ovvero la prescrizione del diritto ad accettare l'eredità non possono essere oggetto di una valutazione incidentale svolto nell'ambito di un procedimento penale, a maggior ragione nel corso di un giudizio di legittimità. In primo luogo, perché esula dal perimetro del giudizio di legittimità, in secondo luogo perché mancherebbe il necessario contradditorio con il controinteressato, nel caso di specie il querelante, chiamato a succedere al padre, originario proprietario dell'immobile occupato. 3. Il secondo motivo è, anch'esso, inammissibile perché manifestamente infondato. La Suprema Corte più volte si è pronunciata in ordine alla possibile applicabilità della scriminante dell'art. 54 cod. pen. nel caso di abusiva occupazione di immobili, affermando il seguente principio di diritto: "L'abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall'art. 2 Cost., sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell'illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo; ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa." (Sez.2, n. 10694 del 30/10/2019, Tortorici, Rv. 278520 - 01; Sez.2, n. 28067 del 26/03/2015, Rv. 264560 - 01). Anche la sentenza impugnata si è richiamata ai seguenti principi, rigettando l'eccezione circa la mancata applicazione dell'art. 54 cod, pen. sull'assunto che "difettino elementi concreti dai quali desumere la sussistenza degli ulteriori elementi integrativi della scriminante dello stato di necessità, quale la necessità della condotta antigiuridica, e l'inevitabilità del pericolo. Invero, siffatte necessità risultano fronteggiabili mediante ricorso ad istituti di assistenza, sussidi economici e redditi sociali di cui non vi è prova fossero stati richiesti dagli imputati, cosicché non può dirsi sussistere, nei loro confronti, l'inevitabilità del pericolo". Si tratta di una valutazione di merito svolta con argomentazioni prive di manifesta illogicità e contraddittorietà, nonché conformi ai principi di diritto espressi dalla Suprema Corte, quindi, insindacabile in questa sede. Va rilevato, altresì, che l'imputazione contestata agli odierni ricorrenti riguarda una condotta illecita protratta "dal giorno 19/10/2015 in permanenza", motivo ulteriore per affermare che non si trattava di fronteggiare un pericolo transitorio. 3. Analogamente il terzo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità è già intervenuta sulla questione relativa alla possibilità di dedurre, per la prima volta con il ricorso per cassazione, il vizio di motivazione della sentenza di appello che non abbia rilevato ex officio la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte, sul punto, afferma: "Con riguardo alla possibilità di denunciare il vizio di omessa motivazione in tali ipotesi, va ribadito che "in tema di ricorso per cassazione, è deducibile il difetto di motivazione della sentenza d'appello che non abbia rilevato "ex officio", alla stregua di quanto previsto dall'art. 129 cod. proc. pen, la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale", (Sez. 6, Sentenza n. 5922 del 19/01/2023, Camerano, Rv. 284160 - 01). "Tanto implica che la doglianza esposta in Cassazione deve essere adeguatamente argomentata, con la specifica indicazione delle ragioni legittimanti la pretesa applicazione della causa di non punibilità e, di conseguenza, la rilevanza decisiva della lacuna motivazionale denunciata" (Sez. 2, n. 30590 del 29/03/2023, Rifici, n.m.). Nello specifico, tale requisito di adeguatezza argomentativa non si rinviene nei due ricorsi esaminati, dove si fa generico richiamo all'integrazione dei requisiti della particolare tenuità del fatto in contestazione e dell'assenza di profili di abitualità dell'agito criminoso e, comunque, di pericolosità sociale degli odierni ricorrenti". Anche la memoria difensiva di Tramontana del 28.11.2023, poco aggiunge sul punto, perché si limita a indicare in maniera stringata solo due aspetti della vicenda: lo stato di bisogno della famiglia e le condizioni fatiscenti dell'immobile occupato. Si tratta di deduzioni del tutto generiche, che non focalizzano l'eccezione sui presupposti legittimanti la pretesa applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.. Nulla viene detto, ad esempio, sull'esiguità del danno effettivamente cagionato alla persona offesa, soprattutto perché non emerge il dato temporale di protrazione dell'occupazione abusiva, che, in astratto, potrebbe essere ancora in atto o comunque essere avvenuta per un lungo periodo, addirittura durato anni, circostanza che appare decisiva o comunque molto rilevante per valutare la possibile applicabilità dell'esimente invocata. 4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 29 novembre 2023. Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2024.
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