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Misure cautelari: il requisito dell'attualità del pericolo non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto

Misure cautelari personali

Cassazione penale , sez. V , 11/11/2021 , n. 1154

In tema di misure cautelari personali, il requisito dell'attualità del pericolo previsto dall' art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p. non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza. (Fattispecie in tema di furto aggravato in cui la Corte ha ritenuto che la valutazione del tempo intercorso tra i fatti e la misura cautelare non poteva essere disgiunta da quella della gravità delle condotte evidenziata dalle modalità di commissione del reato e dalla professionalità dimostrata dagli imputati nel gestire l'attività di rivendita dei pezzi dei veicoli rubati).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Viene impugnata dinanzi al Collegio l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli del 22.7.2021 con cui, in accoglimento dell'appello cautelare proposto dal pubblico ministero presso la Procura di Torre Annunziata avverso l'ordinanza di rigetto del GIP del medesimo tribunale, nei confronti di M.V. è stata disposta la misura degli arresti domiciliari, la cui esecuzione è sospesa fino all'esito definitivo del giudizio cautelare, perché indagato del delitto di furto aggravato di un ciclomotore Piaggio Liberty nella disponibilità di E.A.. Il veicolo, secondo la contestazione, è stato sottratto da M., il (OMISSIS), in concorso con la moglie N.A., sottoposta alla medesima misura cautelare già dal GIP con l'ordinanza genetica, mentre era parcheggiato in strada, mediante forzatura dello sterzo e del quadro elettrico. 2. Propone ricorso l'indagato, tramite il difensore, evidenziando un unico motivo con cui deduce mancanza delle esigenze cautelari, facendo leva sia sulla carenza del quadro indiziario, sia sul tempo trascorso tra l'applicazione della misura ed i fatti di reato (un anno circa), sia, infine, sulle necessità familiari dei tre figli minori da accudire anche perché alcuni di loro in condizioni di salute non buone: la misura cautelare domiciliare disposta a carico di entrambi i genitori minerebbe le possibilità di gestione familiare della prole. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è complessivamente infondato. 2. Il motivo di censura unico che il ricorrente propone, pur formalmente dedicato alla sola mancanza delle esigenze cautelari, coinvolge l'affidabilità del quadro gravemente indiziario posto a suo carico, sulla quale si fa ruotare la doglianza sulla necessità di applicargli la misura custodiale domiciliare. Sotto tale specifico punto di vista, il ricorso è manifestamente infondato, in parte generico e svolto secondo direttrici di censura che, anche in materia cautelare, sono sottratte al sindacato di legittimità, poiché volte unicamente a sostenere una propria, alternativa ricostruzione dei fatti sui quali è fondata l'accusa, senza addure manifeste illogicità della motivazione del provvedimento impugnato (cfr., in tema, Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976). Quest'ultimo, pervero, ha ben segnalato l'errore ermeneutico in cui era incorso il provvedimento genetico, costituito da una lettura parcellizzata e non unitaria del quadro di gravità indiziaria, e gli elementi precisi sui quali, a differenza di quanto ritenuto dal GIP - che aveva distinto il peso degli indizi a carico della coindagata, compagna del ricorrente, da quello a carico di quest'ultimo -, ha basato il proprio convincimento; tutti elementi raccolti dopo una serie di indagini avviate dalla polizia giudiziaria nelle settimane successive al delitto e che avevano portato ad individuare, con una prospettiva già ritenuta affidabile nello stesso provvedimento genetico, proprio N.A. per l'autrice del furto, avendo rinvenuto in casa sua e di M., a seguito di una perquisizione, abiti identici a quelli usati dalla donna ritratta nei video acquisiti da telecamere presenti sul luogo teatro dei fatti, dai quali era stato possibile, segnatamente, derivare che il furto fosse stato commesso da una coppia, con l'uomo che era rimasto alla guida dello scooter a bordo del quale i due erano giunti, mentre la complice si occupava di manometterlo e, successivamente, portarlo via. Alcuni dettagli specifici, secondo il Riesame, riletti nella loro corretta sequenza logico-indiziaria, hanno potuto legittimamente far ricadere sul convivente di N.A. il ruolo di "accompagnatore" - complice: le fattezze del ciclomotore a bordo del quale entrambi erano