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Invasione di terreni: l’aggravante dell’essere palesemente armato richiede la visibilità dell’arma indipendentemente dall’intenzione dell’agente

Invasione di terreni ed edifici

Cassazione penale sez. II, 06/12/2023, n.3174

La circostanza aggravante dell'essere l'autore del delitto di invasione di terreni o edifici "palesemente armato" presuppone che l'arma sia portata in modo manifesto, indipendentemente dall'intenzione dell'agente e a prescindere dalla percezione che abbia la persona offesa. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante in questione sul rilievo che l'imputato indossava una cintura alla quale era attaccato il fodero di un grosso coltello, del quale, tuttavia, non era visibile neanche l'impugnatura).

Il reato di invasione di terreni o edifici richiede il dolo specifico di occupazione arbitraria o profitto

Il reato di invasione di terreni o edifici cessa con l’allontanamento dell’occupante o con la condanna in primo grado

L’arbitraria occupazione di area demaniale richiede un rapporto di fatto illegittimo che esclude quello pubblico preesistente

La legittimazione dell’erede a proporre querela per invasione di terreni non può essere valutata incidentalmente nel giudizio penale

La permanenza dell’occupazione abusiva di spazio demaniale si interrompe con l’esecuzione del sequestro

L’invasione di terreni o edifici è perseguibile d’ufficio per beni pubblici o privati destinati a uso pubblico

L’amministratore giudiziario può proporre querela per reati sui beni in sequestro senza autorizzazione del giudice delegato

Quando l’occupazione abusiva di un immobile non è punibile?

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La sentenza integrale

FATTI DI CAUSA 1. Il Tribunale di Livorno con ordinanza de: 31/8/2023 non convalidava l'arresto di Ja.Ah. e di El.Gu. in relazione al delitto di cui all'art. 633, comma secondo, cod. pen, ritenendo non configurabile la circostanza del fatto commesso da persona palesemente armata. 2. Il Pubblico Ministero ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento alla circostanza aggravante di cui all'art. 633, comma secondo, cod. pen. Rileva, in particolare, che il Tribunale ha errato laddove non ha ritenuto configurabile la circostanza aggravante di discorso, tenuto conto che dagli atti emerge che l'El.Gu. indossava una cintura con attaccato il fodero di un grosso coltello, cui forma ne lasciava trapelare chiaramente il contenuto ed il cui manico non era visibile in quanto coperto dal giubbotto; che, peraltro, la persona offesa aveva percepito l'effetto intimidatorio determinato dal possesso dell'arma; che, comunque, detto effetto rappresenta un quid pluris non richiesto dalla norma, che si riferisce unicamente al dato oggettivo riferibile all'autore del reato e non all'effetto che tale circostanza produce o può produrre sulla persona offesa. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il ricorso è infondato. 1.1 La circostanza aggravante di cui all'art. 633, comma secondo, cod. pen. ricorre quando "il fatto è commesso da persona palesemente armata". Non è, dunque, sufficiente che l'agente sia armato, ma è necessario che l'arma sia manifesta, palese, ben visibile, ostentata, altrimenti non avrebbe senso l'avverbio "palesemente" utilizzato dal legislatore. La giurisprudenza di legittimità, con riferimento alla diversa circostanza aggravante dell'arma prevista dagli artt. 609-fer, comma primo, n. 2, 628, comma terzo, 629, comma secondo, che si configura quando detti reati sono commessi con l'uso di armi, ne ha individuato il fondamento nella maggior lesività della condotta rispetto all'interesse tutelato e, quindi, sul piano sostanziale, nel particolare effetto intimidatorio che l'ostentazione dell'arma apporta in concreto all'azione delittuosa (Sezione 5, n. 6496 del 14/12/2011, Fantoni, Pv. 251949 - 01) ed ha poi precisato che non è necessario che l'arma sia impugnata, essendo sufficiente che sia portata in maniera ben visibile, sì da lasciare ragionevolmente prevedere e temere un suo impiego quale mezzo di violenza o minaccia per costringere il soggetto passivo a subire l'azione criminosa (Sezione 3, n. 7754 del 21/1/2021, M., Rv. 281006 - 02; Sezione 3, n. 55302 del 22/9/2016, D., Rv 268535 - 01; Sezione 2, n. 25902 del 24/6/2008, De Luca, Rv. 240632 - 01). In altri termini, decisivo è che la condotta delittuosa sia accompagnata dall'ostentata presenza, di un'arma di cui il soggetto agente abbia l'immediata disponibilità, tonto da rendere credibile che la stessa sia adoperata in qualsiasi momento ed in stretta continuità con la condotta criminosa. Dunque, a maggior ragione, quando la norma richiede che l'agente sia "palesemente" armato, l'arma deve essere portata in modo manifesto, visibile, non essendo sufficiente che la sua esistenza sia solo ipotizzata dalla persona offesa; del resto, nella previsione normativa la circostanza dell'essere l'agente palesemente armato è considerata come obiettivamente agevolatrice della invasione di terreni o edifici, indipendentemente dall'intenzione dell'autore materiale dei reato e persino a prescindere dalla percezione che ne abbia la persona offesa (con riferimento alla analoga aggravante prevista dall'art. 614 cod. pen., Sezione 2, n. 29506 del 10/6/2009, Torre, Rv. 244437 - 01; Sezione 2, n. 14423 del 1/7/1986, Caserini, Rv. 174702 - 01; Sezione 5, n. 678 del 17/11/1982, Onfiani, Rv. 157111 - 01) Nel caso di specie, El.Gu. indossava una cintura alla quale era attaccato il fodero di un grosso coltello, la cui forma ne lasciava intuire il contenuto e senza che fosse visibile l'impugnatura, perché coperta dal giubbotto. Se così è, ritiene il Collegio che la circostanza aggravante di cui all'art. 633, comma secondo, cod. pen. non sia configurabile, proprio perché l'arma non era chiaramente visibile, non essendo sufficiente che la sua esistenza (rectius: il suo porto) fosse immaginata o fosse comunque frutto di una congettura della persona offesa. Detto altrimenti, la presenza dell'arma non deve essere supposta, ma deve essere palese e manifesta. Orbene, il fodero di un coltello, del quale non è visibile nemmeno l'impugnatura, non ne palesa il contenuto. Inconferente, poi, è il richiamo operato dal Procuratore Generale a Sezione 3, n. 7754/2021 cit., innanzitutto perché riguarda la circostanza aggravante di cui all'art. 609-ter, comma primo, n. 2, cod. pen., che fa riferimento all'uso di armi" e non hai fatto commesso da persona "palesemente" armata ed in secondo luogo perché in quella fattispecie concreta l'arma era portata in maniera ben visibile. In conclusione, deve ribadirsi il seguente principio di diritto: "il termine "palesemente armato", di cui all'art. 633, comma secondo, cod. pen., presuppone che l'arma sia portata in maniera manifesta, evidente dall' autore dell'invasione di terreni o edifici, a prescindere dal fatto che la persona offesa la abbia percepita o meno". P.Q.M. Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il giorno 6 dicembre 2023. Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2024.
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