RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, pronunciata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., e s.s., il Giudice dell'udienza preliminare di Bari applicava al ricorrente, riconosciute le circostanze attenuanti e la diminuente per la scelta del rito, la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in relazione ai fatti di reato ascritti al capo di imputazione.
2. Avverso tale sentenza il C. propone, mediante il difensore di fiducia avv. Bonasia Francesco Antonio, un unico motivo di doglianza lamentando assenza di motivazione in ordine all'insussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., alla qualificazione dei fatti e alla dosimetria sanzionatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, atteso che, come questa Corte ha ormai ripetutamente chiarito, in tema di patteggiamento è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell'insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 6, n. 1032 del 7 novembre 2019 (dep. 13 gennaio 2020), Rv. 278337 - 01; Sez. 2, n. 4727 dell'11 gennaio 2018 (dep. 1 febbraio 2018) Rv. 272014 - 01), nonché per la determinazione del trattamento sanzionatorio in ipotesi differenti da quelle in cui si deduca l'illegalità della pena, atteso che l'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, limita l'impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, ossia a "motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza".
Ne' la mera generica deduzione che il Giudice abbia errato nella qualificazione giuridica del fatto senza indicarne le ragioni, essendo peraltro a tal fine necessaria la deduzione un errore manifesto (ex aliis, Sez. 4, n. 13749 del 23 marzo 2022), può determinare l'ammissibilità del ricorso rispetto a tale doglianza.
2. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ex art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che il ricorso è stato esperito per ragioni non più consentite dalla legge e l'erronea qualificazione giuridica del fatto è stata dedotta solo in modo generico.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2023