soliti circolare e che era visibile nei video del momento del furto; la circostanza che il veicolo fosse proprio intestato al ricorrente, soggetto già noto alle forze dell'ordine per i numerosissimi precedenti penali anche per delitti contro il patrimonio e, in particolare, per una condotta di reato del tutto analoga per le sue modalità a quella oggetto di esame da parte del Collegio, commessa nel 2013 insieme alla sua compagna, l'attuale coindagata; il particolare di un casco utilizzato per coprire la targa, ritrovato esattamente identico appeso al motorino in uso agli indagati; la stessa fisionomia dei due complici visibile dai video; le fotografie di entrambi, pubblicate su social-network, dalle quali li si vede ritratti accanto a ciclomotori di ogni foggia, intenti a pubblicizzare la loro attività di vendita di ricambi e di pezzi di motoveicoli (circostanza che si ritiene sintomatica della professionalità nell'attività delittuosa); le celle telefoniche agganciate dal cellulare della donna nel giorno del delitto, compatibili con il luogo del delitto; il ritrovamento di pezzi, compatibili con quelli del ciclomotore Piaggio Liberty, sottratto all'interno di due locali dei quali solo il ricorrente aveva le chiavi. La motivazione del provvedimento impugnato e', pertanto, sul fronte indiziario, precisa e puntuale, priva di aporie argomentative e idonea a sostenere quel livello di gravità che, solo, consente di dar luogo a qualsiasi misura cautelare, ai sensi dell'art. 273 c.p.p.. 3. Quanto alla quota di censura più specificamente riferita alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla adeguatezza di quella prescelta, è agevole evidenziarne l'infondatezza complessiva. Il riferimento, in parte anche generico, al presupposto dell'attualità delle ragioni per disporre la cautela, quanto al ritenuto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie - presupposto soltanto evocato in relazione al trascorrere del tempo tra la misura e il delitto, come fattore di diminuzione delle necessità cautelari - non si confronta con il dato, di per sé decisivo, della presenza di uno iato temporale tra fatti e misura disposta non certo consistente o significativo (si tratta di circa un anno dal reato). E tale constatazione del dato temporale non può essere disgiunta, in ogni caso, anche dalla valutazione di gravità dei fatti, con particolare riguardo alle modalità di commissione del reato ed alla professionalità dimostrata dai due complici nel gestire un'attività illecita di rivendita di pezzi di veicoli rubati, né può omettere di considerare, quanto alla tipologia di misura prescelta, di tipo comunque custodiale, la personalità dell'indagato, gravato da numerosi precedenti penali che ne tracciano un percorso di vita sinora sempre nel solco dell'illegalità. Il Collegio si richiama all'opzione dominante nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il requisito dell'attualità del pericolo previsto dall'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566). In tale ottica, risulta adeguatamente motivata la necessità di intervenire con la misura custodiale degli arresti domiciliari, idonea a rispondere, da un lato, alle sicuramente rilevanti esigenze di cautela, dall'altro, a contemperare queste ultime con le condizioni vita dei ricorrenti, anche riguardo alla prole. In proposito, la deduzione circa la gestione complicata dei figli, che sarebbe ostacolo alla sottoposizione di entrambi i genitori ad una misura custodiale domiciliare, è solo accennata nel ricorso, senza che siano state neppure specificate le diverse esigenze di accudimento che confliggerebbero insuperabilmente con la sottoposizione agli arresti domiciliari di entrambi i genitori, laddove, invece, è ordinariamente possibile ovviarvi tramite autorizzazioni, anche stabili, a lasciare il domicilio in alcune ore della giornata, finalizzando l'allontanamento agli impegni di volta in volta emergenti ovvero periodicamente ricorrenti. Peraltro, non si fa riferimento all'età dei figli minori, particolare che pure gioca un ruolo non di poco conto nella valutazione che si chiede al Collegio, ma solo si fa cenno alla necessità di accompagnarli e seguirli nelle attività scolastiche, mentre la prospettazione di esigenze di cura per patologie "serie" è insufficiente, nella sua genericità, a fondare una qualsiasi possibile valutazione al riguardo. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 Reg. Esec. c.p.p.. Così deciso in Roma, il 11 novembre 2021. Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2022
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